Il Cinquecento

 

I confini tra le Università di Bari e Bitonto: il Titolo

Lo stemma di Bitonto

Nonostante la definizione dei confini nel XIII secolo con lapides finales, tra le due città i contrasti e le lotte continuarono sino alla seconda metà del XVI secolo. Nel 1551 Bitonto riuscì ad affrancarsi dal giogo feudale, divenendo così città regia: al signore del posto, don Consalvo di Cordova, i bitontini pagarono la somma di 66.000 ducati d'argento come testimoniato da un contratto stipulato il 27 maggio 1551 dinanzi al notaio Sebastiano Canoro di Napoli. Dopo alcuni anni sorse l'ennesima e grave controversia con l'Università di Bari (il termine Università indicava dal Medioevo nell'Italia Meridionale sia l'amministrazione comunale che la città stessa), la quale accusava Bitonto di aver occupato abusivamente una parte del territorio che non le apparteneva e citava la stessa in giudizio davanti al Consiglio di Stato di Napoli. Il 16 maggio 1584 il Consiglio, presieduto dal Viceré e capitano Generale del Regno don Pedro Fernandez de Castro conte di Lemos, dopo aver ascoltato le ragioni delle due Università contendenti, stabilì i punti principali che delimitavano il confine tra le due città (che sostanzialmente erano gli stessi del 1265): l'Arenarum o cala dell'Arenario, sito nei pressi del lido marino ad un miglio dal Castello di Argiro (Santo Spirito); la contrada "De Pinolis" ove l'episcopio di Bitonto possedeva delle terre (quasi nella stessa linea d'aria dell'Arenario, nell'attuale zona dell'aeroporto civile); in località Cammarata (nella zona oggi denominata Arco Camerato), vicino all'accesso di un'estensione di ulivi; sulla via Balice, in località "Terris Scannae" (cippo di S. Andrea); nella zona detta "Chianca" o" Plancha" o "Terris Plancane" (ove oggi sorge la masseria Caffariello, presso l'ospedale San Paolo); la via di Babutta (oggi Bavotta), non molto distante dall'omonima località; Babutta, ove si vedeva una zona di terra di forma circolare e concava, detta banca di Borrello o Lago di Bavotta. Veniva altresì stabilito che i confini fossero segnati  non più da semplici termini lapidei, ma in modo ben visibile e di maggiori dimensioni con dei cippi o edicole confinarie cui si suole dare il nome di Titoli. Si trattava di costruzioni in pietre squadrate (conci) a forma di parallelepipedo sormontate da una copertura a cuspide. Il Titolo posto nel locus Arenarum (sulla spiaggia di Palese), detto da alcuni Titolo di Bitonto e da altri Titolo di Modugno, fu realizzato il 20 febbraio 1585.  

Il Titolo dell'Arenarum

Nello stesso periodo furono edificate analoghe costruzioni, tuttavia più piccole rispetto a quella posta sul litorale, nei luoghi summenzionati e riportati nella relazione (datata 20 aprile-9 maggio 1585) fatta dal perito agrario Michele Angelo Aczaro, delegato da Girolamo Oleignano (Libro Rosso dell'Università di Bitonto, pagg. 994-996, doc. CLXXXV). Sui Titoli era apposto lo stemma dell'Università di Bitonto e quello dell'imperatore Filippo II di Spagna, una lapide con l'anno di edificazione (MDLXXXV), l'indicazione di confine TERMINUS BITONTI e il luogo ove era posto (IN LOCO ARENARUM, IN TERRIS DE PINOLIS, IN LOCO CAMMERATE, IN TERRIS SCACCANATE, IN PLANCHA). Inoltre in direzione di Bitonto vi era l'indicazione BITONTUM, mentre verso la città di Bari BARIUM.

Tuttavia l'Università barese non fu soddisfatta dalls decisione adottata dal Consiglio di Stato di Napoli del 1584 e riaprì nuovamente la vertenza, che si protrarrà per altri 28 anni. Nel 1612 una commissione formata da nove magistrati e gli avvocati di entrambe le città effettuarono sul posto una ricognizione dei luoghi sopracitati. L'esito fu che Bari ebbe torto (<< Male reclamatur per Barum >>) e i bitontini, onde evitare ulteriori strascichi giudiziari, diedero l'incarico al proprio sindaco, il notaio Michele Vacca, all'avvocato Scipione Bovio e al notaio Domenico Bidello di far scolpire il responso dei giudici <<ad futuram rei memoriam>> sulla facciata del Palazzo "Del Sedile" di Bitonto, oggi non più esistente. Di tutta questa vicenda restò una traccia scritta nell'Archivio dell'Università di Bari. Si tratta di un atto notarile (oggi conservato presso l'Archivio di Stato di Bari) rogato verso la metà del XVIII secolo da Francesco Martucci, notaio bitontino, che riportava una copia fedele della lapide.

È probabile che, dopo questi avvenimenti, cessò l'influenza di Bari sul territorio di Palese - che era zona "promisqua" dal 1511- e, almeno di fatto (perché legalmente il diritto fu riconosciuto solo nel 1811), cominciò a diventare lentamente la marina dell'Università di Modugno.

 

Un'antica via dell'olio

Il tratto di terra tra la marina di Palese e Modugno era (e lo è tuttora) assi ricco di uliveti e la produzione dell'olio era consistente e di rilevante importanza per l'economia dell'area. Molto diffusi erano i trappeti ipogei, ossia dei frantoi collocati nei sotterranei naturali o ricavati dall'uomo all'interno delle masserie. Essi ebbero origine nelle isole egee (trappeto deriva dal verbo greco trapew che significa pigiare l'uva) e notevole sviluppo nell'estremo tallone d'Italia. La costanza di temperatura, la difficoltà di furti, l'economicità della realizzazione, favorirono il diffondersi di tali tipologie, a partire dal Quattrocento. Sotto quei frantoi, uomini ed animali, in simbiosi, vivevano per mesi senza vedere la luce del sole che, solo a fine campagna, avrebbe fatto riaprire i cuori. Nel Settecento si passò pian piano alle strutture simiipogee e, quindi, alle costruzioni fuori terra. La diffusione dei frantoi ipogei è indice dell'importanza che rivestiva, e riveste tuttora, la coltura dell'olivo. Numerosi trappeti si trovavano lungo la Lama Balice, nei pressi di Torre Chiancone, nella zona dell'Arco Camerato (nei pressi della chiesa rupestre dell'Annunziata). A Palese ve ne era uno nel luogo ove sorgerà Palazzo Capitaneo e nel Cinquecento si trovava una Torre detta di San Giovanni delle Camere.

Sino ai tempi moderni, basta andare indietro di alcuni decenni, Palese e Macchie avevano ancora molti frantoi e qualche anziano ne ricorda addirittura rna quindicina collocati principalmente in via Capitaneo, lungo corso Vittorio Emanuele e a Macchie.

Già dall'età tardo-rinascimentale la nostra zona era attraversata da un'antica "via dell'olio" che portava dal Titolo dell'Arenario sul litorale di Palese, si snodava per la strada pre-romana detta via Candela o via Megra, successivamente risaliva nell'entroterra in direzione sud e costeggiava l'attuale piazza Capitaneo, sede, come già detto, di alcuni frantoi. Il percorso proseguiva con una mulattiera sino alla masseria Caffariello, ripiegava verso nord lungo la via della Marina (che da Modugno conduceva a Palese), passando per il luogo ove sorgeva una semplice torre, poi sul posto nel Settecento fu edificata Villa Zanchi, e terminava nella zona di Macchie, ove vi erano diversi frantoi.