21 MARZO 2004

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GIORNALE PER LA CRITICA, LA LOTTA, L'ORGANIZZAZIONE DEGLI OPERAI CONTRO LO SFRUTTAMENTO

Anno V Numero 152

SOMMARIO

21 MARZO  2004

1ISCRIVITI ALL'ASLO 2.IRAK
3.CONTRO LA GUERRA DEI PADRONI 4.STANGATA DEI COMUNI
5. FASSINO 6.CANTA TANZI
7.OPERAI ALSTOM 8.FIAT
9.GLI AIUTI UMANITARI 10. INTERVISTA AD UN OPERAIO
11.MORTE A GENOVA 12.OPERAI BASCHI
13. VERTENZA ALITALIA 14.OPERAI E CRISI NEL LAZIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.ASLO

ASLO
  Associazione per la liberazione degli operai

Scopo dell’Associazione è la liberazione degli operai dalla sottomissione economica, politica e sociale in cui questa società li costringe.

Gli operai sono sottoposti ad una moderna forma di schiavitù. Sono costretti a vendere le loro braccia ad un padrone che per arricchirsi li consuma nelle fabbriche e nei più disparati luoghi di lavoro. Vivono una vita a malapena sopportabile finché gli affari del padrone vanno bene, cadono sotto la soglia di povertà appena una crisi si fa sentire, perdono il lavoro, vengono licenziati, utilizzati saltuariamente, supersfruttati, licenziati.

Nelle fasi di sviluppo economico la loro condizione sembra migliorare, si propaganda l’idea che ormai gli operai si trovino in una situazione di graduale ma inarrestabile miglioramento: ma basta una crisi e tutto torna in discussione, in forse. Ogni piccola conquista viene travolta, i diritti di cui tanto si parlava cadono uno ad uno sotto i colpi di nuove leggi e regolamenti. Gli operai si ritrovano a fare i conti con la dura realtà di essere schiavi moderni.

La distanza economica e sociale fra gli operai, i produttori diretti a salario, e i padroni che li impiegano diventa un abisso. Trovarsi al limite della povertà di fronte alla ricchezza che le classi superiori possono disporre ed esibire fa della società moderna, la società del più profondo contrasto fra le classi che la storia abbia prodotto.

Operai che vi siete resi conto della situazione sociale in cui vi trovate a vivere e non siete più disposti a sopportare oltre, aderite all’Associazione, decidete di dare, sulla base delle vostre possibilità, un contributo diretto alla causa dell’emancipazione vostra e degli operai che in ogni parte del mondo vivono la stessa condizione.

Attraverso l’Associazione  ogni operaio si addestra a lottare in quanto operaio, non più individuo fra individui ma come componente di una classe sociale che si va ricostituendo in tutto il mondo, la classe degli operai.

L’Associazione , nei luoghi di lavoro, nei sindacati, nel campo della politica, ovunque sostiene ed organizza la lotta indipendente degli operai contro i governi dei padroni, contro i padroni al governo.

Attraverso l’Associazione  ogni operaio non è più una marionetta nelle mani dei partiti dei ricchi che lo usano per andare al governo e per ringraziarlo poi con una legislazione antioperaia fatta a misura degli interessi dei padroni.

L’Associazione collega  gli operai di tutti i luoghi di lavoro per la difesa della condizioni salariali e normative. Una rete per rimettere l’attività sindacale nelle mani degli operai stessi, per scalzare dalle poltrone dirigenti e funzionari sindacali che della svendita degli interessi immediati degli operai ai padroni hanno ricavato privilegi e buone rendite.

Attraverso L’Associazione gli operai si preparano ad attuare un’azione politica indipendente che punta direttamente alla questione essenziale: chi deve avere il potere? I padroni o gli operai?

 

Compagni che non venite dalle fila operaie aderite all’Associazione, in questa scelta c’è la consapevolezza che se un rivolgimento radicale è necessario per rimettere su nuove basi la società, tale rivolgimento si attuerà solo con la liberazione degli operai dallo sfruttamento.

 

Operai militate nell’Associazione, nessuno ci libererà dalla nostra condizione di sfruttati se non noi stessi. Associatevi.

Il giornale dell’Associazione è:  OPERAI CONTRO

 

Per aderire scrivere a: adesioni@asloperaicontro.org

oppure, operai.contro@tin.it 

oppure, operaicontro@infinito.it

oppure scrivere: Via Falck 44, 20099 Sesto San Giovanni (Mi).

Fotocopiato in proprio Marzo 2004



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2.IRAK

UNO SCHEMA PER L’IRAK: LAVORARE PER LA SCONFITTA DEL PROPRIO GOVERNO.

 

Irak: “ Un giovane combattente afferma: Contro gli invasori tutto è legittimo. Vogliono rubare il petrolio ? Noi prendiamo le scatolette di carne, i giubbotti invernali e i biscotti per i loro soldati, non siamo terroristi, stiamo solo difendendo il nostro paese “.

 

Augurarsi la sconfitta del proprio governo è il minimo che ci si possa augurare quando il proprio occupa militarmente un altro paese, lo occupa con la forza militare, ne terrorizza la popolazione con rastrellamenti, arresti.

La sconfitta del proprio governo si realizza sul piano militare quando la resistenza infligge gravi perdite all’esercito occupante. Ogni colpo della resistenza è una tappa verso la liberazione dall’invasore e va salutata con soddisfazione. La perdita di militari, la distruzione di mezzi militari solleva problemi nelle retrovie: “per chi si va a morire ? “

“ Quanto costa opprimere un altro popolo ?”.

Fra gli strati più sfruttati della società i dubbi diventano sempre più forti nella stessa misura in cui la resistenza aumenta e il ‘proprio’ esercito, braccio armato del proprio governo subisce sul campo dei rovesci dei militari. La sconfitta del proprio governo diventa ancora più possibile quando l’opposizione alla guerra si manifesta con forza nel paese che aggredisce. Come un volano non più controllabile è di nuovo la resistenza ad assumere un nuovo slancio alle notizie delle manifestazioni, fino al momento che ‘o il governo ritira le sue truppe o cada il governo’ .

 

Questo schema spiega perché è necessario schierarsi incondizionatamente al fianco della resistenza irakena.

 

SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO IRAKENO IN LOTTA PER LA SUA AUTODETERMINAZIONE !

CONTRO LA GUERRA DEI PADRONI !

                            OPERAI CONTRO-ASLO ROMA

 

roma, marzo 2004                                                     

  e mail: operaicontroma@yahoo.it (zona di Roma)    

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3.CONTRO LA GUERRA DEI PADRONI

CONTRO LA GUERRA DEI PADRONI

 ROMA - Numerose le manifestazioni organizzate dai movimenti pacifisti che si sono svolte nel mondo per protestare contro la guerra in Iraq in occasione del primo anniversario dell'intervento militare nel paese.

STATI UNITI
Almeno 250 manifestazioni si svolgono negli Usa in almeno 150 localita' per chiedere la fine dell'occupazione in Iraq. Occhi puntati sui dintorni della base militare di Fort Bragg, in North Carolina, dove i pacifisti americani sfilano non lontano dai cortei patriottici favorevoli alla guerra in Iraq. Le manifestazioni maggiori sono quelle di New York e di San Francisco, dove dimostrazioni e incidenti si erano gia' verificati ieri, di fronte alla sede della Bechtel, una delle aziende impegnate nella ricostruzione dell'Iraq. A Washington si conclude una marcia di pacifisti avviata, una settimana fa, a Dover, nel Delaware -davanti all'obitorio dove giungono i resti dei caduti in Iraq- con un raccoglimento silenzioso nel centralissimo Mall, di fronte al Campidoglio.

SPAGNA
Migliaia di persone si sono radunate in serata a Madrid per protestare contro l'occupazione militare in Iraq a nove giorni dalle stragi terroristiche, cosi' come e' avvenuto in altre citta' spagnole, fra le quali Barcellona, con 150.000 manifestanti per le strade, Siviglia, Santander e Gerona. ''Oggi come oggi, Madrid e' la capitale morale dell'Europa, non certo quella politica o militare'', ha proclamato il Nobel portoghese Jose' Saramago in chiusura della manifestazione nella capitale, nel corso della quale sono stati ripetutamente scanditi slogan contro il premier uscente Aznar.

GRAN BRETAGNA
Clamorosa protesta di Greenpeace contro la guerra in Iraq a Londra: due militanti dell'organizzazione questa mattina hanno scalato il Big Ben, il campanile del palazzo di Westminster simbolo della citta', rimanendoci sette ore. L'impresa e' stata tanto piu' stupefacente se si considerano le eccezionali misure di sicurezza prese dalla polizia per proteggere la capitale ed i suoi simboli da eventuali attacchi terroristici. Decine di migliaia di persone, per la polizia 25.000, per gli organizzatori centomila, hanno manifestato contro la guerra a Hyde Park.

FRANCIA
Alcune migliaia di persone sono scese in piazza a Parigi per prendere parte al corteo dispiegatosi tra la piazza della Bastille e quella di Chatelet. In altre citta' come Lione, Grenoble, Marsiglia, la protesta ha invece coinvolto poche centinaia di pacifisti.

GERMANIA
Migliaia di tedeschi sono scesi in piazza. Tra i tanti slogan dei pacifisti anche quelli a favore del ritorno a casa dei contingenti militari tedeschi sparsi nelle varie regioni del mondo, in particolare in Afghanistan e Kosovo. Il raduno piu' consistente e' stato quello davanti alla base aerea americana di Ramstein (sudovest), la piu' grande base dell'aeronautica Usa in Europa che costituisce uno degli snodi nevralgici dei collegamenti aerei fra le forze americane in Europa e l'Iraq.

GRECIA
Oltre 10 mila persone hanno manifestato ad Atene marciando pacificamente senza alcun disordine, fino all'ambasciata americana ad Atene. Anche a Salonicco si e' svolta un'analoga manifestazione.

BELGIO
Circa 3.500 persone hanno manifestato a Bruxelles per chiedere il ritiro delle truppe alleate dall'Iraq. Numerosi manifestanti hanno lanciato slogan contro il ''sostegno del Belgio all'occupazione dell'Iraq''.

RUSSIA
Circa trecento persone hanno manifestato a Mosca contro la guerra in Iraq. I manifestanti, antiglobalisti e della sinistra comunista e socialista, hanno marciato fino alla centrale piazza Pushkin scandendo slogan.

POLONIA
Alcune centinaia di giovani in diverse citta' della Polonia, ma anche un senatore del partito socialdemocratico Sld al governo dal 2001, hanno protestato contro la partecipazione delle truppe nazionali al conflitto iracheno.

GIAPPONE, COREA E AUSTRALIA
A Sydney, dove l'anno scorso avevano sfilato 200 mila persone, oggi ve ne sono state 3 mila. A Tokyo i dimostranti hanno sfidato la pioggia per marciare. A Seul i manifestanti erano 1.500, per lo piu' studenti che volevano protestare contro l'impegno della Corea del Sud in Iraq.

EGITTO
Manifestazioni di protesta contro l'attuale ''occupazione'' del territorio iracheno, nonche' contro ''la debolezza dei dirigenti arabi'' si sono tenute in Egitto, in particolare al Cairo e a Minya.

CUBA Manifestazione anche nell'isola caraibica dove piu' di 10.000 persone si sono radunate nella citta' di Cueto.

20/03/2004 16:27


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4.LA STANGATA DEI COMUNI

La stangata dei comuni

Secondo un’indagine di Swg, per conto dell’Associazione dei Comuni Italiani (Anci), pubblicata su “La Repubblica” del 18 marzo, la Finanziaria del 2004 ha tagliato i trasferimenti previsti ai comuni di 410 milioni di euro. Scrive il giornale: “Meno asili, Ici e tariffe più care la risposta dei comuni ai tagli…Quest’anno - quando non andrà peggio - andrà così. I comuni hanno ricevuto dallo Stato meno soldi e se vorranno far quadrare i bilanci dovranno per forza tagliare. Cominciando appunto da quelle cose che migliorano la qualità della vita delle città e dei paesi, ma che sono ancora nell’ambito del ‘non essenziale’. Il fatto è che spesso non basta e allora si passa all’aumento delle tas­se, dall’Ici ai ri­fiuti. Non si aprono nuovi asili, ma si alzano le quote richieste per ave­re accesso a quelli che restano. Si fa pagare di più la mensa e lo scuolabus. Si diminuisce l’assistenza domici­liare fornita ad anziani e disabili. Peggiora, insomma, la vita di tutti. Peggiora soprattutto la vita di chi non ha soldi per pagarsi i servizi privati”. Il governo Berlusconi si vanta di aver diminuito le tasse agli italiani, dovremo quindi essere tutti più ricchi. Sicuramente le ha diminuite per i più ricchi, per gli operai e le classi più povere ci sarebbe da vedere nel merito, anche se le tariffe fiscali fossero calate, intanto sono piccolezze, tra l’altro questi “benefici” sarebbero stati vanificati dall’esoso aumento dei prezzi. Agli operai il salario vale sempre di meno, ora dovrà sopportare anche il peso delle stangate dei comuni. Aspettiamoci autobus e metrò più cari, così come asili e rifiuti, strade più dissestate, assistenze sociali sempre più rare. L’opposizione di centro sinistra è in prima fila nella critica al Cavaliere, ha vinto le elezioni anche promettendo meno tasse, le tasse nazionali sono “diminuite”, ma le tasse locali sono aumentate. Se fossero stati loro al governo cosa avrebbero fatto? Nei momenti di stagnazione se non di recessione, il gettito fiscale diminuisce per il calo della produzione, il deficit del bilancio dello stato si aggrava, si può agire in due modi, o aumentare le tasse o diminuire le spese dello stato. Non è che le ricette dei governi di sinistra europei siano molto differenti dai deprecati governi di destra. Nelle crisi comunque sono gli operai che ci rimettono. O c’è qualcuno che pensa veramente che Prodi Fassino o D’Alema, possano tassare di più i ricchi invece dei poveri, o diminuiscano le spese dello stato diminuendo i loro salari e quelli degli alti dirigenti, i trasferimenti di soldi ai padroni, diminuendo le spese militari, per la polizia, la giustizia, le spese dei ministeri. Sarebbe un altro modo per diminuire i debiti dello stato senza toccare le tasche degli operai. Ma questa è pura fantasia. Agli operai non resta che mandare a quel paese i loro cosiddetti attuali rappresentanti e organizzarsi tra di loro, per superare questa società che li sfrutta. Per l’abolizione dello sfruttamento del capitale.


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5.FASSINO

SI PUO' ESSERE BORGHESI DI SINISTRA IN DIVERSI MODI. IN SPAGNA IL PARTITO SOCIALISTA HA ACCUSATO IL GOVERNO AZNAR DI ESSERE IL VERO RESPONSABILE DEGLI ATTENTATI. IN ITALIA I DS NON HANNO VOTATO CONTRO LA MISSIONE IN IRAQ. HANNO INALBERATO IL PIU' VOLGARE NAZIONALISMO BORGHESE. FASSINO HA AVUTO QUELLO CHE SI MERITAVA.

Assedio a Fassino I Ds costretti
a lasciare il corteo


Chiti ironizza su Veltroni che è in testa alla marcia. D’Alema non partecipa, oggi sarà in Medioriente: pochi dirigenti vicino al segretario

 
ROMA - Aspetta per ore e ore, al Botteghino, che arrivi la telefonata giusta. Quella che gli dia il «via libera» per entrare in modo indolore nel corteo. Il cellulare del segretario ds squilla in continuazione. E’ il responsabile organizzativo del partito Migliavacca, che gli ripete sempre lo stesso ritornello: «Potresti passare da una stradina laterale». Ma c’è ancora troppa confusione. La Quercia ha qualche difficoltà a districarsi in quella manifestazione, il servizio d’ordine emiliano tarda a giungere, quello tosco-calabrese si scioglie all’improvviso, lo spezzone diessino si divide, poi si ricongiunge, e parte all’inseguimento della rassicurante Cgil. I dirigenti ds, per facilitare l’arrivo del segretario, trattano con i «vicini di corteo» allo scopo di arginare le contestazioni. Soprattutto con i disobbedienti che sono qualche metro davanti alla Quercia, divisi solo dal sindacato di Guglielmo Epifani. Nunzio D’Erme assicura: Piero Fassino non avrà problemi. Il responsabile organizzativo della Quercia Migliavacca richiama: è l’ora. Sono le quattro del pomeriggio e il leader esce finalmente dalla sede del partito. E’ ancora più pallido del solito e porta con malinconica «nonchalance» due occhiaie profonde e un sorriso tirato. E’ a piazza del Viminale, adesso. Con Luciano Violante, Vannino Chiti e qualche altro. Lo raggiungono il coordinatore del Correntone Fabio Mussi e Giovanna Melandri. Walter Veltroni non c’è. E’ in testa al corteo con i sindaci. «Ah, è guarito», ironizza il coordinatore della segreteria della Quercia Chiti facendo riferimento alla malattia che ha impedito al primo cittadino della Capitale di partecipare alla manifestazione bipartisan di giovedì. Non si vede nemmeno Massimo D’Alema. Eppure è a Roma e partirà solo oggi per la «missione diplomatica» affidatagli dall’Internazionale socialista, quella missione che, stando a quanto aveva annunciato giorni fa, gli impediva di partecipare alla manifestazione. Sergio Cofferati è sparso tra la folla. Antonio Bassolino è dietro i gonfaloni degli enti locali. Fassino aveva chiesto che tutti gli stessero vicino in questo frangente, Correntone incluso, ma non c’è una grande folla di dirigenti attorno a lui.
A piazza del Viminale un cordone di polizia impedisce di avvicinarsi al segretario diessino. Che, attorniato da scorta, giornalisti e telecamere si avvicina a grandi passi ai suoi compagni di partito. Volano i primi fischi. Non c’è niente di organizzato, per ora. Sono ragazzi che lo vedono passare e lo contestano. Il segretario arriva a via Amendola, dove la Quercia è rimasta imbottigliata. Altri fischi e urla: «Vergogna!», «Vattene dall’Italia!», «Assassino!». Passano quaranta minuti - quaranta minuti di invettive - e Fassino non riesce ancora a entrare in via Cavour dove sfila il corteo. I disobbedienti sbarrano il passo ai Ds. Intanto Epifani se ne è andato e con lui mezza Cgil. E’ come se la coperta di Linus diessina si fosse ristretta. Fassino ha un tentennamento, fa per tornare indietro, ma alla fine riesce a imboccare via Cavour. Ancora fischi e insulti. «Andate avanti, c...!», dice Fassino ai suoi perdendo la pazienza. Ora gli urlano contro «Kosovo, Kosovo», lui si spazientisce, alza il dito medio della mano destra. E’ stato un movimento non voluto, un gesto di stizza o che? E’ nervoso, Fassino, allontana con modi spicci una giornalista che gli sta vicino. Intanto le contestazioni proseguono. C’è un tafferuglio tra un gruppetto sparuto di disobbedienti e il servizio d’ordine ds. «Chi vuole dividere è una minoranza», dice Fassino. E aggiunge, rivolto ai suoi critici nell’Ulivo: «Fare paragoni con la manifestazione di giovedì è stupido e strumentale».
Ma dopo soli cento metri e venti minuti il segretario deve arrendersi. Non è aria di andare avanti. Eppure aveva detto, non più tardi di un quarto d’ora fa, «questo è il mio posto». Fassino ha giusto il tempo di fare il giro di due isolati, alla coda del corteo, giacché quella è stata destinata ai Ds, quando il servizio d’ordine viene a sapere che una cinquantina di disobbedienti attende al varco il segretario più in là. Dietrofront, mentre le urla e le invettive si moltiplicano. A grandi falcate Fassino si dilegua in una strada laterale, seguito e inseguito da scorta, dirigenti e giornalisti. Gli altri diessini vanno avanti, inconsapevoli di quello che sta per attenderli: l’aggressione dei disobbedienti. Giusto il tempo di un’ennesima intervista volante e Fassino torna a chiudersi nel suo ufficio, al partito. E’ arrabbiato e tesissimo. Ce l’ha con Marco Rizzo, il comunista italiano che da giorni lo indica come il «bersaglio» da colpire nella manifestazione. «E’ un mascalzone: è stato anche eletto con i nostri voti quel personaggio, con i nostri, mica con i suoi. La verità è che una parte dei nostri alleati è già in campagna elettorale e spera di prendersi una parte dei nostri consensi attaccandoci da sinistra: ma non andrà così», commenta amaro. E telefona a Fausto Bertinotti per ringraziarlo di aver adottato con lui tutt’altro stile. Non pago, fa filtrare anche la notizia di quel colloquio: che i cossuttiani sappiano che i Ds preferiscono Rifondazione comunista a loro.
Ma l’inquietudine di Fassino è dovuta anche a quegli esponenti della Quercia che non lo hanno seguito e che hanno tardato a solidarizzare con lui. Del resto, Sandro Bondi e Renato Schifani, con i loro comunicati, hanno battuto sul tempo Veltroni e D’Alema. E il segretario è inviperito anche con chi lo ha fatto arrivare alla manifestazione in quel modo: «E’ stato organizzato tutto malissimo», sbotta, alla fine di una giornata non propriamente felice. Unica consolazione, i tg che non hanno calcato la mano con lui. Le immagini dei telegiornali scorrono sul video della tv, nello studio del segretario. Il leader della Quercia le segue con spasmodica attenzione. In fondo in fondo il Tg1 , dalla Quercia intera tanto vituperato e contestato, è stato più clemente, con Fassino, di quanto lo sia stato il cossuttiano Rizzo.
Maria Teresa Meli

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6. CANTA TANZI

CANTA TANZI

 

Tanzi canta, nessuno sente.

Fà i nomi dei politici a cui dava mazzette. Quelli al governo oggi e quelli che vi erano ieri ed ora sono all’opposizione o rivestono altre cariche: Prodi, Berlusconi, Fini, D’Alema, Casini, Alemanno, Buttiglione, Castagnetti e un’altra trentina di nomi, perfino il grande riformista Mario Segni promotore del referendum sul maggioritario.

Hanno tutti preteso il pizzo da Tanzi, mantenendo l’ “etica” della cosiddetta prima repubblica, e ora Tanzi fà il nome di tutti. Tutti con l’osso spolpato in bocca, non possono abbaiare. Proprio per questo non c’è più, com’era successo con tangentopoli la sfera politica seppur eterogenea, interessata a cavalcare con campagne moralizzatrici, l’azione giudiziaria per trarne convenienze politiche, elettorali, masmediatiche, referendarie. A 12 anni da tangentopoli il pizzo alla nuova classe dirigente, lubrifica l’elusione dei controlli della finanza e favori speciali dalle banche, tramite la pressione dei politici su di esse, e anche con la nomina a presidente di banca di amici compiacenti a pilotare manovre finanziarie particolari. E’ ciò che emerge dagli interrogatori. Il pizzo lubrifica lo stesso governo Berlusconi che con 2 decreti interministeriali nel 2002, ribalta una sentenza del tribunale, che dava ragione alla concorrente Granarolo e torto a Parmalat, in merito alle reali proprietà del Latte Blu, un nuovo prodotto poi lanciato da Parmalat grazie al doppio “aggiustamento” del governo. Dai verbali risulta che Tanzi, in un incontro segreto chiede a Berlusconi di intervenire sulle banche e sulla Consob, che stavano stringendo i cordoni strangolando Parmalat. O più semplicemente quando le leve finanziarie per rastrellare liquidità sui mercati erano diventate troppo lunghe, anziché flettere si sono rotte. Coi bilanci falsi Tanzi non poteva denunciare apertamente che chiudendogli i rubinetti, le banche trasformavano il suo debito nella corda dell’impiccato, pronte a papparsi Parmalat. Anche le banche hanno “sconfinato” dai loro poteri formali, ma per Tanzi denunciare ciò, sarebbe equivalso a svelare l’esistenza del crac. Con i politici del governo e dell’opposizione, anche la stampa tace su Tanzi, (eccetto il giornale “Libero” che ha pubblicato i verbali), per il resto parlano solo delle sue condizioni di salute e del corso giudiziario. Libera stampa in libero conformismo.

 

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7.OPERAI ALSTOM

Le fabbriche della multinazionale francese Alstom
bloccate dagli operai in sciopero.



Il sito produttivo di La Courneuve è stato bloccato
venerdi 19 marzo dagli operai in sciopero dal 18 marzo
. Gli operai si stanno opponendo ai 350 licenziamenti
previsti dalla direzione della multinazionale.
Lo sciopero è stato deciso venerdi passato in una
assemblea generale. Il sito della Alstom dove è
avvenuto lo sciopero, che consta di tre stabilimenti
con 800 operai è andato totalmente deserto per la
massiccia partecipazione allo sciopero.
Gli scioperanti hanno lanciato, dall'assemblea, un
appello agli altri sindacati del gruppo e alla
federazione metalmeccanici per una manifestazione
nazionale a Parigi, contro un governo che deve salvare
i posti di lavoro,  dopo che ha dato una iniezione di
denaro pari a 3,2 milirdi di euro al gruppo Alstom.
Gli operai stanno quindi protestando contro il
progetto di soppressione di 291 posti su 500 nello
stabilmento dove si fabbricano turbine e di 50 posti
su 210 alla Alstom service. La direzione ha risposto
con un piano di accompagnamento alla pensione per 120
persone che abbiano intorno ai 55 anni. Ma come dicono
gli operai , chi non ha questi requisiti , se passasse
la proposta della direzione, andrebbe a finire per
strada ovviamente.
Nonostante che Alstom abbia ricevuto, come dicevamo
sopra, aiuti di Stato consistenti e nonostante che
abbia  firmato in questi giorni un nuovo contratto da
244 milioni di euro con Trenitalia per una commessa di
26 treni ad alta velocità e altrettanti dalla ferrivie
svizzere, la multinazionale francese vuole licenziare
gli operai. Le commesse ci sono, ma evidentemente il
padrone francese vuole far fronte a questi nuovi
affari, con meno operai. Il che vuol dire più lavoro e
produttività per gli altri, e quindi più sfruttamento.
Il che equivale a più profitti per i soci della
Alstom.
Questo è il processo produttivo capitalista.
A quando una risposta adeguata degli operai in Francia
come nel resto del mondo ?
A quando la costituzione di una Associazione
internazionale indipendente a livello politico degli
operai ?

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8.FIAT

FIAT: CONTINUA IL RISANAMENTO SULLE SPALLE DEGLI OPERAI

 

Dal 12 al 25 aprile andranno in cassa integrazione
circa 2500 operai di Mirafiori delle linee di
produzione della Lybra, dell'alfa 166 e della Thesys.
Sempre dal 12 aprile il provvedimento interesserà per
10 settimane 840 addetti della Multipla perché  finisce
la produzione del vecchio modello e a fine giugno
dovrà essere allestita la linea per la nuova versione.

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9.GLI AIUTI UMANITARI DEI PADRONI

Onu, l’ombra dello scandalo: «Indagare sugli aiuti all’Iraq»

 
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON - Esplode lo scandalo del programma «Petrolio per cibo» dell’Onu, il programma di aiuti umanitari all’Iraq in cambio del grezzo iracheno in vigore dal 1997 al 2002. Lo scandalo potrebbe coinvolgere ditte, dirigenti pubblici e politici europei e italiani. Stando alla Corte dei conti Usa ( General accounting office , Gao), negli anni in questione, e sotto il controllo dell’Onu, l’Iraq riscosse 67 miliardi di dollari per il petrolio, una somma enorme. Ma «con complicità straniere o internazionali», afferma il Gao, Saddam Hussein stornò a sé 4 miliardi e mezzo di dollari dal programma; e in più ne intascò altri 5 e mezzo col contrabbando di greggio. Sono oltre 10 miliardi in tutto. L’enormità dell’accusa ha indotto il segretario generale dell’Onu Kofi Annan a chiedere al Consiglio di sicurezza di «stabilire subito una Commissione inquirente indipendente e ad alto livello» per indagare su eventuali responsabilità non solo del Palazzo di vetro di New York ma anche «di alcune compagnie e di alcuni governi». Annan ha ammonito che se il Consiglio di sicurezza rifiuterà di farlo, ordinerà un’inchiesta per conto proprio.
Alla radice dello scandalo c’è un giornale iracheno, Al Mada , che ha fatto i nomi di 46 Paesi, tra cui l’Italia, e 270 persone, tra cui il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il politico reggiano Gian Guido Folloni, il broker petrolifero Salvatore Nicotra e padre Benjamin. Tutti e quattro hanno negato ogni addebito. Da tempo, l’amministrazione Usa dà la caccia ai 10 miliardi che il rais avrebbe nascosto. Il segretario di Stato Colin Powell, in visita nel Kuwait, ha dichiarato che il Consiglio governativo iracheno e il governatore Usa a Bagdad Paul Bremer «sono in possesso della documentazione relativa, che è a disposizione di tutti». Powell si è scagliato contro la corruzione «che ha contribuito a sottrarre gli alimentari e i medicinali ai bambini iracheni». Ma Kofi Annan ha difeso i suoi funzionari, dicendo che «non è in gioco la reputazione dell’Onu». Secondo Al Mada, uno dei sospetti sarebbe Benon Sevan, il direttore del programma «Petrolio per cibo». Annan lo l’ha escluso: «Guardiamo anche alle ditte e ai governi che ebbero rapporti d’affari con l’Iraq».
Proprio questa prospettiva raggela però il Consiglio di sicurezza. Un anonimo diplomatico ha riferito al Washington Post che «difficilmente riusciremmo a metterci d’accordo su un’inchiesta che coinvolgerebbe un po’ tutti», prospettando un’indagine interna dell’Onu. Il diplomatico non ha fatto alcun cenno all’Italia. Paradossalmente le compagnie americane potrebbero essere tra le prime ad andarci di mezzo: per un certo periodo, gli Usa importarono più petrolio iracheno di qualsiasi altro Paese. Ma i media americani insistono sulle responsabilità dell’Onu, citando il ministero del Tesoro, che ieri ha sottoposto al Palazzo di vetro un elenco di 16 familiari di Saddam e di 191 compagnie su cui indagare. Il rais avrebbe nascosto 20-30 miliardi di dollari. Nella lettera al Consiglio di sicurezza, Annan ha messo in rilievo gli eventuali complici del despota. Ma non ha presentato cifre.
Le ripercussioni politiche dello scandalo rischiano di essere gravi. Qualora qualcuno dei funzionari fosse colpevole, l’Onu perderebbe credibilità in Iraq. E in America si acuirebbero le polemiche sulla guerra, contro cui ieri si sono svolte dimostrazioni di protesta. Richard Clarke, l’ex capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca, ha svelato che il giorno stesso delle stragi dell’11 settembre Bush, spinto dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld, voleva bombardare l’Iraq, sebbene tutti dicessero che non c’erano legami tra Bagdad e Al Qaeda.
Ennio Caretto

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10.INTERVISTA AD UN OPERAIO

INTERVISTA AD UN  OPERAIO EX GOOD YEAR, IN PRESIDIO NELLA PIAZZA PRINCIPALE DI CISTERNA DI LATINA SABATO13/03/04, PER DENUNCIARE LA SITUAZIONE DI STALLO IN CUI SI TROVANO CON LA MECCANO HOLDING SUBENTRATA ALLA GOODYEAR.

 

D) Come mai siete in piazza?

 

R)Il motivo è molto semplice alla luce degli ultimi avvenimenti, siamo convinti che il 19     di marzo c’è qualcosa che non va(scadenza della cassa integrazione ndr).

Cisterna Sviluppo, Sviluppo Italia, la Meccano Areunatica, tutto     quanto è stato strumentale per poter finalizzare la Meccano Holding che gestirà la Meccano immobiliare.

Non per niente la diatriba che c’è tra Veneruso e Bombacci   mi sembra soltanto uno svuotare le scatole, perché mi sembra strano che Veneruso dica all’ultimo momento che Bombacci aveva i soldi giocava in borsa, gioielli , case, sembra strano che un presidente non gli dava garanzie per portare avanti il progetto.

 

D)Stai dicendo che al momento c’è uno scontro interno, che voi pensate artificiale tra  Veneruso e Bombacci, che sarebbero l’amministratore delegato e il presidente della Meccano Holding?

 

R) Si esattamente. Per tergiversare  sull’impiego di 212 dipendenti (ex Goodyear) in via Nettuno 288 entro il 19 marzo 2004 .

 

D) Nonostante la fine della cassa integrazione il 19 marzo non si vede alcuna prospettiva per questi operai?

 

R) No! anche perché di tutte le promesse fatte, che erano la bonifica, la costruzione di un capannone, non c’è assolutamente niente, l’unica cosa reale che c’è è che hanno “ripulito “, i tubi,

tutto ciò che era della Good Year e non hanno fatto niente di quanto concordato per riprendere il lavoro, cioè la bonifica del sito e  la rimozione del tetto in eternit-amianto (40.000 mq ndr).

 

D) Che cosa avete intenzione di fare ora?

R) essenzialmente dichiarare fallito il piano perché dopo tre anni e mezzo non è stato fatto niente,

 c’è solo un piccolo capannone di 500 metri quadri dove sono impiegati 26 dipendenti, un’altra parte degli operai è presso l’azienda Avion Rail  di conseguenza il loro piano è fallito.

A questo punto si ricomincia da capo. Dovremmo cercare di rendere legale ciò che non è stato legalizzato, principalmente un appalto pubblico per identificare l’azienda che realmente può fare qualche cosa, un nuovo compratore ,o più precisamente un nuovo ente a cui noi dipendenti ex Good Year porteremo ciò che dopo duecento giorni di presidio fuori dai cancelli con la lotta  abbiamo strappato alla G. Year una regalia. Una dote:  fabbrica, terra,e otto miliardi e mezzo, da dare ad imprenditori seri, vagliati non a licitazione personale ma bensì pubblica.

 

D)Avete intenzione di chiedere conto anche alle istituzioni, che hanno fatto da garanti nei confronti di Veneruso e Bombacci?

 

R) Si certo a tutte le istituzioni e a coloro che ad esempio riguardo all’esposto fatto al TAR da 62 dipendenti lo hanno archiviato, stanno avvenendo cose che noi avevamo predetto, chiediamo conto al sindaco di Cisterna che ha dato in anticipo il sito e la fabbrica dicendo che lui doveva mantenere questa situazione di pubblico e non regalare, chiederemo conto anche a lui degli errori commessi 

Noi non vogliamo solo delle scuse ma degli impegni concreti seri  per poter fere una reindustrializazione non arrivare a fare una speculazione murando le scatole cinesi e arrivare a fare la Mecccanno immobiliare.

 

D) In Tutto questo marasma il ruolo del sindacato quale è stato?

 

R)Essenzialmente di silenzio più assoluto non si sono mai espressi o impegnati, sostenendo che l’impegno per poter garantire l’occupazione c’è, ma quale occupazione se la fabbrica non c’è sembra che rincorrano le situazioni, andando a chiedere la cassa integrazione, gli ammortizzatori sociali e non chiedere invece ad un imprenditore di dimostrare dopo tre anni e mezzo se realmente ha in mano un piano produttivo di reindustrializzazione, imponendogli anche delle penali, perché non può essere che le penali siano solo  e sempre per gli operai..

 

D) Se non sbaglio in più occasioni hanno avvallato l’azione di Bombacci e Veneruso e quella del sindaco.

 

R) Il  25 gennaio del 2001, è stato presentato un accordo introduttivo in cui si diceva ,che dopo un breve periodo di appoggio presso l’Avion e la Rail si sarebbe creata una autonomia imprenditoriale, e un’autonomia lavorativa, adirittura si parlava di effettuare la revisione delle scalette dell’Alitalia

Nell’accordo del 22 febbraio, che ci tengo a precisare è stato sotto scritto senza l’avvallo delle maestranze e rigettato da 112 persone che hanno scritto ai vari sindacati , non si parlava più delle scalette e si diceva che il piano produttivo si limitava a fornire particolari all’ Avion Rail, di conseguenza non c’era più quella autonomia . Al momento risulta da notizie date dal giornale e da una nota diffusa dal presidente della Meccano Holding Veneruso, alle maestranze, che a lui spettava solo il compito di riqualificare il personale, quindi quello che lui ha dato, il lavoro, l’ impegno produttivo,è solo un di più, questo sta a dimostrare che la Meccano era nata essenzialmente su una favola.

 

D) Sull’accordo di cui hai parlato non è stato fato alcun referendum?

 

R) No, quando ne abbiamo chiesto conto al sindacato, questi ci hanno risposto che quelli che erano contrari dovevano andare da loro, che avrebbero chiesto le scuse scritte in cui si diceva che erano sbagliati i metodi ma era giusto il principio. Il sindacato si sta solo adoperando ad allungare l’agonia degli operai, invece di stare con noi qui oggi in piazza a denunciare la Meccano” Hai fallito vattene a casa”.

     A cura della sezione Lazio

                                                                                                                                       Marzo 2004

 

 

 

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11.MORTE A GENOVA

        Muore a Genova un giovane operaio degli appalti.

Immediata fermata di protesta e solidarietà di tutti i
lavoratori Fincantieri

 

E' morto stamane un giovane operaio degli appalti
dello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, a
Genova. Joao Faraone, un lavoratore italo-brasiliano
di 30 anni, era rimasto vittima, la settimana scorsa,
di un incidente sul lavoro a bordo della Costa Magica,
una nave in costruzione nel cantiere di Sestri. Il
giovane operaio, dipendente della Comes, una
associazione temporanea di impresa che opera negli
impianti elettrici di bordo, era stato colpito alla
testa da un pannello divisorio delle cabine. 

L'incidente mortale di Sestri è l'ultimo anello di una
catena di gravissimi infortuni che colpiscono, in
particolare, i lavoratori degli appalti per i quali,
evidentemente, non sono sufficientemente rispettate le
norme e le condizioni che dovrebbero tutelare la
sicurezza e la salute dei lavoratori.

La Rsu dello stabilimento di Sestri ha già deciso di
lanciare una sottoscrizione di solidarietà. Il
Coordinamento nazionale Fim, Fiom, Uilm del gruppo
Fincantieri chiama tutti i lavoratori del gruppo a
effettuare un' ora di sciopero nella giornata di oggi.


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12.OPERAI BASCHI

Gasteiz (vitoria) - Paesi Baschi.


 Mobilitazioni degli operai delle fabbriche Caballito
e Kennametal. La lotta continua.



Gli organici operai delle fabbriche di Gasteiz,
Caballito e Kennametal hanno sviluppato una
mobilitazione nella capitale della regione di Alava.
Gli operi di Kennametal in sciopero da 14 giorni
rivendicano un nuovo sistema salariale che gli possa
garantire il potere d'acquisto.
Gli operai della fabbrica Caballito, cin 140 giorni di
sciopero hanno manifestato per rivendicare una
soluzione in questo lungo conflitto per la difesa dei
posti di lavoro e il reintegro dei licenziati.



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13.VERTENZA ALITALIA

notizie al 18 marzo 2004.


" Quanto alla revisione della normativa che regola il
personale se ne parlerà nel nuovo piano industriale. I
sindacati che hanno avuto diversi contatti telefonici
con Zanichelli (amministratore delegato, ndr)
avrebbero manifestato una certa apertura a cambiamenti
della normativa ( non c'era da sbagliarsi !ndr).
L'obiettivo dell'azienda è di aumentare la
produttività con una turnazione più serrata e altre
misure, mantenendo invariato il costo del personale.
Il che vuol dire che con il nuovo contratto potrebbero
non esserci aumenti retributivi ( cioè: lavorate di
più, e non chiedete un euro di più !! ndr).
La compagnia vuole stringere i tempi il più possibile
e definire le linee del risanamento per la fine del
mese..." Da Il Tempo del 18 marzo 2004).

Insomma la ricetta è sempre la stessa. A pagare la
crisi economica e produttiva sono sempre gli operai.
Che o vengono buttati fuori subito o se sperano di
conservare il posto lo devono fare...lavorando di pìù
e senza un soldo !!! In altri termini il 'risanamento
delle aziende' si fa solo aumentando lo sfruttamento
degli operai con il consenso dei sindacati, pronti a
gestire l'incazzatura dei lavoratori.
A buon intenditore pochissime parole.

Roma, 19 marzo 2004

                         Opeari contro-aslo roma

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14. PER IL DIBATTITO

DISOCCUPATE LE STRADE DAI SOGNI

Finalmente è arrivato il 20 marzo, e si moltiplicano i presenzialismi a questa giornata ormai così mediatica.
Non c'è alcuna formazione più o meno conosciuta, che non abbia mandato la sua propria adesione a questo grande evento.
E naturalmente tutti ammantano questo grande evento con tanti proclami antimperialisti, pacifisti, e chi più ne ha più ne metta.
Ma naturalmente poi la verità è un'altra. Tutti vogliono utilizzare questo grande evento per obiettivi molto meno internazionalisti e più casarecci, ovvero per imbellettarsi
con un fard a buon mercato e che però fa molto effetto.
Naturalmente quando diciamo fard a buon mercato, intendiamo dire che costa poco al compratore,
perchè invece costa moltissimo a chi questo fard produce giorno per giorno, e cioè gli iraqeni.
Perchè, non bisogna dimenticarlo, quel fard fa molto effetto, perchè la resistenza armata iraqena da un anno tiene in scacco la più possente armata del mondo, nonostante fosse stata abbandonata da tutti o quasi sin dall'arrivo a Bagdad del primo yankee in divisa.
Anzi magari qualcuno era pure contento della fine prematura della guerra: in finale "un dittatore" era stato defenestrato, no?
Ma poi si scopre che la guerra non finisce, che anzi si moltiplicano le forme di resistenza armata all'occupazione yankee, nonostante la cattura di Saddam, e allora si
riscopre la vocazione internazionalista.
Anche perchè molti si ricordano il "bagno di folla" del 15 Febbraio dell'anno scorso, subito prima dello scoppio formale della guerra, e allora si fanno i loro bravi conticini.
E così, fatti questi conticini, scoprono l'utilità dell'antimperialismo.
Perchè di quei numeri tutti hanno bisogno. Rifondaroli e sinistri aspiranti di governo scoprono di aver bisogno di quei numeri oceanici del Febbraio 2003, per rimpinguare le scarse percentuali elettorali, visto che fra meno di 3
mesi ci sono le europee, quelli che invece non hanno aspettative parlamentari scoprono l'Iraq per ridarsi
un ruolo di avanguardia, che ultimamente vedono un pò appannato.
Naturalmente adesso saremo attaccati da tutti, perchè poi non bisogna dimenticare che a quella manifestazione ci saranno tutti, ma proprio tutti, ma, piaccia o non piaccia
è l'amara verità, non solo perchè quest'Iraq è stato scoperto da tutti, compresi quelli che magari sotto forma di ONG, si preparano ad un'occupazione umanitaria dell'Iraq sotto egida ONU (ma pure questa è una finzione, perchè l'egida è invece amerikana), ma anche perchè, se ci si fa caso, tutti quanti hanno fatto di tutto per ricercare i grandi numeri, a costo di snaturare questa scadenza internazionalista.
Perchè questa manifestazione nelle intenzioni degli organizzatori internazionali, ed anche nelle intenzioni di coloro che in Italia per primi avevano lanciato l'iniziativa,
era nata con due obbiettivi principali: il ritiro delle forze occupanti non solo militari ma anche "umanitarie"
sotto qualsiasi egida si presentassero, e il riconoscimento della legittimità della resistenza iraqena.
Naturalmente per noi erano obiettivi limitati, visto che per noi era fondamentale una lotta per la legittimazione della resistenza di tutti coloro, che in ogni parte del mondo lottavano contro ogni forma di oppressione e sfruttamento, ma per lo meno poteva essere un dignitoso punto di partenza.
Invece sin da subito in nome dei milioni di "pacifisti" del 15 febbraio 2003 si era cominciato a svendere la manifestazione, perlomeno in Italia.
E infatti cominciarono le mediazioni: non più legittimazione della resistenza ma pace subito senza se e senza ma.
Ma non solo: per evitare che qualcuno proponesse apertamente l'obiettivo dell'egida dell'ONU è stato accantonato l'obiettivo di negare qualsiasi legittimità all'ONU, maggiore sponsor non solo di molte guerre di occupazione negli ultimi anni, ma anche di 13 anni di embargo proprio all'Iraq.
E così si è organizzata questa kermesse, cui parteciperanno tutti, Di Pietro, Occhetto, Fassino, Bertinotti e, naturalmente tutto il corollario di verdi, lilliputziani, cossuttiani e il famoso movimento in tutte le sue sfaccettature.
Tutti insieme con un'unica piattaforma veramente unificante: il sospirato bagno di folla. Per il resto è chiaro che poi ognuno cerca di utilizzare questo bagno di
folla per suoi obiettivi, ma il bagno di folla lo sognano tutti.
Anche se poi qualcuno si comincia a mordere le dita, pur continuando a sponsorizzare una scadenza che ormai gli è sfuggita di mano. Ed ecco arrivare sempre più spesso anatemi contro gli ultimi arrivati pelosi nel gran contenitore del pacifismo, cioè contro i Fassino vari, che dopo aver appoggiato quel massacro nei Balcani contro il dittatore precedente, per biechi calcoli elettorali
scoprono la manifestazione di domani.
Pure era chiaro che quando per quel famoso bagno di folla si invita tutti ad una scadenza, poi ti ritrovi in quella scadenza di tutto di più. Non solo, ti ritrovi addirittura ad essere minoritario, visto che i mezzi di propaganda ed anche organizzativi sono tutti a favore di chi, come riaffonda, possiede giornali, altri strumenti di informazione ed una struttura organizzativa capillare, ed anche una fortissima presenza nel "movimento" visti i suoi rapporti nel social forum, e l'escamotage filolilliputziano della non-violenza strategica.
Se poi si aggiunge il grande colpo mediatico ottenuto da questa componente elettoral-pacifista dagli eventi di Madrid, dove il sociaista Zapatero, miracolato vincitore delle elezioni spagnole, ha rilanciato la posizione
tanto cara ai nostri riaffondarol-ulivisti della legittimità internazionale, e cioè il passaggio delle consegne dell'occupazione dell'Iraq all'ONU, è chiaro che questa
giornata, perlomeno in Italia, e forse in molte parti d'Europa, diventa un'altra cosa.
Diventa in pratica come prima cosa la prima manifestazione elettorale per l'Ulivo, e se ci fosse il bagno di folla, diventerebbe una formidabile prova di forza
dei sinistri di governo dopo il fallimento della manifestazione del 18, sponsorizzata soprattutto
dalla destra filo-amerikana.
Poi naturalmente diventerebbe una rivincita dell'Europa contro la "prepotenza yankee", e quindi il rilancio della teoria del controllo multilaterale mondiale.
Infine ci sarebbe la vittoria della falsa dicotomia
nazionalismo-imperialismo, si accrediterebbe in pratica
il nazionalismo come unica forma di resistenza all'imperialismo.
Tanto è vero che i richiami alla resistenza iraqena sono pochi e ambigui, come se ci fosse un'unica resistenza in Iraq, nazionale e socialista.
E invece tutti sanno che le forme di resistenza all'occupazione yankee sono molte e a molte facce:
dalla resistenza sciita, alla resistenza dei supporters di Saddam, a forme di resistenza da parte di altre tribu e così via.
Insomma resistenti, che probabilmente in caso di ritiro delle forze occupanti, si scannerebbero beatamente,
ma che sono uniti solo dall'odio verso gli occupanti.
Un pò come succede in Palestina, dove le varie forme di resistenza sono unite esclusivamente dall'odio nei confronti dei sionisti.
Come si vede molte forme di resistenza, ma tutti i manifestanti del 20 sembrano uniti dalla considerazione che la resistenza in Iraq sia una e come se fosse una
resistenza di un popolo per la patria contro l'invasore straniero.
L'ennesima scorciatoia, che però è una forma di interventismo imperialista, sia pur solo ideologico,
nei confronti degli iraqeni. In parole povere quando uno da una sua definizione della resistenza iraqena,
in un certo modo impone la sua soluzione alla lotta contro gli yankees.
Per noi il discorso è diverso. Noi sosteniamo che è non solo legittimo, ma addirittura morale resistere a invasori, oppressori, sfruttatori, per cui riteniamo doveroso riconoscere l'abnegazione di tutti coloro che in Iraq lottano contro l'invasore yankee.
Ma detto questo, noi non sosteniamo alcuna di queste forze resistenti, perchè siamo distanti da loro anni luce, sia nelle concezioni politiche, sia nei loro obiettivi,
per alcuni religiosi, per altri statalisti, che per noi sono inconcepibili.
Inconcepibili per motivi non solo ideologici, ma anche pratici: perchè per noi lo Stato per l'Iraq fra l'altro sarebbe una forzatura, viste le profonde divisioni strutturali fra le varie componenti.
E allora, ribadiamo, noi non ci saremo.
Non ci saremo perchè noi non partecipiamo a manifestazioni, che invece di legittimare la resistenza iraqena, di fatto, almeno nella sua componente maggioritaria, la equiparerà al terrorismo;
Non ci saremo perchè non accettiamo che molti in questo corteo avallino il ruolo dell'ONU, quello che per anni ha affamato i cittadini iraqeni, e ha di fatto avallato, con le ispezioni alla ricerca di improbabili armi di distruzione di massa, l'intervento yankee;
Non ci saremo, perchè non crediamo che un mondo multipolare, da molti in quel corteo sognato,
sia un mondo più libero: anzi riteniamo che sarà ancora più forcaiolo, in quanto i vari poli,
per rafforzarsi politicamente ed economicamente, restringeranno sempre di più gli spazi di libertà;
sempre ammesso che i loro scazzi in chiave economica si trasformino poi in scazzi politici, cosa di cui dubitiamo;
Non ci saremo, perchè noi non pensiamo che il capitalismo internazionale si combatta con le semplici solidarietà ad altri lontani, che con la loro resistenza
risolvono i nostri problemi di presenza politica e di nostra legittimazione: noi pensiamo che l'unico modo di aiutare sul serio la resistenza iraqena, ma anche palestinese,
ma anche argentina, ma anche..., sia di allargare le situazioni di conflitto, di combattere anche noi, qui, gli oppressori, gli sfruttatori.
Una volta si diceva: 10-100- 1000 VIETNAM; non si diceva solidarietà ai patrioti vietnamiti o finanziamo la resistenza vietnamita, si diceva 10-100-1000 Vietnam.
Era questa la forza che il movimento poteva dare, e ha dato alla resistenza vietnamita, che poi vinse.
E allora quella può essere la risposta per cambiare radicalmente questo tipo di società, le kermesse, specialmente quelle tipo il 20 Marzo italiano sono fregnacce, che servono solo per dare voti a qualcuno e visibilità politica a qualcun altro.
Può essere una scorciatoia, ma una scorciatoia dal fiato corto.
Perchè poi questa solidarietà urlata un 20 di Marzo alla resistenza armata in Iraq dovrà essere sostanziata tutti i 21-22-23-...di ogni mese dell'anno.
E come si può sostanziare questa solidarietà, se poi gli stessi solidali con l'Iraq scaricano beatamente (quando non sono loro stessi ad additarli alla repressione)
manifestanti che vengono repressi non per una resistenza armata, ma magari solo per essersi difesi dalle cariche delle forze dell'(?)ordine a Genova.
Perchè, e lo diciamo per l'ennesima volta, la guerra è la facciata generalizzata, mondiale della repressione locale.
E allora quale credibilità ha una solidarietà per una resistenza armata in Iraq, quando poi non si organizza niente di serio contro le innumerevoli inchieste di questi mesi in Italia?
E' solo un problema di visibilità, e cioè un problema di maggiore importanza mediatica della resistenza iraqena?
Oppure è la comodità di appoggiare un fenomeno lontano, che ti tocca di striscio, almeno come repressione?
O magari è il fatto di avallare una maggiore democraticità dell'Italia (e dell'Europa) rispetto agli yankees?
Beh, qualsiasi sia il motivo, una cosa è certa: in Italia la giornata del 20 Marzo non è una giornata importante per il tanto decantato internazionalismo proletario, ma una giornata importante per chi la organizza in tutte le sue
sfaccettature. Ed è per questo che NOI NON CI SAREMO!!!

L'Avamposto degli Incompatibili
             

 

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