Inni sacri - "Il nome di Maria"

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Manzoni Alessandro

Inni sacri

IL NOME DI MARIA

[9 novembre1812 - 19 Aprile 1813]

 

      Tacita un giorno a non so qual pendice

Salia d'un fabbro nazaren la sposa;

Salia non vista alla magion felice

D'una pregnante annosa;

      E detto: "salve" a lei, che in reverenti

Accoglienze onorò l'inaspettata,

Dio lodando, sclamò: Tutte le genti

Mi chiameran beata.

      Deh! con che scherno udito avria i lontani

Presagi allor l'età superba! Oh tardo

Nostro consiglio! oh degl'intenti umani

Antiveder bugiardo!

      Noi testimoni che alla tua parola

Ubbidiente l'avvenir rispose,

Noi serbati all'amor, nati alla scola

Delle celesti cose,

      Noi, sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne

L'alta promessa che da Te s'udìa,

Ei che in cor la ti pose: a noi solenne

È il nome tuo, Maria.

      A noi Madre di Dio quel nome sona:

Salve beata! che s'agguagli ad esso

Qual fu mai nome di mortal persona,

O che gli vegna appresso?

      Salve beata! in quale età scortese

Quel sì caro a ridir nome si tacque?

In qual dal padre il figlio non l'apprese?

Quai monti mai, quali acque

      Non l'udiro invocar? La terra antica

Non porta sola i templi tuoi, ma quella

Che il Genovese divinò, nutrica

I tuoi cultori anch'ella.

      In che lande selvagge, oltre quai mari

Di sì barbaro nome fior si coglie,

Che non conosca de' tuoi miti altari

Le benedette soglie?

      O Vergine, o Signora, o Tuttasanta,

Che bei nomi ti serba ogni loquela!

Più d'un popol superbo esser si vanta

In tua gentil tutela.

      Te, quando sorge, e quando cade il die,

E quando il sole a mezzo corso il parte,

Saluta il bronzo che le turbe pie

Invita ad onorarte.

      Nelle paure della veglia bruna,

Te noma il fanciulletto; a Te, tremante,

Quando ingrossa ruggendo la fortuna,

Ricorre il navigante.

      La femminetta nel tuo sen regale

La sua spregiata lacrima depone,

E a Te beata, della sua immortale

Alma gli affanni espone;

      A Te che i preghi ascolti e le querele,

Non come suole il mondo, né degl'imi

E de' grandi il dolor col suo crudele

Discernimento estimi.

      Tu pur, beata, un dì provasti il pianto;

Né il dì verrà che d'oblianza il copra:

Anco ogni giorno se ne parla; e tanto

Secol vi corse sopra.

      Anco ogni giorno se ne parla e plora

In mille parti; d'ogni tuo contento

Teco la terra si rallegra ancora,

Come di fresco evento.

      Tanto d'ogni laudato esser la prima

Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea

Tanto piacque al Signor di porre in cima

Questa fanciulla ebrea.

      O prole d'Israello, o nell'estremo

Caduta, o da sì lunga ira contrita,

Non è Costei che in onor tanto avemo

Di vostra fede uscita?

      Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei

Era il pensier de' vostri antiqui vati

Quando annunziaro i verginal trofei

Sopra l'inferno alzati.

      Deh! a Lei volgete finalmente i preghi,

Ch'Ella vi salvi, Ella che salva i suoi

E non sia gente né tribù che neghi

Lieta cantar con noi:

      Salve, o degnata del secondo nome

O Rosa, o Stella ai periglianti scampo,

Inclita come il sol, terribil come

Oste schierata in campo.