IL NUOVO MANIFESTO DEL CAPITALISMO MONDIALE
Bisogna
risalire ai trattati coloniali leonini per trovare un'arroganza dominatrice
pari a quella esposta nell'AMI quando si parla dei diritti imprescindibili del
più forte - in questo caso le società transnazionali - e degli obblighi
draconiani imposti ai popoli. Al punto che i negoziatori mantengono il segreto
su un testo, elaborato all'interno dell'Organizzazione di cooperazione e
sviluppo economico (OCSE), che il governo francese sarebbe sul punto di
firmare, almeno stando al comunicato degli uffici del primo ministro del 7
Gennaio secondo il quale "le regole dell'AMI contribuiranno a garantire la
solidità del quadro giuridico degli scambi". Immaginate un trattato
commerciale che autorizzi le multinazionali a portare davanti al giudice i
governi per ottenere i danni e interessi a compenso di ogni scelta politica o
atto pubblico che comporti una diminuzione dei loro profitti. Non è la trama di
un romanzo di fantascienza sul futuro totalitario del capitalismo. E' solo una
delle clausole di un trattato che sta per essere firmato, ma che è assai poco
conosciuto: l'AMI. Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale del
commercio (Omc), Renato Ruggiero, ha descritto assai bene la natura
dell'accordo: "Scriviamo la Costituzione di un'economia mondiale
unificata". Pochi sanno che il negoziato per l'AMI è iniziato a Parigi nel
1995, in seno all'OCSE. I 29 paesi membri, tra cui i più ricchi del mondo,
vogliono trovare una linea comune prima di presentare ai Paesi in Via di
Sviluppo un trattato da prendere o lasciare. Obiettivo dell'accordo è estendere
il programma di deregolamentazione sistematica dell'Omc ad alcuni settori
vitali non ancora coinvolti: localizzazione e condizioni degli investimenti
nell'industria e nei servizi, transazioni suddivise ed altri strumenti
finanziari, come azioni ed obbligazioni, proprietà fondiaria e risorse
naturali... Persino negli ultimi decenni, quando il mondo è stato sconvolto da
una vera e propria esplosione di movimenti di capitali, l'attenzione
dell'opinione pubblica, della stampa e del potere politico si è rivolta più
all'attività commerciale che agli investimenti. Multinazionali e grandi imprese
finanziarie sono invece molto attente a questo settore. Con pazienza ed aggressività
hanno fatto in modo che le regole generali in materia corrispondessero ai
propri interessi particolari e garantissero l'estensione ed il consolidamento
del loro potere sugli stati. Legislatori e cittadini sono stati tenuti
all'oscuro di queste manovre, anche se il testo dell'OCSE (190 pagine) è oramai
pronto al 90%. Il Congresso degli Stati Uniti ha preso coscienza dei negoziati
dell'AMI, portati avanti da tre anni dai dipartimenti di stato e del tesoro,
solo nell'Aprile del 1997 grazie all'azione dei movimenti di cittadini
americani contro le procedure dei negoziati dette fast track. Il muro di
silenzio si estende oltre i confini degli USA. Nel Dicembre 1997, in Francia,
Jack Lang, presidente della commissione esteri dell'Assemblea nazionale e quindi
coinvolto, dichiarava: "Ignoriamo chi negozi cosa a nome di chi". Le
autorità americane hanno negato l'esistenza del testo fino al giorno in cui una
coalizione internazionale di movimenti di cittadini se n'è procurata una copia.
A dispetto del dipartimento di stato dell'OCSE, il testo è ora accessibile su
Internet. Come la maggior parte dei trattati internazionali, l'AMI stabilisce
una serie di diritti e di doveri. Inoltre, novità senza precedenti, una volta
entrati nell'AMI, gli stati sono irrevocabilmente legati per vent'anni. Una
disposizione infatti proibisce loro di uscire prima di cinque anni. Dopo di che
il trattato diventa obbligatorio per i quindici anni successivi! Il capitolo
chiave del trattato s'intitola "Diritti degli investitori di capitali".
Sancisce il diritto assoluto d'investire -acquisto di terreni, risorse
naturali, servizi di telecomunicazioni od altri, divise- nelle condizioni di
deregolamentazione previste dal trattato, cioè senza alcun vincolo. I governi
sono obbligati a garantire il "pieno godimento" degli investimenti.
Molte clausole prevedono l'indennizzo per investitori ed imprese in caso
d'interventi governativi che rischino di ridurre la possibilità di trarre
profitto dagli investimenti. In particolare se questi interventi avessero
"un effetto equivalente" ad un "esproprio, anche
indiretto". Così, secondo l'accordo, "la perdita di un'opportunità di
profitto su un investimento costituirebbe un pregiudizio sufficiente a dare
all'investitore diritto all'indennizzo". Le direttive dell'AMI relative ad
"espropri ed indennizzi" sono le più pericolose. Ogni impresa od
investitore straniero ha il diritto di contestare pressoché tutte le scelte
politiche o gli atti governativi -dalle misure fiscali alle disposizioni
relative all'ambiente, dalla legislazione del lavoro alle regole di protezione
del consumatore- come altrettante minacce sui profitti, Così, mentre tutti gli
stati tagliano i programmi sociali, viene chiesto loro di approvare un
programma mondiale di assistenza alle società transnazionali. Premonitore è il
caso di Ethyl. L'impresa, con sede negli USA, fa riferimento alle clausole
dell'accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA), molto meno favorevoli a
quelle dell'AMI, per pretendere 251 milioni di dollari (circa 4.5 miliardi di
lire) dal governo canadese. Nell'Aprile 1997, Ottawa aveva infatti proibito un
additivo per la benzina chiamato Mmt, una neurotossina sospetta che danneggia i
dispositivi antinquinamento delle auto. Ethyl, produttore unico, ha intentato
causa al governo canadese, sostenendo che proibire l'Mmt equivaleva ad un
esproprio ai danni della compagnia . Per quanto possa sembrare incredibile, la
causa si farà. Se Ethyl dovesse vincere, i contribuenti canadesi dovranno
versare 251 milioni di dollari all'impresa privata. Non é difficile immaginare
che un simile meccanismo finirà per paralizzare ogni azione governativa tesa a
proteggere l'ambiente, preservare le risorse naturali, garantire la sicurezza e
la giustizia delle condizioni di lavoro o orientare gli investimenti al
servizio dell'interesse collettivo. Altro indennizzo a favore degli
investitori: la "protezione contro le sommosse". I governi sono
responsabili, nei riguardi degli investitori, delle "sommosse
civili", per non parlare di "rivoluzioni, stati d'emergenza o altre
situazioni simili". Ciò significa che hanno l'obbligo di garantire gli
investimenti esteri contro ogni azione di disturbo, come movimenti di protesta,
boicottaggi o scioperi. Quanto basta per incoraggiare i governi con la
copertura del MAI, a limitare le libertà sociali. In compenso il MAI non
prevede obblighi, ne responsabilità per gli investitori esteri e quelli
nazionali. E, secondo il progetto di trattato, è l'impatto di una politica, non
le intenzioni ne il senso letterale dei testi di leggi che va considerato.
Così, le leggi di cui si potrà dimostrare che hanno un effetto discriminatorio
non intenzionale sul capitale estero, andranno abrogate. Leggi che fissano
limiti allo sviluppo delle industrie estrattive, minerali o forestali, potranno
essere denunciate per il loro effetto discriminatorio nei confronti di
investitori esteri interessati ad accedere a queste risorse rispetto agli
investitori nazionali già inseriti nel settore. Potrebbero essere attaccate
anche le politiche di aiuto alle piccole imprese o di trattamento preferenziale
verso alcune categorie d'investimenti o d'investitori, come i programmi
dell'Unione Europea a favore delle regioni a sviluppo arretrato. Stesso rischio
per i programmi di ridistribuzione di terre ai contadini nei PVS. Per essere
ammesso nel NAFTA, che è servito da modello al MAI, il Messico ha dovuto
sopprimere le disposizioni della sua Costituzione relative alla riforma agraria
istituita dopo la Rivoluzione. Bilancio dopo i primi quattro anni di applicazione
del trattato: distruzione massiccia dei piccoli possedimenti agricoli, mentre
le multinazionali dell'agroalimentare mettevano le mani su immense aziende. Le
regole del trattamento nazionale riguardano anche le privatizzazioni. Così, se
una municipalità francese decide di privatizzare il servizio dell'acqua -come
molte hanno già fatto-, chiunque a livello mondiale deve avere le stesse
condizioni di accesso di un investitore francese. Anche se si tratta di una
società a economia mista sotto controllo democratico. A quando la
privatizzazione dell'istruzione e dei servizi sanitari? Il MAI proibisce anche
tutte le misure adottate da molti paesi per orientare gli investimenti in base
all'interesse pubblico come, per esempio, l'impiego di mano d'opera locale o di
alcune categorie di persone, come gli handicappati. Cadranno sotto i colpi del
MAI le disposizioni di parecchi stati degli USA secondo le quali gli imballaggi
in vetro o in plastica devono contenere una certa percentuale di prodotti
riciclati. La minaccia pesa sulla legislazione di alcuni paesi del Sud, per
promuovere lo svìluppo economico nazionale esigono per esempio dagli
investitori stranieri un partenariato con le imprese locali o l'assunzione e la
formazione di quadri nazionali. L'accordo colpisce nel marmo anche la clausola
della nazione più favorita, che richiede un trattamento uguale tra tutti gli
investitori stranieri in base alle scelte attuate dai loro governi in materia
di diritti umani, diritto al lavoro o altro. E' proibito anche il trattamento
preferenziale accordato dall'Unione Europea alle ex colonie africane, Caraibi e
del Pacifico con gli accordi di Lomé. Se il MAI fosse stato in vigore negli
anni ottanta Nelson Mandela sarebbe ancora in prigione, perchè l'accordo
proibisce il boicottaggio degli investimenti o la loro limitazione, così come è
stato attuato a Pretoria durante l'Apartheid, salvo che per motivi di
"massima sicurezza". Arbitri di parte. Infine il MAI trasformerà
l'esercizio stesso del potere a livello mondiale sottomettendo alle direttive
delle multinazionali moltissime funzioni oggi di competenza degli stati, tra
cui l'attuazione dei trattati internazionali. L'accordo infatti, nell'applicare
le sue clausole darà alle imprese ed agli investitori privati gli stessi
diritti e lo stesso statuto dei governi nazionali. In particolare essi potranno
perseguire i governi davanti a tribunali di loro scelta. Tra questi figura il
giurì arbitrale della Camera di Commercio Internazionale. Con arbitri così
evidentemente di parte, gli investitori andranno sul sicuro. Una delle
disposizioni del testo impone agli stati "di accettare senza di condizione
di sottoporre i litigi all'arbitraggio internazionale", obbligo dal quale
sinora sono esentati grazie al loro privilegio di sovranità. Le azioni giudiziarie
sono premesse a imprese, ma non a cittadini o ad associazioni. L'accordo
prevede che i conflitti tra stato e stato vengano risolti da istanze giuridiche
internazionali sul modello di quelle dell'Omc. Procedure opache, senza garanzie
giudiziarie. Sui termini dell'accordo, i portavoce dei governi e del mondo
degli affari si tengono sulle generali: "Non preoccupatevi, dicono in
sostanza, non c'è niente di nuovo in questo trattato. Si tratta solo di
razionalizzare alcune pratiche esistenti". Ma il MAI, come un Dracula
politico, non può vivere nella luce. In Canada, la rivelazione della sua
esistenza ha sollevato ha sollevato una tempesta politica più grossa di quella
per il trattato di libero scambio con gli USA, dieci anni fa. Negli USA, il
progetto è stato duramente attaccato in Congresso. Curiosamente, coloro che
dovrebbero mobilitarsi con maggiore determinazione, i movimenti sindacali,
rappresentati nell'OCSE dalle confederazioni internazionali si sono limitati a
proporre senza successo, l'aggiunta al MAI di una "clausola sociale".
Una posizione denunciata dai movimenti dei consumatori, dalle associazioni di
difesa dei diritti umani e di protezione dell'ambiente e anche da un numero
crescente di sindacati che giudicano la proposta simile ad una ciliegina messa
su di un dolce alla stricnina. Né i rappresentanti dei governi, né quelli del
mondo degli affari hanno intenzione di introdurre nel MAI disposizioni
vincolanti. La loro tattica consiste nel prevedere numerose eccezioni e
riserve, lasciando così intuire l'ampiezza della minaccia. Non è per nulla
rassicurante che ci permettono di avvolgere con la carta i nostri oggetti di
valore mentre continuano a cospargere di benzina la casa che va a fuoco. Così i
governi di Canada e Francia si danno da fare per ottenere delle "eccezioni
culturali", mentre i negoziatori americani prendono ordini da Hollywood
che intende, grazie al MAI, esercitare un'egemonia esclusiva su tutte le
industrie culturali. Anni di esperienza con il GATT, poi con l'OMC (WTO), come
pure con altri trattati commerciali internazionali, hanno ampiamente dimostrato
che in genere le eccezioni non offrono nessuna garanzia. Così i piantatori di
banane dei Caraibi hanno appena constatato che le clausole d'ingresso
preferenziale nel mercato europeo, contenute nella convenzione di Lomé, sono
state spazzate via dall'offensiva americana presso l'OMC: l'UE è stata
condannata in modo definitivo. Il MAI contiene disposizioni che, nei settori di
sua competenza, proibiranno in futuro qualsiasi tipo d'intervento da parte
degli stati, anzi questi ultimi avranno l'obbligo di abrogare sistematicamente
ogni legge non conforme. Chi ha interesse a procedere sulla via della
deregolamentazione degli investimenti e del disimpegno dello stato quando i
risultati della mondializzazioni si rivelano disastrosi? Già ora, ogni governo
che in risposta alla domanda pubblica cerchi di risolvere i grandi problemi
economici e sociali, deve farlo in un contesto internazionale di instabilità
monetaria, speculazione, movimenti massicci ed erratici di capitali ed
investimenti senza frontiere. Una situazione che non può durare. Salvo che per
la piccola minoranza interessata a vederla peggiorare.