Ottiolu.net - La Storia della Baronia di Posada (1431-1869)

      La Storia della Baronia di Posada
 

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 Storia della Baronia di Posada > Aragona e Arborea > 1

 

Dopo l'iniziale entusiamo, il rapporto fra Aragona e Arborea non era diventato, nel tempo, dei piu' limpidi: Ugone II si era Il territorio del Giudicato di Arborea sul sito di San Vero Milisformalmente riconosciuto vassallo del Re di Aragona, che era gia' ripartito in tutta fretta, ma di fatto continuava ad essere uno judex autonomo, che si muoveva liberamente, con indipendenza di sovrano.
Anche se provvedeva comunque a fornire all'Aragona gli aiuti richiesti: la Repubblica di Genova cominciava infatti a deteriorare i suoi rapporti con i catalani e li avrebbe ulteriormente indeboliti sino ad entrarvi in guerra nel 1330.
In Sardegna i Doria (genovesi) iniziarono immediatamente ad assumere un atteggiamento ostile verso gli invasori iberici e gli Arborensi valutavano attentamente l'eventualita' che potressero detronizzarli.

 

La Casa di Aragona pero' aveva in quel periodo troppi fronti di conflitto per poter pensare alla Sardegna, e delego' sempre piu' agli Arborea, in ispecie a Pietro III, giudice, ed ai suoi fratelli Mariano e Giovanni, gli affari della Corona nell'Isola. Codice del XIV secolo sulla incoronazione dei Re di Aragona
A Barcellona da principio non si diede molto  peso a questi feudatari sardi un po' originali, li si considero' semplicemente dei buoni paesani a modo loro devoti, ma questa leggerezza non sarebbe rimasta priva di conseguenze, che vennero un po' piu' tardi.

 

Uno dei problemi piu' spinosi per i catalani era la definizione dei rapporti con Genova, le cui famiglie gestivano buona parte dei possedimenti ex-giudicali. Un trattato di pace del 1336 consenti' una spartizione per la quale l'Aragona avrebbe avuto mano libera in Sardegna ed avrebbe lasciato i Liguri nel dominio della Corsica, che avrebbero mantenuto sino al 1768. Il Regnum si era gia' spezzettato, dopo nemmeno quarant'anni, e le due isole non sarebbero mai piu' state unite da alcun legame giurisdizionale, nemmeno formale.
I catalani si diedero poi a fortificare tutti i territori posseduti a causa dei nuovi fronti di conflitto della Real Casa iberica, che da un lato era impegnata contro le flotte e le truppe musulmane (sconfitte a Tarifa nel 1340 e ad Algeciras nel 1344) e da un altro doveva sedare la rivolta di Giacomo III, cugino del re Pietro IV d'Aragona, che si era impossessato delle Baleari. Si temeva che la Sardegna potesse essere oggetto di attacchi saraceni o degli insorti di Maiorca, e l'area posadina sembrava assai a rischio.

 

Grazie alla fase di riarmo, quindi, a Posada visse il periodo di massimo suo splendore militare il Castello della Fava, curato allora da tal Johan Martinez de Gurrea fino al 1338, e ulteriormente rinforzato e riorganizzato sotto l'aspetto logistico da Garcia Lopez d'Oros fra il 1342 ed il 1347. Questi lo rese estremamente sofisticato, per le conoscenze del tempo, e potenzialmente capace di resistere a qualunque assedio. L'assedio cui aveva cosi' a lungo resistito vent'anni prima, ne aveva creato una certa fama di robustezza e quindi le ulteriori fortificazioni dovevano rappresentare il massimo impiego delle tecnologie disponibili.

 

La popolazione sfortunatamente non era in grado di apprezzare simili finezze dell'arte e dell'architettura bellica anche perche', nel frattempo, oltre alle guerre e guerriglie cui doveva far fronte, aveva agio di godersi altre piacevolezze della cronaca locale come carestie, pestilenze, e, per gradire, anche un tantino di malgoverno.

 

Non va poi dimenticato che Posada, con la sua geografia cosi' ricca di impaludamenti e stagni, era una delle zone di maggior virulenza della malaria (ancor oggi, una delle piazze principali del paese e' dedicata alla Fondazione Rockefeller, che finanzio' le operazioni di bonifica dopo la Seconda Guerra Mondiale). A quei tempi il DDT non c'era, e la malaria prosperava.

 Posada - Centro Storico

Si ebbero di conseguenza rilevanti fenomeni di spopolamento, tanto marcati da far produrre un documento del 1345, recentemente rinvenuto presso gli Archivi della Corona di Aragona in Barcellona, intitolato "Inquisicio facta contra venerabilem Bernardum de Sancto Vincentio de dispopulatione ville de Posatae".

 

Gli effetti dello spopolamento arrivarono fra la gente dopo qualche tempo, quando la produzione complessiva calo' per effetto del diminuito numero di lavoratori, ma non vennero per contro ridotte le tasse complessive da pagare, che divennero percio' pesantissime per chi era rimasto. In questa malvagia oppressione vi era anche l'ammonimento, o meglio il ricatto morale a non scappare: chi lo avesse fatto avrebbe infatti vigliaccamente lasciato nei guai (aggravandoglieli) coloro che restavano.

 

Ma la solidarieta' etnica dei Sardi era nata nella notte dei tempi e contro l'oppressore forestiero si ebbero piuttosto fenomeni omertosi, coperture e auguri di buona fortuna. E cosi' e' sempre accaduto nell'Isola, e ancora accade.
Chi scappava (o piu' semplicemente si nascondeva al fisco e alla leva militare, spesso nelle grotte sul Montalbo) partiva accompagnato dalla benedizione dei paesani, che comunque speravano di veder decrescere l'introito complessivo dell'erario straniero.

 

E in fondo gli Aragonesi erano un padrone come un altro.


SEGUE



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