Don Giussani: i cristiani e gli ebrei - stralcio da un'intervista
     a cura di Renato Farina

 


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Il brano dell'intervista citato

N.B. Abbiamo inserito anche alcuni altri brani perché, chi ne ha interesse, possa meglio
       inquadrare il contesto del discorso

Mi permetta: questo è incredibile. Tutto il mondo è in fiamme. Lei lo sa, ha in mano il giornale, e dice: il Mistero ci circonda ed è Carità, che è poi il nome della Bibbia all’Amore (o mi sbaglio?).
«Proprio così. E questo Mistero agli uomini tocca riconoscerlo e imitarlo. Questo è il punto drammatico del nostro tempo. Ed è quello che i talebani - i fondamentalisti islamici - non capiranno mai: l’identificazione tra la percezione dell’Essere e l’Amore. Questa è la diversità, ed è la grande partita che può decidere in un modo o nell’altro dell’avvenire. Mi commuovo sapendo che in Kazakistan, a pochi chilometri dalla guerra in Afghanistan ci sono presenze cristiane di miei amici che riconoscono questo Mistero-Carità. C’è attesa di questo più tra i poveri, a qualsiasi confessione aderiscano per tradizione o per scelta, che tra coloro che si sentono di aver compreso e misurato definitivamente il Mistero, siano cattolici o no».

Lei è duro con i capi della cristianità.
«Il Papa è commovente nella netta percezione della tragedia odierna e nell’animo trepidante e indomito con cui indica il compito. Mi colpisce l’assoluta purità della sua presenza nel mondo. Basti averlo visto a Toronto, o in Messico, dinanzi alla Madonna di Guadalupe. La mia gioia è stata potergli comunicare, il giorno stesso della festa mondiale della gioventù che 108 giovani di 22 nazioni si erano quel giorno promessi a Cristo nella verginità tra i Memores Domini (associazione di diritto pontificio nata da Cl e presieduta da don Giussani, ndr). Ma chi lo ascolta? Non l’ascoltano… Persino tra i vescovi e i preti. Gli stessi capi comunità non capiscono bene queste cose, nel senso di spezzare il loro conformismo così da aprire varchi verso il futuro: non attendono la pienezza. Non c’è attesa. Questo vale in Cl e fuori, nella Chiesa e fuori. La questione è semplice: ciò che c’è, il mistero che c’è, la realtà dell’Essere, si accetta solo in forza di un’esperienza in cui uno è diventato oggetto di Dio. Sei coinvolto in un vortice che accade ora, e che ha una storia, ma la storia riprende sempre hic et nunc, altrimenti non è storia, e non c’è storia. E da questo nasce una civiltà. Altrimenti si è spazzati via».

Invece questo hic et nunc, il qui ed ora, non è avvertito?
«Si tramanda un discorso corretto e pulito, alcune regole su come essere cristiani e uomini. Ma senza amore, senza il riconoscimento del Mistero vivificante, il singolo si spegne e muore. La nostra speranza, la salvezza di Cristo non può essere qualcosa che abbiamo letto e sappiamo ripetere bene. Un discorso più o meno edificante o moralistico, ecco, a questo viene ridotto spesso l’annuncio. Bisognerebbe ribollire… Invece il mondo lo si lascia naufragare senza pastore… Non si comprende questo: ciò che risulta utile davvero è quanto investe il popolo e per cui il popolo è esaltato. Cioè l’unità come visibile segno di questo Mistero-Carità. Questo Mistero ha investito ed investe hic et nunc (qui, ora!) un popolo che talvolta non ha neanche più i suoi capi che se ne accorgono… Altrimenti essi accorrerebbero irruenti a mostrare e dimostrare la salvezza di Cristo».

Non è solo dunque incapacità di comunicare?
«Non c’è più la fede che diventa principio interpretativo delle cose. E anche fuori dalla comunità cristiana, non si percepisce più l’essenza del cammino religioso umano. Siamo all’assurdo che è autorizzato a parlare di Israele solo chi dia per scontato che questo popolo che resta eletto non possa più radunarsi con i cristiani. Ma è il popolo dell’attesa… Gli ebrei più avvertiti lo sanno: mi è giunto un messaggio dal rabbino di New York che definisce Comunione e liberazione “il resto d’Israele”. Io credo che, se non ci sarà prima la fine del mondo, cristiani ed ebrei possano essere una sola cosa nel giro di 60-70 anni».

Questa è una cosa inaudita.
«Proprio questo è il problema: è come se non si aspettasse più nulla. E qui intravedo il compito dei cristiani. Bisogna che percepiscano questo Mistero-Carità. Vorrei fossero consolati e animati dalla partecipazione della presenza del Papa nella storia di oggi: bisognerebbe semplicemente obbedire e ribollire, essere travolti da un vortice, invece… Non si è ancora comunicata l’esaltazione del singolo, la vittoria del Mistero, la gloria di Cristo di fronte a quello che accade. Ma questo avviene se c’è questa esperienza. Per questo voglio ricondurre tutti a questo riconoscimento: l’Essere è Mistero. Come si fa ad affermarlo? Poiché si riconosce che c’è! C’è! Il Mistero c’è. Come si fa a dire così? Si può imitare il Mistero, ecco. Imitare l’Amore nel governo di Sé, nella Sua dedizione. Trovare il modo di dirlo, far sì che queste cose per noi siano lo sconvolgimento e la pace del nostro io. Il punto in cui il Mistero si ricompone è la voce del bambino, il rapporto con la mamma, il rapporto con il Mistero che ci si comunica».

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[Fonte: Libero 22.8.2002]

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