OCRA/ARCHIVIO
Studies on the European Avant-Gardes




POL BURY
EPILOGO PROVVISORIO

- IL DITO NELL'OCCHIO

Abbiamo dieci dita ma soltanto due occhi. E questo condiziona il nostro rapporto con tutto quanto ci sta attorno, con tutto ciò che ci accompagna. Proviamo ad immaginare il contrario. Immaginiamo che un incalzante susseguirsi d'avanguardie abbia condotto l'uomo ad una mutazione a prima vista stupefacente un essere umano fornito di due sole dita e di dieci occhi. Se tale fosse l'uomo, quale potrebbe essere la foggia delle Arti? Ignoriamo surrettiziamente il flauto ed il pianoforte, per evitare d'occuparcene. Ma la pittura e la scultura? Sarebbero finite? Le due dita, per converso, potrebbero far meraviglie nel pigiare bottoni, quelli d'un apparecchio fotografico come di qualsiasi altra macchina di registrazione. Sarà questo l'epilogo dell' "Inizio minore"? Se questa eventualità può apparire inquietante, consoliamoci con il pensare che ci troviamo nell'ambito dell'immaginario e che tessere l'elogio della mano non equivale necessariamente a compiere un voltafaccia nè costituisce un puerile procedimento di conforto.

- L'AVANGUARDIA BANALIZZATA

A forza d'appattumarsi con le incongruenze si finisce col ritrovarle a nidificare in ogni cantone; ciò che è obsoleto diviene allora, a sua volta, scandaloso. Si può riconoscere in questo un modo di dire più che di pensare, giacché la noia è un valore eterno, che rimane a galla al di là delle mode. Se, al presente, l'elogio della mano non ha più luogo a farsi nè ad esser disfatto, pare comunque che magnete, motore e neon vadano anch'essi impolverandosi alle pareti dei musei. Ieri s'è scoperta l'idea e nell'oggi che sta per tramontare s'è ritrovato il concetto: panacea estetica per chi medita domande senza risposta. Si potrebbe supporre che il concetto non abbia nulla a spartire con il piumino del conservatore; sembrerebbe che esso debba - per sua natura - sfuggire agli oltraggi del tempo. Ma questa è teoria. Quale museo oserebbe restituire alla sua funzione originaria l'orinatoio di Duchamp, ancorché "tirato" in multipli, per di più, a rigore, non firmati?

- FARE E FATTO

Non occorre più fare ciò che è fatto. E' considerazione banale. Purtuttavia le Arti hanno fondato il loro divenire sulla sintesi di questo presente e di questo passato. La tesi: "il fare" e l'antitesi: "ciò che è stato fatto" hanno prodotto la sintesi: "ciò che viene rifatto". Ai suoi esordi l'artista si trova dinanzi un materiale eteroclito e non identificabile da cui prenderà forma - se è ingegnoso e fortunato - un prodotto che potrà denominarsi: "fatto". Con un po' più di fortuna e di accortezza egli potrà raggiungere, mediante ta le "fatto", la notorietà e l'agiatezza. Alcuni riusciranno addirittura a conseguire la celebrità e la gloria. L'acquisizione di questi vantaggi è universalmente apprezzata ed è appunto la considerazione in cui vengono tenuti ad indurre - in genere - l'artista a "rifare". A somiglianza di ciò che accade nella vita, l'Arte viene così a conformarsi alle leggi della monogamia.

- LE GIOIE DELL'ADULTERIO

Si sa, oggi, che l'impotenza dei maschi quadra- quinqua- (ed ultra-) genari è determinata il più delle volte dal la noia; da gran tempo, d'altronde, siamo consci che tutto concorre a far sì ch'essi ristagnino fra gli sbadigli. Perché. L'uomo è così fatto: non appena scoperto il piacere, si sforza di escogitare leggi, casistiche, prescrizioni che lo disseccano e lo soffocano. Innamorato, instaura il matrimonio, rendendosi perciò prigioniero di un antico piacere che si muta in abitudine, in obbligo. Concepisce, conseguentemente, l'adulterio che - praticato - vede ben presto convertito il piacere che procura in dispute coniugali, amministrative, giudiziarie. In rivolta, egli s'impone ideologie che lo conducono talvolta al potere ed a reprimere, in nome di questo, le rivolte successive. Artista, sacrifica il piacere di creare all'obbligo d'uniformarsi all'immagine-marchio, edificata con così intenso sforzo. Come la fatica estenuante rappresenta la monogamia nel lavoro, questa rappresenta la fatica nell'ambito sessuale. Monogamia ed Arte generano il disagio che produce la noia e bandisce il piacere.

- L'ARTE CONTESTATA E L'ARTISTA DA CONTESTARE

Sono ormai cinquant'anni che l'arte è contestata; lo strame di queste conte stazioni si è tuttavia rivelato fertile e gli artisti ne hanno tratto alimento. Se la maggior parte di essi, d'altro canto, si danno a stuzzicare la coda del diavolo, non è a cagione del destino. Sono ben più numerosi, infatti, i mandriani senza speranza degl'ispirati alla fame; più i ricchi droghieri degli artisti fecondi. Nella grande "messa in questione" dei propri strumenti e del proprio ruolo, l'artista si è curato di rafforzare le sue posizioni, il suo scanno. Ha accortamente dato ad intendere che - se pur gl'incombeva d'addebitarle ogni genere di colpe - la sua persona, convenientemente contrita, non poteva essere considerata in alcun modo solidale con le turpitudini dell'Arte e dei suoi accoliti: il fetido denaro ed i trastulli elitari. Perché ciò risulti ben chiaro, un'ondata d'informazioni s'è riversata sull'ambiente artistico. Il culto della propria personalità si e svolto in nuove forme. Unitamente a molte altre cose abbiamo appreso - ad esempio - che un certo artista ha smarrito nel Central Park, il 14 maggio 1967, un bottone dei calzoni. Che questo medesimo bottone è stato casualmente reperito dal suo mercante californiano. Di fronte alla circostanziata, sconvolgente oggettività di un tal caso, l'artista è stato mosso a comporre un breve testo, illustrato da sette acqueforti stampate a mano, poi tranciate meccanicamente ed allogate in un contenitore raffinato, inserito - a sua volta - in una cassa alquanto voluminosa, marcata con le sue iniziali, il tutto in 44 esemplari, firmati ed accompagnati da una foto dell'artista nell'atto di contemplare il bottone. La monomania ha preso così il sopravvento sui mezzi espressivi, sino a lasciar sussistere unicamente la "motivazione". Come se alla gallina fosse sufficiente l'atto di deporre l'uovo e quest'ultimo, prodotto colpevole, fosse rifiutato, interdetto. L'artista diviene, in maniera del tutto analoga, una gallina senza uova, che non cessa di covare i suoi tristi escrementi su una paglia inodora, concime di lusso per piante di plastica.

- IL DELIRIO DI ACCUMULAZIONE E LE SUE CONSEGUENZE

Carriera e creazione si fronteggiano sovente come cagnolini di ceramica e convivono malamente quando l'una o l'altra hanno motivo d'agitare la coda. Al rumore del borsellino che si gonfia l'artista si è indotto a scambiare il piacere di fare con quello di aver fatto. Le quote della società dis-anonima sono state repertoriate; gli eccessi di produzione distrutti per ristabilire l'equilibrio del mercato, nello stesso modo in cui un filatelista potrebbe distruggere tre esemplari di un francobollo sui quattro superstiti. La gestione si è rivelata, in tal guisa, perfetta. Per non rimanere in debito con la Sto ria ed attenuare l'inquietudine provocata dall'inattingibilità d'una eternità della carne, l'artista si è talvolta innalzato, nell'intento di autoglorificarsi, un mausoleo. E la crescita economica è venuta in aiuto ad entrambi.

- IL PRESENTE CHE DI CONTINUO RICOMINCIA

Fra le onde v'è sempre un avvallamento, siamo forzati ad ammetterlo. Non saremo perciò che gli storici dei nostri piaceri o spie che guardino furtivamente il paradiso? L'immediato è sempre meno alla nostra portata, tanto il nostro mondo è organizzato in funzione della nostalgia del passato, della conquista del futuro. Non ci resta dunque che constatare ciò che siamo e trame la logica conseguenza: il godimento immediato. Perché. Con il passare del tempo i sensi perdono la loro vivacità: la mano s'abitua al peso dei corpi; il naso, mentre smarrisce il gusto dei profumi, s'accosta al fetore con minor repulsione; l'occhio riduce i confini del suo campo di azione. L'orecchio s'abitua al silenzio della morte.


(1975)

(per gentile concessione dell'autore e delle Editions Daily Bul, La Louviere, Belgio)