Franco Braga -Lalli

Lalli

1


Devo raccontarvi una storia. Se volete conoscerla bisogna che facciate lo sforzo di leggerla.
A mio modesto parere è una bella storia, per questo ho deciso di raccontarvela. Se alla fine vi sarà piaciuta, cercherò di raccontarvene un'altra e un'altra ancora. Dipende da voi, perché - vedete - io sono vecchio e di storie ne so tante. Devo solo pensarci e, pazientemente, scriverle, parola per parola, come fate voi quando eseguite i vostri compiti o fate il tema in classe.
Vi preoccupa un po' il tema in classe, nevvero? Beh, avete ragione: si tratta in genere di riempire almeno un paio di paginette sull'argomento che la maestra ha dettato o scritto alla lavagna. E alle volte sembra di non aver niente da dire su quell'argomento, e magari è anche vero. Poi si comincia a pensare, a richiamare alla memoria le cose accadute, le cose udite, le cose viste e così comincia a prendere forma lo svolgimento del tema.
Vi confiderò un segreto; dico per dire perché in realtà proprio un segreto non è. Ecco, io non solo sono vecchio, come vi ho detto, ma durante la mia vita, per molti anni, ho fatto lo scolaro, come voi, poi quando sono diventato più grandicello ho fatto lo studente, come si usa chiamare gli scolari delle scuole superiori, poi infine ho scelto addirittura di fare il maestro. E facendo il maestro ho - come dire? - ricominciato a fare lo scolaro, insieme a bambini come voi, come te, che mi stai leggendo.
Poi gli anni sono trascorsi, velocemente, ahimé, e a un certo punto mi sono trovato troppo vecchio per continuare a fare lo scolaro; ho lasciato la scuola, ma la mia mente è piena di visi di bambini e ognuno di essi ha una storia, perché ogni bambino è una persona e ogni persona ha una storia sua, diversa da tutte le altre e poiché le persone, i bambini specialmente, vivono insieme, va a finire che certe storie si intrecciano fra loro e non si può più raccontare la storia di uno se non si racconta anche la storia dell'altro che l'ha vissuta con lui. Poi, come si fa per i temi, gli si dà un titolo, anzi glielo si dà addirittura prima, si prega un momentino il Signore che ci aiuti e si comincia a raccontare.
Questa, ad esempio, è la storia di Lalli.

2


Lalli è un vezzeggiativo, ma il suo vero nome non ve lo dirò adesso, ve lo dirò solo al momento opportuno. Vi chiedo solo di aver pazienza.
La mia storia, anzi la sua storia, comincia il primo giorno di scuola in una terza elementare. Perché proprio in una terza elementare? Perché sì, e io non ci posso fare proprio niente. Una terza elementare che l'anno precedente era stata una seconda elementare, naturalmente.
Quando tutta la classe ebbe preso posto nell'aula, il maestro diede un'occhiata in giro. C'era silenzio. Potrebbe sembrare strano un primo giorno di scuola, che inizia in silenzio. L'aula non era la stessa, ma c'erano i banchi a due posti, i soliti spigolosi banchi ricoperti di fòrmica, solo di una misura poco più grande, perchè i bambini crescono anche durante le vacanze e a settembre sono un po' più alti che a giugno, e poi continuano a crescere durante l'anno e, insomma, è previsto che i banchi siano di misura diversa di classe in classe. Punto e basta. I bambini avevano preso posto nei nuovi banchi, ma si erano disposti più o meno com'erano l'anno precedente, si erano scelti gli stessi compagni così che il maestro guardandosi intorno ebbe per un momento l'impressione che non fosse cambiato niente.
Se dicessi che il maestro fu contento e soddisfatto di tale sistemazione direi la prima grossa bugia. Infatti le "coppie" non erano quelle che il maestro gradiva di più. E' normale che la scelta preferenziale sia quella che più conviene ai desideri dei bambini, ma spesso - e chi lo sa meglio di voi? - accade che la scelta sia fatta perché lo star bene insieme a scuola, non sempre coincide con il far bene i propri doveri. Ma io le so queste cose. no? Lo star bene insieme vuol dire distrarsi più facilmente quando il maestro spiega, vuol dire chiacchierare con il compagno di banco...vuol dire tante cose, insomma. Il maestro, per esempio, aveva notato che in genere i maschietti non andavano d'accordo facilmente con le bambine e così ogni tanto li mescolava a bella posta per abituarli a convivere insieme. Talvolta l'esperimento andava bene, ma nella generalità dei casi bambine e maschietti si detestavano cordialmente, tanto che, nonostante i suoi tentativi di mescolamento finivano sempre per separarsi alla chetichella. Lui fingeva di non farci caso e si riformavano le coppie come prima.
Quel che stupì il maestro quella mattina era che oltre a quel silenzio irreale tutti i bambini guardavano verso la porta.
Fermo sulla soglia c'era un altro bambino.
"E tu, che fai lì?" - chiese il maestro. Il bimbo tacque per un istante, si vedeva che era fortemente intimidito, poi trovò il coraggio di rispondere.
"Io...sono nùovo" rispose il piccolo e tutti si accorsero che aveva detto "nùovo" con l'accento sulla u, invece di nuòvo. Ci fu un subitaneo mormorio in cui il maestro colse la parola "terrone". Ebbe un immediato scatto di rabbia e batté con violenza la mano sulla cattedra con tanta forza da sentire il pizzicore sul palmo. Si rifece immediato silenzio.
"Vieni avanti" disse con dolcezza e intanto sfogliò le carte che aveva appena posato sulla cattedra e che la bidella gli aveva consegnato un momento prima. Trovò subito ciò che gli interessava.
"Tu sei Tommaso" - disse.
"Sì" fu la risposta, breve e ancora più timida, del bambino, che al colpo sulla cattedra aveva sussultato.
"State seduti" disse il maestro rivolgendosi agli altri. Il silenzio era ridiventato assolutamente totale. L'aula pareva vuota. Tommaso si stava avvicinando alla cattedra e tutti si accorsero che il suo modo di camminare era anormale, i passettini brevissimi, il piede destro che si appoggiava divaricando verso l'esterno mentre tutto il corpo lo seguiva in una accennata contorsione e il braccio sinistro ciondolava inerte lungo il fianco come una manica vuota.
Mentre Tommaso si avvicinava il maestro leggeva il foglio che aveva in mano. Senza alzare gli occhi dal foglio allungò un braccio e attirò a sé il bambino stringendoselo al fianco. Gli parve ancora più mingherlino sotto gli abiti che portava, evidentemente abbondanti. Rilesse alcuni periodi, poi finalmente alzò gli occhi. Guardò prima torno torno tutta la sua classe poi volse lo sguardo su Tommaso.
"Va bene, Tommaso, allora adesso sei dei nostri". Lo disse con un sorriso cui rispose finalmente rinfrancato il sorriso di Tommaso. "Vai a sederti...vediamo un po'...lì, al terzo banco, vicino a Carlo, mentre Giovanni può andare laggiù, dove c'è un posto vuoto" e con la mano andava indicando tutte le posizioni. La sistemazione avvenne senza problemi, ma tutti rivolsero di nuovo la loro attenzione allo strano modo di camminare di Tommaso.
Fu Lalli ad alzare la mano per chiedere di parlare.
"Che c'è, Lalli?"
"Che cos'ha Tommaso?
"Ve l'avrei detto adesso e già che l'hai chiesto ve lo dico subito. E' scritto qui. Tommaso - disse rivolto al bambino - posso spiegare ai tuoi compagni la tua situazione?".
Tommaso rispose solo con un cenno del capo in senso affermativo.
"Ecco dunque come stanno le cose" - cominciò l'anziano maestro, che tutti, fin dalla prima elementare avevano imparato a chiamare per nome; ed era un bel nome il suo: Raffaele. Ormai nelle scuole non si usava più dire signor maestro o signorina maestra, si usava dire il nome e si dava del tu.
"Ecco dunque come stanno le cose: Tommaso ha avuto alcuni anni fa un grave incidente e i medici l'hanno salvato. Gli hanno salvato la vita, come vedete, infatti è qui con noi, ma purtroppo alcune funzioni motorie sono rimaste compromesse e quindi ha difficoltà a muoversi nel modo che noi chiamiamo normale".
"E' handicappato" volle precisare Lalli.
"Sì, certo - continuò Raffaele - handicappato, ma come avete visto, fortunatamente è libero di muoversi senza bisogno di una carrozzella, però se qualcuno può aiutarlo a camminare per lui le cose possono essere più facili. Voi, specialmente quando è l'ora della ricreazione, siete scatenati. Lui non può fare quello che fate voi e se qualcuno lo urta può cadere con facilità. E' così, Tommaso?".
Tommaso rispose ancora assentendo con il capo.
"Come mai non ti ha accompagnato la mamma, almeno questa mattina?"
"Mi ha accompagnato - rispose - ma non ha potuto fermarsi perché doveva andare a lavorare".
Raffaele tacque. Era un'altra tessera che si aggiungeva nel quadro della difficile vita di quel bambino.
"Signor maestro"
"Sì, Tommaso, ma chiamami pure Raffaele."
"Sì, Raffaele, ma tu chiamami Tommy. Al mio paese tutti mi hanno sempre chiamato Tommy."
"Va bene, Tommy, mi piace il tuo nome e penso che piacerà a tutti, è vero?" - chiese rivolgendosi alla scolaresca.
Il tumulto, già troppo a lungo represso, era pronto a scoppiare. Tutti si alzarono in piedi e comnciarono a gridare in coro cadenzato:"Tom-my!, Tom-my!, Tom-my!"
Ci volle la pazienza di Raffaele per rimettere a tacere quella squadra di monelli.
E fu semplicemente così che Tommy entrò a far parte della della Terza E.

3


Le attività scolastiche si avviarono, come sempre avviene ogni anno in ogni scuola e dopo qualche giorno è come se l'anno scolastico non fosse mai stato interrotto dalle vacanze. Si ripassano le cose vecchie e semidimenticate, se ne imparano delle nuove. Ci sono le giornate buone e quelle meno buone, perché anche i bambini, dicono le maestre, vanno un po' col tempo. Ci sono i voti belli e quelli meno belli o brutti, ci sono quelli che se la prendono e per un voto meno bello di quello aspettato ne fanno un processo e sono pianti e disperazioni e ci sono quelli che ci fanno sopra un sorrisetto sprezzante mentre se ne tornano al posto. Ci sono quelli che non vedono l'ora di essere interrogati perché hanno una smania incontenibile di farsi notare dagli altri e di raccogliere gli onori e quelli che in vista di una interrogazione, avendo la coscienza ben sporca per non aver studiato, si nascondono sotto il banco fingendo di cercare qualcosa dentro la cartella. Ci sono anche quelli che addirittura marinano la scuola perché la loro sete di libertà e di avventura li spinge a tanto. In terza elementare questo avviene un po' più raramente, ma qualche volta capita.
La classe di Raffaele era tuttavia una classettina a modo; c'erano un paio di monelli, ma non davano grandi preoccupazioni, c'era qualche bambina un po' svogliatella, ma andava a periodi. Poi c'era Lalli. E c'era Tommy.
Lalli era entrata a far parte della classe fin dal primo giorno di scuola, in prima elementare. Era accaduto così: Quel giorno, di tre anni prima, dopo che tutte le maestre di prima elementare avevano ricevuto dal Direttore l'elenco di quelli che sarebbero stati i loro scolari ed ebbero fatto l'appello nel grande androne della scuola ed ebbero raggiunto, ciascuno, l'aula che gli era stata destinata, rimase una bambina che nessuno aveva chiamata. La mamma che l'aveva accompagnata era rimasta perplessa poi ovviamente si era recata in Direzione per chiedere spiegazioni. Lei era ben sicura di aver regolarmente iscritta la bambina, infatti i documenti vennero subitamente ritrovati, ma apparve chiaro che per una, non si sa come verificatasi, dimenticanza, il nome della piccola non era stato inserito in nessun elenco. Ora veniva la parte più difficile; tutte le maestre si lamentavano perchè avevano troppi scolari. Fortunatamente grazie a quell'errore tutte le cinque prime erano risultate uguali. A chi assegnare la bimba dimenticata?. Il Direttore sapeva che ogni maestra avrebbe subito detto, "Ma perché proprio a me?". Solo Raffaele non avrebbe fatto obiezioni. Questo il Direttore lo sapeva. Raffaele era un maestro un po' diverso sotto molti aspetti. Quando infatti la segretaria bussò alla sua porta e gli spiegò sommariamente quel che era accaduto, Raffaele non fece una piega. Guardò la bambina e l'accettò. Né seppe mai spiegarsi perché l'avesse fatto.
Per i successivi cinque anni e per il resto della vita ringraziò il Cielo di avergli assegnata quella straordinaria creatura.
Cosa aveva di speciale Lalli? Mah! Raffaele se lo era chiesto centinaia di volte senza trovare una risposta esauriente.
Ci sono delle domande che non hanno risposta.
Lalli sapeva farsi voler bene, questo era il connotato essenziale; più difficile spiegare come vi riuscisse. Aveva delle doti, certo, era graziosa, ma son poche le bambine che non lo sono, era vivacissima, irrequieta, chiacchierona, ma di mente pronta, assai ambiziosa, lei doveva per forza meritare i voti migliori se no erano scene da teatro. In realtà ciò accadeva di rado perché la sua diligenza era pressoché assoluta.
Lalli era sempre al primo banco.
Fra Lalli e Raffaele si era stabilita una sorta di intesa. Non c'era generalmente bisogno di molte parole. Se lei faceva qualche cosa di fastidioso bastava che lui la guardasse col viso serio o corrucciato e lei istantaneamente si ricomponeva. Se qualcuno diceva una castroneria poteva accadere che nessuno se ne accorgesse, ma non Lalli. Raffaele guardava lei, senza dire una parola e lei nascondeva il viso fra le mani per ridere da sola con la sua complicità, che però gli imponeva di mantenere un contegno serio. Che diamine, se uno sbagliava non gli si poteva ridere in faccia.
Lalli era sempre la prima a terminare i compiti assegnati in classe, la prima a correre alla cattedra per farseli correggere e non si accontentava di stare rispettosamente a fianco a Raffaele per seguire la correzione, ma con una disinvoltura birichina gli si sedeva sulle ginocchia o saliva in piedi sulla sua sedia, alle sue spalle. Raffaele non sapeva se difendersene o lasciarla fare, tanto era l'affettuoso candore che quella creatura dimostrava. Lalli aveva finito per contagiare anche le altre, che tenevano un comportamento simile, ma lei le batteva tutte, in velocità, in disinvoltura. Ad occhi estranei sarebbe parsa sfrontatezza. Se qualche volta si assentava per indisposizione o altro la classe sembrava dimezzata. Prima di cominciare qualunque spiegazione Raffaele doveva ripeterle la consueta raccomandazione:
"Lalli, ti prego, non mi interrompere mentre parlo, dopo fammi tutte le domande che vuoi, ma non mi interrompere continuamente".
Non sempre Lalli riusciva ad ubbidire, ma la sua non era ribellione o indisciplina, era soltanto sete di sapere, aveva una curiosità inesauribile e appena un discorso di Raffaele poneva alla sua mente un interrogativo, non aveva la pazienza di aspettare se la spiegazione non sarebbe poi venuta da sola di lì a qualche minuto, doveva subito alzare la mano e far domande, senza aspettare nemmeno di esserne autorizzata. L'alzar la mano era solo una formalità, una specie di automatismo che precedeva la parola.
Questa era Lalli.

4


Tommy si dimostrò subito un ragazzino volonteroso. Ma anche chiassoso. Forse per una specie di reazione alla sua infermità dimostrò presto atteggiamenti fastidiosi; ciò che gli altri potevano fare dando libertà alle membra del corpo egli faceva con la lingua, perciò era piuttosto offensivo nel parlare, aveva un linguaggio da vicolo napoletano più che da ragazzino "per bene", come si usa dire.
Raffaele aveva dovuto scoraggiare, non senza severe punizioni, i compagni ad usare con lui quel termine spregiativo che era stato sussurrato il primo giorno, ma indubbiamente il comportamento di Tommy, dopo che le timidezze iniziali erano state superate era tale da far perdere la pazienza o comunque da scatenare reazioni che potevano essergli molto dannose data la sua costituzione gracile e la sua assoluta mancanza di agilità, oltre alla immobilità assoluta del braccio sinistro.
Uno dei suoi bersagli preferiti era Lalli. Gelosia forse? Invidia per i suoi successi? Tommy non era da meno, in realtà, perché al suo handicap fisico si accompagnava una intelligenza fervida. Aveva solamente una grossa differenza nei confronti di Lalli. Lei scriveva velocissimamente e perciò era la prima a consegnare i compiti; Tommy aveva per contro una notevole difficoltà a scrivere. Se il braccio sinistro era inerte, il destro era appena entro i limiti della mobilità. Egli aveva, chissà quanto faticosamente, imparato a scrivere, ma la sua mano era indolente e scoordinata. Raffaele ne aveva parlato con la mamma di Tommy e sapeva come Tommy fosse continuamente costretto a sottoporsi ad una terapia fisica di rieducazione, per mantenere almeno, se non era possibile migliorare, quel tanto di motilità che era rimasta nel suo corpo, ma certe difficoltà permanevano. Per quanto riguardava lo scrivere, ad esempio, sarebbe stato necessario che durante tale operazione qualcuno gli avesse sostenuta la mano, che tendeva a sbandare inavvertitamente verso l'esterno, sì che la sua grafia oltre ad essere paurosamente disallineata, diventava sempre più illeggibile a mano a mano che subentrava una specie di stanchezza per lo sforzo di continuare.
Lalli pagava indirettamente la sua disuguaglianza da Tommy. Oltre alle ingiurie, talvolta, ahimé, irripetibili, che Tommy le lanciava, imparate chissà dove e bisbigliate passandole vicino, sicché gli altri non sentissero, non esitava anche ad appostarsi in posizione sicura, fingendo indifferenza e a farle lo sgambetto mentre lei passava col suo passo volante di bambina sanissima. Queste cose avvenivano naturalmente durante i dieci minuti della ricreazione e per quanto Raffaele esercitasse la sua opera di vigilanza, non sempre riusciva a sventare questi affronti. Lalli se ne lamentava con lui e lui non poteva che dirle:
"Abbi pazienza, Lalli, sai com'è. Tommy ha bisogno di molta comprensione"
Quasi non passava giorno che non vi fosse qualche episodio di intolleranza e Raffaele non sapeva come risolvere il problema. Quel che Tommy faceva con i suoi strani comportamenti era in fondo come un lanciar messaggi di aiuto. Raffaele non pretendeva di essere molto psicologo, ma aveva di fronte una realtà che talvolta parlava da sola. Perchè Tommy, nove volte su dieci, aveva come bersaglio Lalli?. C'era una specie di abisso incolmabile fra loro due. Finivano per meritare ottimi voti tutti e due, ma a lui era negato quel giungere primo, quel ricevere l'attenzione dei compagni, quel poter tornare al posto a testa alta come a dire: "Visto che bomba che sono?"
Né Raffaele poteva suggerire ad alcuno di dare un aiuto materiale a Tommy, forse si sarebbe sentito offeso.
Un giorno Tommy ebbe un leggero bisticcio con Carlo, il suo compagno di banco, Raffaele se ne accorse ed ebbe un'ispirazione.
"Tommy, smettila per favore - gli disse, poi aggiunse - adesso mettiti qui al primo banco davanti, con Lalli, e tu Mariella passa al posto di Tommy".
Lo scambio avvenne nel silenzio, Tommy cambiò posto stringendo i denti per la rabbia e Mariella prese il suo posto. Lalli rimase sbalordita e guardò Raffaele, che distolse volutamente lo sguardo fingendo una irritazione superiore a quella che veramente provava. Dentro aveva in realtà il cuore in tumulto, perché non sapeva quale sarebbe stata la reazione di Lalli.
"Prendete il quaderno a quadretti e scrivete: Problema".
Dettò il problema e si accinse a riordinare il registro tenendo d'occhio il primo banco. La distanza era tale che poteva controllare con precisione a che punto fosse il lavoro. Lalli e Tommy lavoravano di lena, indifferenti l'uno all'altro. O così pareva. Dopo aver scarabocchiato sul quaderno delle minute i loro calcoli, si accinsero a ricopiare "in bella", come si dice ancora a scuola. In pochi minuti Lalli ricopiò il problema, testo, indicazioni, operazioni, risposte...finito.
Raffaele non l'aveva persa d'occhio un solo istante per cui quando lei posò la penna e fece per alzarsi i loro sguardi si incrociarono. Di solito Raffaele accoglieva lo sguardo soddisfatto di Lalli con un sorriso invitante, ma questa volta al sorriso di Lalli, Raffaele rispose con un viso gelido, immobile che la bloccò. Lalli continuò a guardarlo mentre Raffaele distoglieva lo sguardo da lei a Tommy che arrancava col suo braccino errante e la punta della lingua fra le labbra come di chi sta facendo un lavoro di estremo concetto e di inaudita difficoltà. Dopo due secondi Raffaele rivolse ancora lo sguardo a Lalli, rimanendo gelido e indifferente come un momento prima. Poi riabbassò gli occhi sul registro e continuò a fare il suo lavoro o a fingere di farlo. Nell'aula il silenzio era completo.
Quando si lavorava Raffaele aveva voluto che fosse così e col tempo l'aveva ottenuto. Nessuno si era accorto di ciò che era avvenuto fra Lalli e Raffaele. Lalli guardò il proprio quaderno e sbirciò su quello di Tommy, poi gli si accostò e gli sussurrò:
"Tommy, posso tenerti la mano?"
Raffaele non poté sentire le parole, ma gliele lesse sulle labbra, temette per un istante che Lalli rivolgesse ancora lo sguardo a lui perciò fingendo interesse per qualcos'altro si alzò e andò a guardare fuori della finestra.
Si vergognava a farsi vedere gli occhi lucidi. Mentre era volto verso l'esterno finse di pulirsi gli occhiali con il fazzoletto. Dopo alcuni minuti ritornò a sedere.
Ancora un po' e Tommy e Lalli si alzarono contemporaneamente. Lalli finse di aggiustare qualcosa sotto il banco per lasciare a Tommy il piacere di arrivare primo alla cattedra.
Raffaele non disse niente, guardò il lavoro di Tommy, senza errori e gli scrisse sotto: "Bravo", poi mentre Tommy tornava a posto riguardò anche quello di Lalli e vi scrisse sotto: "Brava. Grazie".
Solo in quel momento Lalli e Raffaele si scambiarono uno sguardo di quelli che erano soliti fra loro, quelli che equivalevano a un lungo discorso senza parole. Anche gli occhi di Lalli erano leggermente arrossati. Tornò al suo banco, posò il quaderno senza sedersi e si rivolse di nuovo a Raffaele.
"Posso uscire? - chiese.
"Certo" rispose Raffaele.
Aveva notato che la voce di Lalli non era ferma come sempre. Sapeva cosa sarebbe accaduto: Lalli sarebbe uscita e si sarebbe sfogata a piangere, come era solita fare quando il suo cuoricino era pieno da non poterne più. Poteva essere un dolore o una gioia o tutte e due le cose insieme, ma Lalli non si conteneva, era una di quelle creature destinate forse a soffrire nella vita, perché troppo sensibili, quelle creature che come sono dentro sono fuori, incapaci di fingere soprattutto. Raffaele lo sapeva bene, aveva avuto lunghe conversazioni con la mamma della bambina, che anche a casa aveva lo stesso comportamento, dinamico, vivace, spontaneo in maniera talvolta imbarazzante, sincero.
Quella bambina che in quell' ormai lontano primo giorno di scuola aveva accettato nella sua classe gli si era affezionata come ad un padre o meglio ad un nonno e lui non aveva potuto che ricambiare quell'affetto mettendosi in perfetta sintonia con lei.
Uscì dall'aula e la vide in fondo al corridoio, dov'erano anche i servizi igienici, appoggiata al finestrone largo quanto il corridoio stesso. Gli voltava le spalle così che egli poté andarle vicino senza che lei lo notasse. Le appoggiò tutte e due le mani sulle spalle.
"Lalli" - disse soltanto.
Lei si voltò, il visino ancora inondato di lacrime e senza alzare lo sguardo gli circondò i fianchi con le braccia.
"Cosa succede, Lalli?".
Lalli rimase ancora in silenzio mentre un singulto represso le faceva ancora sobbalzare il petto, poi alzò lo sguardo verso Raffaele. Il vecchio maestro le sorrise e anche lei tentò di farlo mentre il mento ancora le tremava.
"Adesso ho capito" - disse con voce incerta.
"Che cosa hai capito?"
"Cosa devo fare con Tommy. Mi dispiace di non averlo capito prima. Tu mi perdoni?".
"Certo che ti perdono, se ti ha perdonato lui...".
"Sì, lui mi ha perdonato, mi ha anche detto grazie. Guarda cosa mi ha regalato", e trasse di tasca una conchiglia.
"Ti ha dato questa? - chiese Raffaele meravigliato - ma com'è possibile?".
Quella conchiglia era stata oggetto di numerose liti perché molti desideravano averla e avevano tentato in tutti i modi di ottenerla, come pegno di gioco, come regalo o addirittura con piccoli sventati tentativi di furto. Più volte Raffaele gli aveva detto di non portarla più a scuola per non far succedere incidenti spiacevoli, ma Tommy continuava a tenerla con sé nella cartella e ogni tanto la esibiva sul banco suscitando invidie e desideri. Il fatto che l'avesse regalata proprio a Lalli aveva un significato che andava al di là del valore stesso della bella conchiglia.
"Bene, Lalli, ora vatti a dare una lavata al musetto poi torna in aula. D'accordo?".
"Sì, torno subito" - rispose Lalli ormai tzanquillizzata.

5


Raffaele rientrò in aula, dove c'era già un po' di agitazione e dopo qualche minuto rientrò anche Lalli. Si rimise al suo posto a fianco a Tommy e si sorrisero.
Ecco, la storia è tutta qui. Roba da poco, direte. Ma sì, forse sì.
Ma fors'anche no. Perché ci sono al mondo delle cose che sembrano da poco e invece sono molto importanti; così come ce ne sono che sembrano molto importanti e invece son cose da poco.
Giudicate voi.
Ora che mi rammento, all'inizio vi avevo promesso che vi avrei rivelato il vero nome di Lalli.
Ma in fin dei conti anche questa è una cosa poco importante, tanto voi non la conoscete. Ciò che è importante è che Lalli è una buona bambina. E' vivace, irrequieta, chiacchierona, un diavoletto, si direbbe, e invece è un angelo, proprio perché è buona dentro, non una finta buona, ma buona sul serio.
Come gli angeli insomma. Che nessuno dice di averli mai visti, che qualcuno non ci crede nemmeno che esistano e che invece ci sono, un po' dappertutto, nascosti anche dentro le persone, forse specialmente dentro i bambini, proprio dove uno meno se li aspetterebbe.
E volete sapere qual è la cosa più curiosa? E' che certi bambini, come Lalli, per esempio, sono angeli e non lo sanno nemmeno.
Ma voi non diteglielo, però, se no magari si monta la testa e sarebbe allora un po' meno angelo di prima.


(Click on fbraga )



Copyright © Franco Braga, 1996