autore: vittorio jovine

La ristorazione che viaggia

La realtà è molto più complessa di quanto noi ce la si possa figurare. Nessuno sforzo singolo può giungere ad una perfetta ricostruzione di un fatto. I fatti sfuggono al controllo dell'individuo in quanto risultanti da azioni individuali multiple, asincroniche, e dall'imponderabilità degli effetti delle stesse. Ognuno di noi con il solo fatto di occupare uno spazio, contribuisce al disegno delle cose; anche l'immobilità è un'azione poiché nessuna cosa è veramente immobile su di un mondo che si muove.

Seduto nel rumore del treno. Qualcuno passa e guarda. La voce dell'altoparlante ci esorta nuovamente a servirci dello "chef express, la ristorazione che viaggia. Disponibile a centro treno nella speciale carrozza ristorante…panini farciti, bla, bevande calde, bla bla". Non interessa il mare che liquida il passaggio con un’onda indifferente; né le colline, mosse da un'aria di luce tonica e gialla. Una fetta di sole surriscalda l'interno della mia scarpa nera, nera come le milioni di forme che si dibattono in essa provocando puzza. E' una bella giornata. Perché? Il controllore ha già controllato, qualche suo collega lo farà di nuovo più in là, chissà dove, lungo questa strada di ferro pietre e rumore. Lui ed io, rapiti da una forza maggiore, si buca lo spazio inconsapevoli della resistenza che il gas da respiro oppone al treno. Le gallerie del vento non ci tangono, lui ed io per sei posti, lui legge, io scrivo. Lui è silenzioso, bruno, ordinato e assorto. Si muove poco, la sua scarpa, nera come la mia, è in ombra. Io tossisco tutta la bronchite possibile, ejettando morbido sfere di interno me nel mondo che adesso mi è vicino. Il mare è ancora là coi suoi frangi flutti senza speranza. Qualcuno ha costruito una casa, poi dev'essere morto e con lui la casa, nessuno saprà mai che l'ho guardata pensando a questo.

Non si può parlare che di sé stessi, per via di quella tara sull'immagine e somiglianza impostaci dalla Creazione. Tutto ci assomiglia, perché lo vediamo, nulla sfugge a questa regola. Un muro non è un muro. Un muro è una forma, una funzione, un colore, una superficie tattile. Einstein c'è arrivato molto prima, ma è morto lo stesso.

Non succede niente, se può dirsi niente un serpente di metallo elettroalimentato che corre lungo il filo di un orario, contenendo cose, voci e corpi, pulsando di chimica e umori; se questo è niente, allora non succede niente.

Mi chiama Lara, da un punto imprecisato di questa terra mi giunge la sua voce netta ed esatta. Parliamo. Ci farebbe piacere rivederci, forse accadrà tra poco, non era previsto, questo è bello. Lui è sempre lì di fianco al finestrino che legge la sua rivista di scienze anch'essa parte di questo cosmo incosciente. Dopo questo viaggio, che lo si voglia o no, saremo entrambi ricordi l'uno dell'altro e forse un giorno, senza neanche avvisare, forse proprio nell'ultimo attimo pensante, l'inafferrabile baleno delle immagini riflesse dalla mente ci investirà di nuovo delle rispettive forme contribuendo ancora una volta al farsi del  nostro personalissimo cinema interiore.

Vado, vado. Vado, portato vado. Il treno trema, non trena, vibra, ed io vado, viaggio contento, rassicurato dallo chef express: la ristorazione che viaggia.

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