Nouveau Realisme: i Precedenti


Nel maggio 1961, in occasione dell'apertura della Galerie J a Parigi, Pierre Restany riunisce Arman, César, Dufrêne, Hains, Klein, Rotella, Spoerri e Villeglé in una mostra dal titolo: A 40º au dessus de DADA.

Nel titolo come nel testo di prefazione alla mostra c'è la chiara intenzione di confrontarsi e nello stesso tempo di verificare dopo quarant'anni il mito di dada; Restany così scrive:

 

     A 40° au dessus de DADA

 

...André Breton aveva dapprima pensato di bloccare il suo destino (dada ndr.) annettendolo al surrealismo, ma la dinamite dell'anti-arte fece cilecca. Il mito del no integrale è vissuto nella clandestinità tra le due guerre per diventare, a partire dal 1945, con Michel Tapié, la garanzia di un'arte diversa. La negatività estetica assoluta si è mutata in dubbio metodico grazie al quale stavano per incarnarsi nuovi segni. Tabula rasa insieme necessaria e sufficiente, lo zero dada ha costituito il riferimento fenomenologico dell'astrattismo lirico: fu il grande taglio con la continuità della tradizione, attraverso il quale infranse l'ondata melmosa delle ricette e degli stili, dall'informale al nuagisme....

...Nel contesto attuale, i ready-made di Marcel Duchamp [...] assumono un senso nuovo. Traducono il diritto all'espressione diretta di tutto un settore organico dell'attività moderna, quello della città, della strada, della fabbrica, della produzione di serie. Questo battesimo artistico dell'oggetto d'uso costituisce ormai il "fatto dada" per eccellenza. Dopo il no e lo zero, ecco una terza posizione del mito: il gesto anti-arte di Marcel Duchamp si carica di positività. Lo spirito dada si identifica con un modo d’appropriazione della realtà esterna del mondo moderno. Il ready-made non è più il colmo della negatività o della polemica ma l'elemento base di un nuovo repertorio espressivo. Questo è il nouveau réalisme: un modo piuttosto diretto di mettere i piedi per terra, ma a quaranta gradi sopra lo zero dada e a quel livello in cui l'uomo, se giunge a reintegrarsi nel reale, lo identifica con la sua trascendenza che è emozione, sentimento e infine poesia, ancora... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

Il riferimento molto esplicito a dada, provoca una reazione negativa da parte d’alcuni membri del gruppo, in particolare Klein e Hains che temono che la presunta filiazione diretta del Nouveau Réalisme a Duchamp possa in qualche modo ridurre la loro operazione artistica a mera citazione ready-made, tanto da spingere gli stessi a dichiarare la propria dissociazione dal Nouveau Réalisme (dissociazione temporanea che non metterà fine alle attività collettive).

Klein capirà più tardi che la polemica in sé non ha ragione di esistere, l'affinità tra il suo procedimento creativo e l'approccio filosofico di Duchamp è puramente d’ordine morale non materiale. Quando nel 1917 Duchamp espone provocatoriamente la sua Fountain, l'oggetto d’uso comune, in questo caso un orinatoio, è innalzato al rango d’opera d'arte, ciò per il fatto che qualsiasi oggetto, nel momento stesso in cui l'artista-inventore se ne assume la responsabilità morale, assume il diritto di essere riconosciuto come opera d'arte. Quando nell'aprile 1958, nella galleria Iris Clert a Parigi, Yves Klein espone il vuoto , (una stanza completamente vuota, dipinta di bianco), vuole creare, superando i concetti tradizionali di percezione visiva, una zona di sensibilità pura, una ricerca dell'immateriale là dove i comuni mezzi d'espressione non sono più sufficienti compiendo un gesto che per sua natura rientra nella sfera della moralità. Moralità non intesa nella normale accezzione linguistica, ma come certificazione della volontà creativa dell’artista.

     

Marcel Duchamp. "Fountain" (1917). Ready-made di orinatoio in porcellana. H. 62,5 cm. Collezione Arturo Schwarz. Yves Klein. "Le Vide" (1958)

     

In Klein come in Duchamp è nella questione della responsabilità morale che si verifica la liceità della pratica artistica, questa è la vera eredità dell'esperienza duchampiana che sottende il lavoro di Klein, con la differenza che in Klein il tipo d’approccio spirituale, quasi religioso, contribuisce ad innalzare sensibilmente il grado di valore della sua filosofia operativa.

 

...L'immateriale innalza l'idea del ready-made alla dimensione cosmica, in Klein come Duchamp l'arte si è trasferita nella morale, l'estetica nell'etica... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

Se a Klein il riferimento a Duchamp era sembrato inopportuno, diversamente, altri componenti del gruppo trovavano nella lezione duchampiana l’ideale metro di confronto delle loro operazioni. In Arman, l'objet trouvé duchampiano non è più visto nella singolare accezione di gesto anti-arte per eccellenza, ma caricandosi di positività viene sottoposto ad un processo di ripetizione; l'oggetto in questione si replica in un numero infinito di volte, tante quante l'oggetto, nella sua morfologia, potenzialmente riesce ad esprimere. Uno scolabottiglie può essere ripetuto una, dieci, cento, mille volte e la nostra percezione analogamente varia con esso, il valore intrinseco dello stesso muta proporzionalmente con la ripetizione quantitativa e sistematica dell'accumulazione. Concettualmente sono più scolabottiglie mille scolabottiglie o un solo scolabottiglie? Anche Duchamp aveva in progetto di realizzare accumulazioni di cose simili come chiavi di legno per telai e spugne.

 

...l'idea essenziale è quella di aggiungere un oggetto all'altro fino ad arrivare a formare una massa critica, fino al momento che l'ultima aggiunta determina quello che Hegel chiama il passaggio dalla quantità alla qualità ... Arturo Schwarz: "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche".Einaudi, Torino, 1974.

 

È dimostrato che la ripetizione ossessiva di un immagine, anche la più importante e significativa, provoca uno svuotamento di valore della stessa, l'osservatore pone attenzione solo sugli aspetti esteriori di essa: linee, colori, corrispondenze formali, diventano più importanti dell'immagine che sottendono, così allo stesso modo ci si comporta di fronte ad un accumulazione di brocche, di macinacaffè o di penne biro d’Arman; la seducente cromia, gli elementi funzionali (maniglie, fili elettrici, ecc.), i nuovi materiali industriali, diventano simili ai colori di una tavolozza, diventano i nuovi parametri estetici della nostra società.

Anche César ripropone il concetto di ready-made duchampiano: nel 1960 in occasione del Salon de mai a Parigi, espone tre automobili compresse in tre parallelepipedi del peso di una tonnellata ciascuno, creando enorme scandalo tra i membri della giuria. A quaranta anni e con una brillante carriera di scultore alle spalle, César rischia di compromettere tutto con un gesto solo in apparenza ironico e provocatorio ma che contiene in sé un grande significato morale.

César nella continua ricerca di materiali ferrosi per le sue sculture saldate, girovagando per tutti gli sfasciacarrozze della periferia parigina, rimase colpito un giorno dalla visione di un'enorme pressa di fabbricazione americana che riduceva in blocchi compatti qualsiasi tipo di rottame. César affascinato da questi blocchi ferrosi multicolori, ne scelse tre, quelli che a suo giudizio erano i più belli e prese la decisione di esporli al Salon. 

     Cèsar. "Compression d’automobile" (1960)

Duchamp prendendo un oggetto comune scelto in base della sensazione d’indifferenza che lo stesso gli dava, creava il ready-made. César sceglie un oggetto non solo "già fatto "ma già utilizzato, gettato via come rifiuto ed infine riciclato; lo sceglie, senza intervenire in alcun modo sulla struttura, in base al suo personale gusto.

L'energia che si sprigiona da questi blocchi, la tensione quasi muscolare delle lamiere compresse che pare debbano esplodere da un momento all'altro, i freddi colori metallici, danno a questi parallelepipedi ferrosi una monumentalità di gran lunga superiore a molte sculture contemporanee più tradizionali. César assumendosi la responsabilità morale del gesto appropriativo fa sua scultura l'anonimo blocco di ferraglia, oggetto che, come l'araba fenice, muore e rinasce nelle sue infinite metamorfosi.

Daniel Spoerri non ha mai nascosto la sua ammirazione per Duchamp, in quasi tutta la sua opera il pensiero duchampiano sembra essere, se non ispiratore, quanto meno elemento di confronto principe del lavoro spoerriano. Nel 1964 in omaggio a Duchamp realizza un tableau-piegè (quadro-trappola) dal titolo Utilizzare un Rembrandt come asse da stiro con riferimento all'omonima frase di Duchamp riferita al concetto di ready-made reciproco:

 

...Se l'opera d'arte e l'opera di "non arte" sono essenzialmente la stessa cosa e se l'oggetto comune può venire innalzato e posto fuori dal tempo dalla scelta dell'artista, deve essere vero anche il contrario. Staccare da una parete un Rembrandt o un'altra opera d'arte qualsiasi e trasformarla in qualcosa di comune, cioè soggetta all'uso, ai cambiamenti e infine alla distruzione, potrebbe essere un operazione ugualmente valida... Arturo Schwarz: "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche".Einaudi, Torino, 1974.

 

Spoerri segue alla lettera il pensiero duchampiano; non utilizza un Rembrandt, ma il feticcio-opera d'arte per eccellenza: la Gioconda di Leonardo (evidente omaggio a L.H.O.O.Q. di Duchamp), l'immagine più abusata e logorata della storia dell'arte, applicata ad una sedia , utilizzata come asse da stiro e appesa alla parete. 

                   

Daniel Spoerri. "Utiliser un Rembrandt comme planche à repasser  (Marcel Duchamp)"  (1964) Marcel Duchamp. "L.H.O.O.Q."  (1919). Ready-made, matita su riproduzione della Gioconda. 64,7 x 48,2 cm. Collezione privata.

                                   

 

...Cos'è un quadro-trappola ? Eccone la teoria ideale: in una stanza, frequentata da una o più persone, Spoerri mette un'asse di dimensioni variabili, che possa servire da tavolo o da mensola, e viene a riprenderla ad una data arbitrariamente fissata da lui; durante questo lasso di tempo i casi della vita quotidiana hanno portato sull'asse un certo numero d’oggetti d'uso che Spoerri deve solo fissare con della colla o del poliestere. La composizione che ne risulta è presentata in verticale su un muro, come un quadro... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

Sembra riprendere letteralmente il concetto di ready-made di Duchamp:

 

...Il ready-made doveva essere progettato "per un momento avvenire (tale giorno, tale data, tale minuto)...Una specie d’appuntamento". Il ready-made doveva recare inoltre un iscrizione che "invece di descrivere l'oggetto come fa un titolo, era destinata a trasportare la mente dello spettatore verso altre regioni più verbali..." Arturo Schwarz: "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche".Einaudi, Torino, 1974.

 

Il concetto di casualità è fondamentale nei lavori di Spoerri, anche Duchamp comprese ed utilizzò il caso in molte sue opere; in particolare l'opera Trois Stoppages étalon (Tre Rammendi tipo, 1913-14) anticipa di ben quarantacinque anni i tableaux-piegès spoerriani.

...Duchamp prese una lunga tela rettangolare e la dipinse di blu di Prussia. Tagliò poi tre lunghezze di un metro di filo bianco, quello che si adopera per il rammendo invisibile [...] Con la tela sotto di sé distese il filo e lo lasciò cadere dall'altezza di un metro. Per conservare la forma presa dal filo nel toccare la tela, lo fissò con la lacca. Questo esperimento venne ripetuto tre volte. Poi tagliò la tela in tre strisce rettangolari, ognuna con il proprio filo , e le incollò su tre lastre di vetro. Fece stampare su tre etichette di pelle il titolo di questo oggetto [...] e incollò le etichette sui pezzi di tela ... Arturo Schwarz: "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche".Einaudi, Torino, 1974.

     Marcel Duchamp. "Trois stoppages étalon"  (1913-14). Tre fili incollati a tre strisce di tela dipinte, ciascuna montata su vetro e tre regoli di legno seguenti da un lato le curvature dei fili, il tutto contenuto in una scatola di legno. 28,2 x 129,2 x 22,7 cm. Museum of Modern Art, New York.

...L'idea di lasciar cadere un pezzo di filo su una tela era stata accidentale, ma ne era derivato un lavoro accuratamente pianificato. Più importante di tutti era stato il fatto di accettare e di riconoscere questo stimolo accidentale. Diversi dei miei lavori accuratamente organizzati mi sono stati suggeriti inizialmente proprio da questo tipo d’incontri casuali ... Marcel Duchamp citato in A. Schwarz. "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche". Einaudi, Torino, 1974.

 

La presa di coscienza del caso, spinge Spoerri non solo ad assistere il caso ma anche ad organizzarlo sistematicamente. Nel 1962, in occasione della prima esposizione delle opere di Spoerri alla Galerie Lawrence di Parigi, compare la Topographie anecdotée du Hasard (Topografia aneddotica del caso). L'artista convince il gallerista ad utilizzare il danaro destinato alla stampa del catalogo della mostra per stampare (invece del catalogo) un suo testo dove descrive minuziosamente la storia di tutti gli 80 oggetti che si trovano per caso sul suo tavolo il giorno 16 ottobre 1961 alle ore 15.45 . Un altra opera duchampiana di Spoerri è Der Koffer (la valigia), presentata nel giugno 1961 in occasione di un'esposizione privata intitolata Der Geist der Zeit (lo spirito dei tempi) nell'appartamento dell'architetto Peter Neuffert a Colonia. L’opera consiste in una valigia-contenitore d’opere d'arte, praticamente un vero concentrato d’arte mobile in cui prendevano posto opere d’Arman, Deschamps, Dufrêne, Hains, Saint-Phalle, Raysse, Spoerri, Tinguely, Villeglé e Rauschenberg. Valigia simile alle Boîte-en-valise (1935-1941) di Duchamp contenenti molte sue opere in miniatura.

            

Marcel Duchamp. "Boîte-en-valise" (1935-1941). Edizione di riproduzioni miniaturizzate di opere di Duchamp. 40 x 40 x 10 cm. Collezione privata. Daniel Spoerri. "Der Koffer" (1961)

                             

L'influenza di Duchamp sui Nouveau Réalistes non finisce qui, anche Jean Tinguely deve molto all'esperienza duchampiana. Duchamp ha sempre trattato con molto acume il problema del movimento in arte; dalle opere cubofuturiste come Nu descendant un escalier (nudo che scende una scala) e La reine et le roi entourés des nus vites (il re e la regina circondati da nudi veloci) ambedue datate 1912, passando per la Ruota di bicicletta del 1913, una ruota di bicicletta e la sua forcella messe alla rovescia su uno sgabello da cucina, esplicito invito a toccarla e metterla in movimento (probabilmente la prima opera d'arte moderna a far uso del movimento per esprimere il suo messaggio), arrivando alla sua opera più importante : La Mariée mise à nu par ses célibataires, même (la sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche) datata 1915-23 chiamata anche Grande vetro o macchina celibe, opera complessa e misteriosa il cui significato è ancora oggi tema di discussioni accese. L'opera è un complesso insieme d’elementi simbolici espressi per lo più da parti meccaniche (pistoni, leve, ecc.) o bizzarre macchine come la macinatrice di cioccolato, il mulino ad acqua o la slitta mobile. Tutti assieme, sembrano gli elementi grafici del progetto di una non ben identificata macchina fantastica di Tinguely. In effetti tra i due artisti vi sono delle notevoli analogie: l'uso di macchinari apparentemente incongruenti, i collegamenti fittizi, l'assenza (al di là di quella estetica) di una qualsiasi finalità pratica e l'importanza dell'elemento casuale, fanno del Grande vetro una mappa ideale delle realizzazioni di Tinguely. Tutti e due cercano nella macchina la via all'immortalità; Duchamp nell'obiettivo del raggiungimento di uno stato superiore della materia, progetta ed utilizza una macchina funzionante ad energia alchemica. Tinguely, trova l'immortalità immedesimandosi nella macchina, trasmettendogli i propri umori, la monotonia e l'imprevedibilità, l'amore e la violenza, la malattia, la morte e il superamento della morte stessa nel movimento che sempre si rigenera e non ha mai fine.

 

...Non abbiamo a che fare con nessun assoluto in questa vita, non è così ? Abbiamo a che fare soltanto con ciò che è in movimento, non con ciò che è fisso e assoluto ... Marcel Duchamp citato in A. Schwarz. "La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche". Einaudi, Torino, 1974.

Tinguely con la Méta-matic n.12. Parigi, 1959 Marcel Duchamp. "Ruota di bicicletta"  (1913-1964). Ruota di bicicletta con relativa forcella montata su sgabello verniciato. 126,5 x 31,5 x 63,5 cm. Musèe National d'Art Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris. Marcel Duchamp. "Rotative demi-sphère (optique de précision)" (1925). Apparecchio ottico a motore. h. 137,3  diam. 65,5 cm. Museum of Modern Art, New York.

                                                 

 

Nel 1920 Duchamp esegue la prima macchina ottica funzionante con l'ausilio di un motore elettrico: Rotary glass plaques, seguita nel 1925 dalla Rotary demisphère, vere e proprie macchine-studio del movimento; queste assieme ai primi mobiles à moteur di Calder degli anni '30 saranno di stimolo a più di una generazione di artisti cinetici del dopoguerra tra i quali Tinguely. In occasione di un’esposizione nell'aprile 1955 alla galleria Denise René a Parigi, intitolata "Le Mouvement"; ad una sezione storica con opere mobili di Duchamp e Calder e una con dipinti su vetro di Vasarely se ne aggiunge una terza con opere di quattro giovani artisti: Yaacov Agam, Pol Bury, Jesus Rafael Soto e Jean Tinguely, che per l'occasione espone una scultura mobile e due Méta-mécaniques, macchine per dipingere e fare musica precorritrici le méta-matics (macchine per disegnare astratto) del 1959. Queste sono due rilievi comportanti ciascuno delle forme geometriche bianche in movimento ed un grande disco ricoperto da un foglio di carta sul quale un braccio meccanico disegna delle linee circolari. Queste richiamano alla memoria i rilievi costruttivistici di Malevitch o l'astrattismo geometrico di Herbin e Kandinsky.

Tinguely incontrerà di nuovo Duchamp, in occasione dell'esposizione personale presso Iris Clert a Parigi nel 1959, intento a dipingere con una delle sue Méta-matics, nuove e più bizzarre macchine per dipingere o disegnare astratto. Queste, funzionanti a gettone per la durata di circa tre minuti, sono composte da un motore che aziona una struttura mobile che ha un braccio inchiostratore nella parte terminale, questo braccio è posato su un foglio di carta appoggiato su un cavalletto verticale. L'estremità del braccio è intercambiabile, e può trattenere qualsiasi strumento grafico: matita, penna, pennello, carboncino, ecc. Circa quattromila disegni automatici furono realizzati durante l'esposizione, una giuria composta da critici d'arte e artisti di fama avrebbe poi provveduto a valutare e premiare la migliore esecuzione.

                      

Esposizione Méta-Matics, Galerie Iris Clert, Parigi, luglio 1959. Jean Tinguely. "Hommage à Marcel Duchamp" (1960)

                           

...La macchina per disegnare e dipingere "astratto" è molto di più che una semplice caricatura dell'informale alla moda: solo i detrattori imbecilli, eterni ciechi davanti alla storia hanno potuto cascarci. Il suo significato teorico è fondamentale: essa traduce e realizza effettivamente l'autonomia dell'immagine animata che si produce, per cosi dire, per partenogenesi meccanica. Partenogenesi, tuttavia, soggetta a controllo, poiché lo spettatore-utilizzatore dispone dell'arresto e della messa in moto, della durata del funzionamento della macchina, nonché della scelta del supporto e dei materiali (olio, carboncino, matita, penna a sfera, colori, inchiostri, ecc.). Con il Métamatic Tinguely ha effettuato la dimostrazione magistrale che conclude trionfalmente la prima parte della sua carriera: un’immagine animata in stato di movimento virtuale e di metamorfosi automatica perenne. Il suo creatore è assolutamente coerente con se stesso e con il suo totale rifiuto di fissare l'immagine animata. Solo lo spettatore-autore può assumersi la responsabilità di fissarla. Sta a lui assumerla, con piena coscienza: le sue scelte e le sue opzioni daranno luogo ad una determinata immagine... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

Tinguely nel ricambiare la gentile visita, costruirà l'anno successivo un Hommage à Marcel Duchamp: un assemblage meccanico di vari elementi, tra i quali spicca una ruota di bicicletta, che esporrà al Museum Haus Lange di Krefeld.

Un altro brillante inventore di macchine inutili è Francis Picabia che intorno agli anni venti imposta il suo lavoro quasi esclusivamente alla realizzazione di progetti e schemi grafici di assemblages meccanici dall'improbabile realizzazione pratica. Queste macchine nei loro componenti esprimono la fusione tra l'uomo e la macchina; opere come Paroxyme de la douleur (1915) Voilà la femme (1915), Enfant Carburateur (1919), sono ricche di simbologie erotico sessuali; le normali espletazioni fisiologiche umane vengono qui ridotte e rappresentate da atti meccanici è l'uomo che, nella sua distruzione morale, è costretto a ridurre i suoi rapporti con il mondo, anche quelli sentimentali, a puri e freddi atti formali, quasi meccanici. In occasione del suo secondo viaggio a New York, nell'ottobre 1915, Picabia ebbe modo di dire:

Francis Picabia. "Paroxyme de la douleur" (1915)

...Questa visita all'America [...] ha prodotto una radicale rivoluzione nel mio modo di lavorare [...] d'un lampo ho compreso che lo spirito del mondo moderno è racchiuso nelle macchine e che attraverso le macchine l'arte avrebbe trovato la sua espressione più viva [...] non so quali possibilità possano esservi riposte; intendo semplicemente lavorarci ancora e ancora fino a raggiungere l'apice del simbolismo meccanico...Francis Picabia citato in "Dadaismo" di Silvia Danesi in "Storia dell'arte contemporanea" di Maurizio Calvesi. Fabbri Editore, Milano, 1986.

 

Anche l'opera di Kurt Schwitters ha contribuito allo sviluppo di molte ricerche dei Nouveaux Réalistes: ad esempio il concetto di Merz (l'accumulazione sistematica nel tempo di oggetti dall'importante valore emozionale) sta alla base dell'opera di artisti come Spoerri e Arman. Daniel Spoerri nella determinazione della sua Topografia anedottica del caso, sistematicamente raccoglie e cataloga minuziosamente ogni sorta d'oggetti con precisione maniacale. Nel 1961, presso la galleria Köpcke di Copenaghen, presenta L'Epicerie (la drogheria); su un bancone di negozio, Spoerri espone alcuni prodotti normalmente venduti nelle drogherie (scatolame, conserve alimentari, ecc.) recanti la stampigliatura: Attention Oeuvre d'Art Daniel Spoerri. I prodotti trasformati in opere d'arte, vengono quasi interamente venduti al loro normale prezzo di mercato, il giorno stesso del vernissage.

     Daniel Spoerri. "Collection d'épices" (1963)

Con Collection d'épices (1963), Spoerri riprende lo stesso tema, esponendo su scaffali numerosi prodotti di drogheria fra i quali compare una scatoletta di Merda d'Artista di Piero Manzoni. Nel 1962 realizza L'Optique moderne, un assemblage-collezione di ventotto tra occhiali e apparecchi per la vista, fissati su un pannello di legno; questo è accompagnato da delle notules inutiles (postille inutili) redatte da François Dufrêne, consigli e ricette ironiche "sulla vista e il suo modo d'uso". Nella collezione vi figurano gli occhiali a persiana, gli occhiali di pelliccia (dedicati a Meret Oppenheim), gli occhiali a vetri scanalati di Raymond Hains, gli occhiali da fachiro (occhiali dotati di un chiodo ritorto verso il centro di ogni occhio). Praticamente è un invito a conoscere l'arte del vedere o meglio ancora sarebbe come vedere l'arte, L'arte dei quadri-trappola e il suo ribaltamento del punto di vista, il vedere l'arte come la vedono gli uccelli, le mosche.

Daniel Spoerri. "L'Optique moderne"  (1961-62) Daniel Spoerri - François Dufrêne. Copertina di "L'optique moderne" edition Fluxus, 1963. Daniel Spoerri. "Chien méchant"  (1961)

                    

...L'arte è gioco tra il falso e il vero, tra l'illusione e la realtà. È cieca e impara a vedere. Inganna ed insegna a non lasciarsi ingannare. Educa l'occhio e gli offre divertimenti, distrazioni, giochi [...]. Se alcune opere sono dei trompe-l'oeil, Daniel Spoerri raggruppa un certo numero di suoi pezzi in una serie intitolata: Détrompe l'oeil (disinganna l'occhio). In questi pezzi (per esempio: Attention chien méchant, del 1961), oggetti attaccati su quadri, disegni o tappezzerie vengono a perturbare lo spazio illusionista proposto sulla superficie piana. Nello stesso tempo questi creano una contraddizione nel cuore dello spazio dipinto o intessuto, questi oggetti trasformano la storia convenzionale del quadro prima e incitano lo spettatore ad inventare nuovi racconti brevi, incompleti, talvolta incoerenti ... Gilbert Lascault: "Oggetti sentimentali ed altro di Daniel Spoerri" in Art studio n.19 - l'art et l'objet. Parigi, 1990.

Pure gli affichistes Hains, Villeglé, Dufrêne e Rotella necessariamente si rifanno in qualche modo a Duchamp, il gesto di appropriazione del manifesto strappato non è dissimile dal gesto di appropriazione del ready-made di Duchamp. Il manifesto, interamente o parzialmente lacerato dal caso o da un intervento voluto, per assurgere al rango di opera d'arte, necessariamente deve passare attraverso l'intervento mediatore dell'artista a cui spetta la responsabilità dell'atto appropriativo. In Duchamp questo avveniva in base dell'indifferenza che l'oggetto in questione gli dava; negli affichistes, questa beauté de l’indifférence non esiste, è un colpo di fulmine (Villeglé) quello che sta alla base della scelta dell'affiche da staccare, è ancora una volta una questione di responsabilità morale che consente di trasformare in gesto estetico il casuale strappo di un qualsiasi passante. Ovviamente non tutti gli affiche contengono in se quella valenza estetica che subito cattura la percezione, anzi spesso solo una parte dell'affiche è degna di attenzione, è naturale quindi che gli stessi artisti abbiano sentito il bisogno di intervenire sui loro manifesti raccolti, firmando una palizzata o un frammento di lamiera raschiata (Hains), scollando l'affiche per utilizzarne il rovescio (Dufrêne, Rotella), incollando tra loro più parti di affiche per poi lacerarli (Rotella, Villeglé), intervenendo con il mezzo pittorico (Rotella). Del resto pure Duchamp concependo i ready-made aiutati di fatto legittimava l'intervento creativo dell'artista sull'objet trouvé.

Raymond Hains. "Panneau d'affichage"  (1960) François Dufrêne. "Le décor de l'envers"  (1960) Mimmo Rotella. "Europa di notte"  (1961)

                      

Dadaismo e Surrealismo hanno certamente influenzato le scelte formali degli affichistes; Villeglé si interessò molto alle figure del surrealista Léo Malet e del dadaista Johannes Baader, in particolare del primo che negli anni trenta concettualizzava una forma particolare di décollage direzionato. Se poi si confrontano alcuni affiches lacérés (ad esempio l'ultima produzione di Villeglé) con i merzbild di Kurt Schwitters, possiamo scoprire molte analogie di tipo formale: scritte, accostamenti cromatici, bizzarri giochi di parole sembrano essere elementi espressivi comuni nei due artisti; anche una certa strutturazione cubista comune è presente nelle due opere. Le analogie finiscono qui, altre sono le motivazioni che sottendono l'opera di Schwitters e degli affichistes; Schwitters disdegnando i comuni mezzi di espressione pittorica, utilizza il collage scegliendo miseri frammenti di vita quotidiana: il biglietto del bus, il ritaglio di giornale, l'etichetta di un prodotto, diventano i nuovi colori della tavolozza del pittore, sociologia applicata direttamente sulla tela. Gli affichistes superano il procedimento collagista privilegiando la manifestazione spontanea dello strappo del manifesto moderno, politico o pubblicitario che sia, da parte dell'anonimo passante, vera e autentica espressione sociologica del presente.

Kurt Schwitters. "Blauer Vogel" (1922). collage su carta. Villeglé. "Femmes nues"  (1976)

                      

 

...Fino al 19° secolo il manifesto è stato sostanzialmente un documento ufficiale, strumento dell'autorità amministrativa o emanazione della propaganda di regime. Il manifesto commerciale è figlio della rivoluzione industriale, e la sua proliferazione è il riflesso delle trasformazioni economiche e sociali di un epoca [...].Più entra in contatto con le masse urbane, più cerca di essere persuasivo e di colpire, più diviene effettivamente soggetto alla lacerazione e alla perdita della propria integrità. È facile ricoprirlo o strapparlo. La lacerazione del manifesto (sia essa voluta o gratuita) è diventata uno dei gesti più comuni nella psicologia delle masse cittadine... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

I décollages di Villeglé hanno sovente un attrazione maggiore, il grafismo, i ritmi generati da una profusione di caratteri e segni tipografici, fanno pensare al cubismo. L'accumulazione dei segni e delle lacerazioni contrasta con i décollages di Hains che presentano spesso grandi spazi di "riposo", un carattere meno espressionnista, meno gestuale e frammentato, più pittorico.

Schwitters abbelliva con reperti sociologici le sue composizioni cubiste; gli affichistes con la scelta o la lacerazione di un manifesto, diventano essi stessi gli intermediari sociologici della vita moderna…il mio atelier è la strada…dichiarava Hains.

 

...Il décollage è un gesto di appropriazione puro, immediato. L'apparizione dell'immagine è la manifestazione di una continuità organica nella successione dei giochi formali; questo fenomeno poetico insorge in un contesto d'inerzia espressiva o di caotica confusione da cui è necessario staccarlo, pur rispettando le specifiche condizioni del suo rivelarsi. Il décollage implica pertanto necessariamente il rifiuto di qualunque processo aggiuntivo (e di elementi allogeni e omogenei). Per contro vi è un largo margine d'improvvisazione per quanto riguarda la lacerazione. Il gesto della lacerazione non è additivo; modifica la morfologia esteriore dell'immagine senza alterarne la qualità intrinseca; esso è motivato dall'impulso necessario e sufficiente che lo muove direttamente nello spazio e nel tempo... Pierre Restany: "Nuovo Realismo". Prearo Ed. Milano, 1973.

 

In Arman convivono lo spirito merz di Schwitters e l'approccio scientifico dei cubisti. Schwitters nei suoi merzbild, inseriva in un contesto cubista biglietti di bus usati, lembi di tessuto, bottoni, oggetti vari, inosservati elementi sociologici diversamente destinati ad essere gettati via e riempire le nostre pattumiere. Arman (che aveva potuto vedere i collages di Schwitters nel 1954 a Parigi alla galleria Berggruen) va oltre, recuperando quelle che sono le miniere sociologiche della nostra società: le poubelles (pattumiere). Se una persona è quel che mangia, necessariamente è anche quello che getta via, che produce come rifiuto. Arman segue alla lettera l'insegnamento: prende una pattumiera e ne versa il contenuto in una scatola trasparente o lo fonde nel plexiglas. Straordinariamente questi rifiuti, scelti senza alcuna volontà di ordinamento estetico, si accumulano in composizioni dettate dal caso che per varietà di materia, accostamenti cromatici, nulla hanno da invidiare ai collages cubisti o dadaisti. Inoltre queste poubelles si fregiano a pieno diritto dell'onore di reperti archeologici del nostro tempo; il confronto tra vari esempi di queste pattumiere è uno spaccato sotto vuoto della nostra società, autentici ritratti delle nostre abitudini, valori, personalità, sentimenti. È un po' come vedersi allo specchio, specchio irrimediabilmente deformato dalla civiltà dei consumi.

      Arman. "Poubelle ménagère"  (1960)

Arman non ha mai nascosto il suo interesse per il cubismo, la possibilità di rappresentare un oggetto non più da un solo punto di vista ma da diversi contemporaneamente, la frammentazione pittorica dell'oggetto, sono stati il pretesto teorico della decostruzione-ricostruzione della forma-oggetto nella sua opera. In un certo senso si può affermare che Arman fa del cubismo applicato alla realtà. Il procedimento è lo stesso: Arman prende un oggetto, lo taglia, lo seziona, e lo ricompone in una nuova struttura, ma a differenza del cubismo il risultato finale non è dato da un arbitraria scelta formale decisa dall'artista, ma dall'oggetto stesso che impone da se la propria struttura nello spazio in un sottile gioco di passaggio da bidimensionalità a tridimensionalità.

 

...perfino nelle mie composizioni volumetriche, il mio scopo è più pittorico che scultoreo. Voglio vedere i miei propositi come comprendenti le ottiche di una superficie più che una realizzazione in tre dimensioni [...] scomporre un violino in trance fini è un atto scandaloso. L'applicazione di una tecnica o di un metodo, che potrebbe adattarsi ad un salsicciotto, ma che non è destinata ad un violino, provoca un "Twistage" del pensiero, un cambiamento che, naturalmente opera un'azione psicologica ... Arman citato in "Arman" catalogo esposizione galleria Arte Borgogna Milano. 1990.

 

Il metodo di accumulazione sociologica del Merzbau di Kurt Schwitters (scultura intima, composta dall'accumulazione di svariati materiali, invadente poco a poco la casa dell'artista a Hannover) è presente in certa misura negli assemblages macchinistici di Tinguely. La raccolta di elementi della vita quotidiana, il recupero del rifiuto, l'aggiungere o levare a piacimento qualsiasi oggetto, la mancanza o quasi di un progetto definito danno all'assieme un carattere di non finito, di incompiuto. Schwitters costruiva il Merzbau gradualmente giorno per giorno in altezza, Tinguely lascia che le sue macchine crescano da sole, e queste crescono, si dilatano, si spostano in ogni direzione, urlano, sbraitano, si fermano e ripartono, defecano rottami ed emettono puzzolenti gas di scarico. Solo alla fine esauste, in un ultimo rantolo muoiono autodistruggendosi.

     Kurt Schwitters "Merzbau"  (1918-38). Installazione in legno nell'appartamento di Schwitters ad Hannover, andata persa durante la guerra.        

...Dall'estate del 1960 alla fine dell'inverno 1961, l'artista sviluppa nuove idee, in cui per rappresentare l'immateriale, fa ricorso a sostanze "non materiali" o indefinite come: il suono, la luce, l'odore, l'acqua, la pelliccia, le piume, il fuoco, il fumo, gli esplosivi e i palloni. Tuttavia insieme a queste materie immateriali intreccia: vecchie radio, carrozzine, lavandini, arti artificiali, annaffiatoi. Tutto può diventare scultura. Qualunque materiale è utilizzabile. Tinguely si muove tra i materiali come in trance. "talvolta non so più neppure con che cosa lavoro; qualche volta, di recente, ho creato degli oggetti-macchine senza nemmeno sapere come li avevo fatti; lavoro senza rendermene conto, esclusivamente d'istinto..." Pontus Hulten: "Tinguely, una magia più forte della morte". Bompiani, Milano, 1987.

 

Tinguely svilupperà ulteriormente il suo impeto costruttivo, soprattutto grazie all'aiuto prezioso di Niki de Saint-Phalle insostituibile collaboratrice e compagna di vita di Jean, realizzando dei giganteschi Merzbau abitabili, veri e propri percorsi-labirinto artistici. Nel 1966 al Moderna Museet di Stoccolma, Jean e Niki con la collaborazione di Per Olof Ultved realizzano la Hon (Lei in svedese), una gigantesca Nana (serie di donne-scultura di Niki de Saint-Phalle sdraiata, lunga venticinque metri e alta nove, contenente un milk-bar, uno scivolo, un acquario, un frantuma-bottiglie, una galleria di quadri falsi, un minicinema e molti altri effetti visivi e sonori dove il visitatore per potervi accedere doveva passare dall'ingresso rappresentato dalla vagina.

     Niki de Saint-Phalle e Jean Tinguely. "La Hon" (1966)

Nel 1970 a Milly-la-Forêt presso Parigi iniziano i lavori per la costruzione de La Tête (La Testa) una sorta di labirinto-percorso monumentale realizzato con la collaborazione di diversi amici artisti: Arman, Aeppli, Kienholz, Spoerri, Luginbühl, Rivers, Soto, Imhof, ecc. Si tratta di un opera non-finita suscettibile ogni volta di essere modificata nel tempo. Ogni artista aveva in gestione il suo ambiente che poteva allestire a piacimento e volendo anche espandere ulteriormente. È da notare che Sepp Imhof, uno dei più stretti collaboratori di Tinguely alla realizzazione dell'opera, nelle parti superiori interne della struttura vi realizzerà delle complesse merlettature di ferro, formalmente simili alle strutture del Merzbau di Schwitters, chiamate appunto dall'artista: Méta-Merz-Bau.

Altre grandi realizzazioni monumentali saranno, con Niki de Saint-Phalle nel 1972 il Golem, un mostro di nove metri d'altezza con tre grandi scivoli da collocare in un parco giochi a Gerusalemme e il Giardino dei Tarocchi a Garavicchio in Toscana, grande parco architettonico di Niki ispirato alle carte dei Tarocchi ed influenzato dalle forme architettoniche di Gaudì, a cui collaborerà attivamente anche Tinguely, oggi in fase di ultimazione.

Naturalmente i Nouveaux Réalistes non potevano non essere influenzati da quella polveriera creativa che è stata il Surrealismo. Pur essendo come parentela più affini a Dada, molti di loro hanno sicuramente visto e confrontato la propria opera con quelle di artisti come Man Ray, Meret Oppenheimer, Pablo Picasso, Joseph Cornell, Alberto Giacometti ed altri da cui hanno tratto preziosi insegnamenti

Daniel Spoerri sembra essere il più surrealista fra tutti i Nouveau Réalistes, numerose sue opere contengono nelle tematiche e nei titoli espliciti riferimenti cari al patrimonio espressivo dei surrealisti: delle rappresentazioni al vero di proverbi e giochi di parole come les murs ont des oreilles (i muri hanno orecchie - 1964), Voir la paille dans l'oeil du voisin (vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino - 1964), ad installazioni come quella nel 1963 alla galleria Dorothéa Loehr a Francoforte del Dorotheanum una sorta di Istituto per il Suicidio che attraverso undici celle, offre undici differenti modi di suicidio. Grande importanza ha nell'opera di Spoerri il cibo, spesso associato al tema della morte. In l'homme est un nécrophage (l'uomo è un necrofago - 1970-71), assemblage-collezione di numerosi coltelli da cucina affilati, il cibo elemento fisico necessario alla sopravvivenza, indispensabile elemento materiale che ci separa dalla non-materialità della morte è esso stesso motivo e fonte di morte; per vivere, per mangiare, spesso dobbiamo uccidere, eliminare gli altri per combattere la fame, lo stesso cibo che mangiamo è molto spesso frutto dell'uccisione di migliaia di vite. L'alimentazione rappresenta certamente anche un momento importante della storia della civiltà e questo Spoerri lo sa, con la EAT-ART, trasferisce l'arte nell'alimentazione e quindi nella vita. Ma nella nostra civiltà industriale l'alimentazione si è regredita ad una fase infantile e primitiva. Oggi ci abbuffiamo senza alcun motivo, c'è un alienazione nel consumare cibo, un aggressività mai vista, sembra che mangiando, mangiamo assieme al cibo anche i nostri problemi. Più noi mangiamo e più distruggiamo i nostri nemici. Nel 1970 in occasione del decimo anniversario del Nouveau Réalisme a Milano, Spoerri organizza L'ultima cena. Banchetto funebre del Nouveau Réalisme sorta di cena-happening con la partecipazione di tutti i Nouveaux Réalistes. Avvenimento che non vuole essere solo l'ideale sepoltura di un glorioso passato di dieci anni e neppure un omaggio all'ultima cena leonardesca che si trova a Milano, questa segnava con Cristo il passaggio dalla vita alla morte (nell'eucarestia il pane e il vino sono allo stesso tempo corpo e sangue di Cristo). Spoerri nella sua ultima cena riafferma lo stretto vincolo che lega tra loro la vita e la morte, cioè il cibo.

In Niki de Saint-Phalle l'elemento surrealista si esprime soprattutto nelle opere dei primi anni sessanta precedenti le Nanas: i Tiri, gli Altari, i Mostri sono ricchi di riferimenti cari all'immaginario surrealista: l'inconscio, la sessualità, il sadomasochismo, le pratiche occulte, l'iconoclastia diffusa sono il vocabolario di espressione di questa singolare artista. Ma in particolare nell'opera di Niki c'è un tema dominante: la violenza (il numero di coltelli e fucili che appariranno sulle sue tele, in questo periodo è fenomenale) efficacemente espressa nella famosa serie dei Tiri.

Questi sono pannelli di gesso percorsi irregolarmente sulla superficie da rigonfiamenti creati da sacchetti di plastica pieni di colore collocati all'interno. Lo spettatore deve, con una carabina, sparare sulla superficie di questi rilievi-bersaglio. L'impatto dei colpi sparati provoca la fuoriuscita del colore che cola sulla superficie del gesso, formando un immagine che ricorda molto la pittura dell'action painting.

Niki de Saint-Phalle e Tinguely sparano su un rilievo, Impasse Ronsin, giugno 1961 Niki de Saint-Phalle. "Tir" (1961)

                                               

Quest'atto di sadomasochismo artistico è un atto puramente surrealista, oltre che a fare risvegliare l'inconscio omicida che vive in tutti noi e che spesso si esprime nella pratica artistica, è anche un messaggio di Niki che vuol dirci che l'opera d'arte nasce nel momento stesso in cui la si uccide, così come tutte le rivoluzioni artistiche sono sempre nate dalle ceneri di quelle che le hanno precedute.

Man Ray è un importante punto di riferimento per i Nouveaux Réalistes, già nel 1935 anticipa i tableaux-pièges di Spoerri con l'opera Collage ou l'age de la colle. Incuriosito dalla disposizione di alcuni oggetti lasciati dalla domestica su di una tavola, blocca gli oggetti con della colla ed incornicia questa composizione dettata dal caso. Nel 1920 Man Ray esegue l'Enigma di Isadore Ducasse,

Christo. "Table empaqueté" (1964) Man Ray. "L'enigma di Isidore Ducasse" (1920). Fotografia di macchina da cucire avvolta da feltro e legata con spago. PHOTO: Giuseppe Morra. Man Ray. "Venere restaurata"  (1936). Torso femminile in gesso, corda.

                                

una macchina da cucire avvolta completamente con del feltro e legata con dello spago, anticipatrice di trentotto anni gli empaquetages di Christo. Che Christo abbia visto o no l'opera di Man Ray, questo non ha importanza, tutti e due gli artisti giocano molto sul senso di straniamento e di mistero che un oggetto assume quando viene per intero o parzialmente nascosto alla vista, inoltre l'uso della corda legata strettamente crea delle linee dinamiche in tutta l'opera dando un senso di tensione al tutto comunicandoci un senso di angoscia, di costrizione sadica, di prigionia opprimente.

 

...Per Christo qualsiasi tipo di tessuto essendo uno dei manufatti più antichi dell'uomo racchiude in se un fascino particolare e può spesso assumere una sorta di presenza umana. Il tessuto ammorbidisce e nasconde, e contemporaneamente mette in risalto i contorni e le forme che evidenti non erano (come ogni sarto ben sa). Un empaquetage trasforma ciò che è impacchettato, lo rende più sensuale, più scultoreo, più misterioso... Calvin Tomkins: "Vite d'avanguardia...". Costa & Nolan, Milano, 1983.

 

La differenza sostanziale tra Man Ray e Christo sta nel fatto che nell'impacchettamento Christo compie un atto di appropriazione dell'oggetto, un operazione concettuale dettata da una profonda riflessione. Il rischio non infondato era quello di ridurre il gesto dell'impacchettamento ad una ritualizzazione, ad una prassi operativa finalizzata alla produzione di oggetti-feticcio fine a se stessa. L'incontro e la frequentazione di Yves Klein (tra il 1961 e il 1962, pochi mesi prima della morte di Yves) è di estrema importanza nell'evoluzione appropriativa di Christo. L'architettura dell'aria, le zone di sensibilità pura, il Teatro del Vuoto segnano una svolta nella concezione dell'empaquetage.

     Christo. "Mur de Barils - Le Rideau de fer, rue Visconti, Paris, 27 juin 1962"

Ora è lo spazio l'elemento di confronto e sfida di Christo: il 27 giugno 1962 senza alcun permesso ufficiale erige in rue Visconti in pieno Saint Germain des Près a Parigi alle nove di sera un Rideau de fer un monumento temporaneo formato da duecentoquattro bidoni di benzina accatastati uno sopra l'altro per l'altezza di circa quattro metri e mezzo, bloccando per tre ore il traffico circostante e irritando e sconcertando i residenti che reagirono rovesciando improperi e secchiate d'acqua sui colpevoli. In seguito Christo esegue gli Store-fronts, vetrine di negozi riprodotti a grandezza naturale e ricoperti da lenzuola fino a tre quarti della loro altezza. Questi negozi richiamano alla memoria il Vuoto di Klein alla galleria di Iris Clert nel 1958, è come se Christo avesse avuto in eredità da Klein l'autorizzazione ad impacchettare il vuoto, l'immateriale, la spiritualità pura. Da questo momento Christo diventa a ragione il degno erede di Klein, dal 1962 ha praticamente impacchettato di tutto, oggetti, persone, monumenti, ponti, edifici, intere spiagge e isole, vallate, fiumi e mari sono solcati dai suoi teloni. L'arte si è conciliata con il mondo perché il mondo stesso si è fatto arte.


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