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by P.S. Pat2000
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Premessa (P.Saviano) La Cronica di Don Hieronimo
de Spenis di Fratta Magiore ( con questo titolo è segnato il
manoscritto che si trova nella Biblioteca Nazionale di Napoli) è una
importantissima fonte per la storia ecclesiastica locale e per l’analisi
delle tradizioni popolari nell’area napoletana del XVI secolo. Nel XIX secolo
un primo frammento fu pubblicato dal Canonico frattese Antonio Giordano,
Bibliotecario della Reale Biblioteca Borbonica, nelle sue Memorie Istoriche
di Fratta Maggiore (1834). Quasi interamente poi essa fu pubblicata nel 1877
da Bartolomeo Capasso che la rilevò da una copia manoscritta in suo possesso:
si tratta della stessa pubblicazione che oggi Pasquale Pezzullo ripropone
alla lettura inquadrandola in un documentato saggio bio-bibliografico
riguardante la figura e le opere dell’insigne Archivista, anch’egli di
origini frattesi. Alla fine del XIX secolo B. Capasso segnalò due copie
dell’antico manoscritto del ‘500: una copia in suo possesso che egli pubblicò
ed una altra conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Di questa seconda
copia la Biblioteca Comunale di Frattamaggiore ha recentemente operato un
rilievo fotografico e la ha così acquisita al suo patrimonio di opere di
Storia Locale. Su Bartolomeo Capasso
è stata recentemente pubblicata anche una bella monografia edita dalla Rassena Storica dei Comuni –
Istituto di Studi Atellani : Sosio Capasso, Bartolommeo Capasso – padre della storia napoletana ,
Frattamaggiore 2000. & Prefazione del Sindaco di Frattamaggiore (Vincenzo Del Prete) & Presentazione dell’Autore (Pasquale Pezzullo) & Introduzione di Bartolommeo Capasso & Breve Cronica di Hieronimo de Spenis & Bibliografia ed opere di Bartolommeo Capasso |
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PREFAZIONE (Vincenzo Del Prete)
Con questo saggio Pasquale Pezzullo che ha già dedicato più di un lavoro” al natio loco” ,continua ad arricchire la bibliografia riguardante la nostra città. L’autore oltre a curare il saggio del nostro concittadino Don Bartolommeo Capasso “Breve Cronica dal 2 giugno 1543 al 25 maggio del 1547” di Geronimo De Spenis da Frattamaggiore (Parroco di una chiesa del quartiere Chiaia di Napoli), ci presenta un breve profilo biografico dell’ insigne storico .Con questa iniziativa il Pezzullo si prefigge, inoltre, di raggiungere il duplice scopo di divulgare l’unico testo sulla nostra città ,tra le tante opere sulla storia medioevale napoletana ,fatto dal grande storico in onore del luogo ove nacquero “ l’uno e l’altro mio parente”, e di ricordare il primo centenario della sua morte, per cui Frattamaggiore, la terra d’origine, di don Bartolommeo, non poteva lasciar passare sotto silenzio tale evento .Voglio, infine ,ricordare che il Capasso scrisse il saggio sulla nostra città, nel lontano 1877 sulla rivista da lui fondata l’ “Archivio storico per le province napoletane” la quale è diffusa solo tra gli iscritti della Società napoletana di storia patria e fra gli studiosi di storia. Nel presentare questo scritto sul Capasso, Pasquale Pezzullo non ha avuto la pretesa di far scoprire l’autore ai lettori, il quale è ben conosciuto nel mondo degli storici italiani e stranieri, ma per ricordare le benemerenze di questo nostro illustre cittadino .
Il Sindaco di Frattamaggiore
Dott. Vincenzo Del PRETE
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PRESENTAZIONE [P.Pezzullo]
Frattamaggiore , terra di origine di B.Capasso, nel primo centenario della sua morte lo ricorda, in quanto non poteva lasciar passare tale avvenimento sotto silenzio, sia per l’importanza che le sue opere ebbero in campo storico, sia perché non tutti conoscono bene questo grande maestro della storia napoletana.
Era nato a Napoli, il 22 Febbraio del 1815,in una casa del Supportico Caiolari al numero civico 15,di proprietà paterna, del quartiere Porto ,successivamente denominata via Principessa Margherita.,ora via Giuseppe Marotta I suoi genitori entrambi di Frattamaggiore, Francesco ricco commerciante di canapa e Mariantonia Patricelli, si erano trasferiti a Napoli per meglio esercitare il commercio di questo prodotto. La casa Capasso si trovava certamente nei pressi dell’odierna via Dante in Frattamaggiore, sebbene non sia riuscito ad individuarne con esattezza l’ubicazione. quindi anch’egli è da considerarsi a tutti gli effetti figlio di questa terra. Non a caso le amministrazioni passate di questa città, gli hanno dedicato una strada, una scuola media e uno busto di bronzo , pregevole opera del chiaro scultore prof.Umberto Buccini, che è attualmente custodito nell’atrio della suddetta scuola. Ma bisogna pur dire che l’interesse per lui da parte degli studiosi frattesi non è mai venuto meno, anzi col tempo si è rafforzato sempre di più. Nel 1991 Sosio Capasso ,storico di questa città ,nell’ottantesimo anniversario della sua morte gli dedicò un interessantissimo opuscolo dal titolo: ”Bartolommeo Capasso e la nuova storiografia napoletana”. Le sue opere ,specialmente quelle archivistiche, costituiscono una fonte insostituibile per la ricostruzione della storia napoletana ,di quella sorrentina ed anche di quella frattese. Oggi, più di ieri, i suoi libri restano un eccezionale patrimonio per la storia della provincia napoletana, essendo andati perduti degli importantissimi documenti dell’Archivio di Stato di Napoli ,in seguito all’ incendio appiccato dai soldati tedeschi per rappresaglia il 30 settembre 1943.I suddetti documenti erano in quell’epoca custoditi nella villa Montesano, in S.Paolo Belsito, vicino Nola ,dove furono trasferiti per motivi di sicurezza ,dopo l’esplosione(1942) della nave da guerra italiana , ormeggiata nel porto di Napoli ,in partenza per l’Africa e carica di munizioni .Infatti alcuni frammenti dell’esplosione raggiunsero i tetti del vecchio Archivio di Stato sito nel convento ,dei Santi Severino e Sossio, di Napoli. L’attenzione degli studiosi verso le sue opere e la comprensione delle sue problematiche continua ad essere motivo di interesse e spunto di riflessione Nell’ ultimo ventennio : Enrico Cuozzo gli ha dedicato un ampio profilo nel Dizionario Biografico degli Italiani ; Angelo Russi ha ricostruito il suo percorso critico nel volume sulla Cultura classica a Napoli nell’Ottocento ; Claudio Ferone ha riletto alcune iscrizioni sorrentine , già descritte dal Capasso nel 1887,accompagnate da un commento; Benito Iezzi , pochi mesi prima della sua prematura scomparsa, ha ricostruito puntigliosamente la bibliografia dello storico(ben 165 titoli). Prima di occuparci dell’attività di storico, di archeologo ,di archivista e di paleografo del nostro Autore è opportuno accennare brevemente alla sua formazione culturale negli anni giovanili, per coglierne meglio il significato.
Il Capasso, rimasto solo con la madre e le due sorelle all’età di sei anni per la morte del padre, nel 1824 venne iscritto nel Seminario di Napoli dove iniziò i suoi studi. E’ utile ricordare che in quei tempi, il Seminario era un importante centro culturale, molto apprezzato dai napoletani che lo sceglievano numerosi per l’ educazione dei propri figli . A seguito del nuovo matrimonio della madre con un ricco proprietario sorrentino, Salvatore Cariello (nel 1826) venne trasferito nel Seminario di Sorrento(qui conobbe tra gli altri il grande storico tedesco Karl Julius Beloch che ha pubblicato tra gli altri, un importante libro sulla Campania antica, “Campanien” edito a Berlino.).L’opera del Beloch è stata tradotta in italiano da Francesco e Claudio Ferone e pubblicata a Napoli nel 1989(Ed.Bibliopolis).Nel 1833,diciottenne intraprese un lungo viaggio per l’Italia, insieme all’ amico Luigi Gangiano, con cui visitò anche la parte meridionale, spingendosi fino a Capo Santa Maria di Leuca, cosa assai rara a quel tempo. Tornò da questo viaggio carico di libri raccolti qua e là presso librai ed antiquari. Andò ad abitare a Napoli, in un appartamento del Largo Santa Maria la Nova al numero 31, ed ivi abitò fino al 1877. Sposò nel 1844 Agata Panzetta, una ragazza diciannovenne di famiglia agiata che , come ebbe a scrivere Giuseppe Del Giudice, suo successore alla carica di soprintendente al Grande Archivio di Stato di Napoli “alla leggiadria del portamento aggiungeva intelligenza e tratti piacevolissimi” .Da Agata ebbe tre figli .Al primogenito Francesco, che morì all’età di cinque anni, gli dedicò una commovente epigrafe nella prima edizione dei “ Dubbi e congetture sull’antico sito di Napoli e Palepoli.” In questo opuscolo giunse a stabilire il luogo preciso della primitiva città, detta appunto Palepoli, situata sul monte Echia a Pizzofalcone ,in contrapposizione della nuova Napoli . Carlo Troja rinnovò presso di noi gli studi storici aggiungendo alla dottrina metodo e critica , fondò a Napoli nel 1844 la Società Storica, primo nucleo della futura Società Napoletana di Storia Patria .Questa istituzione venne suddivisa in ordini, a capo di ciascuno di esso venne posto un deputato ,ed il Capasso, ventinovenne, venne chiamato a farvi parte e gli venne affidato il settore che aveva il compito di ricercare e sistemare le carte di Alfonso d’Aragona ,detto il Magnanimo. La Società durò in vita solo tre anni e venne sciolta dall’autorità nel 1847,perché non si poteva consentire la pubblicazione di documenti senza il preventivo visto della censura, e per la diffusione all’ interno della suddetta istituzione delle idee che portarono ai moti liberali nazionali del ‘48.Don Bartolommeo, durante questo periodo molto “ caldo “ passò mesi pieni di preoccupazione, tanto che, temendo una perquisizione da parte della polizia borbonica, “taluni amici e parenti, i quali ben conoscevano che il Capasso conservava parecchie stampe e scritture relative ai fatti del 1799 , forse anche ad istanza della moglie malata, (..) nascostamente le tolsero e le bruciarono. Perdita irreparabile. Ed il Capasso, di questo fatto avvenuto a sua insaputa , rimase sempre accorato e dolente”.
Don
Bartolomeo non dimenticò mai il periodo giovanile trascorso a Sorrento, la
città gentile che dopo Napoli egli ebbe più cara, dove per molti anni passò l’estate , presso la
sorella ,che abitava nell’attuale palazzo Cariello sul corso Italia ( qualche
volta sostava in un casotto di campagna a Baranica ).
Nel
corso di un ventennio ( dal 1846 al 1866 ) pubblicò tre opere sulla storia
sorrentina :
1)
La
Topografia storico - archeologica della Penisola Sorrentina e raccolta di
antiche iscrizioni , edite ed inedite ,
appartenuta alla medesima (1846) , dedicata alla memoria della madre , morta
nel 1845 . Da questo primo lavoro attinse lena per occuparsi della storia
medioevale del Mezzogiorno d’Italia . Questo fu il suo primo libro che fu edito
da un noto libraio del tempo, suo cugino Domenico Capasso e porta la seguente dedica : Alla memoria / Dell’ottima ad affettuosa madre /
Mariantonia Patricelli / Raro esempio / di cristiane e domestiche virtù /
Questo primo letterario lavoro / In tenue dimostrazioni / Di lutto acerbo e perenne
/ Bartolomeo Capasso / ai XX Aprile del MDCCCXLVI / Non senza lacrime
intitolava . Con questo lavoro si affermò dotto ed originale nelle ricerche
archeologiche ed in questa scienza acquistò in seguito grande celebrità .
2 ) Memorie storiche della
chiesa sorrentina “ (1854) ; nella prefazione di quest’opera il Capasso si lamenta di aver dovuto interrompere le
ricerche
all’archivio di stato”per grave ed ostinata
malattia che come una spada di Damocle ci sta sospesa sul capo e
minaccia incessantemente i nostri
poveri
occhi”.
3) “Il Tasso e la sua famiglia
Sorrento” ( ricerche e narrazioni storiche, stampata a Napoli nel 1866 e venduta al prezzo di lire 3.50).
In quest’ultima opera il Capasso non intese redigere una biografia sul Tasso, il cantore della Gerusalemme liberata, bensì ricostruire sulla scorta dei documenti , l’ambiente politico , economico , amministrativo , sociale e culturale della Sorrento e della penisola sorrentina del ‘ 500 . Si tratta di un esempio di microstoria , che a distanza di 134 anni , conserva ancora la sua validità . L’opera si compone di 292 pagine, suddivise in vi capitoli , la narrazione storica procede per più di 200 pagine, condotte sulla base di preziose fonti notarili e su una scrupolosa investigazione nell’Archivio della Curia sorrentina a lui allora accessibile. In circa 100 pagine successive il Capasso ha fornito annotazioni e documenti di enorme interesse storico, che testimoniano il lungo studio e amore per la ricerca storica- archivistica. Nel 1867 scrisse “la novella di Ruggiero re di Sicilia e di Puglia, promulgata in greco nel 1150,per la prima volta edita dai codici delle biblioteche di S. Marco in Venezia e Vaticana in Roma, con la traduzione latina”, che è un importante saggio della legislazione normanna nelle due Sicilie. Egli si ricordava spesso della sua terra d’origine e ne parlava con sorriso di compiacimento e con senso di simpatia. Nel 1876 componendo il “ Catalogo ragionato dei libri registri e scritture nella sezione antica o prima serie dell’ archivio municipale di Napoli(dal1387 al 1806 ), non dimentica la sua terra d’origine, indicando un processo del 1717 tra l’ Università di Frattamaggiore ed il Regio fisco per il possesso della catapania , portolania ed altri corpi feudali del suddetto casale. Al foglio 1 di questo processo si legge copia dell’ istrumento del 24 ottobre del1634 , col quale il detto casale ricomprò dal regio fisco le giurisdizioni ed i corpi feudali di esso che erano stati venduti nel 1630. Nel 1877 si occupò della storia frattese e precisamente delle origini della città , scrivendo l’introduzione alla “ Breve Cronica dal 2 giugno 1543 al 25 maggio del 1547 “ di Geronimo De Spenis da Frattamaggiore , pubblicata sulla rivista “Archivio Storico per le province napoletane” a cura della Società Napoletana di Storia Patria << in grazie del loco dove nacque l’uno e l’altro parente >>Anno II Napoli 1877,pag 511ed 531,editore Forni, Bologna. Il Capasso considerò Frattamaggiore la sua terza patria, e più volte è stato nella nostra città in quanto faceva parte della commissione, in qualità di esperto nelle ricerche archeologiche, per il restauro della chiesa madre di S. Sossio,(1894) insieme agli ingegneri Alberto Sica ,D’Amore ,Buongiorno ,Travaglini , Pisante e Mons. G. Aspreno Galante. La suddetta chiesa, sin d’allora si sarebbe voluto restituire allo stato primitivo (basilicale), essendo stata scoperto metà di un pilastro e metà di un arco originario, ma il piano non fu attuato per non abbattere il soffitto, stupendo lavoro del’700. Intratteneva rapporti sia con i parenti materni che paterni , tra questi ebbe continui contatti, con lo zio materno Michelangelo Patricelli juniore, professore di discipline classiche presso il seminario di S.Severo in provincia di Foggia ed elegante scrittore di poesie ed epigrafi latine; quest’ultimo alla sua morte gli donò diversi manoscritti di poesie e di iscrizioni da lui composte. Inoltre sottopose ad attento esame gli Acta sanctorum di Giovanni Bollando ,che riguardavano la traslazione dei Santi Severino e Sossio (compatroni di Frattamaggiore) ed in particolare per S. Sossio quelli di Giovanni Diacono, storico della Chiesa napoletana (Acta inventionis et translationis corporis S.Sossi).Quindi tre furono i luoghi che gli furono particolarmente cari , Napoli dove nacque, Sorrento dove trascorse la sua adolescenza , Frattamaggiore la città di origine .Se il capitale che ho potuto mettere in questo convegno è stato piccolo e di non molto valore, spero che la mancanza potrà essere compensata nel aver messo in risalto un aspetto poco noto della biografia del Capasso . Il Capasso ha ricoperto importanti incarichi ,il 22 giugno del 1856 subentrò al defunto Giuseppe De Cesare all’Accademia Pontaniana, nel 1857 entrò a far parte dell’Accademia Ercolanese (che si scioglierà nel 1860) ,diventerà poi membro di parecchie altre accademie.
Nel 1873 ottenne l’incarico di dirigere i lavori per la catalogazione del materiale conservato nell’Archivio municipale di Napoli (sezione antica dal 1387 al 1806) . Il 27 dicembre del 1874 venne nominato cavaliere della Corona d’Italia . Dal 1875 al 1900 fu per sette volte presidente della Società Reale di Archeologia, Letteratura e Belle Arti , sorta dalle ceneri dell’Accademia Ercolanese . Proseguendo l’opera di Carlo Troja ,fondò nel 1876 la Società Napoletana di Storia Patria, tutt’ ora operante, insieme con Giuseppe De Blasis , Camillo Minieri Riccio ed altri , ricoprendo la carica di vicepresidente, e poi di presidente dal 1883, carica che ricoprirà ininterrottamente fino alla morte; creò altresì la rivista “Archivio Storico per le Province Napoletane”. Il 15 giugno del 1876 ricevette la nomina di Ufficiale della Corona d’ Italia .
Il Capasso fu un acuto indagatore e interprete dei documenti storici ed a lui si deve la scoperta che la Cronaca Napoletana dal 717al 1024 compilata da un preteso Ubaldo, monaco del monastero dei Santi Severino e Sossio nella metà del secolo dodicesimo, che era una spudorata falsità di cui furono autori, a metà del secolo diciottesimo, due emeriti falsari in combutta fra loro Bernardino Tafuri di Nardò e il canonico capuano Francesco Maria Pratilli. Inoltre scopri’ che un autore di tal nome non era mai esistito e il testo che gli si attribuisce è un incomprensibile pasticcio di notizie inventate ricavate da cronache , alcune autentiche altre incontrollabili, rielaborato in un latino assurdo o artificiosamente imbarbarito .Da questa indagine nacque il suo primo capolavoro “La cronaca napoletana di Ubaldo” , edita dal Pratilli nel 1751, ora stampata nuovamente e dimostrata un impostura del secolo scorso, Napoli, 1855, Stabilimento dell’Antologia legale, in 8° .La sua opera più importante è << Monumenta ad Neapolitani Ducatus historiam Pertinentia quae partim nunc primum , partim iterum typis vulgantur cura et studio Bartholomaei .Capasso cum eiusdem noti ac dissertationibus” . Tre tomi sul Ducato napoletano ,di cui non ha proprio intessuto la storia ma ha soltanto raccolto ed illustrato i documenti .L’opera si compone di molte tavole illustrative ed è scritta in un purissimo latino ed alla quale dedicò molti lustri della sua vita .Essa è inoltre uno degli studi fondamentali per quanti vogliono accostarsi alla ricerca storica medievale napoletana ;il primo tomo fu pubblicato nel 1881 dalla regia tipografia del cav. Francesco Giannini , Napoli , il secondo nel 1885 ,il terzo nel 1892.Il lavoro fu completato con la pubblicazione della carta corografica del ducato di Napoli dell’ XI secolo con le regioni ad esso associate o confinanti (Tabula chorographica neapolitani ducatus saeculo XI cum regionibus eiusdem sociis vel conterminis per baertholomaeum Capasso)e con la Pianta di Napoli del secolo XI, nella quale viene descritto ,con attendibile esattezza, il circuito murario, i monumenti, le strade della Napoli ducale tra la fine del X e l’inizio del secolo XI “ Tabula topographica urbis neapolis saeculo XI”. Il Capasso, a proposito del circuito murario, fece misurare dai suoi collaboratori la lunghezza delle mura della città così come da lui rilevate per la Napoli Ducale e dal controllo eseguito la lunghezza risultò pari a metri 4470, di tanto poco diversa dalla misura fornita nel 1140, da Ruggiero II il Normanno di 2363 passi che equivalgono 4466,07 o a 4506,24 metri, secondo il valore che diamo al passo napoletano del dodicesimo secolo. Da ciò si ebbe una conferma della esattezza della pianta eseguita dall’insigne storico. Entrambe le cartine sono allegate al secondo tomo ( Pars Altera ). Il Capasso si rifece ,per realizzare il succitato scritto, interamente alla seconda edizione della Cronaca sul Ducato di Napoli, dello storico tedesco George Heinrich Pertz , che la pubblicò nel 1839 tra i ”Monumenta Germaniae Historica”, tomo III, nella I°serie, Scriptores. I testi di quest ‘ultima opera furono divisi ,fin dal principio, in cinque serie ,ciascuna delle quali è suddivisa in più sezioni. La prima serie, Sciptores, comprende le opere storiche e cronache della tarda età classica e del medioevo .
Il Pertz compose questo lavoro perché rinvenne una vecchia cronaca, esaminando tre codici manoscritti ,di cui uno viennese del XI secolo, l’altro di Bruxelles dell’inizio del XII secolo e per caso un terzo dell’XI secolo, che si conserva nella biblioteca di Parigi, al posto 2321.
Secondo Ludovico Bethmann tutte le annotazioni di tale cronaca sono estratte dall’opera di S. Isidoro che si intitola contemporaneamente “Cronaca del mondo” e ” Cronaca dei beati Agostino e Girolamo”.
In calce alla stessa opera si annotano i nomi degli imperatori cristiani ,che, dopo Diocleziano, regnarono a Roma e Costantinopoli e i nomi dei re e dei principi longobardi e poi, fatte poche note sul beato Benedetto , nella parte riguardante l’imperatore Giustino, e Maurizio fino a Costantino Porfirogenito ( 583_909), si espone ordinatamente la serie dei coevi duchi e principi di Benevento, di Salerno, di Capua e di Napoli , che regnarono nelle epoche di ciascun imperatore anzi esposto.
Tutte le annotazioni estratte dall’opera di Isidoro sono venute fuori da alcune tavole più antiche , nelle quali sono riportati, separatamente ,in varie colonne gli anni del signore, le indizioni, gli imperatori, i re dei longobardi , i principi di Benevento, Salerno ,Capua e Napoli, come è possibile vedere in parte dalla tavola cassinese nel codice 353.
La compilazione della cronaca originaria , secondo il Capaso, risale all’anno 965 di Cristo , come si evince da alcune notizie in esse riportate , senza alcuna indicazione di tempo ,come quelle riguardanti l’imperatore Costantino, Landolfo principe di Benevento, Gisulfo principe di Salerno, che imperavano intorno alla metà del secolo X. E’ del tutto ignoto chi sia stato l’autore di questa cronaca e delle note originali. Se si da spazio alle congetture, si può ipotizzare che egli sia stato di Napoli e abbia vissuto la sua vita monastica in un monastero della nostra città o forse dei santi Severino e Sossio ,dal quale così numerosi e tanti preziosi documenti furono sottratti alla fine del Settecento o in un qualsiasi altro della regola benedettina. La misura del tempo di cui si servì l’autore della cronaca nell’esporre la serie degli imperatori bizantini, da cui dipende tutta la cronologia dei nostri duchi e principi è segnata secondo l’uso greco, ed allo stesso modo si numeravano le indizioni, cioè dal primo giorno del mese di settembre, che precede l’anno volgare .Questo modo di calcolo fu in auge nel Medio Evo, presso gli scrittori nostrani e durò quasi fino al sec. XVII. Bisogna ,altresì, notare che quasi sempre l’inizio di qualsiasi regno di un imperatore ha preso le mosse dal principio dell’anno greco, che seguiva subito l’incoronazione dell’ imperatore. Nè diversamente si è proceduto nelle carte e nei documenti napoletani. Infatti i curiali, o anche i notai di quell’epoca non tennero alcun conto nelle note cronologiche del giorno e del mese in cui gli imperatori presero la corona, ma computarono l’epoca dello impero dall’inizio dell’ anno ,che seguiva da vicino, certamente dalle calende di settembre, giorno da cui incominciava a decorrere l’anno civile dei greci e la nuova indizione. Dal momento che i nostri scrittori erano all’oscuro di questo meccanismo , d avvenne che attribuissero un’altra e autentica epoca di impero a più imperatori oppure che accusassero immediatamente d’errore le note cronologiche dei documenti e ritenessero che dovessero essere corrette. Infine bisogna notare che talora la salita al trono di un imperatore, fosse capitata nei primi quattro mesi dell’anno civile greco, l’autore della cronaca o usando un falso calcolo o trascinato da altro computo che non conosciamo , retrodata l’inizio dell’impero alle trascorse calende di settembre così da calcolare l’epoca di un imperatore meno di un anno, essendo concordi sempre le indizioni con l’anno di Cristo .
Il Capasso all’opera del Pertz aggiunse solo delle antiche tabelle, tratte dal codice cassinese 533 , dove si legge della serie degli imperatori bizantini. Ritenne cosa necessaria fornire di ampio e accurato commento tutti gli argomenti in modo da ricondurre alla retta datazione storica le successioni e le epoche dei duchi di Napoli fino ad allora mal tramandate e piene di errori, ma anche liberarle completamente da ogni sospetto della loro fedeltà e serietà fino a poco tempo prima rese oggetto di dubbio.
Nella sua opera don Bartolommeo discute delle vicende di Napoli dall’origine del ducato ,anno 568 di Cristo , fino al 1139, anno in cui Napoli si consegnò al re Ruggiero I il normanno.
Rinnovò quasi per intero gli studi di topografia napoletana ,scrivendo la “Topografia della città di Napoli nell’ XI secolo” , Napoli 1895. Inoltre sottopose ad minuzioso esame i Diurnali di Matteo Spinelli da Giovenazzo, cronaca pugliese, sulla cui autenticità già nel secolo XVII, il Capecelatro ed nel XVIII il marchese di Sarno ,e nel 1868 lo storico tedesco Guglielmo Bernhardi ,nutrirono dubbi .Il Capasso intervenne nella questione con la memoria “Sui Diurnali di Matteo da Giovenazzo” e poi, nel’ 95 vi ritornò ancora con un altro scritto ,”Ancora i Diurnali di Matteo da Giovenazzo” ,rilevando errori e falsità ,attraverso il confronto con altre fonti coeve ed attendibili, sgombrando così definitivamente il campo da ogni dubbio. Lavoratore paziente ed instancabile prima di chiudere gli occhi scrisse la” Napoli greco-romana”,esempio inimitabile di sapienza storica ,ma anche di amore e devozione alla sua città natale ,alla quale rivolse le sue maggiori cure,ed della quale svelo’ misteri ,disegnò luoghi ,narrò storie dimenticate .Il lavoro fu pubblicato dalla Società di Storia Patria, postumo, a cura del suo allievo Giulio De Petra. Il 14 maggio del 1899 , la città di Napoli festeggiò in vita questo illustre uomo, al quale nel suo ottantesimo genetliaco ,il sindaco Celestino Summonte, conferiva in forma solenne e col plauso generale, una medaglia d’oro per benemerenze patrie ed il nobile vecchio, così modesto nella sua grandezza ,commosso fino alle lacrime , non seppe trovare nemmeno le parole per ringraziare. Il mondo della cultura gli tributava onori e lode, ma la sua modestia era altrettanto grande, tanto da far dire ad un biografo che in lui mancava la coscienza della sua grandezza. Egli visse una vita serena, pacifica, schivo dalle cose mondane, dedito all’assiduo studio ed agli affetti della famiglia. Di carattere mite, semplice, gioviale ,e di modi sempre cortesi, non si scorse mai in lui ombra di vanagloria. In fin di vita esprimeva a Giuseppe del Giudice la sua contentezza grandissima per la medaglia d’oro decretatagli dal consiglio comunale di Napoli: “fra tante attestazioni di stima che da tutte le parti ho ricevuto in mia vita, quella che ha fatto veramente esultare di gioia il mio cuore è stata la medaglia offertami dal municipio di Napoli”. Lo storico che raccontò la rivolta di Masaniello, che ne indicò con precisione la casa(vico Rotto al Mercato),che raccolse tutti i documenti riguardanti la famiglia del famoso capopopolo, si spense a Napoli, nella deliziosa dimora di via del Chiatamone , il sabato del 3 marzo del 1900, alle dodici e mezza a seguito di una polmonite .Ai funerali la città di Frattamaggiore si fece rappresentare dal deputato del suo collegio, e inviò una corona di fiori , con la scritta :”la terra d’origine a Bartolommeo Capasso”.Ai suoi funerali, presero parte tutte le più alte autorità del tempo nel campo politico, scientifico e letterario .Nel suo testamento, dettato il 25 gennaio dello stesso anno, tra l’ altro si legge : “Desidero funerali modestissimi, come modestissimamente vissi. Senza pompa, l’accompagnamento dei poveri di S. Gennaro ed un carro di seconda classe. Non fiori ,né discorsi, perché della benevolenza dei miei concittadini e dei miei amici ho avute molte prove anche superiore ai miei meriti .Nella nicchia designata nella cappella di mia proprietà nel pubblico cimitero, e precisamente in quella sottoposta all’altra della mia diletta moglie, voglio siano deposte le mie ossa e sul marmo che la chiuderà si incida l’epigrafe :”Qui - vivo alla sua spoglia mortale - il sepolcro apparecchiò - Bartolommeo Capasso figlio di Francesco e mariantonia Patricelli - nato in Napoli ai xxII febbraio MDCCCXV- e qui morto il dì ... secondo i suoi voti fu deposto dalle figliuole Erminia ed Giulia ed dai loro consorti Ettore Tagliaferri e Luigi Gagliardi -.Ai .......-Pregate Dio per l’anima di lui”
Il Capasso, nell’indagare gli eventi dei secoli passati, applicò i criteri della metodologia della ricerca degli storici tedeschi quali Zalder, Ziliniski, Barthold Georg, e, Teodoro Mommsen. Quest’ultimo scrisse i “Monumenta Gerrmaniae Historica”, che è la più importante raccolta delle fonti della storia del medioevo tedesco, ma che interessa indirettamente tutte le storie medievali; in conseguenza dei rapporti che l’Italia e gli altri paesi europei ebbero con l’impero germanico, ed è anche la prima grande raccolta di fonti storiche pubblicate con intendimenti seriamente critici. Quale sia stata la risonanza internazionale dell’opera di don Bartolommeo risulta da molti e splendidi giudizi ed osservazioni: Benedetto Croce affermava “Con lui è morta per sempre la storia regionale della vecchia Napoli e del vecchio regno”; Ludovico de la Ville sur Yllon disse che “ egli ha passato gli anni più belli della sua esistenza investigando nelle ammirate opere “; Salvatore Di Giacomo fece sul Corriere di Napoli del 4 marzo 1900 un articolo in cui affermava “spesso la polvere degli archivi s’accumula sulla psiche d’altri tempi. Don Bartolommeo sapeva scuotere quella polvere: egli era anche, e felicemente un artista”; Ferdinando Russo scrisse: ”tutto egli esaminò e scrutò ,con la forza mirabile del suo ingegno potente , col fuoco dell’amore santo “pel natio loco”. Michelangelo Schipa senteziò :”L’0pera multiforme del Capasso merita che se ne faccia un giorno o l’altro un ampio e degno studio critico “. Nunzio Federico Faraglia affermò “è incredibile a dire quanta cura abbia posto nel raccogliere e nel mettere in veduta, ciò che prima era noto a pochi e quante difficoltà ed anche opposizioni abbia incontrato, ma egli pertinacemente vinse con la sua autorità”. Alla scuola del De Sanctis apprende che le vicende letterarie e politiche degli antichi Stati italiani sono storia nostra e che, ad una più completa conoscenza di un periodo storico, può contribuire anche lo studio di personaggi e di avvenimenti aventi un interesse circoscritto , se ,superando i limiti della storiografia municipale, si riesca ad inserirli nella storia generale. Don Bartolommeo esortava a lavorare per i luoghi ove si è nati, ed aggiungeva “se vuoi essere universale parla del tuo paese”. Questa frase colpì tanto lo scrivente che lo indusse poco tempo fa a parlare del suo “natio loco” e a curare oggi questo lavoro ed ad iscriversi alla benemerita istituzione da lui creata la “Società Napoletana di Storia Patria”. Per onorare degnamente la memoria di questo profondo studioso dell’Italia medievale meridionale, bisogna decretargli più duraturo onore, onde i nostri tardi nipoti abbiano giustamente a gloriarsi di lui, cercando di emularne le virtù e di perpetuarne il ricordo.
Nel presentare questo scritto del Capasso, non ho avuto la pretesa di far scoprire l’autore ai lettori, il quale è ben conosciuto nel mondo degli eruditi italiani e stranieri, ma per far conoscere le benemerenze di questo nostro concittadino, il quale fu mosso solo dal desiderio di “elevare un monumento di gloria al proprio paese”.Fu il ricercatore che su ogni argomento che trattò disse la parola definitiva ,incominciando dalla Napoli -greco romana al Ducato di Napoli, dal Tasso a Pier della Vigna ,da Masaniello fino a questo scritto sulle origini di Fratta. Corresse, scoprì tante cose che non ammettono nuove chiarificazioni.
Note
Bibliografiche:
[1] Cfr. Delibera consiliare del comune di Frattamaggiore del 9 aprile 1900 ,avente per oggetto” Commemorazione dell’insigne B.Capasso”
[1][1] Nella seduta consiliare del 9 aprile 1900 il Sindaco di Frattamaggiore cav. Sossio Russo fece deliberare dal Consiglio Comunale di intitolare la strada di accesso alla Stazione Ferroviaria a suo nome e di collocare il ritratto raffigurante il grande storico nell’aula del consiglio comunale. Sulla scelta della strada da denominare, vi furono in consiglio comunale due diverse posizioni : chi era propenso a cambiare il toponimo di via Dante, dove c’era il palazzo del padre e chi ,come il consigliere Pasquale Fontana , proponeva la strada di acceso alla stazione ferroviaria che era più frequentata dalla gente e vi rimaneva così un ricordo più duraturo presso di essi. .Alla fine del dibattito prevalse la seconda posizione .
[1] Cfr.Il giornale “Il Golfo 7” di Sabato 29 Novembre 1997.
[1] Cfr. Note biobibliografiche di Gianpaolo Infusino in Masaniello di B.C- a cura di Luca Torre- Napoli 1993 pag. 37
[1] Cfr. Manifesto del troja pubblicato da Giuseppe Del Giudice, Napoli 1889 p CLXXXII
[1] Cfr. Michelangelo Schipa- Il Capasso e la storia medievale dell’Italia meridionale-
[1] Cfr. Giuseppe Del Giudice, In ricordo di B. Capasso, Napoli 1902
[1] Il Tasso nacque l‘ 11 marzo del 1544 a Sorrento e vi risiedette fino al 1558 , data in cui la città fu distrutta da parte dei Turchi
[1] Cfr. Arcangelo Costanzo” guida sacra della chiesa parrocchiale di Frattamaggiore”
[1] Cfr. B .Capasso “Breve cronica dai 2 giugno 1543 a 25 maggio 1547” di Geronimo De Spenis da Frattamaggiore, in “Archivio Storico per le Province Napoletane” .Pubblicato a cura della Società di Storia Patria-1887 Anno II, Forni editore Bologna , pag 516-
[1] Cfr. B.Capasso -Le fonti della storia delle provincie napoletane dal 568 al 1500 , a cura di O. Mastroianni, Napoli 1902-
[1] La traduzione in italiano è la seguente: Documenti riguardanti la storia del ducato di Napoli che in parte ora per la prima volta ,in parte per la seconda volta a stampa vengono resi noti dalla ricerca e dallo zelo di B.C, di lui note e dissertazioni.
[1] Il passo in uso da tempo immemorabile, (già comunque in vigore al momento della conquista normanna nel Ducato di Napoli ) è pari a1,89 m o l’altro adoperato in quell’epoca, corrisponde1,907 m
[1] Cfr. Storia di Napoli, ESI,
Napoli 1969, Vol. II, Tomo II,pag743
[1] I curiali erano i burocrati della corte, i notai corrispondono ai nostri notai.
[1] Le indizioni si tenevano ogni quindici anni per le revisioni fiscali.
[1] Dalla praefatio di Bartolomeo Capasso ai “ Monumenta..”
[1] Cfr. Il giornale ”Frattamaggiore” del 15 marzo 1903,stampato dalla tipografia Fabozzi di Aversa ,numero unico.
[1] Le annotazioni citate di
B.Croce , S. Di Giacomo , M.Schipa ,de la Ville sur Yllon , N.F.Faraglia sono
tratte dal terzo Fascicolo Vol.IX della Rivista di
Topografia ed Arte
Napoletana Napoli Nobilissima
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BREVE CRONICA
dai 2 GIUGNO 1543 a 25 MAGGIO 1547 DI GERONIMO DE SPENIS DA FRATTAMAGGIORE
Dovendo far parola di questa
cronichetta e del suo autore mi si conceda in grazia del loco, ove nacque l'uno
e l'altro mio parente fermarmi alquanto sulle memorie storiche di Frattamaggiore,
cui l'autore della cronichetta, e la cronichetta stessa in parte appartiene.
Frattamaggiore, ricco e popoloso villaggio della Campania, a 5 miglia nord-ovest da Napoli, fu già fino al principio di questo secolo uno dei casali della città capitale dell'antico reame.
Per tradizione locale credesi che avesse avuto origine da Miseno, donde si ripetono ed il culto del suo patrono, S. Sossio, cittadino misenate e diacono, martirizzato insieme con S. Gennaro nel IV secolo dell'era volgare, e l'industria della canape e delle gomene per le navi, che in quella colonia, ove stanziava la flotta romana del Tirreno, era necessariamente coltivata e fiorente. Credesi pure che un grande incremento Fratta avesse in seguito ricevuto nella distruzione delle antiche città di Atella e di Cuma, perché i suoi abitanti tuttora conservano nella pronunzia l'indole dell'osco linguaggio in quella parlato, e perché da questa il culto di S. Giuliana fu in essa importato (1). Ma a me pare che queste tradizioni, in quanto riguarda Miseno e Cuma sieno in tutto destituite di solido fondamento, e per quanto appartiene ad Atella non si possano, come son presentate, accettar pienamente; imperocché esse e le conghietture che se ne derivano in generale sono contrarie all'indole ed alle circostanze dei tempi cui si riferiscono, ed in particolare non si adattano alle notizie che abbiamo delle condizioni della Liburia, cui il territorio, ove è Fratta, appartenevasi. Altra e più umile, lenta e graduale dovette essere a mio credere l'origine di questo e di tutti quei villaggi che durante il medio evo sursero nell'agro napoletano ed aversano. Le incursioni dei barbari e poscia le continue guerre combattute tra i Longobardi ed i Napoletani, delle quali la Liburia fu perpetuo teatro, avevano nel VII ed Vili secolo ridotto in uno stato assai miserevole i campi laborii, che al tempo dei Romani per feracità tanto sovrastavano il resto della Campania quanto questa superava tutte le altre terre d'Italia e del mondo allora conosciuto (2). Da Literno e Cuma ad Atella, da questa ad Acerra al Clanio, ed a Napoli macchie di pruni e di sterpi (fractae), boschi e sodaglie (gualdi, tearre exaudae, campi), pantani e paludi (fossati), argini e mucchi di sassi ammassati a difesa (cesae, grumi) ingombravano la maggior parte di quei fertilissimi terreni. I Servi (homines, tertiatores, hospites) che erano ascritti ai fondi (fondi fundati) di questa regione, sia di proprietà pubblica o privata, sia dei napoletani, o dei longobardi, ed i coloni liberi che tenevano, senza esservi ascritti, i campi ed i fondi exfundati a livello perpetuo o vitalizio o temporaneo, erano sparsi per tutta la campagna in povere abitazioni (casae), che più numerose si aggruppavano intorno alle chiese, centri dei futuri villaggi che dovevano in seguito popolarla. Queste abitazioni assai probabilmente cominciarono a multiplicarsi dopo il trattato di pace conchiuso tra i napoletani ed i longobardi verso la fine del secolo Vili, e dopo che Arechi, primo principe di Benevento, assicurò le condizioni dei proprietarii, e migliorò le sorti dei coloni della Liburia.
Or in territorio di Atella (massa atellana) tra Pomigliano e Fratta nel IX secolo e verso i principii del X esistevano alcune aggregazioni di case che dicevansi loci colla denominazione di Caucilionum, S. Stenphanus ad caucilionum, o ad illa fracta e Paritinula (3). Nel secolo seguente - ignoro il come ed il perché - spariscono, o restano come semplice denominazione di località. È naturale quindi il credere che dalla distruzione o abbandono di esse Fratta, che l'era vicino, si fosse avvantaggiata. Il locus a poco a poco diveniva villa o casale. Nuovi coloni, che la libertà acquistata, ottenuta, o guadagnata sempre più multiplicava, accorrevano qui anche da altre parti, o perché il territorio tuttora incolto richiedesse più braccia, o perché i proprietarii lo concedessero a patti migliori. Erano excomparati, uomini cioè ricomprati dalla servitù, che vi venivano chiamati e vi si stabilivano, o recommendati che volontariamente si mettevano sotto la protezione dei ricchi possessori di beni feudali o burgensatici di quella contrada, e che, corrispondendo il defensaticum, erano tenuti ad alcune prestazioni o servigli personali verso i loro patroni. A costoro si aggiungevano pure i revocati, o quegli uomini liberi o servi, che appartenendo al demanio dello Stato avevano emigrato altrove, ed erano stati richiamati all'antico domicilio,ed alla soddisfazione dei tributi cui ivi erano obbligati (4).
Così Fratta nel secolo XIV diveniva uno dei più ricchi e popolosi casali di Napoli. Nella tassa delle collette imposta a questi sotto gli Angioini esso è il sesto dopo S. Anello o Cremano, Posilipo, Torre del Greco, Afragola e Portici. Intorno a quel tempo ebbe anche l'aggiunta di maggiore. Nei secoli successivi poi le sue memorie storielle non offrono altro di memorabile se non se il riscatto del villaggio dal giogo baronale. Venduto nel 1630 dal governo viceregnale al patriarca d'Alessandria della famiglia de Sangro esso fu dai Frattesi stessi con collettizio danaro, e col ricavato da dazii comunali per tal cagione imposti, nel 1634 ricomprato, e reintegrato in perpetuo al regio demanio (5).
Ma più che per le sue vicende; o per le industrie ed i commercii, in cui è fìorentissima, Frattamaggiore si rende assai ragguardevole pei molti uomini illustri che ha dato alle scienze, alle lettere, ed alle arti, onde la nostra patria si vanta. Ivi infatti, senza parlare degli altri di minor fama, nacquero e si distinsero nelle scienze teologiche Raffaele Lupoli vescovo di Larino, e suo fratello Michele Arcangelo Lupoli, arcivescovo di Salerno; nel diritto canonico e nella giurisprudenza Vincenzo Lupoli, vescovo di Telese e Cerreto, e Donato Stanislao Perillo, che pubblicò anche altre opere di storico argomento; nell'archeologia lo stesso Michele Arcangelo Lupoli; nella filologia classica Michele Arcangelo Padricelli, l'amico del Mazzocchi, e Paolo Moccia; nell'amena letteratura Carlo Mormile, e D. Giulio Genuino, e finalmente nelle belle arti, il più famoso di tutti, Francesco Durante, fondatore della scuola musicale napoletana.
A costoro, le cui notizie biografiche coll'elenco delle opere pubblicate sono raccolte nelle Memorie storiche di Frattamaggiore, bisogna aggiungere il can. Antonio Giordano, autore delle dette Memorie e di altri storici e letterarii lavori, ed il can. Michelangelo Padricelli juniore, restauratore delle classiche discipline nel seminario di Sansevero in Capitanata, e facile ed elegante scrittore di poesie ed epigrafi latine (6).
A Frattamaggiore appartiene pure Girolamo de Spenis autore della breve Cronica, che qui pubblichiamo per le stampe. Nato, secondo attesta il lodato can. Giordano, circa il 1523 da una famiglia civile ed agiata, che dimorava in Napoli, nel 1546 ritiratesi nel natio villaggio ascese al sacerdozio. poscia, tornato nella capitale, ebbe la cura della Parrocchia di S. Maria della neve nel borgo di Chiaja, ed ivi nel 1605 morì. La cronaca da lui composta tratta delle cose dì Napoli dall'ari. 1543 al 1547, prima con qualche larghezza, poi assai seccamente, e si arresta proprio nel giorno, in cui scoppiò il tumulto per l'inquisizione. Uomo di non molta levatura egli, se n'eccettui la infelice spedizione di Africa in favore di Muley-Hassen bey di Tunisi, narra cose di non molta importanza, come feste, giucchi, disgraziati accidenti o cose simili. Di ciò, che interesserebbe maggiormente la storia, il dabben prete poco o nulla si da briga. Se non che le notizie che ci somministra riguardo alla vita ed ai costumi di Napoli nel secolo XVI sono assai curiose e notevoli, e però \o ho creduto non inutile alla esatta cognizione di quell'epoca il pubblicarla per le stampe.
Non conosco che soli due Ms. della Cronica del de Spenis, ambi del secolo scorso. Il primo, alquanto più antico, è posseduto da me, l'altro conservarsi nella Biblioteca Nazionale, ed è segante X, C, 67. Nello stamparla ho creduto doverne troncare tutte quelle cose, che sono di un interesse affatto privato, o che non ci danno notizia di alcun fatto o costume singolare. Sciogliendo inoltre le abbreviazioni, rettificando qualche evidente errore dello scrittore o dell'amanuense, supplendo nel testo qualche parola necessariamente richiesta dal senso, indicata però con carattere corsivo, ed aggiungendovi infine la punteggiatura per lo più omessa, o scambiata, ho cercato alla meglio roderne la lettura di più facile intelligenza.
BARTOLOMMEO CAPASSO
Note:
(1)
giordano, Memorie istoriche di
Frattamag giare, Nap. 1834 in 8, pag.66.
(2) punk), H. N.,
XV-III, 11, 29.
(3) Reg. Neap. Arch. Mon.
1.1. p. 88.155 etc.
(4) Cf. chiarito,
Commento etc. p. 126
(5) Un Nicolo Capasso, contemporaneo e
diverso da famoso giureconsulto e poeta, scrisse un poema popolare su tale
argomento che Ms. si conservava dal detto can. Giordano.
(6)
Ciascuna di queste poesie, ed iscrizioni, composte in morte di Maria Cristìna,
regina delle due Sicilie, del chiarissimo prof. Matteo Fondi, e di Giulio de
Tommasi vescovo di
Sansevero furono pubblicate per le stampe, altre, ed in maggior numero sopra
varii argomenti furono da lui morendo lasciate a me, suo nipote, e si
conservano da me manoscritte.
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In nomine Domini nostri Jesu Christi. Amen.
Die secundo mensis
Junii anni 1543. Neapoli. Venuta la nova in la inclita cita de Neapoli diretta
al Vecerrè, che lo Imperatore era in Genova,
venuto da Spagna colle galere: la sera medesima circa 21 hora il
Vicerrè coli altri Signori cavalcamo ed andaro alo Episcopato ad dire lo
Tè Deum laudamus, tè Dominum confìtemur: e la sera ad tardo il Castello
novo fé una bellissima sparata de artegliarie in Genua facendo
allegreza de Sua Maestà
Cesarea venuta da Spagna in Genua per andare in Franza.
Die tertio mensis Junij
1543 (7) Neapolis. De Domenica matina arrivorno et introrno tré nave del
Re de Tunse (Tunisi) carreche de mori, et un
altra nave che venea
appresso intrò la sera medema carreca de li medesimi morischi; sono al numero
de quattro nave, portandone dintro
dette nave coyre de bovi,
darteli, mele, ogiio, et delloro merchantie. Dintro una de esse nave o vero
carracha, nominata la nave delorco de
Genua, una grandissima
nave, portandone signo de Cristiani, perché dette nave erano de Cristiani: nce
andavano dentro la Regina mogliera
del rè de Tunse, et multe altre donne moresche, et altri soldati
morischi, et più dintro detta nave nce portavano dui leoni, due sturtj, et più
libreri
da andare ad caczia.
Il dì medesimo circha 22, o 23 hore intrò in la inclita cita de
Neapoli il Re de Tunse moro, con circa 50 cavalli morischi, però la maggiore
parte
erano jomente,
cavalcandole tutte a la genetta, portandone zagaglie in mano de circa 40 palmi
lluna, et scoppette longhissime, et altre arme:
et perché la venuta del Rè
se disse multi mise avante che venesse, essendo arrivato in Gaeta, portando con
ipso lettere de sua Maestà dirette al
Vecerrè de Neapoli: li
dovessero fare carize et dispiacere nullo: partendosi da Gaeta in Napoli,
cavalcando per terra, finalmente arrivò in la
città de Aversa, non
passando per la cita de Capua, se venne arriposare ad pogio Reale, ad lacqua
fresca, andando con isso il marchese de
Torre maggiore et altri
signori neapolitani. Lo Illustrissimo signor Don Petro de Tholedo, Vicerré de
la inclita, et fedelissima cita de Neapoli,
Marchese de Villafranca,
Luogotenente, et capitaneo generale de Sua Maestà Cesarea con tutti principi,
marchesi, conti, signuri baroni, et
altri gentiihuomini, et
populari sine numero ad pede et ad cavallo, per ordine de sua Signoria, il
signor Regente Don Rodorico de mendoza,
il signor Antonio
Barassuntio (L. Barattuccio), avvocato fiscale, judici et mastri datti ed altri
officiali de detta cita de Neapoli, uscendone tutti
fore de detta cita
andarono ad incontrare il Re de Tunse; se incontro rno avante la gabella de
pogioreale, il Vecerrè con il Rè de Tunse, et se
basciorno con multa
reverenza, et voltandosi a la cita in tramo per la porta de Capuana, per
Capuana, per Nido et per lo prencepe de Salerno (8)
con multe trombette. Arrivati a la strada de la Incoronata al
palazzo de Don Garzia figlio del Vecerrè (9) vicino al Castello novo et dintro
detto
palazo, intrò il Re con
tutta sua gente con il marchese de Torre maggiore, licenziandose il Vecerré
sende andò in castello: Intrato il Re al palazo
il castello incomenzò ad
salutare Dottando fuoco intorno al castello con artegliaria, et candonate
grossissime et Turgori che durò per spazio di
uno quarto de hora in
circa, tremando la terra che parea che andasse basso sopra. Il Palazo, dove
ando il re, era multo bene preparato tanto de
magnare quanto de dormire
con più et diversi soni bellissimi - Standose al palazo, a lo quinto del mese
predetto la sera il Re andò in castello ad
magnare con lo Vecerré;
il medesmo di quinto fu buttato bando per la cita con le trombette
reale per ordine de Sua Signoria che non sia persona alcuna de qualsivoglia
grado o condizione se sia,
che faccia dispiacere a detti mori a la pena de la vita, andandone per la cita
ad cavallo, appede, et alloro arbitrio
et volontà, non dandoli
dispiacere nullo, anzi fandoli piacere e cortesia - A dì sette del medesmo
mese, che fo de jovedì la sera, sbarcharo la
Regina mogliera del Re de Tunse, et le altre donne da la nave,
insieme co li altri mori o vero soldati morischi che sono al numero de
cinquecento
in tutto; la Regina et le
altre donne sende andare al palazo proprio dove stava lo Re, et li altri
soldati chi da ad una casa, et chi ad un altra –
A li X del mese predetto, che fo de domenica ad sera, il Re partio
dal palazzo de don Garzia, et andò al palazzo de Ascanio Colenda con tutta
sua Corte, che sta
appresso Segio de porto, cuosto le grade de San Joan magiore: perche don Garzia
venne con le galere da Genua –
A li XJ del medesimo mese, che fo lo lunedì assera, uno soldato
spagnuolo arrobò et ferio uno delli morì, subito fo pigliato, perché nce era
lo bando ad pena de la
vita, il martedì seguente circa XX hore fo mandato ad justifìcare, passando per
lo palazo dove stava il Re: piantando
le turche appede lo
palazzo del Rè. De pò se levorno dalla, et foro portate appresso San Jacobo de
li Spagnoli fore le mura della cita et Ila fo
impiccato et morto.
Die XXIII junii 1543
Neapoli. La sera de San Joan il Re de Tunse cavalcò insieme colo Vecerrè
per la cita, et lo Vecerrè, lo andò al incontrare
fi al palazzo dove stava il Rè et se salutare, cavalcandone per
segio de porto, per segio de portanova, per la sellarla, per lo mercato, per
San Joan
ad mare, per la logia, per
li orifìci, per san Pietro martire, per li lanzeri, piaza de lulmo, per lo molo
grande, vedendo tutte gioize et rechize et
altre gentilize per la
cita; de pò voltando per la roa (rua) catalana sende è andato al palazo suo
insieme co lo Vecerrè. Avante,
et post di de San
Joan circa tanta di venne? larmata del
turcho, capitaneo generale Barbarossa, quale erano circa cento cinquanta vele,
et se spatriavano
sopre le bucche de Crapa,
et se diceva che aspettavano le galere, de Pranza, capitaneo lo conte de Languillara,
de trentasei galere, però la
cita non faceva motivo
nesciuno, ma tutta la costerà de Surrento sfrattò, et sende venne in Napoli, la
torre de lo greco, Castello ad mare. Vico.
Die ultimo Junij giorno de Sabato assera uno moro dando cortellate
ad uno cristiano non ferendolo, et (il cristiano) se andò ad lamentare al
Re; il rè subbito lo fé
pigliare (il moro), e lo fé impiccare ad quillo medesimo luogo, che fo ali
orifìci, et nce lo fé stare fino ala matina ad hora de
magnare.
Die primo mensis Julij 1543 Neapoli de Domenica, se fé la giostra
morescha ala sfrata de la Incoronata, et la fé il Re de Tunse, con sua gente,
venendo il Re dal palazo
accompagnato da Don Garzia, et multi altri gintilhomini, venendo il Rè innante,
con una zagaglia in collo con tutta sua
gente appresso armati alloro usanza: arrivati al palazo de Don
Garzia intrò dintro il Re mentre che don Garzia, et Ascanio Caraziolo se
vestero,
morischi vestiti uscereno
insieme con il Re fino ad San Josep: et ella se firmò insieme con Don Garzia et
Ascanio Caraziolo, et sua gente
incomenzaro ad giostrare
con zagaglie ad modum belli alloro usanza, et altri cavalli con scoppette
moresche, et giostrando alcuni de stessi mori
correndo a la lerta sopra
la jomenta:et altri con zagaglie in testa, non tenendolle, correndo alcuna
volta Don Garzia insieme con Ascanio Caraziolo:
Fenito il gioco de le
zagaglie pigliorno Ile canduze, menando lluno ed altro et più destri mori, non
havendono canduze in mano, se calavano da
cavallo in terra pigliando
Ile canduze: finito il gioco dele cadunzie il Rè fé una carrera insieme con Don
Garzia et Ascanio Caraziolo; fenita
detta carrera se voltò il
Rè et se incontrò co lo Vecerrè, et se basciorno, et de pò se voltorno verso il
palazzo dove habitava il Re, et sende andò
con molta compagnia et nce
andò il vecerrè, Don Garzia, il prencepe de Salerno et altri gintilhomini
neapolitani.
Die XXV Julii 1543
Neapoli. In dì de san Jacobo, et proprio ad san Jacobo de li Spagnoli se
corsero multi palij. In primis corsero quattro donne
da Santa Maria de la nova
vestite con calzuni et calzette. Una de dette donne era la moretta de fonseca
(10), et quella vense lo pallio. De pò
corsero li homini appede da Santa Chiara et lo vense il stafferò
de Don Garzia: de pc corsero li sommeri da san Domenico: appresso corsero li
cavalli etjomente paesane,
et lo cavallo de Don garzis da porta Noale (Nolana), correndo arrivati appede
le palazo de Don Garzia il suo stafferò
cascò da cavalle per
morto, arrivando lo cavallo de Scipione pignatellc con lajumenta de nocera et
altre; finalmente lo vense il cavallo de
pignatello: appresso
corsero le jumente et cavalli barbari donati dal Rè de Tunse al Vecerrè, e1 la
jumenta del marchese de Torre Magiore,
et altre jumente, da Santa
Maria de le padule, finalmente lo vense la jumenta del marchese de torre
magiore.
Die XXVIII Julij 1543 de Domenica assera
venderò le galere de Don Garzia et portare la Vecereina da Sicilia in Neapoli,
lo dì seguente lo Rè
de Tunse imbarcò sopra le galere, et andò ad
pezulo ad piacere, ad stare a lo palazo et lardino de lo Vecerrè.
Die primo mensis augusti 1543 Neapoli. Don
Garzia fé correre più et diversi palij a la strada dela Incoronata. In primis
li homini allottare avante
sua
casa de detto Don Garzia. De pò corsero li homini appede, de pò le donne, de pò
li sommeri, appresso li muli, de pò li cavalli paesani, de po’
li
cavalli, et jomente barbare da li lochi verso Novai (11) finiti tutti
quistijochi il marchese de Vico Colantonio Caraziolo stando a la fenestra dove
stava il vecerrè, e lo prencepe de Salerno, il marchese incomenzò
ad buttare carlini novi per la fenestra abascio a la strada, il Vecerrè
pigliandose gran piacere de quilli adunavano dinari, quali erano circa decemilia
persune; ad un altra fenestra de la medesima casa nce era Don Grazia con una
Signora quale era mogliera de
Cesare Pignatello, et se fé imprestare da detta Signoria certi
scuti et li buttò per la finestra abascio, et de pò sende fé prestare un altra
volta
et
li buttava puro abascio: La sera medesima le galere andaro appezzullo; la
matina sequente il Rè de Tunse vende da Pezulo in Napoli.
Del mese de augusto predetto circa la mità il Re se partio dal
palazo de Ascanio colenda et andò ad habitare al palazo di pizo farchone con
sua
famiglia; però nde restaro alla medesima casa de sua gente.
Die XII mensis septembris 1543 se partero da Neapoli nove bandere
de soldati, circa tremilia fanti taliani, quali se diceva volevano andare
alo tronto in apruzo: al
medesimo tempo se tepedero, dodici capitane!, colondello generale, o capitano
de lo spedo con dire volevano dare tre
paghe insieme ad ogni
soldato, quattro scudi per paga; quali si faceano ad istanza del rè de Tunse
per li portare in Tunse, perché se diceva che
Tunse era rebbellata dal Re et se era fatto Re il figlio. Però la
venuta (12) del Rè de Tunse in Napoli io non la so, alcuni dicevano havea avuto
pagura de larmata de
Barbarossa: alcuni dicevano che era fugito da Tunse.
Die XXVIII mensis septembris 1543. Lo Re de Tunse volendose partire
da Napoli et retornare in Tunse, perché erano fatti et compiiti li soldati
ad sua instantia, quali
erano al numero de tremila soldati; nde fé fare la scelta da lloro capitane! de
due mila et cinquecento (13). Quali
capitane! erano dudici
vid. Lo capitaneo Thomase Costa, Pirro antonio grandillo, Francesco de Aversa,
il capitano Joan Evangelista et altri
capitane! neapolitani, et
volendoli imbarchare dandoli una paga et non finita sopra lo muoio grande, li
soldati pugnandone non voleano
imbarcharo et se appigiarno coli capitanei et orferi: morendonce
uno soldato et più feriti mostrando signo che haveano da essere tutti
tagliati appezzi et traditi como cani: finalmente se imbarcorno
per forza e mali contenti, el Re con tutta sua gente, sopra ad otto nave et
sende
partendo da Neapoli, et andare in Tunse.
Die octavo mensis octobris 1543 che arrivò lo Re de Tunse insieme
coli altri soldati inla Auletta (cioè fa Goletta); dove erano lo Sig. Don
Francisco capitaneo de li soldati che stavano in guardia de la
auletta: sbarchati lo Re et li soldati Ila fero residentia quattro dì per
intendere
Ile nove venivano da
Tunse, venendone da Tunse multi gintilhomini morischi, basando li piedi, et Ile
mano al Re da parte de suo figlio et de
la terra volesse intrare securamente
in Tunse; Lo Signor Don Francisco vedendo questo, avisò et fé parlamento et
sende fé protesto, contro
de lo Signor Joan baptista de loffredo et capitane!, che lloro non
volessero andare in Tunse, perché erano tutti morti perché quilli de la Auletta,
con quilli de Tunse erano
inimici et ogni dì facevano corrarie, et che non nce andavano securi: Lo Signor
Joan battista disse nui volimo andare
a accompagnare lo Re in
Tunse, perché non andandonce, che sarria ditto de me; et cussi fé mettere in ordine
li capitane!, et li soldati, et
andare insieme co lo Rè
verso Tunse; et essendo arrivati due miglia lontano da Tunse: uscero da Tunse
tanta migliara de mori appede, et
accavallo et dale montagne
calavano tanta alarbi (Arabi) accavallo che era una cosa stupenda ad vedere,
dandone in dosso ad cristiani et ali
mori che andavano co li
cristiani, dove lo Re fo presone impotere de li mori, Joan, battista de
loffredo ambazato dentro lo fiume, et altri
capitane! et soldati
delluna partita et dell'altra; pensate che deli cristiani tanta ne scappare,
quanta se buttare dentro lo fìumo, che de duemila
et cinquecento remasero
circa otto cento: et sinon che Don Francisco mandò alcune barche con sbrigli
sopra per lo fìumo in defensione de
cristiani, poco nde forriano
scappati: La Regina et le altre donne et robba del Rè restaro a lauletta.
Die XVI? mensis septembris 1543 Neapoli vende la nova da lo
Imperatore che haveva pigliata una cita de franza nominata duro, et se nde fé
luminaria tré sere per la cita, sparando lo castello novo et de pò
lo castello de S. ermo bellissimi pezi.
Die XXVIII mensis septembris 1543 Neapoli per ordine del signor
Regente Don Rodorico demendoza foro poste le arme del Imperatore de ligno,
et pintatonce le arme del
Vecerrè, et poste le tabelle pente sopre le banche criminale con le arme de lo
Imperatore del sig. Regente et del
mastro datto, et piantata
la torre, et postonce lo orologio et cavallo et pastore: quale campana
delorilogio sona quando se fa justitia.
Die sette mensis januarij 1544 Neapoli Sua Santità nce fé gratia
de uno grandissimo Jubileo.
Die 8 Januarij 1544 Neapoli de martedì la sera et notte seguente
fino alamatina fioccao neve, tanta che era circa mezo palmo sopra terra tanto
dintro Neapoli quanto fore.
Die XX mensis aprelis 1544 Neapoli che Don Scipione figlio de
messer Vergilio de spenis piglio possexione de lo benefìcio della Ecclesia de
S. Sossio
de fratta magiore.
Die quinto mensis Junij 1544 Neapoli se ingaudiò madamma ricreila
de Spenis in casa de messere Vergilio de Spenis et pigliò per marito messere
Placido ferrare de Neapoli
figlio de messer Tullio ferrare.
Die ottavo Junij 1544 se esposaro et se fero dir la messa dello
Spirito Santo ad Santo apostolo et de pò se la portò ad sua casa con una
bellissima
compagnia ad cavallo.
Die nono mensis Junij 1544 Neapoli dellunedì vennero in neapoli
trenta galere del Prencepe Andrea de oria insieme con quelle de Neapoli.
Die XI se parlerò et andare ad gaeta.
Die XV se retomaro in Neapoli che fo de domenica:
Lo luned sequente (14) che fo la vigilia de Santo Joan arrivò
larmata de Barbarossa alo castello de Cuma et tra lo truglio de pezulo, et che
erano
cento cinquanta vascelli
de rime et quattro nave grossissime per portare munizione: Quale armata veneva
da franza, perché era stata in
servizio de Rè de franza
et che nce era stato uno anno: a lo ritorno partendose da franza per la marina
de Roma et perché sua Santità le
appesente, non fé dispiacere annullo: arrivando ad Ischia ad procita
et non possendo nocere ad isca pigliò procita casale de isca (sic) et ne pigliò
presuni circa mille et
cinquecento persune tra piccoli et grandi, temine et homini, abrusciandono
case, grano, lino, paglia, legna et qualsevoglia
cosa che trovavano: Lo mercoledì seguente matino battagliorno
pezulo, perché lo martedì era stato San Joan credendose che se rendesse et
perché
nce erano soldati dentro non se resero, anzi se defesero et
battagliare gagliardamente, ad quella medesima hora il Vicerrè fé ordine ad
tutti, et
qualsevogliano persune,
nobile et ignobile che andassero ad cavallo et ad pede insieme con isso ad
pezulo; finalmente se fero al numero de
mille cavalli armati che
non volive vedere altra belleza; et ad pede sine' numero, da più et diversi
lochi; finalmente larmata de barbarossa
vedendo questo se ritirare in dereto ad pede al castello de baja,
non fanno preda nesciuna, escepto sparando un pezo de artegliata ammazzò
un capitaneo spagnolo
dentro pezulo, et un altro spagnolo homo de arma pigliorno vicino pezulo a la
rena: le galere nostre che erano
trenta, sempre stavano
appede Nisita facendo la guardia de dì et de notte. Lo jovedì sequente circa 22
hore se partio larmata de barbarossa
verso le bucche de crapa,
et verso la costa de amarne, et quilli de amalfie volendone levare il corpo de
S. Andrea da dentro la ecclesia et
conservarlo per paura de
la armata , non lo possero movere, designando miracolo; finalmente le galere
nostre sequendo appresso, tirando lluno
ad laltro bone candonate, et essendo larmata vicino le bucche de
Crapa, se mosse una fortuna.una tempesta de mare grandissima, sicché non se
possero firmare niente,
sulo ponno accorrere verso Salerno, dandose de petto lluna ad laltra: pensate
che per la marina de Salerno et de Cava se
trovare rimi et altri
legnami delarmata
Die XII mensis
Februarij 1546. In fratta magiore de Venerdì, che se incomenzò ad
fabbricare lo campanaro de la Ecclesia de S. Sossio, però da
la pianeza de terra
infìn... dove era mastro de Ecclesia notaro pompilio biancardo et m. Luca de
pattis (16).
Die XV mensis martij 1546 de martedì ale XX hore in napoli che se
posse fuoco ala monetione che stava alo torreone de lo castello novo
cuosto alo molo grande,
sfraggassato tutto detto torreone et altre case circum circa, dove nce morsero
circa trecento persone tra mascoli, et
femine, piccoli et grandi.
Die primo mensis augusti anni 1546. In fratta de Domenica che io
Donno Hieronimo cantai la prima Messa dentro la Ecclesia de S. Sossio a
lo altare magiore con molti
et diversi cantori, preiti et seculari, dove foro dele persune mille de più et
diversi lochi, cita, terre, casali et
masime de Neapoli, Marigliano, Aversa, Jugliano, Marano, Chiajano,
Panecoculo, Santantamo, Pumegliano, Casandrino, Grummo,
Casapozana,,0rte,
Pumigliano de atella, Crispano, Fratta piccola, Cardilo, Pumigliano ad arculo,
S. Pietro ad paterno, Casoria, Secondigliano,
Arzano, Caserta, Capo
derise et tutta Fratta integra. Dove fo fatta una grandissima et
indemerabilissime festa con più diverse vidanne et
vivenne, et con più et
diversi instrumenti musici, archi trionphali, torrioni, galere et altri
artifìcij de foco. La quale festa fo fatta a la casa et
cortiglia de Angelillo (17) et gabriele de Spenis et perché
lojovedì precedente in detta casa de angiolillo morse et trapassò da questa
vita
presente una sua nepote,
nomine menechella de Spenis, inmaritata con Santillo de Catello, la morte de la
quale nce fo danno più de vinti scuti,
perché tutti quilli de casa
tanto mascoli, come femine, stavano mali contenti della morte de essa
Menechella, et ogni cosa andò asacco et
arroyna. La quale
menechella era stata più de sei mise malata, mo more, adesso more, finalmente
invitati tutti et comprate vacche, porcelle et
tutte altre cose, che non se possea sperlongare più, fò de
necessario cantare la Messa et fare detta festa, a la quale festa fatta per me,
nce
spise da circa ottanta
ducati, et dessi non ndefìce sessanta, (18) dove nce perdie più de vinte scuti,
et de più me foro arrobati misale,
tovaglie, stoya, bocche,
piatti de creta et de ligno, pignate, arciola, scotelle, carrafe, gotti, le
porcelle sane sane, e tutte altre cose che se possero
arrobare.
Die XX mensis augusti 1546. In Napoli et proprie a la strada de S.
Joanne ad Carbonaro se fé la mostra de trecento homini de arme tutti bene
ad cavallo, dove era il
Vecerrè Don pietro de Toledo in persona con multi altri signori et principi; la
quale mostra era in quisto modo vid: tré
homini de arma ad cavallo,
et tré pagi appresso slmilmente ad cavallo ad bellissimi cavalli, et de quisto
modo era detta mostra, talmente che
erano sei cento cavalli,
tutti bene in ordine tra spagnuoli et taliani, et detti trecento homini de arme
foro capati da ottocento homini de arme che
stevano infra regno, et quisti trecento homini de arme foro
mandati da lo Vecerrè alo Imperatore in Lombardia centra li loterani.
Die XX mensis Maij
1547. Neapoli et fo la Domenica sera et se fé llumenaria per tré sere
per tutta Napoli, perché lo exercito de lo Imperatore
havea preso pregione il
Duca de Sassonia capo de li Luterani.
Die XXV mensis Maij 1547 in Napoli che fo la causa, e l'origine de lo Inquisitore.
Note:
(7) Cf. summonte, IV, 155
Bulifon. Nella Storia
di not. Antonino Castaidi ed. Gravier per errore segnasi l'a. 1544.
Il Capasso ha pubblicato la cronaca adoperando la stessa
ortografia, e gli stessi Arcaismi.
(8) Ora chiesa del Gesù
nuovo.
(9) II Castaidi, ed il
Summonte sono meno precisi del nostro Cronista, e parlano solo del palazzo di
Pizzofalcone, dove
il rè di Tunisi andò
dopo.
(10) Contrada della città
verso Capodimonte.
(11) Così nel Ms. me
posseduto, in quello della biblioteca Nazionale:
so lijochi verso tsouati; ma ne l'una ne l'altra
lezione di senso alcuno.
(12) Vuole dire: la causa
della venuta.
(13) Probabilmente questa è
una correzione de: numero antecedente di tremila, posta malamente fuori
luogo. V. appresso
(14)'Ma propriamente dell'altra settimana
(16) II campanile fu terminato poi nel 1598. Nel
1728 fu reidificato in forma più elegante e vi fu apposta una iscrizione di
Nicolo Capasse V. giordano, O. e.
p. 212
(17) II cod.dellaBibl.Naz. ha
Agne/fo.
(18) La nota de le spese fatte si legge nell'ultima carta del Ms. ed è la seguente:
In primis per sei jenche
bellissime D. 35 O
O
Item per porcelle piccole et
grande » 5 2
10
Item per quaranta papari 25 comparati,
et li altri de casa dico » 2 2 17
Item per undici anatrelli • » O 2 15
Item per sexanta pollastri » 213
Item per qualtrocento ova »
1 O O
Item per uno presutto et verrinia ? » O 3 5
Item per otto pezze de caso cellese
rotola 36 et
cinque rotola de casocavallo et
gabella » 205
Item per ottanta rotala de
vermicelli » 1 1 5
Item per dieci rotola di riso » 040
Item per tante spetie et zuccaro » 200
Item per tanta frutti tra percoca, nuce
persiche
et pera dico
» 1 110
Ite per melluni mostrati de ponte ad
sedici » 040
Item per tante lumuncelluccie » O 110
Item per provole de due sorte » 010
Item per trenta uno rotola de lardo
. » 1 2 15 D.58 1 19 (sic)
La contabilità era tenuta in ducati, tari e grana, un ducato si divideva in 5 tari, un tari in 20 grana, un ducato era uguale a 10 carlini.
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BIBLIOGRAFIA DI TUTTI GLI SCRITTI DI BARTOLOMMEO CAPASSO
ARCHEOLOGIA, TOPOGRAFIA, STORIA DELL'ARTE
- Topografia storico-archeologica della Penisola Sorrentina
e raccolta di antiche iscrizioni edite ed inedite appartenenti alla medesima. Napoli, 1846.
- Memorie storiche della
Chiesa Sorrentina. Napoli, Stabilimento dell'Antologia legale, 1854.
- Sull'antico sito di Napoli
e Palepoli. Dubii e conghietture. Napoli, Stabilimento dell'Antologia legale,
in 8°, p. 64; ristampato insieme con una conferenza del prof. Alberto
Marghieri,
II risanamento di Napoli. Napoli, Marghieri, 1889.
- Nuove Iscrizioni
Sorrentine. In Bolletino archeologico napoletano. Nuova serie, anno V,
pp. 131-135. Napoli, aprile 1857.
- Nuova interpretazione di
alcuni luoghi oscuri e difficili di latini scrittori tentata con l'aiuto del
dialetto e dei costumi napoletani. In Rendiconto delle tornate
dell'Accademia
Pontaniana, anno IV. Napoli, Cataneo, p. 76-78. (Fu letta nella tornata del 25
aprile). anno 1858.
- Sulla casa di Pietro della
Vigna in Napoli, ricerche, Ivi anno VII, p. 196 a 203; ristampato in appendice
a Giuseppe de Blasisi, Della vita e delle opere di Pietro della Vigna. Napoli,
tip. dell'Ancora, 1861.
- Nuova dichiarazione
dell'iscrizione sorrentina dedicata a Fausta. In Rendiconto delle tornate
dell'Accademia Pontaniana, anno X. Napoli, stamperia della R. Università,
p. 28 a 37.
(Trattasi di un riassunto della Memoria presentata dal Capasse
all'Accademia). anno 1862.
- Notizia di alcune
iscrizioni abruzzesi tuttora inedite e nuova spiegazione del vocabolario
Majoriarius. In Rendoconto
delle tornate dell'Accademia Pontaniana, anno XIV, p. 68 a 78, e per
estr. Napoli, tip. della R. Università, in 8°, p.
11,1866.
- La piazza del Mercato di
Napoli e la casa di Masaniello, rimembranze storiche di un napoletano. Napoli,
stamperia del
Popolo d'Italia, in 16°, p. 35,1868.
- Notizie di alcune
iscrizioni Formiane recentemente ritrovate. In Atti dell'Accademia di
archeologia, lettere e belle arti, voi. V. Napoli, stamperia della R.
Università, in 4°,
p. 43 a56, 1870.
- Nuove osservazioni
sull'iscrizione sorrentina di Fausta. In Atti ded'Accademia Pontaniana, voi.
IX, p. 57 a 72. Anno 1871.
- La famiglia di Masaniello,
episodio della storia napoletana del secolo XVII narrato ed illustrato con note
e documenti. In Rendiconto delle tornate dell'Accademia Pontaniana,
voi. XXIII, e per estr. Napoli, tip. della R. Università, 1875, in
4°, p. 96. Anno 1875.
- Notizia su alcuni avanzi
dell'antico lastricato di Napoli rinvenuto nel vicolo S. Nicola dei Caserti. In
Archfuib Storico per le province napoletane, anno I, Napoli, p. 799 a
800,1876.
- Sulla spogliazione delle
Biblioteche napolitane del 1718; notizie e documenti. Ivi, anno III, p. 563
a594,1878.
- Sull'aneddoto riguardante
gli affreschi del Cav. Calabrese sopra le porte di Napoli. Ivi, Anno III, p.
597 a 605,1878.
- L'epitaffio di Cesano
Console di Napoli. Ivi, anno IV, p. 537 a 550,1879.
- La fontana dei Quattro del
Molo di Napoli. Ivi, anno V, p. 158 a 194,1880.
- Appunti per la storia
delle arti in Napoli. Ivi, anno VI, p. 531 a 542,1881.
- L'abside dell'antica
basilica di S. Giorgio Maggiore in Napoli. Relazioni della Commissione
Municipale per la conservazione dei monumenti. Napoli, Giannini, 1881.
- Napoli descritta nei
principii del secolo XVII da Giulio Cesare Capaccio. In Arch. stor. per le
prov. Nap., anno VII, pp. 68 a 103,176 a 197; e per estr. Napoli, Giannini,
1882.
- Notizie di alcune
osservazioni fatte dal dottar Carmelo Mancini intorno all'iscrizione di un
tegolo di Campomarino. Ivi, anno Vili, p. 340 a 342,1883.
- Sulla circoscrizione civile ed acclesiastica e sulla popolazione
della città di Napoli dalla fine del secolo XIII al 1809.
Ricerche e documenti,
in Atti dell'Accademia Pontaniana, voi. XV, e per estr. Napoli, tip.
della R. Università, p.
129,1883.
- Il Palazzo Como, memorie
storielle. In Catalogo del Museo Civico Gaetano Filangieri, Principe di
Satriano. Napoli, De Rubertis, 1888, p. IX a LVII, e per estr. Napoli, De
Rubertis,
1888.
- La Vicaria Vecchia, pagine
della storia di Napoli, studiata nelle sue vie e nei suoi monumenti. In Archivio
storico per le provincie napoletane, anno XIV, 1889, p. 97 a 139,
685 a 749; XV, 1890, p. 388 a 433, 583 a 635,1889.
-1 codici della Biblioteca di
San Giovanni a Carbonara di Napoli dei PP. Eremitani di S. Agostino spediti a
Vienna nel 1718; nell'Eco di S. Agostino, voi. IV, p. 209 a 250, e per
estr.,
tip. Trinchese, 1890.
- Pianta della città di
Napoli nel secolo XI. InArc/ziuio storico per leprov. napol.. Anno XVI,
1891, p. 832 a 862; XVII, 1892 p. 422 a 844,679 a 726, 851 a 881; XVIII, 1893,
p. 104 a 125,316 a 363, con
due piante della città e del Ducato di Napoli, e per estr. con la monografia di
M. Schipa, Storia del Ducato Napoletano. Napoli, F. Giannini, 1895.
- La torre di Arco e la casa
del Fontano in Napoli. In La strenna Giannini, anno IV, Capodanno 1892,
Napoli, tip. F. Giannini, 1892.
- La casa e la famiglia di
Masaniello, ricordi della storia e della vita napoletana nel secolo XVII. In Strenna
Giannini, anno V. Napoli, Giannini, 1893.
- Il palazzo dei Diaz Garlon, poi di San Marco.
Nella rivista Napoli Nobilissima, voi. II, p. 16. Anno 1893.
- La denominazione delle
torri di Napoli nella murazione aragonese e viceregnale. Ivi, voi. II, p. 30 a
31. Anno 1893.
- Il palazzo di Fabrizio
Colonna a Mezzocannone, pagine della storia di Napoli studiata nelle sue vie e
nei suoi monumenti. Ivi, voi III. Anno 1894.
- Notizie intorno alle
artiglierie appartenenti alla città di Napoli dal secolo XV fino al 1648Mn Archivio
Storico per le provinole napoletane, anno XXI, 1896, p. 406 a 424,1896.
- L'Epitaffio del Mercato e
la fontana, studiata nelle sue vie e nei suoi monumenti. Nella rivista Napoli
Nobilissima, voi. VI, p. 113 a 119,133 a 140. Anno 1897.
-
Napoli Greco-romana, quadro storico topografico dell'antica città delineato ed
esposto al popolo. Anno 1900.
STORIA POLITICA E LETTERARIA
- Sul vero cognome del
cariteo antico Pontaniano. In Rendiconto delle tornate dell'Accademia
Pontaniana. Napoli, Cataneo, anno V,p.37 a 52,1857.
- Breve nota alla memoria
del professor Lattes sopra un punto dell'antica legislazione penale del cessato
reame di Napoli. Ivi anno IX. Napoli, tip. della R. Università, p. 78 a
84,1861.
- Le leggi promulgate dai Rè
Normanni nell'Italia Meridionale, raccolte ed illustrate con documenti e
memorie del tempo e col confronto del diritto romano e canonico e dei codici
barbari. Napoli, Cardamone, 1862. È il programma di un'opera che
non fu mai compiuta. Tra i manoscritti lasciati vi cono vari fascicoli che
contengono le sue ricerche per questa e
per altre opere riguardanti il periodo Normanno.
- Il Tasso e la sua famiglia
a Sorrento. Ricerche e narrazioni stori-che. Napoli, per i tipi del Comm. G.
Nobile, 1866.
- Novella di Ruggiero rè di
Sicilia e di Puglia, promulgata in greco nel 1150, per la prima volta edita dai
codici delle biblioteche di S. Marco in Venezia e Vaticana in Roma con la
traduzione latina. In Atti dell'Accademia Pontaniana, voi.
IX, p. 211 a 244, e per estr. Napoli, tip. della R. Università, in 4°, p. 34.
Anno 1867.
- Monumenta ad Neapoliani
Ducatus Historiam pertinentia, etc. Napoli, Stab. tip. Ghio. È il programma
della pubblicazione diffuso il gennaio 1868.
- Sul catalogo dei feudi e
dei feudatari delle province napoletane sotto la denominazione normanna, in
Atti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, voi. IV, p.
239-371,
e per estr. Napoli, stamperia della R. Università, 1870.
- Sulla storia esterna delle
costituzioni del regno di Sicilia promulgate da Federico II. In Afri dell'Accademia
Pontaniana, voi. IX, p. 379 a 502, e per estr. Napoli, tip. della
R. Università, p. 128.Anno 1869.
- Sui diurnali di Matteo da
Giovenazzo. Napoli, e per estr. Napoli, stamperia della R. Università, in 4° p.
64. Anno 1872.
- Historia diplomatica regni
Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266. Monumenta undique collegit, edita
breviavit inedita integre protulit, omnia ordine chronologico digessit,
et notationibus ad Matthaei a Juvenario errores refellendos
praecipue accomodatis illustravi! Neapoli, Ex typographia Regiae Universitatis,
in 4°, p. Vili, 376. Anno 1874.
- Sopra un luogo di Flavio
Vopisco, uno degli scrittori della storia Augusta: studio filologico. In Giornale
napoletano di Filosofìa e lettere, voi. I., pag. 281 a 291. Anno 1875.
- Sull'epoca della morte di
S. Benedetto e sull'era benedettina di alcune cronache napoletane dei mezzi
tempi. In Atri dell'Accademia di Architettura, Lettere e Belle Arti,
voi. IX,
p. 145 a 156. Anno 1879.
- Monumenta ad Neapolitani
Ducatus historiam pertinentia, etc. Neapoli, ex regio typographaeo, eq. F.
Giannini, tomus I, p. XVIII-351 in foL, con Vili tavole in cromolitogra'phia.
Anno 1881.
- Pietro della Vigna:
osservazioni e documenti. Caserta, in 8°. Anno 1882. Fu scritto per conto della
Commissione di Antichità e belle arti di Terra di lavoro in collaborazione con
il canonico Gabriele
lannelli.
- La strenna di Lucrezia
d'Alagno. In Strenna Giannini, anno I, ristampata in Le strenne
Giannini, 1881-83-84, anni I, II, III, per lo stesso. Napoli 1893.
- Rè Alfonso I d'Aragona e
Masto Francisco Sartore alla Selleria in Napoli, 1443. In Strenna Giannini,
anno I, II, III, Napoli, tip. F. Gianni e F. 1893, p. 97 a 101.
- Sulla poesia popolare in
Napoli. In Archivio Storico per le provincie Napoletane, Anno Vili, p.
316 a 331,1883.
- Il Pactum giurato del Duca
Sergio ai Napolitani, 1030? Napoli, voi. IX p. 319 a 333,350 a 562, 710 a
742,1884.
- Sull'uso del diritto
romano e longobardo nelle provincie napoletane sotto l'impero delle leggi di
Federico II. Lettera premessa sotto l'impero delle leggi di Federico II.
Lettera
premessa al libro di Francesco Brandileone, II diritto romano e
le leggi normanne e sueve del regno di Sicilia, Bocca. In 8°, p. XI a
XXXVI. Anno 1884.
- L'entrata degli Spagnoli
nei quartieri sollevati di Napoli a 6 aprile 1648. Nel Plutarco,
rassegna storica, anno I, fsc. I, Napoli, 9 marzo 1884, pag. 4-5, e in Strenna
Giannini,
anno III, 1884;
ristampato in Le strenne
Giannini, anni I, II, III, Napoli, tip. F. Giannini e F., 1893, pp. 125 a
128.
- Nuova interpretazione di
alcuni luoghi delle satire di Grazio. In Atti dell'Accademia di Archeologia,
Lettere e Belle
artì.Anno 1888.
- Sorrento e Torquato Tasso.
Album per il terzo centenario della morte del poeta, pubblicato per cura del
Municipio Sorrentino. Napoli, tip. Giannini, in fol., p. 21;
oltre le XXVIII tavole, 1895.
- Torquato Tasso a Napoli. Contributo
di onorazione e di memorie raccolte e pubblicate nel terzo centenario della
morte del poeta da B. Capasse. Napoli, tip. Giannini, 1895.
Sono del Capasso la prefezione, p. VII a XI, e lo scritto degli
Edifici di Napoli nei quali abitò il Tasso, p. 5 a 19.
- Sui Diurnali di Matteo da
Giovenazzo, dissertazione critica.Seconda edizione migliorata ed accresciuta.
Firenze, G.C. Sansoni editore, in 16°, pp. 88; ed il n. 3 della Biblioteca
Critica della Letteratura Italiana, diretta da Francesco Torraca.
Anno 1895.
- Masaniello ed alcuni di
sua famiglia effigiati nei quadri, nelle figure e nelle stampe del tempo. Note
stanche. InArc/iiuib Storico per le provinole napoletane, anno XXII,
p. 65 a 118, 1897.
CRITICA DELLE FONTI STORICHE
E ARCHIVISTA
- La Cronaca
napoletana di Ubaldo edita dal Pratilli nel 1751, ora stampata nuovamente e
dimostrata una impostura del secolo scorso. Napoli, stabilimento dell'Antologia
legale, 1855.
- Catalogo
ragionato dei libri, registri e scritture esistenti nella sezio-ne antica o
prima serie dell'Archivio Municipale di Napoli (1837-1806) Napoli, tip. F.
Giannini, in 4°,
p. LVIII-156,
1876.
- Le fonti della
storia delle province napoletane dal 568 al 1500. In Archivio Storico per le
province napoletane, anno I, p. 1 a 32,181 a 2310,379 a 393,581 a 618; Anno
II 1877.
- Le Cronache de
li antiqui Rè del Regno di Napoli di D. Gaspare Fuscolillo. Ivi, anno I, p. 35
a 43, 533 a 564, 621 a 648, 1876.
- Il Regesto
della Badia di Tremiti, codice del secolo XIII della Biblioteca nazionale di
Napoli. Ivi, anno I, p. 800,1876.
- Breve Cronica
dai 2 giugno 1543 ai 25 maggio 1547 di Geronimo de Spenis da Frattamaggiore.
Ivi, anno II, p. 511 a 531, 1877.
- Indicazione delle fonti
della storia delle province napoletane dal 568 al 107. Ivi, anno V, p. 437 a
469,1880.
- Due scritture
riguardanti la storia napoletana nella seconda metà del secolo XIV. Ivi, anno
VI, p. 313 a 335,1881.
- Sull'autenticità del
testamento di S. Amato, vescovo di Nusco, 1093. Ivi, anno VI, p. 543 a
550,1881.
- Un nuovo manoscritto dei
giornali che vanno sotto il nome di Giuliano Passare. Ivi, anno VII, p. 104 a
109,1882.
- Gli Archivi e gli studii
paleografici e diplomatici nelle province meridionali fino al 1818. Discorso
letto ai 14 aprile 1885 nella scuola di paleografia dell'Archivio di Stato di
Napoli.
Napoli, Francesco Giannini, in 16°, p. 82,1885.
- Nuovi volumi di Registri
Angioini ora formati con quaderni e fogli che già esistevano dimenticati e
confusi nell'Archivio di Stato in Napoli. InArc/i. Stor. per leprov. Napo.,
anno X, p. 760 a 790,1885.
- Un diploma di Rè Renato al
Comune di Bucchianico del 1438. Ivi, voi. XI, p. 505. Anno 1886.
- I Registri Angioini
dell'Archivio di Napoli che erroneamente si credettero finore perduti. Ivi,
voi. XII, p. 801 a 822. Anno 1887.
- Catalogo ragionato di
libri, registri e scritture esistenti nella sezione antica o prima serie
dell'Archivio Municipale di Napoli, 1378-1806, parte II. Tribulane di S.
Lorenzo e su
dipendenze. Napoli, tip. F. Giannini, p. VII-355,1899.
- L'Archivio di Stato in
Napoli dal 1883 fino a tutto il 1898. Relazione a S. E. il Ministro
dell'Interno. Napoli» tip. Michele D'Auria, p. 80, in 4°, 1899.
DISCORSI, RECENSIONI ED
ALTRI SCRITTI
- Elogio del Cav. D.
Giuseppe De Cesare. In Rendiconto delle tornate dell'Accademia Pontaniana,
anno IV, Napoli, Cataneo. Anno 1856.
- Intorno alle Memorie
per servire alla Storia della Chiesa Salernitana del canonico Paesano. In Rendiconto
delle tornate dell'Accademia Pontaniana, anno VI. Napoli,
Cataneo, p. 43 a 52,1858. È una relazione letta nella tornata del
7 marzo 1858.
- Notizia dell'opera II
secolo XII e Giovanni di Precida del Cav. Salvatore de Renzi. Ivi, anno IX.
Napoli, Stamperia della Regia
Università, p. 53 a 64. Anno 1881. Questa
recenzione fu letta nella tornata del 28 aprile 1881.
- Recensione del libro di
Teresa Ravaschieri Fieschi, Storia della carità napoletana, m Archivio
storico per leprovincie napoletane, anno II, p. 398 a 409,1877.
- Recensione del libro di G.
A. Galante, Memorie della vita e del culto del B. Nicolo eremita di S. Maria
a Circolo di Napoli, Ivi, Anno II, p. 164 a 176.
- Necrologia di Luigi Cangiano. Ivi Anno VI, p. 405
a 408,1881.
- Necrologia di Camillo
Minieri Riccio. Ivi, anno VII, p. 436 a 460, e per estr. Napoli, Giannini, p.
25,1882.
- Manoscritti e pergamene.
Ivi, voi. VII, p. 802 a 804. Anno 1882. Da notizia dei manoscritti di storia
napoletana già appartenuti ai fratelli Fusco, ed in quell'anno acquistati dalla
Società di Storia Patria.
- Scipione Volpicella. Commemorazione
letta all'Assemblea generale della Società Napoletana di Storia Patria la sera
del 21 aprile 1883. Ivi, voi. Vili, p. 176 a 192. Anno 1883.
- Credenze e costumanze
popolari, in Giambattista Basile, Archivio di Letteratura popolare, anno
I, p. 17 a 18, 33; II, 1884, p. 41; III 1885, p. 65. Anno 1883.
- Prefazione alla Biografia
storica della provincia di Terra di Bari, raccolta da Luigi Volpicella.
Napoli, De Rubertis, p. XII a XVI;
anno 1884.
Sulle origini e sui mutamenti di questa circoscrizione.
- Ottave di Velardinello. In
Giambattista Basile, anno III, p. 2., 1885.
- Necrologia di Francesco Boucard. Ivi, a IV, p. 48.
Anno 1886.
- Lettera premessa a / Napoletani
a Lepanto di Luigi Conforti. Napoli, Casa edistrice artistico-letteraria,
p. IX a XIV. Anno 1886. Il Capasso raccoglie notizie su due poeti
Giambattista Arcuccio e
Nicola Maria Fazali, che cantarono la vittoria di Lepanto.
- Relazione fatta
all'assemblea generale della Società di Storia Patria la sera del 30 gennaio 1888.
in Arch. stor. per le prov. nap.. Anno XIII, p. 181 a 198. Espone
l'opera della
Società nei primi dodici
anni della sua vita.
- Un bacio perduto. In Giambattista
Basile, VII, p. 33 a 34. Anno 1889.
- Recensione del libro di V.
Bindi, Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi. In Archivio storico per
le provincie napoletane, anno XVI,
p. 233 a 238,1891.
- Relazione letta
all'Assemblea generale della Società nella sera del 21 febraio 1891. Ivi, Anno
XVI, p.258 a 266,1891. Riguarda l'opera della Società nel 1890.
- Relazione letta
all'Assemblea generale della Società la sera del 9 aprile 1892. Ivi, Anno XVII,
p. 520 a 524. Riguarda i lavori compiuti l'anno precedente e quelli preparati.
- Commemorazione di Gaetano
Filangieri Principe di Satriano letta all'Assemblea generale della Società il
29 dicembre 1892. Ivi, anno XVII, p. 884 a 891.
- Relazione letta
all'Assemblea generale della Società la sera del 16 marzo 1893. Ivi, anno
XVIII, p. 196 a 200.
- Relazione letta
all'Assemblea della Società del 23 febbraio 1895. Ivi, anno XX, p. 160 a 167.
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