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Genere utopico e antiutopico

Le moderne critiche dell'utopia hanno avuto un grosso peso anche sulla creazione artistica e letteraria, ove hanno generato un "filone" variamente denominato: antiutopia, distopia, controutopia. Si tratta di un tipo di letteratura che, pur utilizzando tecniche narrative e temi tipici della tradizione utopica, mira al fine opposto: la realizzazione dell'utopia non è più lo scopo ottimale cui tendere, ma piuttosto la minaccia da cui difendersi, se si vuole la salvaguardia degli autentici interessi e tratti distintivi dell'umanità. Nel genere antiutopico, l’autore espone i suoi timori, le sue preoccupazioni su un futuro negativo e pessimistico.

Anticipazioni della letteratura controutopica sono rinvenibili già nel settecento, e non è un caso, giacché nel momento in cui la ragione iniziava la sua rapida ascesa, alcuni letterati cominciarono ad avvertire la strettezza dei legami ed espressero il loro scetticismo sia nei confronti dell'eccessivo razionalismo che negli schemi utopici di società troppo perfette. Anche nell'ottocento, l'avvento delle grandi innovazioni, se per un verso alimentò le speranze progressive della borghesia al potere, e la conseguente fioritura di letterature utopica, per un altro verso fece insorgere voci di dissenso da parte di quanti vedevano nella razionalizzazione più spinta la somma ingiustizia perpetrata contro l'umanità.


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