OCRA/ARCHIVIO
Studies on the European Avant-Gardes


 

 

PIER GIULIO BONIFACIO

Ecco qualche in/utile considerazione, più o meno in riferimento alle vostre domande, dettate da pittore-gallerista (stavo per dire da "un cuore infranto").

Trasformazioni e costanti della situazione: da sempre trasformazioni e, al tempo stesso, (ma proprio lo stesso) costanti nel senso di un iter, uno sviluppo delle "cose dell' arte" (cose tutte) che tiene un occhio alle mode (dettate dai mercanti col valido supporto dei managers/critici) e, inevitabilmente (ecco ciò che a mio parere è importante e conta) un occhio agli sviluppi in senso dialettico/ culturale (epperciò altresì politico - da polis, soltanto) di ciò che è lo sviluppo di una "esercitazione", che viene a sostituire un'altra presente esercitazione, talché ci si trovi, alfine, con la maturità di quegli sviluppi onde si abbia a potere coscientemente dire che si tratta (e di poi che si trattava, e il distinguo non è da poco) dello stato delle cose più logico e consentaneo (unico logico e consentaneo) al tempo presente.

E da ciò consegue che le due cose possono ritenersi giustapposte nel senso di una regressione dalla dicotomia per una sola sostantivazione. Ovvero la diade che si fa monade.  

Aspetti positivi e carenze: di che? di quanto ho detto, suppongo. Allora anzitutto un "attenti prima di sparare” e, altrettanto forte, un "attenti alle panzane" (panzane che, oltre a costar - poi - care, sarebbero oltremodo depistanti),una chiara coscienza del "fatto" se e che si pone, in essere e in esame, affinché sia terso il dubbio che di dicotomia (v.s.) affatto si tratti bensì dello stesso già detto "stato delle cose".

Da ciò non si indulga a privilegiare il termine uno o il termine due, ma, con doverosa acutezza, si prosegua e si traggano conclusioni sull'agire e sul fare e sopratutto sui modi di tali agire e fare.

Mi affido, a questo punto alla vostra saggezza che, reputo, dovrebbe suggerirvi un autodafé, e per la forma e per la sostanza del mio umile elaborato che solo ha voluto avere il pregio di aver trattato, un po' inverecondamente, di confondere, semmai, vieppiù cose confuse.

Dimenticavo gli aspetti positivi: alcuni. E le carenze: tante e perigliose. Alla seconda domanda ritengo di aver già risposto, seppure ponendo io dei quesiti. Ardui.

Il senso del mio lavoro, ecc.? Ma quale senso c'è in noi,e perciò nel nostro cotidiano operare, che non abbia fin da lontano lezzo di sconfitta e di morte? Che ci si capisce? Niente. Ha senso l'esistenza (non dico quella belluina)? La mia, per esempio, non ne ha. Ovvero raccatto day by day le croste già infette e polverose che mi si distaccano e le esamino; e molto spesso le devo cacciare perché inservibili sia alla vita che alla morte, day by day.

Però m'impegno e con ciò anche oggi reiteratamente sia a me che a voi, per l'occasione, mi consegno e taccio.