Rom e Sinti a Milano e Provincia

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   Ogni volta che si parla di Zingari ci coglie un senso di disagio imbarazzante, di incertezza per un garantismo spesso convenzionale o di maniera che, come in nessun altro caso, provoca inquietudine e diffidenza e attraversa "trasversalmente" opinione pubblica, partiti, movimenti della cosiddetta società civile.
    Eppure dei Rom e Sinti, questa piccolissima minoranza etnica della nostra città di non più di 1.600 individui non conosciamo molto, ignoriamo il loro modo di vivere, ma crediamo di sapere attraverso un'immagine distorta, stigmatizzata e, spesso, evenemenziale della loro storia e realtà quotidiana.

   A Milano sono appena l'un per mille del totale dei residenti, lo 0,5 nell'area della Provincia, il 2 per mille in Italia, ma ci appaiono e sono realmente un popolo diviso in un mosaico di comunità diverse per provenienza, stili di vita, religione, ma coese tra loro da una forte identità culturale e linguistica.
   I Rom italiani risiedono in città fin dall'inizio degli anni '60 in aree o "villaggi" parzialmente attrezzati dall'Amministrazione Comunale, su terreni in affitto o di proprietà, in roulottes, case mobili, prefabbricati, alla difficile ricerca di un rapporto più stabile e sicuro coi territorio urbano, il suo contesto sociale e culturale.

      

   In luoghi forse meno conosciuti, collocati all'estremità delle periferie più degradate, tra discariche abusive e parcheggi di tir, svincoli e arterie stradali ad alta percorribilità, zone industriali ad elevato tasso di inquinamento ambientale sono presenti insediamenti "spontanei", qualche volta vere e proprie baraccopoli improvvisate e malsicure, prive di qualunque servizio essenziale.

   Laggiù, nel cono d'ombra dell'identità negata di questo popolo, vittime della trascuratezza e degli arbitrii praticati sistematicamente dalle "maggioranze" ai danni delle "minoranze" abitano i "Rom stranieri", dai nomi di gruppi poco noti: Khanjarja, Khorakhanè, Ariija, Rudara, Rumuni.
   Sono comunità umane costrette da anni a praticare un nomadismo forzato entro i confini del territorio cittadino, soggette al mutare del clima e degli equilibri politici locali, in balìa di atteggiamenti allarmistici - propagandistici e perfino di interessi imprenditoriali che gravitano sulle aree occupate, dell'ignavia delle istituzioni. Decine e decine di famiglie abbandonate al loro destino da anni, commiserate, contestate, spesso apertamente perseguitate che hanno adottato, come tante altre volte nella propria storia secolare strategie autonome di sopravvivenza, dispersione territoriale, mimesi.

   Eppure, nella disattenzione generale, ai più sfugge la composizione anagrafica e sociale di queste comunità: oltre il 50% di minori al di sotto dei 14 anni d'età mentre solo il 2/3% supera i 60 anni.

    

   Numerosissimi sono i bambini nati e cresciuti in Italia, ma privati dei più elementari diritti alla salute e all'istruzione; puerpere senza assistenza sanitaria giovani uomini costretti a lavorare in nero sottoposti al peggior capolarato; "anziani" la cui aspettativa di vita media non supera i 50 anni.

   In questo ambito dilagano anche fenomeni preoccupanti di disagio sociale, emarginazione, devianza e microcriminalità e il ricorso a "espedienti" per affrontare la complessità della vita quotidiana.
   Ricordava Carlo Cuomo: "l'anomia zingara è dunque anche una risposta ai nostri comportamenti, un trasformare in atteggiamenti ostili l'immagine sprezzante che noi abbiamo di loro, un rovesciarci addosso lo stereotipo negativo dello zingaro che vive nel nostro immaginario...".
   Fra di noi, dunque, nel ricco capoluogo milanese vivono una dozzina di diverse comunità zingare sparpagliate in una trentina di piccoli insediamenti. Sono per la maggior parte comunità autoctone, con alle spalle 4 o 5 secoli di insediamento (come i Sinti Lombardi e Piemontesi o i Rom Abruzzesi), o ancora, provenienti dall'area balcanica e dalla Romania, emigrate da contesti economicamente immiseriti o da nuove e cruenti tensioni etniche e politiche.

   

   Certamente non viviamo un momento facile per i cambiamenti profondi che mutano il volto della nostra vita sociale e professionale, per il senso di insicurezza che ci accompagna e le paure irrazionali che riversiamo sulle diversità umane e culturali che convivono con noi.
   Occorre guardare con rispetto ai diritti di tutte le minoranze etniche, anche le più misconosciute, magari proprio a partire dalle varie comunità del popolo Rom e Sinto, ascoltandole, dialogando con esse per trovare le vie di una convivenza intelligente e pacifica che ne assicuri il libero sviluppo.

Maurizio Pagani - Vice Presidente Opera Nomadi Sez. Milano


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