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Il presbiterio

La cupola del presbiterio

Le pareti laterali del presbiterio ospitano a sinistra l'organo e a destra il finto organo.  Le cantorie degli arredi sono ornate da dipinti firmati da Giuseppe Rillosi e datati 1887, raffiguranti a sinistra episodi dei Nuovo Testamento: Riposo durante la fuga in Egitto; Gesù e i fanciulli, e a destra la Predica del Battista; il Battesimo di Cristo; Gesù che ammaestra le folle.  L’abside è ornata da due affreschi raffiguranti l'Elemosina di San Lorenzo a sinistra e San Lorenzo che accompagna papa Sisto II al martirio, a destra, racchiusi da una semplice cornice in stucco che reca un’iscrizione relativa all'episodio raffigurato: a sinistra "DISPERSIT DEDIT PAUPERIBUS" e a destra "QUO SINE MINISTRO PROPERAS". 1 dipinti sono opera di Enrico Albrici, nativo di Vilminore, che li eseguì probabilmente nel 1773.  Secondo l'antica testimonianza del Tassi (1793), infatti, le opere sarebbero le ultime dipinte dal pittore prima della morte, che un tempo si faceva risalire al 1775. 

E. Albrici, San Lorenzo che accompagna papa Sisto II al martirio (1773 ca.)

  Recenti scoperte archivistiche hanno invece permesso di appurare che l'Albrici si spense nel 1773, più che probabile data degli affreschi di Zogno.  Sempre al Tassi risale la notizia che il pittore avrebbe affrescato "quattro quadri laterali a fresco nella parrocchiale di Zogno in Valle Brembana, rappresentati le azioni e il Martirio di San Lorenzo, dove l'anno precedente dipinto avea la volta del coro".  Diverse sono state le ipotesi circa la dispersione dei due affreschi mancanti all'appello rispetto all'elenco dello storico settecentesco.  Non è improbabile che i dipinti ornassero le pareti laterali del presbiterio, in seguito coperte dai due organi. Al 1772 sembra dunque risalire la volta con la Gloria di San Lorenzo e i Quattro Dottori della Chiesa latina nei pennacchi: Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Gregorio Magno e San Gerolamo, un tempo ritenuti perduti ed ora riemersi, grazie ad un restauro condotto nel 1992 da Carlo Gervasoni, che ha permesso di recuperare gli affreschi originali.  Nel 1951, infatti, i dipinti erano stati completamente ripresi a tempera dal pittore bergamasco Umberto Marigliani, a causa delle cattive condizioni conservative in cui versavano.  Gli affreschi di Zogno si rivelano interessanti all'interno del percorso dell'Albrici che, pur riproponendo motivi cari al proprio repertorio figurativo (l'Elemosina di San Lorenzo riprende, ad esempio, da vicino l'affresco di analogo soggetto eseguito dal pittore a Berzo Inferiore, in Valcamonica nel 1745), a Zogno dà prova di uno stile classicheggiante, una tavolozza tenue e schiarita, con risultati molto gradevoli, che ben si accordano al gusto neoclassico cui è improntato l'intero edificio.

Al centro dell'abside è collocata la grande tela di Vincenzo Angelo Orelli raffigurante La Madonna con il Bambino e i Santi Lorenzo, Marco e Marcelliano, compatroni della chiesa, opera che si data generalmente attorno al 1785.  

V. A. Orelli, Santa Margherita da Cortona (1805 ca.) 

Di stampo decisamente più movimentato dei classici affreschi dell'Albrici che la circondano, la pala dell'Orelli è caratterizzata da un'accesa gamma cromatica e da una composizione movimentata suggerita dalle pose enfatiche dei Santi  e dallo schema diagonale che costituisce l'asse portante della composizione, caratteristiche riconducibili ad un tipo di pittura ancora, per molti versi, alle esperienze del grande Settecento veneto.  L’attribuzione al pittore ticinese, largamente attivo nelle valli bergamasche, risale a studi della metà del nostro secolo, ed è stata in seguito unanimemente accolta.  Ultimamente si è ipotizzato un ritocco ottocentesco dell'opera.  A Zogno l’Orelli lasciò pure un'altra interessante pala, dipinta per il monastero della chiesa delle terziarie francescane, raffigurante l'Annunciazione. Stilisticamente prossima alla pala della parrocchiale e datata 1785, la tela permette di circoscrivere cronologicamente anche il nostro dipinto.  Sempre all'Orelli va riferito l'ovale che orna la zona inferiore dell'ancona del primo altare a destra, che raffigura Santa Margherita da Cortona, ed è datato 1805.  L’opera parla ormai un linguaggio classicheggiante, lontano dalle nostalgie barocchette che sembrano ancora caratterizzare la pala absidale.  In sagrestia è conservato un terzo dipinto dell'Orelli: la Pietà.  Di dimensioni piuttosto contenute, l'opera non doveva appartenere all'antico arredo della chiesa, ma costituire il dono di qualche personaggio che la volle per devozione privata.  Il dipinto ha avuto attribuzioni diverse, essendo stato annoverato fra le opere del padre di Vincenzo Angelo, Giuseppe, anch'egli esperto pittore.  La vicinanza stilistica con la pala di analogo soggetto che si trova nella parrocchiale di Serina (datata 1794), ha però permesso di attribuire con certezza l'opera a Vincenzo Angelo.  Dal punto di vista compositivo il dipinto ricalca la bellissima Pietà del pittore milanese Daniele Crespi, dipinta attorno al terzo decennio del Seicento, ora conservata al Museo del Prado, costituendo una interessante prova dello studio dei grandi maestri milanesi del secolo precedente da parte del pittore ticinese, riferimenti forse mediati dalla pittura del bergamasco Carlo Ceresa, perfettamente a conoscenza delle novità introdotte dal Crespi a Milano.  Più ferma e composta rispetto alla pala dell'abside, la composizione non raggiunge tuttavia le forme semplici e l'atmosfera rarefatta dell'ovale con Santa Margherita da Cortona e sembra perciò collocabile attorno agli ultimi anni del XVIII secolo.

Il presbiterio è ornato anche da interessantissimi manufatti lignei.  Innanzitutto il coro collocato nell'abside. L’iscrizione apposta sullo stallo centrale attesta che venne intagliato nel 1788.  In legno di noce, composto da ventuno stalli e da inginocchiatoi divisi in quattro settori, il coro, dalle eleganti forme neoclassiche, rappresenta un eccellente esempio dell'alto livello qualitativo cui giunsero gli artigiani locali in questo periodo.  Bellissimo il coronamento della sede centrale costituito da due splendidi angeli in noce scuro che reggono un medaglione in legno chiaro dove è intagliata a basso rilievo la scena di San Lorenzo davanti all'imperatore. Il contrasto tra le tinte dei legni e l'eleganza degli angeli riconducono ai migliori esempi di ebanisteria neoclassica.  Impressione accentuata dalle snelle colonnine corinzie che ornano ciascuno stallo e dal medaglione centrale dove è intagliata l'iscrizione: "LAUDENT NOMEN EIUS IN CHORO  / PSAL. 149".  L’arredo venne commissionato ad un abilissimo artista zognese: Giuseppe Lazzaroni.  Consumato intagliatore, il Lazzaroni potrebbe comunque essersi avvalso per l'ideazione del disegno di qualche esperto artista, dando vita ad un arredo straordinariamente unitario e al passo con i tempi.  Morto a soli 53 anni, egli fu il capostipite di una famiglia di alacri scultori del legno, detti “I Marina” dal nome della moglie di Giuseppe, Marina Rota, autori di numerosi cori e arredi lignei per le parrocchiali bergamasche.  Fu probabilmente la donna a rinsaldare gli affari della bottega del marito defunto, passata ai figli Giuseppe (nato nel 1779), Giovanni Battista (1781) e Giacomo Maria (1796).  Dei tre fu soprattutto Giovanni Battista a continuare la tradizione, trasmettendola a sua volta ai propri figli: Carlo (1873), Angelo (1875) e Battista Pio (1882).  Carlo e Angelo Marina ebbero grande successo, lavorando spesso in coppia.

Ai Marina vanno attribuite anche altre opere lignee nella parrocchiale: i bellissimi confessionali nella navata e la bussola dell'ingresso principale, per cui sono registrati i pagamenti a Giovanni Lazzaroni.  Alla bottega si devono, probabilmente, anche i bancali del presbiterio, che rivelano notevoli affinità stilistiche con le opere certe degli artisti zognesi.  Nel 1847 Giovanni realizzò la bussola, i confessionali e gli armadi della sagrestia; nel 1851 il vestibolo della sagrestia; nel 1856 gli venne saldato un altro armadio, forse nella sagrestia piccola.  E' interessante notare come in queste opere il Lazzaroni non prenda le distanze dal gusto neoclassico introdotto dal padre nel coro, ma ne faccia tesoro, offrendone al tempo stesso una personale interpretazione aggiornata sulle novità ottocentesche.

A proposito di arredi lignei, la sagrestia di San Lorenzo conserva poi un pezzo realmente degno di nota.  Si tratta del mobile a due corpi datato 1686 ed intagliato da Giovanni Negri di Zogno.  Seicentesca è pure la cassaforte della sagrestia.

Di fattura più recente è invece l'interessante altare maggiore.

Sulle vicende della costruzione dell'arredo siamo ben informati dal verbali della fabbriceria, pubblicati da Giulio Gabanelli.

La chiesa di San Lorenzo possedeva infatti in epoca precedente un altare ligneo proveniente da San Francesco a Bergamo.

Distrutto dall'usura del tempo, alla fine dell'Ottocento esso venne giudicato ormai inservibile e nel 1882 la comunità di Zogno chiese alla Prefettura della Provincia di Bergamo il permesso di sostituirlo con un nuovo arredo in marmo, dono di un privato.

L’altare venne commissionato a Ernesto Paleni e al figlio Andrea - quest'ultimo perito scultore - e venne compiuto tra il 1884 e il 1885.  L’altare, classicheggiante, è ingentilito dalle aperture liberty visibili soprattutto nella sinuosità della linea dei bellissimi cherubini che ne ornano i lati.  Al centro del paliotto il tondo scolpito a bassorilievo raffigura la Cena in Emmaus.

Di gusto classico sono pure i bei medaglioni che ornano i lati del medesimo paliotto. L’opera è impreziosita dall'impiego di più marmi colorati: il rosso di Verona, il bianco di Carrara, il giallo di Siena.

 

 

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