La globalizzazione dell'ingiustizia neoliberista

 

 di FREI BETTO


L'esponente della teologia della liberazione invita i popoli a elaborare un'alternativa

 

 

Il progresso tecnologico attuale, come espressione della ricchezza, sottolinea la distanza tra la minoranza privilegiata e la maggioranza della popolazione che, in Brasile, non dispone di una rete di acqua potabile, istallazioni sanitarie, assistenza nella salute e di un sistema di educazione qualificato.

Una ricerca del governo federale, divulgata a novembre, rivela che sarebbero esclusi dall'accesso alla scuola circa 2,7 milioni di bambini tra i 7 ed i 14 anni. Ecco il paradosso: aumenta la produzione, si riduce l'occupazione e, per conseguenza, aumenta la povertà.

 

La Volkswagen di San Bernardo del Campo impiegava, nel 1980, circa 40.000 lavoratori e produceva meno di 1000 veicoli ogni giorno. Oggi ne impiega poco più di 20.000 e fabbrica, al giorno, circa 1.200 veicoli. A Milano, la Benetton ha inaugurato un sistema computerizzato di confezionamento tessuti, cosa che ha significato il licenziamento di 3.000 addetti.


Giorni fa, l'imprenditore Antonio Ermírio de Morais ha ammesso che, negli ultimi 10 anni, la Votorantim ha ridotto i suoi impiegati da 62.000 a 40.000.

La paura della disoccupazione è il principale fattore di instabilità emozionale di numerosi dirigenti d'azienda. Molti sono presi dallo stress, dall'ipertensione e da problemi cardiaci. Alcuni cadono nell'alcolismo e nella droga.

 

I sistemi produttivi e finanziari sono globalizzati, quello distributivo si va, invece, restringendo. Ci sono sempre più mercati per meno consumatori.

L'abilità stà nel ridurre il prezzo delle merci, rendendole più competitive, come fanno i cinesi. Nel prezzo a buon mercato di un prodotto, ci sono compressi dei salari irrisori, ore extra di lavoro non pagato e diritti sindacali violati.

Gli Stati Uniti hanno imparato la lezione e hanno piazzato le loro fabbriche in Messico ed in America Centrale.

 

Oggi, è un lusso raffinato parlare di vocazione, è un sogno scegliere un lavoro, è difficile imparare un mestiere ed è una benedizione ottenere un impiego, anche quando questo impiego non corrisponde al lavoro che uno vorrebbe fare, alla professione per la quale uno si sente abilitato, alla vocazione che darebbe valore al lavoratore come essere umano.

 

Quanti Mozart ed Einstein sono venditori ambulanti di giornali o, nella punta della piramide sociale, dirigenti che si sono dati al pericoloso sport di accumulare ricchezze.

 

I poveri non hanno la possibilità di moltiplicare i loro talenti. E tra quelli che dispongono di capitali, ci sono coloro che si lasciano prendere in tal modo dal gioco finanziario, avidi di espandere i loro commerci, che in questi consumano la salute, la vita familiare, l'allegria di vivere e il dono di creare.

Henry Ford considerava l'uomo "un animale pigro", facendo eccezione per se stesso, chiaramente. Così, creò il verticalismo nel processo produttivo.

Adesso, la terziarizzazione introduce il post-fordismo. L'uomo è un animale frammentato. La polverizzazione dei servizi rende il lavoratore alienato, non solo rispetto a ciò che produce, ma anche rispetto al proprio processo produttivo. Questo mina la coscienza della categoria professionale e la sua struttura sindacale.

Il neoliberismo lancia il salariato in una rete insignificante ed anonima che nega quel minimo di dignità come lavoratore e ne riduce i diritti.

Marx rimarrebbe sorpreso: le classi sociali vengono eliminate, non perché siano finite le disuguaglianze, ma per l'atomizzazione della coscienza che non comprende le macro-strutture.


La frammentazione solo percepisce le parti, mai il tutto.

 

Economia viene dal greco "oikos", habitat, casa - il modo di dirigere i beni ed i servizi imprescindibili alla vita umana. Oggi, questa ignora l'umano e si concentra nell'accumulazione del capitale. Il mercato è esaltato come unico meccanismo capace di fare funzionare l'economia.

Lo stato sociale è tanto ripudiato come lo stato assoluto delle monarchie e lo stato amministratore del socialismo. Il mercato svolge perfino una funzione epistemica. Si innalza come nuovo soggetto assoluto che si legittima per la sua logica perversa di espansione delle merci, per la concentrazione della ricchezza e l'esclusione dei meno favoriti.

 

Lo stato, anticamente impiegato come agente sociale, si converte nel Grande Leviatano. I politici, anche quando apparentemente proclamano che lo stato non può astenersi dalle proprie funzioni sociali, cercano comunque di smantellarle. I danni alle auto e le privatizzazioni hanno qualcosa in comune.

 

La crisi della modernità porta nel suo ventre la crisi del progetto libertario forgiato dalla stessa modernità. L'idea di liberazione, figlia amata dell'Illuminismo, oggi è esecrata come diabolica. Le rivoluzioni inglese, americana e francese sono confinate nei libri di storia.

E se ancora meritano attenzione, è perché hanno assicurato l'emancipazione della borghesia ed il fallimento della monarchia assoluta. Adesso che il socialismo reale si è sgretolato, l'utopia di una società ugualitaria è aborrita.

 

Marx esclamava: "Proletari di tutto il mondo, unitevi !"


Però sono stati i borghesi che hanno risposto all'appello. Non esiste capitale senza connessione internazionale.

La proposta etica che questa ricchezza debba servire alla felicità di tutti i poveri della Terra è meravigliosamente anatemizzata. La ricchezza serve per esaltare i suoi possessori, sebbene la miseria si espanda come un cancro che corrode il tessuto della famiglia umana. Vedete la dimora da 60 milioni di dollari di Bill Gates! E' l'"orrore economico", usando l'espressione di Viviane Forrester.

 

Di fronte a questo panorama, i settori progressisti - partiti, sindacati, movimenti popolari - non basta che denuncino e sognino. E' necessario che presentino alternative percorribili, fattibili e innovatrici.

All'interno del neoliberismo il cielo rimarrà alla portata di una minoranza, fino a che la classe media, condannata al purgatorio, continuerà a credere di poter scappare all'inferno che consuma la maggioranza.