Enrico
CHIAVACCI
Una
realtà nascosta con cura
La
globalizzazione della vita umana sul pianeta è un dato di fatto irreversibile.
Ma anche una realtà recente, non più vecchia di 15-20 anni: una realtà nata con
la rivoluzione del silicio e le conseguenti tecnologie della comunicazione e
dei trasporti. Il puro fatto che si guardi all'umanità non più come a una
semplice somma di stati sovrani (o di culture, religioni, razze, ecc.), ma come
a un corpo sociale unico e unito da un comune destino è teologicamente
rilevante in senso positivo: è un passo nella storia dell'umanità nel cammino
verso il traguardo voluto da Dio. Missione specifica e ineludibile della chiesa
è animare la "famiglia" umana perché divenga "famiglia di
Dio" (GS 40). Il tema della famiglia umana come unità e come coscienza
crescente di tale unità è esplicito GS 77, e la vocazione "umana e divina
insieme" a costruire il mondo nella vera pace è ormai compresa come
responsabilità comune di ciascun essere umano verso la famiglia umana (GS 92).
Tale responsabilità vale certo nei confronti dell'umanità presente, ma anche
nei confronti dell'umanità futura: è una responsabilità verso la storia di una
famiglia umana sempre in cammino verso la pienezza del Regno. Ciò costituisce
un fondamento teologico (non l'unico, ma certo il più importante) della
preoccupazione ecologica.
L'importanza
del processo di globalizzazione è oggi largamente compresa nella chiesa (con
alcune autorevoli resistenze) e fra tutti gli uomini di buona volontà. Ciò che
invece non è compreso è il meccanismo che oggi gestisce e domina il processo di
globalizzazione. La prima cosa da comprendere è che ogni forma di relazione fra
esseri umani è mediata da strutture: questo è vero in ogni caso, sia nelle
relazioni immediate fra singoli (in cui la struttura principale è il
linguaggio), sia soprattutto nelle relazioni fra singoli o gruppi che non hanno
contatti diretti e immediati. La globalizzazione è possibile solo tramite
strutture planetarie estremamente complesse dovendo correlare le tante aree
geografiche e i tanti campi di interazione (politici, economici, culturali,
ecc.) rilevanti per la convivenza umana.
Oggi
le sole strutture planetarie pienamente efficienti sono quella economica e quella
della comunicazione di massa, e la seconda - come vedremo - è dipendente quasi
totalmente dalla prima. La struttura economica è in realtà un sistema complesso
di strutture che di fatto dominano l'intera vita economica sul pianeta, al di
sopra delle teste di singoli stati o governi non importa quanto potenti. Il
processo di globalizzazione è dominato dalla realtà economica. Accenniamo a
quattro elementi che definiscono oggi ciò che chiamiamo "realtà
economica".
Primo
elemento e la produzione. Oggi chiunque può produrre ovunque sia conveniente e
possibile: conveniente soprattutto per il costo del lavoro, possibile
soprattutto per disponibilità di lavoro qualificato e di impianti e
infrastrutture adeguate. Oggi inoltre qualunque bene appena un poco complesso
viene prodotto per componenti, e ogni componente è prodotto là dove è possibile
e conveniente. Una semplicissima videocassetta ha la parte in plastica prodotta
in
paesi a bassa qualificazione del lavoro, il nastro in paesi a miglior
qualificazione, l'assemblaggio in un terzo paese, la commercializzazione in un
quarto paese (per esempio, in sequenza Thailandia, Giappone, Taiwan, Francia).
Ma un'aereo di linea può essere composto da 172.000 parti (dati dell'Airbus),
ciascuna delle quali è prodotta in luoghi e da ditte diverse, mentre solo tre
ditte al mondo sono in grado di produrre i motori (due negli Stati Uniti:
General Electrics e Pratt & Whitney, e una nel Regno Unito: Rolls-Royce).
Secondo
elemento è la distribuzione, e cioè in pratica il mercato. L'informatica
permette di conoscere i cataloghi, i costi la disponibilità e la domanda di
merci in tempo reale e ovunque nel mondo. Le nuove tecnologie del trasporto
treni dl oltre 10.000 tonnellate, navi capaci di 7.000 containers - rendono
trascurabile il costo del trasporto per unità di merce trasportata. Vi è un
unico mercato planetario: tutti senza eccezioni i mercati di uno stato o di
un'area sono condizionati e possono sopravvivere solo all'interno di questo
mercato.
Terzo
elemento, nuovo rispetto alle dottrine economiche ancora dominanti è
l’importanza della fase di ricerca e sviluppo (tecnicamente R & D: Research
and Development) . Si pensi che dalla prima idea di un nuovo aereo all’inizio
della produzione di serie possono passare 15 anni; le locomotive dell'ultima
generazione hanno richiesto 12 anni, e ancora non sono soddisfacenti; la
ricerca biomedica è per sua natura lentissima, molto costosa e concentrata in
pochi laboratori specializzati. Il risultato è che oggi occorrono capitali
enormi da investire non tanto nella produzione quanto nella ricerca di novità:
sul mercato la concorrenza fra grandi società (corporations) si traduce in
ricerca disperata di novità.
Quarto
elemento - il più importante - è l'avvento di un sistema e di un mercato finanziario
mondiale. Le nuove tecnologie della comunicazione consentono il passaggio in
tempo reale di enormi quantità di capitale da un capo all'altro della terra,
senza alcuna possibilità di controllo o anche di semplice monitoraggio da parte
di stati o governi. Tutto il denaro comunque e ovunque raccolto sulla terra
(banche, istituti di credito, azioni, obbligazioni, ecc.) arriva a centrali di
gestione dei capitali che a loro volta sono controllate da grandi società
finanziarie senza patria e spesso senza nome. Ciò avviene anche per il mercato
delle valute: una grande finanziaria può far crollare una valuta e così mettere
alle corde un paese, rovinarlo o costringerlo a una politica economica più
conveniente per la finanziaria che ne controlla gli investimenti (e
probabilmente è questa una delle ragioni della crisi finanziaria asiatica).
Secondo
stime attendibili ogni giorno si spostano sulla faccia della terra da 3 a 10
trilioni (migliaia di miliardi) di dollari: si muovono in tempo reale,
incontrollabile, e si muovono sempre in direzione della massimizzazione del
profitto privato del capitale. Una finanziaria non trae profitto dalla
produzione, ma dallo spostamento di capitali. Bisogna capire bene questo: oggi
finanza e produzione sono completamente separate. Alla finanziaria odierna non
interessa affatto che cosa si produrrà, come quanto e per chi si produrrà:
interessa soltanto massimizzare l'attesa di profitto in tempi brevi (la
variazione dei titoli in borsa - l'unica cosa che interessa una finanziaria - si
calcola in genere su base trimestrale, in inglese "quarterly", ma
spesso si investe a 12 o 24 ore). Investire in armi o medicine, in droga o
scuole, inquinando o non inquinando, creando occupazione o disoccupazione, sono
domande senza senso per gli anonimi gestori del capitale mondiale. La
preoccupazione di investire in beni necessari per soddisfare i bisogni più
urgenti dei poveri della terra è del tutto estranea al capitale. Può al
contrario essere interessante investire in produzioni di cose che non servono a
niente o che sono dannose: per tali beni nella teoria classica non dovrebbe
esservi domanda sul mercato, ma oggi la
domanda si crea tramite i "media". Occorre comprendere che esistono
"bisogni indotti", cioè domanda di cose che non servono a nulla, ma
che - se vendute - offrono forti profitti. La funzione dei "media" è
parte essenziale deI sistema economico planetario, ma i "media"
richiedono capitali enormi che sono controllati dalle stesse centrali che
controllano i mercati e la produzione.
Così
gran parte dei bisogni dei poveri.della terra - ormai quasi l'80% dell'umanità
- non possono diventare domanda sul mercato planetario per mancanza di denaro
(come si vede, la domanda sul mercato può essere tanto indotta quanto repressa:
e ciò è detto libero mercato). I beni capaci di soddisfare tali bisogni hanno
per loro un costo proibitivo, perché determinato dal vincolo di massimizzare il
profitto e non dai costi di produzione. Se un'industria o 'anche una
corporation non massimizza il profitto, le sue azioni e la sua affidabilità
bancaria crollano e, con una reazione a catena, crolla l'affidabilità delle
banche che gli hanno incautamente fatto credito, con ulteriori conseguenze a
catena che qui non possiamo discutere.
Si
determina così una condizione di equilibrio sul mercato planetario dei beni e
dei capitali che può esser così descritta:
-
L'area ricca del pianeta ha una ricchezza disponibile per anno e pro capite
(Pnl, in inglese GNP) di 20/30 mila dollari; America Latina, Sud Africa, alcuni
(pochi) paesi del Sud Est asiatico di 1.500/5000 dollari; tutta l'Africa
centrale e gran parte dell'Asia di 100/600 dollari. La disponibilità di
ricchezza pro capite della seconda area è un decimo di quella dell'area ricca,
e la disponibilità della terza area è un centesimo.
-
La mortalità infantile - nel primo anno di vita su mille nati vivi - è di 6
bimbi nell'area ricca, di 30/60 nella seconda area, da 60 a 120 nella terza
area. Eccezioni degne di nota sono Cuba che ha una media europea, e VietNam con
35 bimbi rispetto alla Cambogia che ha lo stesso misero Pnl di 260 dollari ma
una mortalità infantile di 105 unità. Queste cifre rispecchiano tragicamente la
disponibilità di cibo, di acqua potabile, di assistenza medica, di condizioni
abitative, di livello educatiy0 per la grande maggioranza della famiglia umana.
Un antiabortista che sia anche un liberista convinto - come spesso accade - è
un caso di schizofrenia o di totale disinformazione.
-
L'attesa media di vita (life expectancy) è nell'area ricca intorno ai 77 anni,
nella seconda area fra 60 e 70, nella terza area fra 40 e 60 anni. Nell'Africa
subsahariana in quasi tutti i paesi l'attesa media di vita è sotto i 50 anni.
Si
tratta di cifre medie, che hanno un valore indicativo: ma sono cifre vere, nel
senso che quasi tutti i paesi rientrano nei limiti di oscillazione sopra
indicati, e sono cifre che permettono utili e tristi confronti. Questa
situazione è una situazione statica: dal rapporto della Commissione Brandt
(1980) a oggi i rapporti non sono cambiati se, non in peggio per i paesi più
poveri. E quindi una situazione che non dipende dalla buona volontà di questo o
quel governante o operatore economico: essa è mantenuta dal sistema economico
planetario oggi dominante. La sua logica profonda, derivata dall'idea del
libero mercato, è la massimizzazione del profitto privato sia a livello di
finanza sia a livello di impresa produttiva. In questa logica la stessa idea di
un bene comune della famiglia umana è del tutto priva di senso, come sono privi
di senso i diritti dell'uomo elencati nella Dichiarazione universale delle
Nazioni Unite nel 1948.
Noi
non crediamo che la maggioranza degli abitanti dell'area ricca del pianeta sia
una maggioranza priva di cuore e di sentimenti umani, una maggioranza che
rifiuti un ideale di convivenza fraterna nel rispetto dei fondamentali diritti
dell'uomo. Ma allora ci si deve domandare come mai questa situazione venga
mantenuta, e sia ritenuta o naturale o quanto meno irreversibile e fatale come
i moti delle stelle. Ci si deve domandare come mai nessuna agenzia
internazionale esista con il compito e l'autorità di modificare la situazione.
Eppure le fila della situazione sono in mano di privati, senza alcuna pubblica
autorità. Un largo consenso popolare nei paesi ricchi potrebbe spingere i
relativi governi ad operare congiuntamente per una modificazione del sistema di
strutture che governano la quasi totalità dell'economia planetaria. Di qui la
necessità, per chi detiene il. potere economico, di nascondere la tragica
realtà della condizione globale della famiglia umana attraverso un sistema di
menzogne, disinformazione, induzione di mentalità. E tale necessità di menzogna
e disinformazione si estende alla situazione ecologica. Qualunque siano i mezzi
con cui si intenda affrontarne la drammaticità, si tratterà sempre di costi che
diminuiscono il profitto a breve o medio termine. Le più autorevoli
pubblicazioni economiche vedono il problema ecologico come un problema di
rapporto costi/benefici, e non come un problema di qualità o di sopravvivenza
della vita umana sulla terra. Menzogna o disinformazione sia in economia che in
ecologia sono prodotte per mezzo del controllo dei "media" - TV,
radio, internet, stampa a grande diffusione - oggi quasi completamente in mani
private: ma qui si aprirebbe un altro argomento. Vogliamo ora esaminare alcune
operazioni tutte sostanzialmente menzognere.
Una
prima menzogna è la virtù nascosta nel libero mercato. Per l'economia classica il
libero mercato si ha quando chi vende e chi compra trova un prezzo di
equilibrio che è il miglior compromesso fra esigenze opposte. Ma il presupposto
di tutti i grandi classici dell'economia era che nessun operatore - compratore
o venditore - fosse tanto forte da poter modificare da solo il punto di
equilibrio, il prezzo generato dal mercato. Oggi questo è ridicolo: gli
squilibri sul mercato planetario sono abissali. E tanto più lo sono sul mercato
dei capitali, a cui gli economisti classici neppure pensavano. In un mercato
mondiale i poveri saranno sempre perdenti. Ma il tema del mercato libero fu
ulteriormente sviluppato da J.Stuart Mill verso la metà del 1800: è sempre un
errore aiutare i più deboli. La totale libertà favorisce chi produce o usa ricchezza
in modo più efficiente, e quindi aumenta la ricchezza globale di un paese. La
sorte degli inevitabili perdenti deve essere affidata alla carità privata:
quale fosse già allora è testimoniato da K. Marx nel primo libro di Il
capitale, ma anche e più duramente da Ch.Dickens. Si pensi - e si rilegga - la
descrizione degli ospizi di mendicità (workhouses) nell'Oliver Twist o della
nuova città industrializzata in Tempi difficili. In un sistema unico planetario
il teorema di J.Stuart Mill è inapplicabile: oggi almeno i due terzi
dell'umanità dovrebbero sopravvivere con la privata beneficenza di istituzioni
caritatevoli di una piccolissima minoranza di ricchi. Tutto questo gli esperti
in economia Io sanno benissimo, ma su quasi tutti i "media" questi
esperti vantano sempre i grandi benefici del libero mercato la cui "mano
invisibile" porterà grandi benefici a tutti.
Una
seconda menzogna, collegata alla precedente, è la seguente: se vi sono aree o
paesi poveri, è colpa loro. L'origine di questa idea è nella matrice calvinista
della cultura bianca nordamericana. Dalla dottrina della predestinazione segue
che solo chi è benedetto da Dio giunge a prosperità economica. L'affermazione
del più ricco è indice di bontà: chi è buono ha successo; se uno non ha
successo vuol dire che non è buono. Con questa idea di fondo oggi (ma non è
colpa di Calvino) si comprende la disperata e ossessiva corsa
all'arricchimento, all'aver di più come unico scopo della vita, e il disprezzo
del povero: nella società bianca, anglosassone, protestante (WASP - White Anglo
Saxon Protestant) statunitense tutto ciò è ormai un criterîo automatico -
accolto acriticamente - di giudizio. Ma è operante oggi in tutto l'Occidente
ricco, pur assumendo sembianze diverse. È
colpa dei governi degli stati poveri, governi incapaci o corrotti o
chiusi all'idea di libero mercato. Ora è vero che molti governi sono incapaci o corrotti, ma ciò avviene anche
nei paesi ricchi. Ed è per contro vero che in un paese povero i margini di
manovra di un governo sono determinati dal Pnl: è possibile destinare in modo
diverso le scarse risorse, ma le risorse sono sempre scarse. E il caso sopra
ricordato del contrasto fra Cambogia e VietNam o fra Brasile e Cuba. Ma anche
gli Stati Uniti hanno un Pnl superiore alla Comunità Europea, e tuttavia tutti
gli indici di qualità della vita - attesa media di vita, mortalîtà infantile,
assistenza sanitaria, alfabetizzazione - sono peggiori di quelli europei.
Questo avviene nei paesi poveri come in quelli ricchi: una miglior qualità
della vita, per misera che sia, è connessa a una preoccupazione sociale intesa
come compito preciso del governo (il perseguimento del bene comune nei limiti
del possibile), e quindi al rifiuto del libero mercato inteso come supremo
regolatore dell’economia. Invece l’IMF (Fondo monetario internazionale) concede
aiuti o rinegozia vecchi debiti solo a due condizioni: aumentare le tasse e
comprimere i consumi. E questi criteri sono adottati da tutti gli istituti
disposti a investire in aree povere. Ma
come comprimere i consumi di chi vive .con un terzo di dollaro al giorno? Un
caso speciale è l'Africa subsahariana: là manca un minimo di alfabetizzazione
primaria (la secondaria è quasi
inesistente), mancano le infrastrutture (energia, trasporti, ecc.) e quindi non
conviene investire in nessun caso. L'Africa subsahariana è praticamente
inesistente per il sistema economico planetario: solo pochissimi paesi, e solo raramente, appaiono nelle statistiche
sui paesi poveri che vengono pubblicate settimanalmente dal più importante
periodico economico del mondo, The Economist. E’ un'area non interessante per
gli operatori economici e il suo destino è affidato in pratica esclusivamente
alla beneficenza privata.
Un'altra
forma di questa seconda menzogna, forma assai popolare, è che i poveri della
terra sono tali perché mentalmente inferiori, o perché non hanno voglia di fare
niente. È vero che un minimo di alfabetizzazione primaria nelle aree povere,
almeno nelle città, esiste. Ma si tratta di povere scuole, senza attrezzature e
locali adeguati, in classi che possono andare da 50 a 100 alunni, con turni di
3 ore o poco più, con insegnanti scarsamente preparati e peggio pagati. La
maggioranza dei bambini lascia dopo due-tre anni: i bambini devono lavorare
duramente, perché anche il loro piccolo contributo è necessario alla
sopravvivenza della famiglia. Non è cosa rara che bambini e bambine vengano
venduti alla prostituzione o a un lavoro schiavizzato per poter far
sopravvivere il resto della famiglia. E neppure è raro che i bambini vengano
rubati per adozioni all'estero o per espianto di organi: nei paesi poveri molti
bambini non vengono registrati perché la registrazione costa, e talora richiede
viaggi impossibili, e così i genitori non possono neppure denunciare il furto
del bambino. Ma quando il bambino è seguito da una scuola di sostegno seria e
gratuita, i risultati sono sorprendenti: in una favela di San Paolo io stesso
ho sostenuto questo programma, e tutti quelli che abbiamo potuto portare
all'università hanno superato al primo tentativo il severo esame di ammissione,
e hanno conseguito i gradi accademici nei tempi stabiliti. Questo per quanto
riguarda l'accusa di inferiorità mentale. Sempre a San Paolo tutti i giovani di
famiglie modeste che vanno all'università lavorano tutto il giorno, e vanno
all'università dalle 19 alle 22/23: questo per quanto riguarda l'accusa di
svogliatezza o pigrizia.
All'università
statale di Phnom Penh (Cambogia), richiesto da una organizzazione non
governativa (NGO), ho tenuto per un mese un corso di riqualificazione
(upgrading) per professori di filosofia: ho fatto 54 ore di lezione fra le 14 e
le 17, con 37° e senza condizionatore, perché tutta la mattina i professori
dovevano fare lezione agli studenti. Quale
professore occidentale lavorerebbe in facoltà dalle 8 alle 17, senza
sosta e in quelle condizioni climatiche? Al termine, li ho esaminati e
dichiarati in grado di prendere gradi accademici in qualche facoltà importante
(Hong Kong o Singapore), ma al momento né loro né lo stato avevano i soldi
necessari. Vi è da domandarsi quanta ricchezza culturale, quante capacità
scientifiche vadano perdute sulla terra. Vi è anche da domandarsi quanta
menzogna, e quanta disinformazione dominino - e deliberatamente -le popolazioni
dei paesi ricchi.
Una
terza menzogna è che nei paesi poveri il costo della vita è molto più basso che
nei paesi ricchi. È una menzogna ufficializzata anche in molte statistiche, che
invece del Pnl indicano il Ppp - (Purchase parity power), parità di potere
d'acquisto - e cioè un Pnl accomodato al costo della vita sulla base di un
paniere di beni. Sul piano tecnico questo nuovo indice ha poco a che vedere con
il Pnl ed è quindi da ritenersi un trucco. Sul piano pratico alcuni beni
semplici - un uovo, un pollo, una camicetta di cotone - hanno prezzi assai
bassi; ma qualunque bene appena più complesso ha un prezzo paragonabile al
nostro, e talora superiore al nostro (libri, prodotti igienici, ferri da stiro,
frigoriferi o lavatrici di bassa qualità). Le famiglie sopravvivono, quando ce
la fanno, rinunciando ad abitazioni e vivendo in baracche autofabbricate,
ignorando completamente l'idea di riscaldamento, comprando abiti usati, facendo
molti chilometri a piedi per andare sul posto di lavoro, aprendo piccole
officine e negozietti sul bordo delle strade all'aperto o in misere baracche.
(nota; A San Paolo (Brasile) il bus costa
un dollaro. Nella sterminata città occorrono spesso due bus per andare a
lavorare: 4 dollari al giorno per, salari medio-bassi di 400 dollari al mese
sono una cifra insostenibile)
La tragedia immane in cui cerca di
sopravvivere la grande maggioranza della famiglia umana è accuratamente
coperta. Si sa che c'è la fame nel mondo, che è bello mandare qualche soldo o
un abito usato ai poverelli: viene nascosto il fatto fondamentale che si tratta
di una condizione stabile, strutturale, al di qua di ogni possibile definizione
di vita umanamente dignitosa; una condizione di disperazione o di rassegnazione
passiva, di perdita di qualsiasi speranza o orizzonte di vita che non sia «che
cosa mangeremo domani», in cui versa gran parte della famiglia umana. E quando in corsi o conferenze cerco di
spiegare e denunciare tale realtà, mi trovo spesso di fronte a una non
accettazione basata proprio sulle menzogne che ho sopra descritto. E cioè
proprio sulle menzogne e la disinformazione che vengono fornite dai
"media".
La
tragica triade strutturale planetaria - economia-ecologia-media - non può
essere accettata né per convinzione né per rassegnazione da una coscienza
cristiana. Ad essa è doveroso reagire, sia denunciandola sia cercando forme
alternative per il futuro della globalizzazione. Né la chiesa o le chiese
locali possono restare neutrali, al di sopra delle parti, di fronte a indirizzi
culturali e politici che tendano a mantenere o combattere questa tragedia.
Enrico
CHIAVACCI è nato a Siena nel 1926. Ordinato sacerdote
nell’Arcidiocesi di Firenze nel 1950; ha compiuto gli studi di ingegneria
all’università di Firenze e gli studi di teologia presso il seminario
fiorentino, al collegio Angelicum di Roma e alla facoltà teologica “S.Luigi” di
Napoli, laureandosi in teologia. E’ parroco a S.Silvestro, Firenze, dal 1961.
E’ inoltre professore emerito di teologia morale presso la facoltà teologica
dell’Italia centrale a Firenze, e presidente della commissione “Giustizia e
pace” dell’arcidiocesi di Firenze. Autore di numerose e autorevoli
pubblicazioni.
Indirizzo
: Parrocchia S.Silvestro, via di Ruffignano 10, 50141 FIRENZE