Sintesi di alcune delle interviste a cittadini stranieri residenti nelle Marche realizzate da Licia Fiordarancio, Selly Kane e Tullio Bugari per l'Associazione Senza Confini.



Ora che lavoro fate in Italia?

Moglie:"Io lavoro come operaia, ma più per mia scelta, per motivi di compatibilità di orario di lavoro e di impegni familiari, perché ho due figli piccoli, di 8 e di 4 anni, e non ho genitori o parenti che mi possono aiutare. Altrimenti ero anche riuscita a trovare un lavoro come farmacista, ma l'orario non andava bene".

Marito: C'è anche un altro problema, comunque. Le nostre lauree non sono riconosciute qui in Italia, nonostante un accordo tra governi italiano e dell'Ecuador per il riconoscimento reciproco dei rispettivi titoli di studio. Credo però che ognuno interpreti la legge come gli pare, almeno qui in Italia. Ad esempio siamo andati all'Università di xxx, presentando il foglio del Consolato dell'Equador con gli estremi della legge da applicare e altri documenti, ma all'Università hanno opposto troppe difficoltà, addirittura sul nome della Università perché la Legge parlava di Università dell'Equador mentre nel titolo di laurea c?era il nome della città dell'Equador dove si trova quell'Università, come se non si trattasse della stessa cosa. A me invece non ha mai interessato il riconoscimento, perché lavoro in un?azienda privata e inoltre non devo firmare ricette come ad esempio fa un veterinario, e quindi non mi occorre. Comunque una volta mi sono informato e ho capito che c'erano troppe difficoltà; inoltre tra Italia e Perù non esiste neanche un accordo sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio. Inoltre, anche i modelli universitari tra i due paesi sono diversi. Qui in Italia occorre farsi convalidare i singoli esami, che possono essere anche diversi tra università italiane diverse; in Perù invece ci si basa non sui singoli esami ma sui corsi semestrali e sui programmi, che sono gli stessi tra i diversi paesi del sud america e anche con le università degli Stati Uniti. I modelli universitari e i curriculum sono simili e una laurea in un paese è automaticamente riconosciuta, con semplicità, anche negli Usa.

Per voi è stato facile inserirvi in Italia; forse è stato anche piacevole, per il fatto di ridiventare per un po? studenti, dopo alcuni anni nei quali già lavoravate?

Sì, è vero; io lavoravo da 6 anni ed ero un po' stressata dal lavoro, quindi era piacevole poter interrompere un po?

Anche se l?ambiente era diverso e la lingua era diversa, noi però eravamo studenti con una borsa di studio e non avevamo preoccupazioni economiche o di altro tipo. Questo durante il corso. Il difficile è venuto dopo.

Quante volte siete tornati nei vostri paesi?

Due volte in questi dieci anni, la prima volta quando è nata la nostra prima figlia e la seconda volta per far conoscere anche il nostro secondo figlio.

Quali contatti avete con il vostro paese?

Contatti telefonici. Ora per fortuna è arrivato internet e ci ha risolto molto problemi.

Ho aggiunto la telecamera al mio computer, così parlo con mio fratello in Perù e lui può vedermi sullo schermo. Qui in Italia però le tariffe telefoniche sono molto care, più care che in altri paesi. Ora ci sono anche nuove formule e nuove carte telefoniche per risparmiare un po' e poter parlare con il nostro paese più a lungo. Internet in ogni caso ci ha risolto molto problemi. Prima era più complicato, ci arrivava ogni tanto qualche giornale dal paese, qualche rivista, ora invece seguiamo la stampa quotidiana dei nostri paesi ogni giorno e siamo sempre informati, ci scambiamo anche foto, immagini, ci colleghiamo a diversi siti esistenti nei nostri paesi, possiamo anche ascoltare la radio.

Là abbiamo i nostri fratelli e i nostri genitori e i legami sono molto stretti ancora; ora possiamo sentirci tutti i giorni, mentre prima si telefonava solo un paio di volte al mese perché costava troppo. Per noi internet è molto utile. Certo non è come avere le nostre famiglie, i genitori qui con noi. Ci mancano ugualmente, anche per gli aspetti pratici e organizzativi della vita, ad esempio per aiutarci con i figli piccoli o altre cose, per averli comunque vicini. Ma purtroppo dobbiamo organizzarci comunque così, da soli. Però ci siamo anche abituati oramai. Posso dire che prima che nascessero i nostri figli eravamo più soli. Loro un po' hanno riempito".

In che senso?

Non nel senso della sostituzione, perché i genitori sono sempre genitori e i figli sono i figli, l?amore è diverso. Intendo nel senso di non sentirsi soli. Faccio un esempio: quando è Natale oppure un compleanno, prima eravamo solo noi due, ora invece siamo in quattro, con i figli, una famiglia che si è formata ed è cresciuta. Anche con i problemi che abbiamo ora, con il lavoro, come organizzarsi, ci sentiamo più impegnati, non è lo stesso modo che avevamo prima riguardo ai nostri problemi, quando eravamo solo in due....

Ora è un po'diverso anche quando torniamo ai nostri paesi, a quella che di solito chiamiamo la nostra casa. Tu torni a casa tua ma non è più casa tua come prima, quando non avevi la tua nuova famiglia, la moglie e i figli; ora sei lì al tuo paese solo per una visita....

Non perché loro non gradiscono la visita, anzi, sono contenti....?
E' perché ad esempio arriva quel momento della giornata in cui tu vuoi la tua poltrona....?

... il tuo letto, le tue cose....

... perché ora è questo qui dove abitiamo e ci troviamo che è diventato il nostro mondo; la nostra casa in realtà è questa, mentre ...

... sì, quando diciamo ?torniamo a casa nostra, nel nostro paese, in realtà quella è solo la casa dei nostri genitori, e ce ne rendiamo conto meglio solo quando torniamo là...
 

... oramai questa è la nostra casa. Dicevamo prima delle feste di natale o dei compleanni, quando eravamo soli, senza i figli, e telefonavamo alle nostre famiglie nel nostro paese; allora la mamma piangeva al telefono perché il suo figlio non c'era ed era lontano.... ora è cambiato, magari gli capita di piangere lo stesso però comunque è più tranquilla perché sa che noi abbiamo la nostra famiglia e che ora siamo nella nostra casa e ci troviamo bene..... è più tranquilla.....

.....si parla più tranquilli, forse ci siamo abituati.....

Loro sanno che qui si sta bene e abbiamo la tranquillità. Quello che avete voi italiani che abitate qui, in questa regione dell?Italia, è una situazione tranquilla dove si vive bene e forse non ve ne accorgete, ci sono tutti servizi e le comodità e non c?è troppa popolazione, non ci sono le situazioni stressanti delle grandi città. Ce ne accorgiamo noi che vediamo la differenza con altre situazioni, perché al nostro paese abitavamo in città grandi, dove era più difficile vivere.

Vorrei chiedervi di nuovo di quando dicevate di sentirvi soli?

Soli nel senso che soffrivavamo di più la lontananza. Avevamo anche altri amici italiani che ci invitavano, ad esempio a Natale, ma le nostre e le vostre abitudini sono diverse, voi ad esempio la vigilia di Natale mangiate il pesce, da noi si usa in un altro modo, ci sono tante differenze che ci ricordano la lontananza dal nostro paese; ora invece con i figli, con una famiglia nostra che cresce viviamo in modo diverso anche queste cose...?

Inoltre ora abbiamo anche noi quegli impegni che hanno anche tutti i genitori italiani con i loro figli, sia i problemi di organizzarci ma anche gli impegni di accompagnare i figli a scuola, o in chiesa, al catechismo e al coro, e così frequentiamo le attività sociali insieme alle altre famiglie, capita di partecipare insieme alle cene con tante altre famiglie o ad altre situazioni. Poi ci sono le altre attività fuori della scuola, come accompagnarli in piscina e così si conosce altra gente.

Con i figli quale lingua parlate in casa?

Spagnolo. Anche se loro ci rispondono in italiano. La più grande parla di più anche lo spagnolo. Forse ha già formato bene anche l?uso della lingua italiana, perché sa che qui deve parlare italiano e così riesce a distinguere meglio tra le due lingue. L?ultima estate siamo stati in Perù e in Ecuador e durante quel mese ha parlato sempre e soltanto lo spagnolo, e riusciva a parlarlo bene. Addirittura quando siamo ritornati in Italia ha avuto nei primi giorni qualche problema, diceva, non mi ricordo come si dice questa parola. Il più piccolo invece capisce lo spagnolo e risponde in italiano, ha quattro anni e forse neanche comprende bene la differenza tra le due lingue, capita anche che usa talvolta parole in spagnolo oppure nelle due lingue.
La più grande, qualche anno fa, una volta, eravamo in Francia per una gita e per caso abbiamo incontrato una comitiva di turisti spagnoli e le i è rimasta molto sorpresa: guarda, quei bambini parlano come me, allora non siamo solo noi a parlare in questo modo.

Quando aveva quattro anni qualche volta ci diceva: Io non voglio parlare così, non voglio parlare come voi, la gente non parla così. Forse pensava che noi non eravamo normali a parlare così. C?è stato qualche problema. Ad esempio all?asilo nido capitava che lei si confondeva e usava parole che l?insegnante non capiva. E? capitato che le insegnanti qualche volta mi hanno chiesto il significato di una parola che lei diceva e che forse era spagnola anziché italiana. Hanno imparato gradualmente a usare le due lingue.

Come si trovava allora alla scuola materna?

.... insomma ... si trovava bene.

E adesso alla scuola elementare?

Sì, si trova bene; frequenta la seconda elementare qui in paese e parla perfettamente l?italiano oramai, anzi, è molto brava in italiano e non ha difficoltà.

Spesso corregge anche noi nella nostra pronuncia, perché oramai ha una dizione italiana migliore della nostra. I bambini hanno più facilità ad apprendere la dizione esatta delle lingue. Anche questa estate quando è stata in Ecuador in pochi giorni è stata in grado di parlare lo spagnolo secondo la particolare cadenza equadoregna, che è diversa dalla cadenza di altri paesi sud americani.?

Un'ultima cosa: vi sono mai accaduti episodi di discriminazione razzista?
Mah? No. E a te?

No.

Cioè... il lavoro è stato difficile all?inizio. Io avevo iniziato come operaio ed era difficile; io non avevo detto che al mio paese lavoravo in posto simile ma anziché essere un operaio ero uno che dirigeva il lavoro. Ero stato zitto, perché .....

Perché?

Perché ... non c'è un motivo specifico.... non so... non volevo sembrare quello che arriva e capisce tutto rischiando di non essere accettato; io ero arrivato come operaio, come l?ultimo arrivato e volevo inserirmi così, in modo tranquillo... Così facevo anche lavori pesanti e difficili ma non mi pento di questo, anche perché allora non avevo preoccupazioni.... ho fatto anche amicizia con operai italiani e con alcuni sono ancora amico; adesso mi capita di ritornare negli stessi allevamenti dove ho iniziato come operaio, e anche se ora non sono più operaio e faccio un lavoro più adeguato al mio titolo di studio ho ancora rapporti cordiali con quelle stesse persone. Allora però ero visto come l?ultimo arrivato, come lo straniero che non capisce cosa gli si comanda... . può anche darsi che non capivo alcune cose particolari, ma è così che avviene a tutti di fronte a qualsiasi lavoro o a qualsiasi novità, perché prima bisogna imparare, questo è un fatto naturale e invece talvolta eri considerato come lo straniero che non riesce a capire... tutto qui... .
Un?esperienza difficile invece è la non conoscenza adeguata della lingua italiana quando sei arrabbiato, vuoi rispondere ad un altra persona e non riesci a trovare subito le parole adatte; mi è capitato un episodio una volta ed è stato molto duro.

Bisogna prepararsi prima le parole da dire, per le occasioni giuste.

Eh sì, ma poi quando servono non te le ricordi subito, non ti vengono spontanee. Mi è capitato un episodio una volta in cui una persona, che tra l'altro non era nemmeno un mio superiore, ha iniziato a lamentarsi di me in malo modo, mi ha insultato usando l'espressione "marocchino", come si usa dire qui in Italia quando si vuole offendere uno straniero. Io volevo rispondere ma non riuscivo a trovare le parole giuste in italiano e così sono rimasto molto male, nei confronti di me stesso... ero arrabbiato e non sapevo come esprimermi.... è una brutta sensazione....; poi alla fine ci sono riuscito a spiegarmi, forse nell?arrabbiatura ho mescolato parole spagnole e italiane, ma l?altro ha capito ugualmente e allora si è calmato.
Gli italiani sono abituati a pensare che gli stranieri che vengono qui devono imparare tutto da loro, e non pensano che lo straniero può anche insegnare qualcosa. Perché ognuno di noi può sia imparare che insegnare, ma molti italiani pensano che solo gli stranieri che vengono dall?Olanda, dalla Germania o altri paesi del nord Europa possono insegnare qualcosa a loro, ma se viene dal sud America o da altri paesi del sud del mondo pensano che questi stranieri non abbiano da insegnare nulla. Questo è il l?atteggiamento che spesso ho incontrato qui. Io ho conosciuto anche persone molto aperte, anche tra gli allevatori con cui lavoro, che ascoltano quando io insegno loro come devono gestire l?allevamento degli animali, però ci sono anche altri, spesso più anziani, che non la pensano così e sono più chiusi. E? questa la mia esperienza... non penso però che si possa definire proprio razzismo. Anche se una volta, una di queste persone, che comunque insisteva a lamentarsi di me, per giustificarsi con un altro italiano aveva usato l?espressione: ?ma lui è un extracomunitario?. Questa parola mi ha offeso: perché extra-comunitario? Da noi quando uno è di un altro paese si dice straniero e basta, non c?è bisogno di una parola in più, diversa, come extracomunitario. E? una parola che qui in Italia è usata spesso in senso dispregiativo, nel senso di ultimo, di poveretto.
Forse l'unico razzismo è questo: pensare che gli stranieri non hanno nulla da insegnare ma hanno solo da imparare.



Intervistatori: Vostro figlio come si trova a scuola e qui in città?

Lui si trova bene; gli piace andare a scuola. Questo anno frequenta la quarta elementare. Ha fatto diverse amicizie e anche in questo istante si trova a casa di un suo amico per fare i compiti insieme. La scuola gli piace e qui si trova bene, non ha problemi, neanche con la lingua, perché è nato qui e ha imparato a parlare l?italiano bene e molto meglio di me; qualche volta mi corregge, quando sbaglio qualche parola.

Ci sono esempi di razzismo che puoi farci?

Sì, ad esempio c'è il problema dell'affitto della casa; per uno straniero è molto più difficile trovare la casa

Hai amici italiani qui in città??

No. Io vivo qui da quasi 15 anni e non ho nessuno amico di qui. Non sono io che non mi inserisco è proprio la mentalità di chi vive qui che rende difficile inserirsi e fare amicizie. Non accettano le persone di colore. In altre città invece, ad esempio a Isernia, avevo degli amici italiani. Qui è stato molto più difficile, l'ambiente è più chiuso. Quello che dico io lo dicono anche gli altri stranieri ed è vero anche per mia moglie.

Tuo figlio invece a scuola ha amici italiani?

Lui sì; è diversa la situazione a scuola e tra i bambini. Forse c'è stato qualche problema nei primi giorni di scuola, quando gli dicevano "tu hai un colore della pelle diverso", ma poi è passato tutto ed ora si trova bene. Frequenta anche altri amici oltre alla scuola, va al catechismo e frequenta anche gli scout.

Il fatto di accompagnare vostro figlio in parrocchia o dagli scout non vi consente di conoscere altre famiglie italiane?

Sì, questo è vero, il rapporto con gli altri è un po? cambiato, ma si tratta sempre di rapporti formali e non di amicizia.

Ti capita qualche volta qui in città di essere invitato in un luogo pubblico per parlare del tuo paese?

Lo scorso anno mi hanno invitato alla Scuola xxx, per essere intervistato dai ragazzi di una classe; mi hanno invitato anche in altre scuole di città vicinema purtroppo ho dovuto rifiutare per problemi di orario di lavoro, perché sono operaio.

I contatti con il tuo paese, riguardano solo i rapporti con i parenti oppure c?è anche un legame culturale, ad esempio con la lettura di giornali o libri, o altro ancora?

Sì, leggo giornali e libri ma non mi arrivano dai miei parenti. Qui nella zona ci sono tanti nigeriani e ci vediamo spesso tra noi, ad ogni occasione: ad esempio domenica prossima c?è un matrimonio. Inoltre c?è anche un?associazione di nigeriani a Falconara e ci riuniamo una volta al mese per parlare e discutere.

Organizzate anche attività culturali??

Sì, anche attività culturali. Una volta volevamo invitare qui uno scrittore nigeriano che vive a Londra ma poi purtroppo non è stato possibile. Io al mio paese ero un giornalista e scrivevo su giornali locali; anche quando vivevo a Isernia avevo occasione di collaborare e scrivere sui giornali locali della mia zona....

E qui in Italia scriveresti per giornali locali ?

Certo, lo farei volentieri se ci fosse l?occasione.

Tu sei laureato in Economia e Commercio. Dopo la laurea hai cercato un lavoro che fosse più adeguato alla tua formazione?

Sì, ho cercato molto ma non ho trovato nulla. Ho presentato domande a Enti internazionali come la FAO, le Nazioni Unite, la World Bank e anche a società multinazionali e a imprese italiane grandi, come ad esempio banche. Mi rispondevano sempre: ?ti faremo sapere?. Ho più di duecento risposte tutte così. Mi sono rivolto a ditte multinazionali perché le ditte italiane non rispondono affatto, non hanno bisogno di persone come me; sono scoraggiato. Lo scorso anno mi hanno chiamato per un colloquio in Francia, dove organizzavano la selezione per conto di una società petrolifera internazionale, cercavano persone da mandare in Nigeria, in Iran e in Venezuela; io avevo chiesto di essere mandato soltanto in Nigeria perché andare in Venezuela o in Iran, in un altro continente ancora, dove iniziare ancora una volta tutto da nuovo, non mi andava. Però quando hanno scelto hanno dato la preferenza a persone che avevano studiato in Francia, anche se io ero in regola e parlo perfettamente l?inglese. Se mi assumevano mi sarei trasferito con tutta la famiglia. Fosse stato un altro paese africano vicino alla Nigeria sarei andato ugualmente, ma non in un altro continente.
Ora sto continuando a fare domande a società multinazionali e spero di riuscire un giorno ad andarmene da qui.

Quindi, per concludere, il tuo progetto è di lasciare l?Italia, nonostante questa tua permanenza da venti anni?

Sì, io sono sempre uno straniero qui, nonostante i tanti anni. Nessuno italiano mi considera come parte della città.

E' un problema di differenza di cultura o anche come razzismo?

Tutte e due le cose. E? la mentalità che gli italiani hanno rispetto alle persona di colore. Ad esempio, una settimana fa sono andato in ospedale per chiedere un?informazione, ho bussato e la persona che si è affacciata ha mostrato un?aria di spavento quando si è trovata davanti una persona con la pelle nera: accade spesso così. Prima della differenza culturale c?è proprio un problema di accettazione, che rende difficile tutto. Mancano le condizioni per provare a superare le differenze culturali.

Ma il ritorno in Nigeria sarà difficile?

Sì, sarà doloroso e difficile anche perché senza soldi è tutto più complicato. Con lo stipendio di operaio, meno di un milione e mezzo al mese non è possibile mettere da parte nulla per preparare il ritorno in Nigeria. Sto pensando anche di tornare per dedicarmi alla vita politica, penso che se provo ho buone probabilità di essere eletto alle prossime elezioni politiche, anche se è un po? pericoloso fare attività politica nel mio paese. Ci sto pensando: è rischioso ma se resto qui sarò sempre trattato come un ?bambino?. Qui in Italia noi stranieri siamo trattati tutti allo stesso modo, sia chi arriva oggi ed è qui per il primo giorno, sia chi è qui da venti anni, come se in questi 20 anni non sia cambiato nulla. Non c?è nessuna evoluzione, nessuna storia, sei sempre trattato come il primo giorno che sei arrivato. Le leggi italiane non aiutano mai ad inserirsi, pensano solo alle emergenze dell?ultimo arrivato, come ora accade per gli albanesi o i curdi, e invece non si prevede nulla per inserire chi lavora e vive qui già da venti anni e ancora non è un cittadino italiano. Si resta sempre ospiti. Ad ogni scadenza devo continuare a rinnovare il mio permesso di soggiorno così come nel primo giorno in cui sono arrivato, con il rischio che per qualche motivo, ad esempio un cambiamento nel lavoro, non mi venga più rinnovato. Quindi, prima ancora delle differenze culturali occorre creare le condizioni per essere accettati.


Intervistatrice: Come è stata presa la decisione di trasferirsi dalla Tunisia alla Sicilia? Avevate qualche familiare, qualche amico?
Madre: Mio marito era pescatore; è andato insieme agli amici; non abbiamo nessun parente. Adesso però qui a xxx è venuto anche mio fratello minore, che abita proprio qui vicino. Gli altri fratelli sono sposati e hanno figli, lui invece ancora non è sposato. Mio marito ha preso la decisione per colpa del lavoro. Prima sono partiti alcuni amici, si sono trovati bene e gli hanno detto: ?vai a Mazzara del Vallo, c'è molta pesca e guadagnano di più?. Lui è andato e oramai in tutto ha fatto 27 anni di pesca; quando è partito ha detto: "Faccio la prova, vado da solo e se va tutto bene vengo a prenderti", e cosi è stato. All?inizio io vivevo 2 o 3 mesi con mio marito e 2-3 mesi con i figli in Tunisia. Poi mia madre è rimasta paralizzata e non poteva più guardare i bambini, così mio marito ha deciso che dovevamo farli venire tutti in Italia.

Intervistatrice: Torna mai al suo paese?
Madre: Tutte le estati trascorriamo un mese in famiglia, con i genitori, gli amici; solo quest'anno non ci siamo riusciti ad andare

Intervistatrice: Perché vi siete trasferiti dalla Sicilia a xxx?
Madre: Mio marito si era ammalato, non poteva più andare in mare e a Mazzara non c'era un lavoro diverso dal pescatore. Prima è venuto qua con alcuni amici e senza la famiglia; all'inizio ha dormito in auto, poi quando ha trovato la casa e si è sistemato è venuto a prenderci. All'inizio ha fatto il pescatore anche qui, in Ancona, per un anno, poi ha trovato un altro lavoro; anche il dottore aveva detto che proprio non poteva piu andare in mare.

Intervistatrice: Chi le ha insegnato a parlare italiano cosi bene?
Madre: Mi ha aiutato molto mio marito, inoltre seguivo sempre la televisione.
Il figlio minore: "Ti ho insegnato pure io, vero" E un pò anche io mio fratello grande, che ha insegnato l'italiano anche a me.

Intervistatrice, rivolta al figlio più piccolo: ?Ma tu sei andato all'asilo e alla scuola elementare, non hai problemi.?
Sì, e dopo farò le medie e anche le superiori.
Madre: I miei figli all'inizio hanno avuto un pò di difficoltà con la lingua, sopratutto i due più grandi. Poi è venuta a casa a giorni alterni una maestra del Comune. L'anno che sono arrivati non hanno frequentato la scuola, hanno imparato solo la lingua altrimenti non potevano seguire le lezioni. Il più grande è stato inserito in una classe "tre anni indietro", insieme a ragazzi più piccoli di lui, pereché qui si studia il latino e in Tunisia no. Ora ha concluso il Liceo e frequenta il primo anno di Biologia all'Università di Ancona.

Intervistatrice: ?Le è costata molta fatica imparare l'italiano?
Madre: Certo, molta; l'arabo è molto diverso, ma io ho studiato francese al mio paese e questo mi ha aiutato ad imparare l'italiano. Però adesso sto dimenticando il francese. Ora vorrei non far dimenticare l'arabo al mio figlio più piccolo, cosi almeno quando andiamo a trovare le nonne e le cugine in Tunisia può parlare con loro. La settimana scorsa però la maestra a scuola mi ha chiesto di non parlare in arabo con mio figlio.?

Intervistatrice, rivolta al figlio maggiore: ?Che indirizzo scolastico hai scelto?
Ho scelto il corso meccanici.

Hai degli hobby, frequenti dei gruppi? Come trascorri il tempo libero?
Quando ho tempo vado al circolo giovanileorganizzato dal Comune; si trova in Centro e ci sono un video giochi, giochi da tavolo; ogni martedi noleggiamo guardiamo un film in videocassetta.

Parli perfettamente l'italiano; e l'arabo?
Figlio maggiore: Parlo bene anche l'arabo e lo so anche leggere e scrivere, perche io ho studiato fino alla terza elementare in Tunisia.

Quando hai occasione di leggere in arabo?
Quando ricevo lettere mio cugino. Ho un amico che lavora da un giornalaio e qualche volta mi da dei giornali arabi. A volte ci sono istruzioni in arabo nei prodotti alimentari. Anche da piccolo, quando ero appena arrivato e avevo 7 anni, leggevo le scritte in arabo sulle confezioni di uovi Kinder, così continuavo ad esercitarmi.

Ti ricordi se è stato difficile imparare l'italiano all'eta di sette anni??
Non ricordo bene.

Hai amici in Tunisia?
Sì, gli amici con i quali sono andato a scuola

Intervistatrice, rivolta al figlio più piccolo: ?E i tuoi amici di XXX chi sono?
(XXX elenca i nomi e cognomi dei suoi compagni di classe, percorrendo mentalmente i posti nei banchi)
Intervistatrice: Vai qualche volta a casa di questi bambini a giocare? Ti invitano a volte?
No, mai, non mi invitano mai.

Intervistatrice, rivolta alla madre: ?E? stato difficile ottenere il ricongiungimento familiare?
?Abbiamo aspettato quasi un anno. Avevo tutti i documenti della Sicilia; allora andavo sempre avanti e indietro dalla Tunisia, un po' stavo con i figli grandi che non potevano entrare in Italia, e un po' con mio marito. Poi è nato il figlio più piccolo nel 1991 e dopo alcuni mesi sono andata con lui in Tunisia; quando aveva quasi nove mesi sono venuta qui a xxx con tutti i documenti e tutti i figli.

Anche le preghiere gliele insegna te voi?
Sì, tutte.

E' un compito in più per una mamma, magari in Tunisia oltre a lei ci sono anche le insegnanti che insegnano religione; invece cosi è una responsabilità...
Madre: .... della madre e del padre. Ci sono due posti, uno a Moie e uno in Ancona (a circa 20 Km), dove facciamo la "messa" il venerdì, perché la nostra "messa" é di venerdi. Mio marito va sempre e porta i ragazzi con lui per ascoltare la lettura del corano.
 


Marito: Oramai sono otto anni. Siamo arrivati in Italia, a Brindisi, nel mese di marzo del 1991, con le navi che hanno portato i primi profughi albanesi. Eravamo clandestini, arrivati insieme a tanti altri e non avevamo nessun permesso. Siamo stati a Brindisi due settimane, trattenuti in una palestra. Ci davano da mangiare i volontari. In quelle prime settimane abbiamo sofferto molto. Poi siamo stati trasferiti a Taranto, in un campeggio, ci hanno alloggiato nelle tende.

Moglie: Siamo stati a Taranto per quattro mesi; in quel periodo abbiamo fatto tutti i documenti che servivano per mettersi in regola. Dopo siamo arrivati qui nelle Marche. Molti Comuni erano disponibili ad accogliere alcune famiglie di albanesi e così siamo venuti in questo paese. Quando siamo arrivati ci hanno alloggiato per alcuni mesi in una scuola elementare, durante l?estate, poi a ottobre ci hanno trasferito in un?altra scuola, dove siamo restati per due anni.

Marito: Dopo ho trovato un lavoro e siamo riusciti a trasferirci in questa casa, dove paghiamo l?affitto e dove abitiamo da cinque anni.

Intervistatore: E' stato difficile trovare un lavoro?

Sì, ma ci hanno anche aiutato, il Comune e la gente di qui.

Noi ci siamo spostati qui, in questo paese, il 14 novembre del 1992. Noi non ci conoscevamo in Albania. Ci siamo conosciuti durante il viaggio per venire in Italia. Quando ci siamo sposati la nostra figlia più grande era già nata da alcuni mesi. L?abbiamo chiamata xxx, come il paese nel quale finalmente eravamo arrivati.

Come ci si trova in un paese straniero, senza parenti o amici, con una famiglia e dei figli piccoli?
E' stato molto duro e lo è ancora. Un po' per la lingua, un po' per tutte le difficoltà, per le abitudini diverse. Qui era tutto un altro modo di vivere.

Ad esempio, in cosa era diverso??
In tutto, anche lo stesso modo di parlare, oppure di cucinare, o il modo di vivere, gli stessi orari che si usano, gli appuntamenti, e poi le diverse abitudini con i bambini, il pediatra, le diete, le cose da mangiare, .... tutto insomma. Inoltre allora, quando xxx era piccola, non avevamo l?automobile, mio marito lavorava fuori tutto il giorno e io ero bloccata in casa da sola, non potevo andare da nessuna parte. Per fortuna la gente di qui è brava e ci ha aiutato molto.

Sì, noi ci siamo comportati bene e ci siamo anche trovati bene con la gente.

Conoscevate la lingua italiana quando siete arrivati?

Io un poco, ma molto poco. Poi la lingua si apprende in fretta, per necessità. Ad esempio, il nostro modo di dire sì si esprime scuotendo la testa da destra a sinistra, ma voi in questo modo invece dite no. Al contrario noi diciamo no scuotendo la testa dall'alto in basso, mentre voi fate così quando dite sì. Così quando eravamo a Brindisi, c'era stato anche uno sciopero della fame, e i volontari erano venuti poi a chiederci se avevamo fame: noi abbiamo risposto sì, nel nostro modo, e loro hanno capito no, così quella volta siamo restati senza mangiare. Le cose fondamentali devi impararle subito, poi con il tempo .... la lingua è una necessità e con il tempo si impara.

Quali sono gli aspetti difficili?
E' l'aspetto economico; lo stipendio se ne va tutto per vivere e non rimane nulla per altre cose.
L'importante però ora sono i nostri figli, che stanno bene, vanno a scuola, hanno amici, si sono inseriti. Poi, quando saranno più grandi, chissà... magari la situazione in Albania diventerà più tranquilla, si potrà tornare e magari loro invece si troveranno meglio qui, perché è qui che sono cresciuti. Abbiamo sempre questo dubbio.

Se tornate in Albania, loro avranno anche il problema di imparare la lingua?
Questo non è un problema, perché la lingua si impara subito. Il problema è che ora hanno tutti i loro amici qui e invece se torniamo in Albania si trovano senza amici e devono inserirsi di nuovo. Noi viviamo per loro e non ci importa..... però vediamo.... per ora non decidiamo niente perché non si può decidere niente, perché là non si sta bene ora, non c'è un governo che governa e decide le cose.

Non si può decidere nulla. Siamo come sospesi in aria. L'Albania è messa male ora.

Riuscite a seguire bene cosa accade in Albania??

Certo, ci raccontano i parenti, poi ci sono i giornali e la televisione. Anche Adriatico poi va spesso e vede con i suoi occhi. Ci dispiace molto quello che accade, c'è gente che muore di fame, come accade anche in altre parti del mondo. C'è molta gente che non ha niente, è povera, e c'è anche gente che invece sta bene. C'è questa differenza..... E' a questo che pensiamo sempre. Stiamo qui da otto anni e pensiamo sempre a questo nostro paese. Anche qui in tutto questo tempo siamo restati come sospesi, non abbiamo fatto amici......

Dicevate che la gente di questo paese vi ha aiutato e accolto bene?
Sì, è vero, la gente qui è molto brava e ci ha aiutato, però è il modo di vivere che è diverso. C'è solidarietà ma meno amicizia, alla sera ognuno si chiude a casa sua. Da noi eravamo abituati diversamente, c'era più amicizia, si stava di più insieme, eravamo più aperti. E' diverso il modo di vivere.

Voi siete religiosi?
Poco. I nostri genitori lo erano di più. Durante il governo comunista in Albania la religione non veniva permessa e non era nemmeno conosciuta, ne abbiamo sentito parlare dai nostri genitori. Poi le cose sono cambiate dopo il 1991.

Lei quest'anno ha fatto per la prima volta il ramadan.

Per la prima volta?
Sì. Prima non sapevamo nulla della religione, neanche cosa fosse una moschea, perché il governo lo proibiva e ti chiudeva in prigione. Ora è cambiato.

Come mai hai deciso di fare il ramadan?
Io ho fatto come fanno gli altri stranieri musulmani che vivono qui, i tunisini, i marocchini e gli altri. Io credo in Dio.
 

Tu frequenti anche una moschea o dei gruppi di preghiera?
No, ho fatto da sola, ho osservato gli orari del digiuno. Non ho neanche la possibilità di andare in moschea. L'ho fatto perché credo in Dio e volevo soltanto dimostrare questo. Niente altro.

A scuola come vi siete regolate con l?insegnamento della religione per vostra figlia?
Abbiamo scelto di farle fare la religione, anche se io sono musulmana, perché comunque credo che Dio è sempre lo stesso per tutti e non ci sono differenze. Io non ho avuto la possibilità di imparare nulla della religione alla sua età e così invece almeno le i impara qualcosa, poi da grande farà le sue scelte.
 

Come si trova xxx a scuola?
Si trova molto bene. Prima delle elementari ha frequentato anche la scuola materna per due anni, si è bene inserita, non ha problemi di lingua, ha fatto amicizie e va bene. Oggi ha avuto due buoni voti, due "ottimo" ed è anche molto contenta.

Ci sono altri bambini stranieri in classe con Lei?
No, ce ne sono alcuni in altre classi, ma qui non vivono molti stranieri.

Parlate con la bambina del vostro paese
Sì, molto. Gli abbiamo detto che tra poco andremo in Albania ed è molto contenta, vuole sapere quando parte la nave, domanda, vuole conoscere le parole albanesi. Siamo stati l?anno scorso e lei è rimasta male perché non riusciva a parlare, anche se capiva quello che ascoltava. Così vuole che io gli insegno a parlare in albanese. Ma così è difficile, perché sente parlare sempre in italiano e anche noi a casa siamo abituati a parlare di più in italiano che in albanese tra no

Quando eravamo là è stata con alcuni bambini della sua età e ha fatto delle amicizie, e ora vuole rivedere le sue amiche

Ha occasione di leggere qualche libro per ragazzi scritto in albanese, per ricordarsi meglio la lingua

No, questo no, però sono io che cerco di parlare un po' in albanese con lei, ma non è facile, perché poi quando viene una persona si parla in italiano...

C'è un altra famiglia di albanesi qui, ma quando i bambini si incontrano tra loro parlano in italiano, anche se quel bambino aveva già altri parenti albanesi qui e a casa loro parlano di più in albanese.
 

Vi piace leggere, leggete testi del vostro paese?
?Sì, a me piace leggere, ma leggo romanzi italiani. Come posso leggere romanzi della mia lingua, dove li trovo, come faccio: debbo comprarne 20 o 30 quando vado in Albania e portarmeli dietro, non è possibile.

Quali sono le differenze tra la scuola in Italia e in Albania?

E' ancora poco che xxx va a scuola. Io ho partecipato ad alcune riunioni con gli insegnanti, mi hanno spiegato come funziona e come si trova xxx, ma ancora è presto per capire bene. Comunque la scuola qui è molto diversa dalla nostra scuola

E' più veloce nell'apprendimento. XXX in pochi mesi già sa leggere e scrivere e sa contare, invece da noi alla fine del primo anno ancora dovevamo imparare, si disegnavano le aste, si procedeva molto più lentamente. Mi piace di più come funziona qui. Anche gli insegnanti sono bravi. XXX all'inizio, nel primo anno di scuola materna, era molto timida, non parlava con nessuno, era molti chiusa. Anche quando usciva con me e la accompagnavo ai giardinetti a giocare, lei aveva paura di avvicinarsi agli altri bambini, si nascondeva. Mi preoccupava. Anche per questo io l'ho voluta mandare alla scuola materna. Poi alla scuola materna piano piano ha iniziato ad aprirsi, a fare amicizia. Ora è più aperta, gli insegnanti mi dicono che quando sta in un piccolo gruppo di 4 o 5 bambini che lavorano insieme, anche lei partecipa normalmente, parla, chiacchiera. Solo quando deve parlare davanti all?intera classe è ancora un po' timida ma questo già è può essere più normale. Sono molto contenta che è riuscita a fare amicizie, a socializzare con gli altri bambini.

Lei ancora è bambina e non avverte i problemi di uno straniero. Lei vive una situazione tranquilla.

No, lei non si sente straniera, si sente italiana e penso che è meglio così. Non ha mai avuto finora episodi spiacevoli, ad esempio di qualche bambino che gli possa dire: tu non sei uguale a noi, sei albanese?, no, questo per fortuna non le è mai accaduto. Siamo noi invece che ci sentiamo stranieri, diversi.


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