Rigoletto

di
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Verga Giovanni

RIGOLETTO

 

Melodramma lirico in tre atti

Libretto di Francesco Maria Piave

 

 

ATTO PRIMO

 

Scena Prima.

(Il Duca e Borsa vengono da una porta del fondo. Sala magnifica del Palazzo Ducale. Porte nel fondo che mettono ad altre sale, pure splendidamente illuminate; folla di cavalieri e dame in gran costume nel fondo delle sale; paggi che vanno e vengono. La festa è nel suo pieno. Musica interna da lontano e scrosci di risa di tratto in tratto.)

DUCA: Della mia bella incognita borghese toccar il fin dell'avventura io voglio.

BORSA: Di quella giovin che vedete al tempio?

DUCA: Da tre lune ogni festa.

BORSA: La sua dimora?

DUCA: In un remoto calle; misterioso un uom v'entra ogni notte.

BORSA: E sa colei chi sia l'amante suo?

DUCA: Lo ignora.

(Un gruppo di dame e cavalieri attraversano la sala.)

BORSA: Quante beltà!... Mirate.

DUCA: Le vince tutte di Cepran la sposa.

BORSA (piano): Non v'oda il conte, o Duca...

DUCA: A me che importa?

BORSA: Dirlo ad altra ei potria...

DUCA: Né sventura per me certo saria.

Questa o quella per me pari sono

A quant'altre d'intorno mi vedo,

Del mio core l'impero non cedo

Meglio ad una che ad altra beltà.

La costoro avvenenza è qual dono

Di che il fato ne infiora la vita;

S'oggi questa mi torna gradita,

Forse un'altra doman lo sarà.

La costanza, tiranna del core,

Detestiamo qual morbo crudele.

Sol chi vuole si serbi fedele;

Non v'ha amor, se non v'è libertà.

De' mariti il geloso furore,

Degli amanti le smanie derido;

Anco d'Argo i cent'occhi disfido

Se mi punge una qualche beltà.

 

Scena Seconda

(Entra il Conte di Ceprano che segue da lungi la sua sposa servita da un altro Cavaliere; Dame e Signori entrano da varie parti.)

DUCA: (alla signora di Ceprano movendo ad incontrarla con molta galanteria): Partite?... Crudele!

CONTESSA: Seguire lo sposo m'è forza a Ceprano.

DUCA: Ma dee luminoso

In corte tal astro qual sole brillar.

Per voi qui ciascuno dovrà palpitar.

Per voi già possente la fiamma d'amore

Inebria, conquide, distrugge il mio core.

(con enfasi, baciandole la mano)

CONTESSA: Calmatevi...

DUCA: No.

(Le dà il braccio ed esce con lei.)

 

Scena Terza

(Entra Rigoletto che s'incontra col signor di Ceprano; poi cortigiani.)

RIGOLETTO: In testa che avete,

Signor di Ceprano?

(Ceprano fa un gesto d'impazienza e segue il Duca.)

RIGOLETTO (ai cortigiani): Ei sbuffa, vedete?

BORSA E CORO: Che festa!

RIGOLETTO: Oh sì...

BORSA: Il Duca qui pur si diverte!...

RIGOLETTO: Così non è sempre? che nuove scoperte!

Il giuoco ed il vino, le feste, la danza,

Battaglie, conviti, ben tutto gli sta.

Or della Contessa l'assedio egli avanza,

E intanto il marito fremendo ne va.

(Esce.)

 

Scena Quarta

(Entra Marullo.)

MARULLO (premuroso): Gran nuova! Gran nuova!

CORO: Che avvenne? Parlate!

MARULLO: Stupir ne dovrete...

CORO: Narrate, narrate...

MARULLO: Ah! ah!... Rigoletto...

CORO: Ebben?

MARULLO: Caso enorme!...

CORO: Perduto ha la gobba? non è più difforme?...

MARULLO: Più strana è la cosa!... Il pazzo possiede...

CORO: Infine?

MARULLO: Un'amante...

CORO: Un'amante! Chi il crede?

MARULLO: Il gobbo in Cupido or s'è trasformato!...

CORO: Quel mostro Cupido!... Cupido beato!...

 

Scena Quinta

(Ritorna il Duca seguito da Rigoletto, poi da Ceprano.)

DUCA (a Rigoletto): Ah, quanto Ceprano, importuno niun v'è!...

La cara sua sposa è un angiol per me!

RIGOLETTO: Rapitela.

DUCA: È detto: ma il farlo?

RIGOLETTO: Stassera.

DUCA: Né pensi tu al Conte?

RIGOLETTO: Non c'è la prigione?

DUCA: Ah, no.

RIGOLETTO: Ebben... s'esilia...

DUCA: Nemmeno, buffone.

RIGOLETTO: Adunque la testa...

(indicando di farla tagliare)

CEPRANO: (Oh, l'anima nera!) (Da sé.)

DUCA (battendo colla mano una spalla al Conte): Che di', questa testa?

RIGOLETTO: È ben naturale.

Che far di tal testa?... A che cosa ella vale?

CEPRANO (infuriato, brandendo la spada): Marrano!

DUCA (a Ceprano): Fermate...

RIGOLETTO: Da rider mi fa.

CORO (tra loro): In furia è montato!

DUCA (a Rigoletto): Buffone, vien qua.

Ah, sempre tu spingi lo scherzo all'estremo,

Quell'ira che sfidi, colpir ti potrà.

RIGOLETTO: Che coglier mi puote? Di loro non temo,

del Duca un protetto nessun toccherà.

CEPRANO (ai cortigiani a parte): Vendetta del pazzo!...

CORO: Contr'esso un rancore

Pe' tristi suoi moti, di noi chi non ha?

CEPRANO: Vendetta.

CORO: Ma come?

CEPRANO: Domani chi ha core

Sia in armi da me.

TUTTI: Sì.

CEPRANO: A notte.

TUTTI: Sarà.

(La folla de' danzatori invade la scena.)

TUTTI: Tutto è gioia, tutto è festa.

Tutto invitaci a goder!

Oh, guardate non par questa

Or la reggia del piacer!

 

Scena Sesta

(Detti ed il Conte di Monterone)

MONTERONE (dall'interno): Ch'io gli parli.

DUCA (Entrando): No.

MONTERONE (avanzando): Il voglio.

TUTTI: Monterone!

MONTERONE (fissando il Duca, con nobile orgoglio): Sì, Monteron... la voce mia qual tuono

Vi scuoterà dovunque...

RIGOLETTO (al Duca, contraffacendo la voce di Monterone): Ch'io gli parli.

(Si avanza con ridicola gravità.)

Voi congiuraste contro noi, signore,

E noi, clementi invero, perdonammo...

Qual vi piglia or delirio... a tutte l'ore

Di vostra figlia a reclamar l'onore?

MONTERONE (guardando Rigoletto con ira sprezzante): Novello insulto!... Ah sì, a turbare

(al Duca)

Sarò vostr'orge... verrò a gridare,

Fino a che vegga restarsi inulto

Di mia famiglia l'atroce insulto.

E se al carnefice pur mi darete,

Spettro terribile mi rivedrete

Portante in mano il teschio mio

Vendetta chiedere al mondo e a Dio.

DUCA: Non più, arrestatelo.

RIGOLETTO: È matto.

CORO: Quai detti!

MONTERONE (al Duca e Rigoletto): Oh, siate entrambi voi maledetti.

Slanciare il cane al leon morente

È vile, o Duca... E tu serpente, (a Rigoletto)

Tu che d'un padre ridi al dolore,

Sii maledetto!

RIGOLETTO (da sé, colpito): (Che sento! orrore!)

TUTTI (meno Rigoletto): O tu che la festa audace hai turbato,

Da un genio d'inferno qui fosti guidato;

È vano ogni detto, di qua t'allontana,

Va, trema, o vegliardo, dell'ira sovrana...

Tu l'hai provocata, più speme non v'è,

Un'ora fatale fu questa per te.

(Monterone parte fra due alabardieri; tutti gli altri seguono il Duca in altra stanza.)

 

Scena Settima

L'estremità di una via cieca. A sinistra una casa di discreta apparenza con una piccola corte circondata da mura. Nella corte un grosso ed alto albero ed un sedile di marmo; nel muro una porta che mette alla strada; sopra il muro un terrazzo praticabile, sostenuto da arcate. La porta del primo piano dà sul detto terrazzo, a cui si ascende per una scala di fronte. A destra della via è il muro altissimo del giardino e un fianco del palazzo di Ceprano. È notte.

(Entra Rigoletto chiuso nel suo mantello; Sparafucile lo segue, portando sotto il mantello una lunga spada.)

RIGOLETTO: (Quel vecchio maledivami!)

SPARAFUCILE: Signor?...

RIGOLETTO: Va, non ho niente.

SPARAFUCILE: Né il chiesi... a voi presente

Un uom di spada sta.

RIGOLETTO: Un ladro?

SPARAFUCILE: Un uom che libera

Per poco da un rivale,

E voi ne avete...

RIGOLETTO: Quale?

SPARAFUCILE: La vostra donna è là.

RIGOLETTO: (Che sento?) E quanto spendere

Per un signor dovrei?

SPARAFUCILE: Prezzo maggior vorrei...

RIGOLETTO: Com'usasi pagar?

SPARAFUCILE: Una metà s'anticipa, il resto si dà poi...

RIGOLETTO: (Dimonio!) E come puoi

Tanto securo oprar?

SPARAFUCILE: Soglio in cittade uccidere,

Oppure nel mio tetto.

L'uomo di sera aspetto...

Una stoccata, e muor.

RIGOLETTO: E come in casa?

SPARAFUCILE: È facile...

M'aiuta mia sorella...

Per le vie danza... è bella...

Chi voglio attira... e allor...

RIGOLETTO: Comprendo...

SPARAFUCILE: Senza strepito...

È questo il mio stromento, (Mostra la spada.)

Vi serve?

RIGOLETTO: No... al momento...

SPARAFUCILE: Peggio per voi...

RIGOLETTO: Chi sa?...

SPARAFUCILE: Sparafucil mi nomino...

RIGOLETTO: Straniero?

SPARAFUCILE (per andarsene): Borgognone...

RIGOLETTO: E dove all'occasione?...

SPARAFUCILE: Qui sempre a sera.

RIGOLETTO: Va.

(Sparafucile parte.)

 

Scena Ottava

RIGOLETTO (guardando dietro a Sparafucile.): Pari siamo!... Io la lingua, egli ha il pugnale.

L'uomo son io che ride, ei quel che spegne!...

Quel vecchio maledivami...

O uomini!... o natura!...

Vil scellerato mi faceste voi!...

O rabbia!... esser difforme!... esser buffone!...

Non dover, non poter altro che ridere!...

Il retaggio d'ogni uom m'è tolto... il pianto!...

Questo padrone mio,

Giovin, giocondo, sì possente, bello,

Sonnecchiando mi dice:

Fa ch'io rida, buffone...

Forzarmi deggio, e farlo!... Oh, dannazione!...

Odio a voi, cortigiani schernitori!...

Quanta in mordervi ho gioia!...

Se iniquo son, per cagion vostra è solo...

Ma in altr'uom qui mi cangio!...

Quel vecchio maledivami!... tal pensiero

Perché conturba ognor la mente mia!...

Mi coglierà sventura?... Ah no, è follia...

(Apre con chiave ed entra nel cortile.)

 

Scena Nona

(Gilda esce dalla casa e si getta nelle sue braccia.)

RIGOLETTO: Figlia!...

GILDA: Mio padre!

RIGOLETTO: A te d'appresso

Trova sol gioia il core oppresso.

GILDA: Oh, quanto amore!

RIGOLETTO: Mia vita sei!

Senza te in terra qual bene avrei?

(Sospira.)

GILDA: Voi sospirate!... Che v'ange tanto?

Lo dite a questa povera figlia...

Se v'ha mistero... per lei sia franto...

Ch'ella conosca la sua famiglia...

RIGOLETTO: Tu non ne hai...

GILDA: Qual nome avete?

RIGOLETTO: A te che importa?

GILDA: Se non volete

Di voi parlarmi...

RIGOLETTO (interrompendola): Non uscir mai.

GILDA: Non vo' che al tempio.

RIGOLETTO: Oh, ben tu fai.

GILDA: Se non di voi, almen chi sia

Fate ch'io sappia la madre mia.

RIGOLETTO: Deh, non parlare al misero

Del suo perduto bene...

Ella sentia, quell'angelo,

Pietà delle mie pene...

Solo, difforme, povero,

Per compassion mi amò.

Moria... le zolle coprono

Lievi quel capo amato...

Sola or tu resti al misero...

O Dio, sii ringraziato!...

(Singhiozzando)

GILDA: Quanto dolor!... che spremere

Sì amaro pianto può?

Padre, non più, calmatevi...

Mi lacera tal vista...

Il nome vostro ditemi,

il duol che sì v'attrista...

RIGOLETTO: A che nomarmi? È inutile!...

Padre ti sono, e basti...

Me forse al mondo temono,

D'alcuno ho forse gli asti...

Altri mi maledicono...

GILDA: Patria, parenti, amici

Voi dunque non avete?

RIGOLETTO (con effusione): Patria!... Parenti!... Dici?

Culto, famiglia, patria,

Il mio universo è in te!

GILDA: Ah, se può lieto rendervi,

Gioia è la vita a me!

Già da tre lune son qui venuta

Né la cittade ho ancor veduta;

Se il concedete, farlo or potrei...

RIGOLETTO: Mai!... Mai!... Uscita, dimmi unqua sei?

GILDA: No.

RIGOLETTO: Guai!

GILDA: (Che dissi!)

RIGOLETTO: Ben te ne guarda!

(Potrien seguirla, rapirla ancora!

Qui d'un buffone si disonora

La figlia, e ridesi... Orror!) Olà?

(verso la casa)

 

Scena Decima

(Giovanna esce dalla casa.)

GIOVANNA: Signor?

RIGOLETTO: Venendo, mi vede alcuno?

Bada, di' il vero...

GIOVANNA: Ah no, nessuno.

RIGOLETTO: Sta ben... la porta che dà al bastione

È sempre chiusa?

GIOVANNA: Lo fu e sarà.

RIGOLETTO (a Giovanna): Veglia, o donna, questo fiore

Che a te puro confidai;

veglia attenta, e non sia mai

Che s'offuschi il suo candor.

Tu dei venti dal furore,

Ch'altri fiori hanno piegato

Lo difendi, e immacolato

Lo ridona al genitor.

GILDA: Quanto affetto!... Quali cure!

Che temete, padre mio?

Lassù in cielo, presso Dio,

Veglia un angiol protettor.

Da noi stoglie le sventure

Di mia madre il priego santo;

Non fia mai divelto o franto

Questo a voi diletto fior.

 

Scena Undicesima

(Il Duca in costume borghese viene dalla strada.)

RIGOLETTO: Alcuno è fuori...

(Apre la porta della corte e, mentre esce a guardar sulla strada, il Duca guizza furtivo nella corte e si nasconde dietro l'albero, gettando a Giovanna una borsa la fa tacere.)

GILDA: Cielo!

Sempre novel sospetto...

RIGOLETTO (a Gilda tornando): Alla chiesa vi seguiva mai nessuno?

GILDA: Mai.

DUCA: (Rigoletto!)

RIGOLETTO: Se talor qui picchiano

Guadatevi d'aprir...

GIOVANNA: Nemmeno al Duca?...

RIGOLETTO: Men che a tutti a lui...

Mia figlia, addio.

DUCA: (Sua figlia!)

GILDA: Addio, mio padre.

(S'abbracciano e Rigoletto parte chiudendosi dietro la porta.)

 

Scena Dodicesima

(Gilda, Giovanna e il Duca restano nella corte, poi Ceprano e Borsa appariscono a tempo sulla via.)

GILDA: Giovanna, ho dei rimorsi...

GIOVANNA: E perché mai?

GILDA: Tacqui che un giovin ne seguiva al tempio.

GIOVANNA: Perché ciò dirgli?... L'odiate dunque

Cotesto giovin, voi?

GILDA: No, no, ché troppo è bello e spira amore...

GIOVANNA: E magnanimo sembra e gran signore.

GILDA: Signor né principe - io lo vorrei;

Sento che povero - più l'amerei.

Sognando o vigile - sempre lo chiamo.

E l'alma in estasi - gli dice: t'a...

DUCA (Esce improvviso, fa cenno a Giovanna di andarsene, e inginocchiandosi ai piedi di Gilda termina la frase.):

T'amo!

T'amo, ripetilo - sì caro accento,

Un puro schiudimi - ciel di contento!

GILDA: Giovanna?... Ahi, misera! - Non v'è più alcuno

Che qui rispondami!... - Oh Dio!... Nessuno!

DUCA: Son io coll'anima - che ti rispondo...

Ah, due che s'amano - son tutto un mondo!...

GILDA: Chi mai, chi giungere - vi fece a me?

DUCA: S'angelo o demone - che importa a te?

Io t'amo...

GILDA: Uscitene.

DUCA: Uscire!... Adesso!...

Ora che accendene - un fuoco istesso!...

Ah, inseparabile - d'amore il dio

stringeva, o vergine, - tuo fato al mio!

È il sol dell'anima, - la vita è amore,

Sua voce è il palpito - del nostro core...

È fama e gloria, - potenza e trono.

Terrene, fragili - cose qui sono.

Una pur avvene - sola, divina,

È amor che agli angeli -più ne avvicina!

Adunque amiamoci, - donna celeste,

D'invidia agli uomini - sarò per te.

GILDA: (Ah, de' miei vergini - sogni son queste

Le voci tenere - sì care a me!)

DUCA: Che m'ami, deh ripetimi.

GILDA: L'udiste.

DUCA: Oh, me felice!

GILDA: Il nome vostro ditemi...

Saperlo non mi lice?

CEPRANO (a Borsa): Il loco è qui...

DUCA (pensando): Mi nomino...

BORSA (a Ceprano): Sta ben...

(E partono.)

DUCA: Gualtier Maldè...

Studente sono... povero...

GIOVANNA (tornando spaventata): Rumor di passi è fuore...

GILDA: Forse mio padre...

DUCA: (Ah, cogliere

Potessi il traditore

Che sì mi sturba!)

GILDA (a Giovanna): Adducilo

Di qua al bastione... ite!...

DUCA: Di', m'amerai tu?...

GILDA: E voi?

DUCA: L'intera vita... poi...

GILDA: Non più... non più... partite.

TUTT'E DUE: Addio... speranza ed anima

Sol tu sarai per me.

Addio... vivrà immutabile

L'affetto mio per te.

(Il Duca esce scortato da Giovanna. Gilda resta fissando la porta ond'è partito.)

 

Scena Tredicesima

GILDA (sola): Gualtier Maldè... nome di lui sì amato,

Scolpisciti nel core innamorato!

Caro nome che il mio cor

Festi primo palpitar

Le delizie dell'amor

Mi dei sempre rammentar!

Col pensiero il mio desir

A te sempre volerà,

E pur l'ultimo sospir,

Caro nome, tuo sarà.

(Entra in casa e comparisce sul terrazzo con una lanterna per vedere anco una volta il creduto Gualtiero, che si suppone partito dall'altra parte.)

 

Scena Quattordicesima

(Marullo, Ceprano, Borsa, Cortigiani armati e mascherati, vengono dalla via. Gilda sul terrazzo Gilda che tosto rientra.)

BORSA (indicando Gilda al Coro)): È là.

CEPRANO: Miratela...

CORO: Oh, quanto è bella!

MARULLO: Par fata od angiol.

CORO: L'amante è quella

Di Rigoletto.

 

Scena Quindicesima

(Entra Rigoletto concentrato.)

RIGOLETTO: (Riedo!... Perché?)

BORSA: Silenzio... all'opra... badate a me.

RIGOLETTO: (Ah, da quel vecchio fui maledetto!!)

(Urta in Borsa.)

Chi è là?

BORSA (ai compagni): Tacete... c'è Rigoletto.

CEPRANO: Vittoria doppia!... L'uccideremo...

BORSA: No, ché domani più rideremo.

MARULLO: Or tutto aggiusto...

RIGOLETTO: (Chi parla qua?)

MARULLO: Ehi Rigoletto?... Di'?

RIGOLETTO (Con voce terribile): Chi va là?

MARULLO: Eh, non mangiarci!... Son...

RIGOLETTO: Chi?

MARULLO: Marullo.

RIGOLETTO: In tanto bujo lo sguardo è nullo.

MARULLO: Qui ne condusse ridevol cosa...

Torre a Ceprano vogliam la sposa...

RIGOLETTO: (Ohimè! respiro!...)

Ma come entrare?

MARULLO (piano a Ceprano): La vostra chiave?

(a Rigoletto) Non dubitare.

Non dee mancarci lo stratagemma...

(Gli dà la chiave avuta da Ceprano.)

Ecco la chiave...

RIGOLETTO (palpando): Sento il suo stemma.

(respirando) (Ah, terror vano fu dunque il mio!)

N'è là il palazzo... Con voi son'io.

MARULLO: Siam mascherati...

RIGOLETTO: Ch'io pur mi mascheri;

A me una larva?...

MARULLO: Sì, pronta è già.

Terrai la scala...

(Gli mette una maschera e nello stesso tempo lo benda con un fazzoletto, e lo pone a reggere una scala, che avranno appostata al terrazzo.)

RIGOLETTO: Fitta è la tenebra.

MARULLO (ai compagni): La benda cieco e sordo il fa.

TUTTI (meno Rigoletto): Zitti, zitti, moviamo a vendetta,

Ne sia colto or che meno l'aspetta.

Derisore sì audace e costante

A sua volta schernito sarà!...

Cheti, cheti, rubiamgli l'amante

E la Corte doman riderà.

(Alcuni salgono al terrazzo, rompono la porta del primo piano, scendono, aprono ad altri che entrano dalla strada e riescono trascinando Gilda, la quale avrà la bocca chiusa da un fazzoletto. Nel traversare la scena ella perde una sciarpa.)

GILDA (da lontano): Soccorso, padre mio!

CORO: Vittoria!

GILDA (più lontano): Aita!

RIGOLETTO: Non han finito ancor!... qual derisione!...

(Si tocca gli occhi.)

Sono bendato!...

(Si strappa impetuosamente la benda e la maschera, ed al chiarore d'una lanterna scordata riconosce la sciarpa, vede la porta aperta: entra, ne trae Giovanna spaventata: la fissa con istupore, si strappa i capelli senza poter gridare; finalmente dopo molti sforzi, esclama:)

Ah!... la maledizione!!

(Sviene.)

 

 

ATTO SECONDO

 

Scena Prima

(Salotto del Palazzo Ducale. Vi sono due porte laterali, una maggiore nel fondo che si chiude. A' suoi lati pendono i ritratti, in tutta figura della Duchessa e del Duca. V'ha un seggiolone presso una tavola coperta di velluto.)

(Il Duca entra, agitato.)

DUCA: Ella mi fu rapita!

E quando, o ciel?... Ne' brevi istanti, prima

Che un presagio interno

Sull'orma corsa ancora mi spingesse!

Schiuso era l'uscio!... la magion deserta!...

E dove ora sarà quell'angiol caro?...

Colei che poté prima in questo core

Destar la fiamma di costanti affetti?...

Colei sì pura, al cui modesto accento

quasi tratto a virtù talor mi credo!...

Ella mi fu rapita!

E chi l'ardiva?... ma ne avrò vendetta:

Lo chiede il pianto della mia diletta.

Parmi veder le lagrime

Scorrenti da quel ciglio,

Quando fra il dubbio e l'ansia

Del subito periglio,

Dell'amor nostro memore,

Il suo Gualtier chiamò.

Ned ei potea soccorrerti,

Cara fanciulla amata;

Ei che vorria coll'anima

Farti quaggiù beata;

Ei che le sfere agli angeli

Per te non invidiò.

 

Scena Seconda

(Marullo, Ceprano, Borsa ed altri Cortigiani dal mezzo.)

TUTTI: Duca, Duca?

DUCA: Ebben?

TUTTI: L'amante

Fu rapita a Rigoletto.

DUCA: Bella! E d'onde?

TUTTI: Dal suo tetto.

DUCA: Ah! Ah! Dite, come fu?

(Siede.)

TUTTI: Scorrendo uniti remota via

Brev'ora dopo caduto il dì:

Come previsto ben s'era in prima

Rara beltade ci si scoprì.

Era l'amante di Rigoletto

Che, vista appena, si dileguò.

Già di rapirla s'avea il progetto,

Quando il buffone ver noi spuntò;

Che di Ceprano noi la contessa

Rapir volessimo, stolto, credé;

La scala quindi all'uopo messa,

Bendato ei stesso ferma tené.

Salimmo e rapidi la giovinetta

ci venne fatto quinci asportar.

Quand'ei s'accorse della vendetta

Restò scornato ad imprecar.

DUCA: (Che sento! È dessa, la mia diletta!...

Ah tutto il cielo non mi rapì!)

(al coro) Ma dove or trovasi la poveretta?...

TUTTI: Fu da noi stessi addotta or qui.

DUCA (alzandosi con gioia): Possente amor mi chiama,

Volar io deggio a lei;

Il serto mio darei

Per consolar quel cor.

Ah! Sappia alfin chi l'ama,

Conosca appien chi sono,

Apprenda ch'anco in trono

Ha degli schiavi Amor.

(Esce rapidamente.)

TUTTI: (Quale pensiero or l'agita;

Come cangiò d'umor!).

 

Scena Terza

(Marullo, Ceprano, Borsa, altri Cortigiani, poi Rigoletto dalla destra.)

MARULLO: Povero Rigoletto!

CORO: Ei vien... Silenzio.

TUTTI:

Buon giorno, Rigoletto...

RIGOLETTO: (Han tutti fatto il colpo!)

CEPRANO: Ch'hai di nuovo, buffon?

RIGOLETTO: Che dell'usato

Più noioso voi siete.

TUTTI: Ah! Ah! Ah!

RIGOLETTO (spiando inquieto dovunque): (Dove l'avran nascosta?...)

TUTTI: (Guardate com'è inquieto!)

RIGOLETTO: Son felice...

Che nulla a voi nuocesse

L'aria di questa notte...

MARULLO: Questa notte!...

RIGOLETTO: Sì...Ah, fu il bel colpo!

MARULLO: S'ho dormito sempre!

RIGOLETTO: Ah, voi dormiste!... Avrò dunque sognato!

(S'allontana e vedendo un fazzoletto sopra una tavola ne osserva inquieto la cifra.)

TUTTI: (Ve' come tutto osserva!)

RIGOLETTO (gettandolo): (Non è il suo.)

Dorme il Duca tuttor?

TUTTI: Sì, dorme ancora.

 

Scena Quarta

(Comparisce un Paggio della Duchessa.)

PAGGIO: Al suo sposo parlar vuol la Duchessa.

CEPRANO: Dorme.

PAGGIO: Qui or con voi non era?

BORSA: È a caccia.

PAGGIO: Senza paggi!... Senz'armi!...

TUTTI: E non capisci

Che vedere per ora non può alcuno?

RIGOLETTO (che a parte è stato attentissimo al dialogo, balzando improvviso tra loro prorompe):

Ah, ell'è qui dunque!... Ell'è col Duca!...

TUTTI: Chi?

RIGOLETTO: La giovin che stanotte

Al mio tetto rapiste.

TUTTI: Tu deliri!

RIGOLETTO: Ma la saprò riprender...

Ella è qui...

TUTTI: Se l'amante perdesti,

La ricerca altrove.

RIGOLETTO: Io vo' mia figlia!...

TUTTI: La sua figlia...

RIGOLETTO: Sì, la mia figlia...

D'una tal vittoria...

Che?... Adesso non ridete?...

Ella è là... la vogl'io... la renderete.

(Corre verso la porta di mezzo, ma i cortigiani gli attraversano il passaggio.)

Cortigiani, vil razza dannata,

per qual prezzo vendeste il mio bene?

A voi nulla per l'oro sconviene,

Ma mia figlia è impagabil tesor.

La rendete... o, se pur disarmata,

Questa man per voi fora cruenta;

Nulla in terra più l'uomo paventa,

Se dei figli difende l'onor.

Quella porta, assassini, m'aprite.

(Si getta ancor sulla porta che gli è nuovamente contesa dai gentiluomini; lotta alquanto, poi ritorna spossato sul davanti della scena.)

Ah! Voi tutti a me contro venite!

(Piange.)

Ebben, piango... Marullo... signore,

Tu ch'hai l'alma gentil come il core,

Dimmi or tu dove l'hanno nascosta?

È là?... È vero?... Tu taci!... perché?

Miei signori... perdono, pietate...

Al vegliardo la figlia ridate...

Ridonarla a voi nulla ora costa,

Tutto al mondo è tal figlia per me.

 

Scena Quinta

(Gilda esce dalla stanza a sinistra e si getta nelle paterne braccia.)

GILDA: Mio padre!

RIGOLETTO: Dio! Mia Gilda!

Signori, in essa è tutta la mia famiglia...

Non temer più nulla, angelo mio...

Fu scherzo, non è vero?... (ai cortigiani)

Io, che pur piansi, or rido...

E tu a che piangi?...

GILDA: Il ratto, l'onta, o padre!...

RIGOLETTO: Ciel! Che dici?

GILDA: Arrossir voglio innanzi a voi soltanto...

RIGOLETTO (ai Cortigiani in modo imperioso): Ite di qua voi tutti...

Se il Duca vostro d'appressarsi osasse,

Che non entri, gli dite, e ch'io ci sono.

(Si abbandona sul seggiolone.)

CORO (fra loro): (Co' fanciulli e coi dementi

Spesso giova il simular;

Partiam pur, ma quel ch'ei tenti,

Non lasciamo d'osservar.)

(Escono dal mezzo e chiudono la porta.)

 

Scena Sesta

(Rigoletto e Gilda.)

RIGOLETTO: Parla... Siam soli.

GILDA: (Ciel! Dammi coraggio!)

Tutte le feste al tempio

Mentre pregava Iddio,

Bello e fatale un giovane

S'offerse al guardo mio...

Se i labbri nostri tacquero,

Dagli occhi il cor parlò.

Furtivo fra le tenebre

Sol ieri a me giungeva...

"Son studente, povero,"

Commosso mi diceva,

E con ardente palpito

Amor mi protestò.

Partì... il mio core aprivasi

A speme più gradita,

Quando improvvisi apparvero

Color che m'han rapita,

E a forza qui m'addussero

Nell'ansia più crudel.

RIGOLETTO: (T'intendo, avverso ciel!

Solo per me l'infamia

A te chiedeva, o Dio...

Ch'ella potesse ascendere

Quanto caduto er'io..

Ah, presso del patibolo

Bisogna ben l'altare!

Ma tutto ora scompare...

L'altar si rovesciò!)

Piangi, fanciulla, e scorrere

Fa il pianto sul mio cor.

GILDA: Padre, in voi parla un angelo

Per me consolator.

RIGOLETTO: Compiuto pur quanto a fare mi resta

Lasciare potremo quest'aura funesta.

GILDA: Sì.

RIGOLETTO: (E tutto un sol giorno cangiare poté!)

 

Scena Settima

(Entra un usciere ed il Conte di Monterone, che dalla destra attraversa il fondo della sala fra gli alabardieri.)

USCIERE (alle guardie): Schiudete... ire al carcere Monteron dee.

MONTERONE (fermandosi verso il ritratto): Poiché fosti invano da me maledetto,

Né un fulmine o un ferro colpiva il tuo petto,

Felice pur anco, o Duca, vivrai.

(Esce fra le guardie dal mezzo.)

RIGOLETTO: No, vecchio, t'inganni... - ... un vindice avrai.

 

Scena Ottava

(Rigoletto e Gilda.)

RIGOLETTO. (Si volge con impeto al ritratto.)

Sì, vendetta, tremenda vendetta

Di quest'anima è solo desio...

Di punirti già l'ora s'affretta,

Che fatale per te suonerà.

Come fulmin scagliato da Dio

Il buffone colpirti saprà.

GILDA: O mio padre, qual gioia feroce

Balenarvi negli occhi vegg'io!...

Perdonate... a noi pure una voce

Di perdono dal cielo verrà.

(Mi tradiva, pur l'amo, gran Dio

Per l'ingrato ti chiedo pietà!)

(Escono dal mezzo.)

 

 

ATTO TERZO

 

Scena Prima

Deserta sponda del Mincio. A sinistra è una casa a due piani, mezzo diroccata, la cui fronte, volta allo spettatore, lascia vedere per una grande arcata l'interno d'una rustica osteria al piano terreno, ed una rozza scala che mette al granaio, entro cui, da un balcone, senza imposte, si vede un lettuccio; il muro poi n'è sì pien di fessure, che dal di fuori si può facilmente scorgere quanto avviene nell'interno. Il resto del teatro rappresenta la deserta parte del Mincio, che nel fondo scorre dietro un parapetto in mezza ruina; al di là del fiume è Mantova. È notte.

Gilda e Rigoletto inquieti sono sulla strada. Sparafucile nell'interno dell'osteria, seduto presso una tavola, sta ripulendo il suo cinturone senza nulla intendere di quanto accade là fuori.)

RIGOLETTO: E l'ami?

GILDA: Sempre.

RIGOLETTO: Pure

Tempo a guarirne t'ho lasciato.

GILDA: Io l'amo.

RIGOLETTO: Povero cor di donna!...

Ah, il vile infame!...

Ma avrai vendetta, o Gilda!...

GILDA: Pietà, mio padre...

RIGOLETTO: E se tu certa fossi

Ch'ei ti tradisse, l'ameresti ancora?

GILDA: Nol so, ma pur m'adora.

RIGOLETTO: Egli?...

GILDA: Sì.

RIGOLETTO: Ebbene, osserva dunque.

(La conduce presso una delle fessure del muro, ed ella vi guarda.)

GILDA: Un uomo vedo.

RIGOLETTO: Per poco attendi.

 

Scena Seconda

(Il Duca, in assisa di semplice ufficiale di cavalleria, entra nella sala terrena per una porta a sinistra.)

GILDA (trasalendo): Ah, padre mio!

DUCA (a Sparafucile): Due cose e tosto...

SPARAFUCILE: Quali?

DUCA: Una stanza e del vino...

RIGOLETTO: (Son questi i suoi costumi!)

SPARAFUCILE: (Oh, il bel zerbino!)

(Entra nella stanza vicina.)

DUCA: La donna è mobile

Qual piuma al vento,

Muta d'accento - e di pensiero.

Sempre un amabile

Leggiadro viso,

In pianto o in riso, - è menzogner.

È sempre misero

Chi a lei s'affida,

Chi le confida - mal cauto il cor!

Pur mai non sentesi

Felice appieno

Chi sul quel seno - non liba amor!

SPARAFUCILE (rientra con una bottiglia di vino e due bicchieri che depone sulla tavola, quindi batte col pomo della sua lunga spada due colpi al soffitto. A quel segnale una ridente giovane, in costume di zingara, scende a salti la scala. Il Duca corre per abbracciarla, ma ella gli sfugge. Frattanto Sparafucile, uscito sulla via, dice a parte a Rigoletto.):

È là il vostr'uomo... viver dee o morire?

RIGOLETTO: Più tardi tornerò l'opra a compire.

(Sparafucile s'allontana dietro la casa verso il fiume.)

 

Scena Terza

(Gilda e Rigoletto nella via, il Duca e Maddalena nel piano terreno.)

DUCA: Un dì, se ben rammentomi,

O bella, t'incontrai...

Mi piacque di te chiedere,

E intesi che qui stai.

Or sappi che d'allora

Sol te quest'alma adora.

MADDALENA: Ah! Ah!... e vent'altre appresso

Le scorda forse adesso?...

Ha un'aria il signorino

Da vero libertino...

DUCA: Sì... un mostro son...

(per abbracciarla)

MADDALENA: Lasciatemi, stordito.

DUCA: Eh, che fracasso!

MADDALENA: Stia saggio.

DUCA: E tu sii docile,

Non farmi tanto chiasso.

Ogni saggezza chiudesi

Nel gaudio e nell'amore...

(Le prende la mano.)

La bella mano candida!

MADDALENA: Scherzate, voi signore.

DUCA: No, no.

MADDALENA: Son brutta.

DUCA: Abbracciami.

MADDALENA: Ebbro!...

DUCA (ridendo): D'amore ardente.

MADDALENA: Signor l'indifferente,

Vi piace canzonar?...

DUCA: No, no, ti vo' sposar...

MADDALENA: Ne voglio la parola...

DUCA (ironico): Amabile figliuola!

RIGOLETTO (a Gilda che avrà tutto osservato ed inteso): Ebben?... ti basta ancor?...

GILDA: Iniquo traditor!

DUCA: Bella figlia dell'amore,

Schiavo son dei vezzi tuoi;

con un detto sol tu puoi

Le mie pene consolar.

Vieni e senti del mio core

Il frequente palpitar.

MADDALENA: Ah! Ah! Rido ben di core,

Ché tal baie costan poco;

Quanto valga il vostro giuoco,

Mel credete, so apprezzar.

Sono avvezza, bel signore,

Ad un simile scherzar.

GILDA: Ah, così parlar d'amore

A me pur l'infame ho udito!

Infelice cor tradito,

Per angoscia non scoppiar.

Perché, o credulo mio core,

Un tal uom dovevi amar?

RIGOLETTO (a Gilda): Taci, il piangere non vale;

Ch'ei mentiva or sei secura...

Taci, e mia sarà la cura

La vendetta d'affrettar.

Pronta fia, sarà fatale,

Io saprollo fulminar.

M'odi, ritorna a casa...

Oro prendi, un destriero,

Una veste viril che t'apprestai,

E per Verona parti...

Sarovvi io pur domani...

GILDA: Ora venite...

RIGOLETTO: Impossibil.

GILDA: Tremo.

RIGOLETTO: Va'.

(Gilda parte; durante questa scena e la seguente il Duca e Maddalena stanno fra loro parlando, ridendo, bevendo. Partita Gilda, Rigoletto va dietro la casa, e ritorna parlando con Sparafucile e contandogli delle monete.)

 

Scena Quarta

(Sparafucile, Rigoletto, il Duca e Maddalena.)

RIGOLETTO: Venti scudi hai tu detto?...

Eccone dieci,

E dopo l'opra il resto.

Ei qui rimane?

SPARAFUCILE: Sì.

RIGOLETTO: Alla mezza notte

Ritornerò.

SPARAFUCILE: Non cale.

A gettarlo nel fiume basto io solo.

RIGOLETTO: No, no, il vo' far io stesso...

SPARAFUCILE: Sia... il suo nome?

RIGOLETTO: Vuoi saper anco il mio?

Egli è Delitto, Punizion son io.

(Parte; il cielo si oscura e tuona.)

 

Scena Quinta

SPARAFUCILE: La tempesta è vicina!...

Più scura fia la notte.

DUCA: Maddalena? (per prenderla)

MADDALENA (sfuggendogli): Aspettate...

Mio fratello viene.

DUCA: Che importa?

(S'ode il tuono.)

MADDALENA: Tuona!

SPARAFUCILE (entrando): E pioverà tra poco.

DUCA: Tanto meglio.

Io qui mi tratterrò... tu dormirai

In scuderia... all'inferno... ove vorrai...

SPARAFUCILE: Grazie.

MADDALENA (piano al Duca) (Ah no!... Partite.)

DUCA (a Maddalena): (Con tal tempo?)

SPARAFUCILE (Piano a Maddalena): (Son venti scudi d'oro.)

(al Duca) Ben felice

D'offrirvi la mia stanza... se a voi piace

Tosto a vederla andiamo.

(Prende un lume e s'avvia per la scala.)

DUCA: Ebben sono con te... presto, vediamo.

(Dice una parola all'orecchio di Maddalena e segue Sparafucile.)

MADDALENA: (Povero giovin!... Grazioso tanto!

Dio!... Qual notte è mai questa!)

(Tuona.)

DUCA (giunto al granaio, vedendone il balcone senza imposte):

Si dorme all'aria aperta?

Bene, bene... Buona notte.

SPARAFUCILE: Signor, vi guardi Iddio...

DUCA: Breve sonno dormiam... stanco son io.

(Depone il cappello, la spada e si stende sul letto, dove in breve s'addormenta. Maddalena frattanto siede presso la tavola. Sparafucile beve dalla bottiglia lasciata dal Duca. Rimangono ambedue taciturni per qualche istante, e preoccupati da gravi pensieri.)

MADDALENA: È amabile invero cotal giovinotto.

SPARAFUCILE: Oh sì... venti scudi ne dà di prodotto...

MADDALENA: Sol venti!... Son pochi!... Valeva di più.

SPARAFUCILE: La spada, s'ei dorme, va, portami giù.

MADDALENA (Sale al granaio e contempla il dormente.):

Peccato!... è pur bello!

(Ripara alla meglio il balcone e scende.)

 

Scena Sesta

(Gilda comparisce nel fondo della via in costume virile, con stivali e speroni, e lentamente si avanza verso l'osteria, mentre Sparafucile continua a bere. Spessi lampi e tuoni.)

GILDA: Ah, più non ragiono!...

Amor mi trascina!...

Mio padre, perdono... (Tuona.)

Qual notte d'orrore!

Gran Dio che accadrà?

MADDALENA (Sarà discesa ed avrà posata la spada del Duca sulla tavola.):

Fratello?

GILDA (osservando per la fessura):

Chi parla?

SPARAFUCILE (frugando in un credenzone):

Al diavol te'n va.

MADDALENA: Somiglia un Apollo quel giovine... io l'amo...

Ei m'ama... riposi... né più l'uccidiamo...

GILDA (ascoltando): Oh cielo!...

SPARAFUCILE (gettandole un sacco): Rattoppa quel sacco...

MADDALENA: Perché?

SPARAFUCILE: Entr'esso il tuo Apollo, sgozzato da me,

Gettar dovrò al fiume...

GILDA: L'inferno qui vedo!

MADDALENA: Eppure il danaro salvarti scommetto

Serbandolo in vita.

SPARAFUCILE: Difficile il credo.

MADDALENA: M'ascolta... anzi facil ti svelo un progetto.

De' scudi già dieci dal gobbo ne avesti;

Venire cogli altri più tardi il vedrai...

Uccidilo, e venti allora ne avrai.

Così tutto il prezzo goder si potrà.

SPARAFUCILE: Uccider quel gobbo!... Che diavol dicesti!

Un ladro son forse? Son forse un bandito?

Qual altro cliente da me fu tradito?...

Mi paga quest'uomo... fedele m'avrà.

GILDA: Che sento!... Mio padre!...

MADDALENA: Ah, grazia per esso!

SPARAFUCILE: È d'uopo ch'ei muoia...

MADDALENA: Fuggire il fo adesso...

(Va per salire.)

GILDA: Oh, buona figliuola!

SPARAFUCILE (trattenendola): Gli scudi perdiamo.

MADDALENA: È ver!...

SPARAFUCILE: Lascia fare...

MADDALENA: Salvarlo dobbiamo.

SPARAFUCILE: Se pria ch'abbia il mezzo la notte toccato

Alcuno qui giunga, per esso morrà.

MADDALENA: È buia la notte, il ciel troppo irato,

Nessuno a quest'ora da qui passerà.

GILDA: Oh, qual tentazione!... Morir per l'ingrato!...

Morire!... e mio padre!... Oh cielo pietà!

(Battono le undici e mezzo.)

SPARAFUCILE: Ancor c'è mezz'ora.

MADDALENA (piangendo): Attendi fratello...

GILDA: Che! Piange tal donna!...

Né a lui darò aita!...

Ah, s'egli al mio amore divenne rubello

Io vo' per la sua gettar la mia vita...

(Picchia alla porta.)

MADDALENA: Si picchia?

SPARAFUCILE: Fu il vento...

(Gilda torna a bussare.)

MADDALENA: Si picchia, ti dico.

SPARAFUCILE: È strano!...

MADDALENA: Chi è?

GILDA: Pietà d'un mendico;

Asil per la notte a lui concedete.

MADDALENA: Fia lunga tal notte!

SPARAFUCILE: Alquanto attendete.

(Va a cercare nel credenzone.)

GILDA: Ah, presso alla morte, sì giovine, sono!

Oh cielo, pegli empi ti chiedo perdono.

Perdona tu, o padre, a questa infelice!...

Sia l'uomo felice - ch'or vado a salvar.

MADDALENA: Su, spicciati, presto, fa l'opra compita:

Anelo una vita - con altra salvar.

SPARAFUCILE: Ebbene, son pronto, quell'uscio dischiudi:

Più ch'altro gli scudi - mi preme salvar.

 

MADDALENA (a Gilda): Spicciati!

Entrate.

SPARAFUCILE: Bene son pronto.

GILDA: Dio! Loro perdonate.

(Sparafucile va a postarsi con un pugnale dietro alla porta; Maddalena apre e poi corre a chiudere la grande arcata di fronte, mentre entra Gilda, dietro a cui Sparafucile chiude la porta, e tutto resta sepolto nel silenzio e nel buio.)

 

Scena Settima

(Rigoletto solo si avanza dal fondo della scena chiuso nel suo mantello. La violenza del temporale è diminuita, né più si vede e sente che qualche lampo e tuono.)

RIGOLETTO: Della vendetta alfin giunga l'istante!

Da trenta dì l'aspetto

Di vivo sangue a lagrime piangendo

Sotto la larva del buffon...

Quest'uscio... (esaminando la casa)

È chiuso!... Ah, non è tempo ancor!... S'attenda.

Qual notte di mistero!

Una tempesta in cielo!...

In terra un omicidio!...

Oh, come invero qui grande mi sento!...

(Suona mezzanotte.)

Mezza notte!...

 

Scena Ottava

SPARAFUCILE (uscendo di casa): Chi è là?

RIGOLETTO (per entrare): Son io.

SPARAFUCILE: Sostate.

(Rientra e torna trascinando un sacco.)

È qui spento il vostr'uomo...

RIGOLETTO: Oh gioia!... Un lume!

SPARAFUCILE: Un lume?... No, il danaro.

(Rigoletto gli dà una borsa.)

Lesti all'onda il gettiam...

RIGOLETTO: No, basto io solo.

SPARAFUCILE: Come vi piace...

Qui men atto è il sito.

Più avanti è più profondo il gorgo.

Presto, che alcun non vi sorprenda.

Buona notte.

(Rientra in casa.)

RIGOLETTO: Egli è là!... Morto!... Oh sì... vorrei vederlo!...

Ma che importa?... È ben desso!... Ecco i suoi sproni!...

Ora mi guarda, o mondo...

Quest'è un buffone, ed un potente è questo!...

Ei sta sotto a' miei piedi!... È desso! È desso!

È giunta alfin la tua vendetta, o duolo!...

Sia l'onda a lui sepolcro,

Un sacco il suo lenzuolo

(Fa per trascinare il sacco verso la sponda, quando è sorpreso dalla lontana voce del Duca, che nel fondo attraversa la scena.)

Qual voce!... Illusion notturna è questa!

(trasalendo) No!... No! Egli è desso... è desso!...

(verso la casa) Maledizione! Olà!...Dimon bandito?

(Taglia il sacco.) Chi è mai, chi è qui in sua vece?

(Lampeggia.) Io tremo... È umano corpo!...

 

Scena Ultima

RIGOLETTO: Mia figlia!... Dio!... Mia figlia!...

Ah no... è impossibil!... Per Verona è in via!...

(inginocchiandosi) Fu visïon... È dessa!

O mia Gilda!... fanciulla... a me rispondi!...

L'assassino mi svela... Olà?... Nessuno!

(Picchia disperatamente alla porta.)

Nessun!... Mia figlia?... Gilda...

GILDA: Chi mi chiama?

RIGOLETTO: Ella parla!... Si move!... È viva!.. Oh Dio!

Ah, mio ben solo in terra

Mi guarda... mi conosci...

GILDA: Ah... padre mio!

RIGOLETTO: Qual mistero!... Che fu?... Sei tu ferita?

GILDA (indicando al core): L'acciar qui mi piagò...

RIGOLETTO: Chi t'ha colpita?

GILDA: V'ho ingannato... Colpevole fui...

L'amai troppo... Ora muoio per lui...

RIGOLETTO: (Dio tremendo!... Ella stessa fu colta

Dallo stral di mia giusta vendetta!...)

Angiol caro... Mi guarda, m'ascolta...

Parla... parlami, figlia diletta.

GILDA: Ah, ch'io taccia!... A me... A lui perdonate...

Benedite alla figlia, o mio padre...

Lassù... in cielo, vicina alla madre...

In eterno per voi... pregherò.

RIGOLETTO: Non morir... mio tesoro... pietate...

Mia colomba... Lasciarmi non déi...

Se t'involi... qui sol rimarrei...

Non morire... O ch'io teco morrò!

GILDA: Non più... a lui... perdo... nate...

Mio padre... Ad... dio!...

(Muore.)

RIGOLETTO: Gilda! Mia Gilda!... È morta!...

Ah, la maledizione!!

(Strappandosi i capelli, cade sul cadavere della figlia.)