Risultati del questionario distribuito al corso di formazione
Jesi 19-23 aprile

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Partecipanti

Hanno partecipato al corso di formazione 38 persone; prima del corso è stato distribuito ai partecipanti un questionario per conoscere in anticipo i dati anagrafici e professionali e le percezioni individuali di ciascuno sui temi dell’intercultura, allo scopo di orientare in modo più efficace le attività formative programmate. Erano presenti al corso 3 rappresentanti dei partner europei, rispettivamente per la Svezia, la Spagna e la Germania.

Sono stati compilati e restituiti in tempo utile 32 questionari, di questi 29 sono stati compilati da donne e 3 da uomini; gli insegnanti erano 19, gli operatori sociali e sanitari dell’Azienda Sanitaria erano 4; gli operatori sociali e culturali di altre strutture erano 9.

L’età media dei partecipanti è risultata alta, pari a 44 anni; solo un operatore aveva meno di 25 anni, 7 avevano un età compresa tra i 30 e i 40 anni, 8 tra i 41 e i 45 anni, 5 tra i 46 e i 50 anni e 8 operatori (tutti insegnanti) un’età superiore ai 50 anni. In un questionario non è stata specificata l’età.

Tra i partecipanti soltanto 5 hanno avuto nella loro vita un’esperienza diretta o indiretta di emigrazione. Solo due di loro hanno spiegato di avere parenti che vivono in Argentina, a New York e a Montreal. Di questi 5 intervistati soltanto 2 hanno avuto problemi a causa di questa esperienza, senza specificare però il tipo di problema.

Ben 27 partecipanti hanno dichiarato di avere una conoscenza diretta con persone immigrate nel proprio paese, di questi però soltanto 6 affermano di avere rapporti di amicizia o comunque di frequentarli normalmente. Nel primo caso si tratta di persone originarie della Polonia, del Venezuela e dell’Inghilterra. Nel secondo caso dell’Albania e della Nigeria. Nel terzo del Brasile, della Norvegia, della Grecia, del Marocco e dell’Egitto. Nel quarto dell’Inghilterra e della “Jugoslavia”. Nel quinto dell’ “America”, della “Jugoslavia” e dell’Inghilterra. Nel sesto della Grecia.
Nella maggiorparte dei casi il rapporto con persone straniere si esaurisce nell’ambito del proprio lavoro (sono 14 risposte) e i paesi di provenienza sono tra i più diversi: Macedonia, Tunisia, Algeria, Bosnia, Marocco, Turchia, eccetera, riflettendo la presenza assai diversificata degli stranieri in Italia.
Altre persone invece dicono di avere avuto una conoscenza di stranieri solo nel passato oppure di avere solo rapporti del tutto occasionali.

Una successiva domanda sulla frequenza di incontro degli stranieri per motivi di lavoro, rivela però che solo in 3 caso questi rapporti sono frequenti, in due casi rispondono così gli operatori dell’Azienda sanitaria. In 13 casi i rapporti per motivi di lavoro sono comunque saltuari e in altri 7 casi questi rapporti esistono da poco tempo. In molti casi sono gli insegnanti che rispondono così, mostrando che il rapporto con la famiglia del bambino straniero non va oltre, in modo significativo, ai contatti istituzionali tra scuola e famiglie.
Infine sono 8 i partecipanti al corso che dicono di non avere mai avuto contatti con persone straniere.

Tuttavia, nonostante il contatto occasionale, sono ben 17 gli operatori che affermano di incontrare maggiori difficoltà con l’utenza straniera (tra questi vi sono 10 insegnanti).

Per quanto riguarda i nomadi, le occasioni di contatto o di conoscenza sono ancora più scarse. Non c’è nessuno che abbia rapporti di amicizia con un nomade e soltanto 1 risponde di conoscere personalmente dei nomadi. I contatti prevalenti si hanno per motivi di lavoro ma interessano solo 8 operatori; gli altri 24 rispondono di non conoscere nomadi.

LA SITUAZIONE SCOLASTICA

Quasi tutti gli insegnanti che hanno compilato il questionario hanno o hanno avuto bambini stranieri inseriti nelle loro classi. Si tratta di situazioni assai diverse tra loro, sia per paese di provenienza, sia per struttura della famiglia (famiglie miste, bambini nati nel paese di origine e bambini nati in Italia).
In tutti i casi i bambini stranieri inseriti non sono più di 2 o 3 per ciascuna classe.
Anche la situazione linguistica dei bambini risulta diversificata, con bambini che non hanno problemi di lingua e altri che hanno difficoltà linguistiche. Più difficile risulta capire la situazione linguistica della famiglia dei bambini inseriti a scuola, perché in diversi casi gli insegnanti rispondono di non conoscere bene la famiglia. Questa mancanza di conoscenze appare molto significativa.
Tra i motivi più segnalati che possono costituire un problema per l’inserimento dei bambini stranieri vengono indicati in primo luogo la DISCIPLINA e la NON CONOSCENZA DELLA LINGUA, e poi la “Capacità di relazione con gli altri ragazzi” e i “problemi di apprendimento”
 

Per superare tali problemi viene indicata l’opportunità di una “preparazione specifica per l’insegnante”, “l’intervento di servizi pubblici per il sostegno linguistico ai ragazzi”, o in genere servizi pubblici più adeguati. Seguono poi le “attività interculturali” con l’intera classe e anche “la conoscenza del paese di provenienza del ragazzo”; alcuni aggiungono anche il “sostegno linguistico alle famiglie dei ragazzi”.
La maggiorparte afferma che esistono in genere a scuola anche problemi di pregiudizio verso i ragazzi stranieri, sia da parte di alcuni ragazzi italiani che da famiglie italiane, più raramente da parte di altri colleghi insegnanti, anche se è comunque significativo che questo problema non sia assente. Il motivo principale che secondo gli intervistati è all’origine del pregiudizio è la scarsa conoscenza della cultura del paese di origine dei ragazzi.
E’ interessante notare come da un lato l’approccio alla conoscenza culturale del paese di origine sia ben segnalato dagli insegnanti e associato anche all’esigenza di aiutare l’inserimento degli stranieri con attività interculturali rivolte all’intera classe, e dall’altro gli intervistati mostrino poi una scarsa conoscenza della situazione sociale, culturale e linguistica delle stesse famiglie dei ragazzi inseriti nelle loro classi. Il potenziale di disponibilità verso attività nuove e verso il ridisegno degli obiettivi della scuola, suggerita in più occasioni dagli insegnanti, per rendere la scuola più adeguata, sembra dunque riguardare non solo le attività didattiche o culturali in senso stretto, ma anche il rapporto diretto con le famiglie.

LE PERCEZIONI E LE OPINIONI

CHI HA MAGGIORI DIFFICOLTA’ DI INSERIMENTO SCOLASTICO?
Sono stati proposti nel questionario 3 profili standard di bambini immigrati inseriti a scuola, chiedendo quale di loro dovrebbe incontrare maggiore difficoltà.
In 22 casi è stato indicato come caso teorico più problematico quello di un bambino con una famiglia di discrete condizioni economiche, con una buona conoscenza della lingua italiana ma con problemi di comportamento.
Soltanto 8 intervistati hanno indicato al primo posto un bambino sempre di discrete condizioni economiche ma senza conoscenza della lingua italiana, però con un comportamento tranquillo.
Al confronto, i problemi di comportamento, legati all’area della disciplina, sono stati giudicati molto più influenti per l’inserimento rispetto alla comprensione linguistica, e dunque rispetto alla possibilità di comunicazione e di parità di condizioni con gli altri ragazzi nel seguire i programmi scolastici.
All’ultimo posto, con soli due voti, viene collocato il tipo di un bambino sempre tranquillo in classe, con in più una buona conoscenza della lingua italiana ma con una famiglia di modeste condizioni economiche. In questo caso, invece è stata attribuita maggiore importanza alla conoscenza linguistica e minore influenza alle condizioni economiche.
Stilando una gerarchia, si può dire che secondo gli intervistati viene al primo posto, come difficoltà di inserimento, il problema della disciplina e del comportamento, al secondo la difficoltà linguistica e quasi nessuna importanza viene attribuita ai fattori socioeconomici. Non ci sono risposte significativamente diverse tra gli insegnanti e gli altri operatori. Soltanto tre intervistati sostengono che le femmine hanno una maggiore difficoltà di inserimento e soltanto 2 che invece sono i maschi ad averne; tutti gli altri concordano che non esistono differenze significative tra maschi e femmine.

TUTTI GLI STRANIERI SONO GIUDICATI DALLA GENTE ALLA STESSO MODO?
Sono ben 29 gli intervistati che sostengono che gli stranieri sono giudicati in genere in modo diverso a seconda del paese di provenienza.
Ad una successiva domanda veniva chiesto ad ognuno di indicare i primi 5 paesi in ordine di giudizio negativo (non secondo l’intervistato, ma la sua opinione su quanto avviene normalmente nel giudizio della gente).
I paesi che sono emersi possono essere suddivisi in 4 gruppi.
Nel primo gruppo, con i più alti tassi di negatività, troviamo i Nomadi e gli Albanesi, citati dagli intervistati con la maggiore frequenza di risposte (rispettivamente 24 e 22 volte) e inseriti al primo posto rispettivamente 11 e 10 volte.
Nel secondo gruppo sono stati inseriti i paesi del Maghreb e dell’Africa Nera, con frequenza alta di risposta (22 e 17) ma quasi mai inseriti ai primi posti (2 volte e 1 sola volta soltanto).
Nel terzo gruppo troviamo invece una frequenza di risposte un po’ meno alta e solo in un caso un gruppo viene segnalato al primo posto (Turchia). Gli altri paesi di questo gruppo sono: Kurdistan, la ex-Jugoslavia in genere, la  Macedonia e gli Altri paesi arabi.
Nel quarto gruppo la frequenza delle risposte è molto bassa oppure non c’è nessuna segnalazione, anche se vengono suggeriti dal questionario. Troviamo tra le segnalazioni basse i paesi dell’est europeo, alcuni paesi dell’Unione Europea, la Colombia. Tra i paesi mai segnalati: il resto del sud e centro america e il resto dell’Asia (India, Cina, Bangla Desh, Iran). Significativa, anche se marginale, la presenza di alcuni paesi dell’Unione Europea.
Questa parte del questionario conferma che anche tra i partecipanti è abbastanza diffusa la consapevolezza di una discriminazione di giudizio dell’opinione pubblica in genere, confermata anche da altri sondaggi eseguiti in Italia. Tra gli ultimi vi è un sondaggio svolto nel Gennaio del 1999 dalla rivista di geopolitica Limes in collaborazione della LaPoliS (Laboratorio di Politiche Sociali dell’Università di Urbino) su un campione nazionale. I risultati di questa indagine sono pressoché identici a quelli riscontrati nel nostro gruppo di partecipanti al corso. Nel questionario non abbiamo chiesto direttamente se gli intervistati condividevano tale giudizio, è però significativo che la loro consapevolezza del problema corrisponde esattamente all’opinione comune presso l’opinione pubblica.

LE OPINIONI DEI PARTECIPANTI
L’ultima parte del questionario era formato da una batteria di 15 affermazioni sulla tematica dell’integrazione  socio culturale degli immigrati, chiedendo agli intervistati di esprimere il loro grado di accordo o disaccordo alla affermazione. Le affermazioni scelte volevano riprendere alcuni dei luoghi comuni maggiormente ricorrenti presso l’opinione pubblica.
Le risposte sono state trasformate in un valore indice compreso tra 1 e 4;  Sulla base delle risposte ottenute, le affermazioni possono essere suddivise in tre gruppi. Il primo gruppo è formato dalle risposte che ottengono un consenso MOLTO ALTO (valore indice da 3,23 a 3,84); il secondo gruppo è quello del consenso MEDIAMENTE ALTO (valore da 2,62 a 3,18); il terzo gruppo con CONSENSO BASSO O MOLTO BASSO (da 1,80 a 2,48).

Consenso Molto Alto
L’affermazione che ottiene il maggior numero di consensi è la seguente:
“I bambini stranieri a scuola costituiscono una ricchezza culturale anche se questo rende più difficile il lavoro” (valore indice pari a 3,84); seguita dalle affermazioni: “la scuola ha un ruolo molto importante nel contrastare la formazione del pregiudizio” (3,77), “La scuola ha un ruolo molto importante nel contrastare il pregiudizio ma deve essere sostenuta dalla famiglia e dai mass media” (3,73) e “Affermare la diversità culturale pone l’esigenza di ridefinire gli obiettivi e i compiti della scuola (3,23).
Si potrebbe dire che gli intervistati sono caduti nella trappola dell’affermazione retorica di principio, dimostrando di sapere già abbastanza bene quale doveva essere la risposta giusta e indirizzandosi subito verso la sottolineatura degli aspetti positivi. Infatti “la ricchezza della diversità culturale e il ruolo guida della scuola” sono dati quasi per scontati, tuttavia vengono subito associati in modo stretto anche ad alcuni aspetti che mostrano subito l’alto grado di problematicità. Si specifica infatti che la scuola non è in grado da sola ad assolvere a questo compito, perché cogliere la ricchezza si rivela un lavoro difficile e i compiti e gli obiettivi della scuola non sono adeguati allo scopo, pertanto vanno ridefiniti.

Consenso Medio Alto
Nel secondo gruppo le affermazioni che troviamo sono:
“Penso che gli immigrati debbano essere aiutati a stabilizzarsi in Italia con le loro famiglie” (3,17);
“Credo che le società migliori siano quelle con molte etnie” (3,11);
“Prima di accettare gli stranieri bisogna preparare le condizioni sociali e materiali per integrali senza problemi” (3,04);
“Che mia figlia/o sposi una persona  di colore, per me non fa nessuna differenza (2,89);
“L’ingresso dei bambini stranieri a scuola rende il lavoro più difficile” (2,55).
Ci troviamo qui ancora di fronte ad un livello di condivisione discretamente alto; tende tuttavia ad aumentare la contrapposizione di risposte “Molto alto” e “Molto basso”, segno di una maggiore divergenza di idee. All’ultimo posto di questo gruppo troviamo di nuovo la conferma che lavorare con i bambini stranieri a scuola risulta difficile.

Consenso Basso o molto basso
Nel terzo gruppo ci sono invece le affermazioni poco o per nulla condivise:
“Secondo me l’immigrazione ha portato più vantaggi che svantaggi” (2,48);
“Gli extracomunitari che incontro per strada sono troppo insistenti” (2,17);
“Gli extracomunitari che non hanno un contratto di lavoro stabile devono essere espulsi”;
In questi tre casi i valori sono comunque abbastanza vicini al valore medio e rivelano in ogni caso una forte divaricazione di opinione tra le persone, con una presenza significativa di accordo ad affermazioni connotate da giudizi complessivamente negativi sugli immigrati.
Le altre affermazioni che ricevono invece un grado di accordo via via sempre più scarso sono:
“Penso che l’eccessivo numero di immigrati abbia contribuito ad aumentare la criminalità (1,93);
“Non è compito prioritario della scuola quello di contrastare il pregiudizio (1,93);
“In molti casi gli immigrati sono sporchi e trasandati” (1,78). Anche in questo ultimo caso, nonostante il grado di accordo sia molto basso, tuttavia non possiamo fare a meno di sottolineare che 6 persone (cioè quasi un terzo del gruppo) rispondono di essere abbastanza d’accordo.
L’insieme delle risposte rivela che le opinioni riguardo alle tematiche dell’integrazione socioculturale degli immigrati sono assai varie e mostrano un quadro assai più articolati di quello che si potrebbe desumere, e suggerisce una strategia di intervento articolata e duratura nel tempo.
Non possono essere affrontate soltanto poche dimensioni e non possono essere affrontate con percorsi formativi brevi; le dinamiche interculturali rivelano una complessità che investe proprio le convinzioni e le percezioni personali di ciascuno di noi.


Results of the test filled in during the training course
(Jesi, 19th - 23rd April)

38 people took part to the training course. A test has been distributed to participants before the training course, in order to know personal and professional data as  well as personal feelings towards intercultural themes so that they could make  training activities more effective. 3 European partners took part to the training course (Sweden, Germany, Spain).

32 tests were filled in: 29 by women and 3 by men; teachers were 19, social and health operators were 4; cultural operators were 9.

The average age was high: 44 years old. Only one operator was less than 25 years old; 7 were between 30 and 40 years old; 8 were between 41 and 45; 5 between 46 and 50 and 8 operators (all teachers) were more than 50 years old. In one test, it lacks the age.

Among the participants, only 5 people had a direct or indirect experience of emigration. Only 2 of them told that they have some relatives in Argentina, New York, Montreal. Among these 5 people interviewed only 2 had some problems because of their experience, but they didn’t specify it.

27 participants declared that they had experiences with immigrated people but only 6 had friendly or at least regular relationships. In the first case they were people coming from Poland, Venezuela and England. In the second case they were from Albania and Nigeria. In the third case from Brazil, Norway, Greece, Morocco, Egypt. In the fourth case from England and from Yugoslavia. In the fifth from America, Yugoslavia and England. In the sixth from Greece.
For most of them relationship with foreign people refers only to the working reality (14 answers) and the home countries are: Macedonia, Tunisia, Algeria, Bosnia, Morocco, Turkey. That shows the very diversified presence of foreign people in Italy. On the contrary other people said that they met foreign people only in the past or they only had occasional relationship.

A further question on the frequency of meeting foreign people because of working reasons shows that only in three cases these relations are frequent; in two cases the health operators answered  like this. In 13 cases professional relationships are rare and in other 7 cases these relationships exist since a short time. In many cases teachers answered like this showing that the relationship with foreign children’s family doesn’t trespass formal contacts between school and family. Finally 8 participants said they never had relationships with foreign people.

In spite of rare contacts, 17 operators declare that they find  greater difficulties with foreign users ( 10 teachers).

For what concerns Gypsies there are  really a few opportunities of relation. None has friendship with Rom and only one answered that he personally knows some Gypsies. Most of relationships concerns professional reasons but it involves only 8 operators; other 24 people answered that they don’t know any Rom.
 

THE SCHOOL SITUATION

Almost all the teachers that filled in the test had or still have foreign pupils in their classes. There are very different situations according to home countries, families ( mixed families, children who were born in their home country or in Italy).
In all the situations there aren’t more than 2-3 foreign pupils in each class.
Even the linguistic situation is very diversified: some children have problems with the new language and others don’t. It is harder to understand the linguistic situation of families, because teachers rarely know foreign parents very well. This lack seams to be very important.
The main problems of fitting in are: DISCIPLINE, LANGUAGE and then the skill of relating with other children and learning problems.

In order to overcome these difficulties it would be  useful: a “special training for teachers”; “the intervention of public services for  linguistic help” or, in general terms, public services more satisfactory.
Then there are: “intercultural activities” with the whole class and the knowledge of the child’s home country. Some people added a “linguistic help to their families”.
Most of people say that there are prejudices in the school both among Italian children and their families. Rarely there are these problems even among teachers. The main reason of prejudices is the scanty knowledge of other cultures.
It is interesting to observe that teachers declare on one hand the importance of knowing other  cultures but on the other hand  they either have a scanty knowledge of their pupils’ families and cultures.
There is a great receptiveness among teachers towards new didactic activities and relationships with families in order to make the school more appropriate.
 

FEELINGS AND OPINIONS

WHO HAVE THE GREATEST DIFFICULTIES IN SCHOLASTIC FITTING-IN?

In the test there were 3 standard outlines of immigrated children fitted in the school. People could answer which of them should find bigger difficulties.
22 said  that the most problematic case is a child with a well-to-do family and a good Italian but with behaviour problems.
8 answered that the worst case is a child of a well-to-do family, with a quiet behaviour but without any knowledge of Italian language.
Behaviour problems seam to be more influent than language for children’ s school fitting in.
2 people said that the most problematic case is a very quiet child with a good Italian but with a poor family.
Summing-up we can say that, according to the interviewed people, at the first place there are behaviour problems, then linguistic difficulties and finally economic facts.
Social operators and teachers gave , in general terms, the same answers.
Only 3 people said that girls have more difficulties in fitting-in and 2said, on the contrary, that boys have it. All the others agree that it doesn’t exist any difference.
 

DO PEOPLE JUDGE IN THE SAME WAY ALL FOREIGNERS?

29 said that foreigners are generally judged in a different way according to their home country. The second question asked for a list of the 5 worst- countries (not in the interviewed opinion but in a general point of view).These countries can be divided in 4 groups.
In the first one we find Rom and Albanian people with the highest score of negativity ( mentioned 24 and 22 times and at the first place 11 and 10 times).
In the second group there are Maghreb and black African countries (22 and 17 answers), but rarely at the first place ( 2 and 1 times).
In the third group we can find a lower frequency of answers: only in one case it is at the first place (Turkey). Other countries in this group are: Kurdistan, ex- Yugoslavia, Macedonia and other Arabian countries.
In the fourth group the frequency is very low, almost zero. We can find: East European countries, some of the EU and Colombia.
Among never mentioned countries there are: the rest of South and Centre America, the rest of Asia (India, China, Bangladesh, Iran).
We can notice the presence, even if very restricted, of some EU countries.
This part of the test confirms that even among participants there is a quite diffused consciousness of racial discrimination in public opinion. It is also confirmed by some Italian tests. Among the latest there is a test realised in January 1999 by the geographic and political review “Limes” in collaboration with  “LaPoliS” of Urbino university on a national sample.  The results of this research are almost the same of our test.
In the test people should not extern their own opinion. But it is important to notice that they have a precise perception of public opinion.
 

THE OPINIONS OF PARTICIPANTS

The last part of the test is composed by 15 sentences concerning social and cultural themes . People should declare their degree of agreement towards each sentence.
These sentences referred to the most popular clichés. The answers were transformed in a number between 1 and 4 and then divided in 3 groups: VERY HIGH  agreement (from 3.23 to 3.84); HIGH level of agreement (from 2.62 to 3.18); LOW and VERY LOW agreement ( from 1.80 to 2.48).
 

Very High agreement

The sentence that received a highest number of agreements is : “ foreign children are a cultural wealth in the school even if they need a harder work” (index 3.84).
Then there are: “the school has a very important role in impeding prejudices” (index 3.77); “The school has an important role in impeding prejudices but it must be helped by families and mass-media” (3.73) and “cultural differences establish new aims and duties in the school” (3.23).
People tripped up on rhetorical sentences, showing that they know quite well which is the right answer and choosing  positive aspects. People took for granted sentences like “The wealth of cultural differences and the guiding role of school” but they also notice some problems: they specify indeed that the school is not able on its own to play this new role. It is hard to catch cultural differences and school duties are not appropriate so it necessary to redefine them.
 

High agreement

In the second group there are these sentences:
“I think migrant people must be helped to settle in Italy” (index 3.17).
“I guess that the best societies are multiracial” (3.11)
“Before accepting foreigners it is necessary to prepare the right social conditions and materials to integrate them without any problem” (3.04).
“I have o problems if my daughter/son wants to marry a black man/woman” (2.89)
“Foreign children in the classes male the work harder” (2.55)
It still is a quite  high level of agreement but it is much in evidence a contrast between “Very high” and “Very Low” agreement. That show a greater difference of opinions.
At the last place there is a new confirmation of difficulties in the school when there are foreign students.
 

Low and Very Low agreement

In the third group there are:
“In my opinion immigration brought more profit than disadvantages” (2.48)
“People coming for country not belonging to the EU are too nagging when I meet them in the street” (2.17)
“Foreigners who don’t have a regular contract must be expelled”.
In these 3 cases the index is near to the average value and reveals a difference of opinions among people, with an important presence of negative judgements.
The other sentences that have a lower level of agreement are:
“ I believe that an excessive number of immigrates contributed to the rise in the crime rate” (1.93)
“It is not a school duty to impede prejudices” (1.93)
“Immigrated are often dirty and shabby” (1.78).
In spite of the low level of agreement, 6 people (one third of the group) said that they quite agree with this last sentence.

The whole sentences reveal that opinion towards social and cultural integration are very diversified. They show a very complex outline and suggest  a complex and long  strategy of intervention. Training courses cannot be short and must not concern only some aspects of the problem.
Intercultural dynamics reveal a level of complexity that involves our own opinions and personal feelings.


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