L’INGANNO
GLOBALE
I meccanismi
violenti che rendono alcuni sempre più uguali degli altri...
di ALEX FAGGIONI
Oggi più che mai
risulta necessario comprendere fino in fondo la portata di questo fenomeno. Per
iniziare un’analisi volta in questo senso occorre prima di tutto dare una
definizione chiara del termine globalizzazione.
È vero che ormai non
è possibile assistere ad alcun convegno senza necessariamente ascoltare e
riascoltare decine di volte questa parola, spesso utilizzata a sproposito o
citata da relatori che non ne conoscono bene il significato.
La globalizzazione
si articola in tre diversi rami:
- globalizzazione
economica
- globalizzazione
culturale
- globalizzazione
mass-mediatica
Purtroppo oggi la
gente tende a considerare solo gli aspetti positivi del fenomeno intendendolo
quasi come un veicolo che serve per far camminare l’umanità verso la terra
promessa.
Se tutto sommato si
può essere favorevoli agli aspetti globalizzati che riguardano i viaggi, la
cultura, l’arte e l’amicizia, altrettanto non si può fare per quanto riguarda
la liberalizzazione degli investimenti, dei flussi di capitale e della
commercializzazione.
La prima cosa da
fare per spiegare il fenomeno è quella di chiarire bene la differenza che corre
tra la mondializzazione e la globalizzazione. Tali differenze vengono spiegate
magistralmente da due studiosi che cercano di sviscerare il germe di questo
evento: Serge Latouche e Samir Amin.
Il principio dei
radicali cambiamenti avvenuti nell’economia che hanno portato oggi a questa
spaventosa situazione va ricercato nella storia di cinquecento anni addietro.
Il 1492 segna la
sciagurata data nella quale Cristoforo Colombo “scoprì” l’America aprendo la
strada ad una rivoluzione nelle economie delle potenze europee. Nel 1498 inizia
la colonizzazione e la conseguente espansione degli insediamenti verso l’entroterra
che sviluppandosi iniziarono una massiccia produzione di beni destinati al “vecchio
continente”. Con la bibbia e la spada, convinti di portare avanti una nobile
campagna civilizzatrice, i conquistadores si arrogarono il diritto di
sottomettere le popolazioni locali costringendole a lavorare forzatamente negli
immensi campi di monocolture destinate appunto ai paesi europei. Ben presto
però gli americani autoctoni vennero decimati dalle malattie portate dai nostri
antenati e dal massacrante lavoro imposto loro con la forza e l’inganno nei
campi di caffè, tabacco e cacao. E per far fronte a questa situazione iniziò un
altro grande crimine dell’umanità contro l’umanità: la tratta transoceanica
degli schiavi africani. Il nuovo triangolo commerciale creato tra Europa Africa
e America servì per rifornire le Americhe di schiavi scambiati con prodotti di
poco valore come oggetti di vetro o carabattole simili e rifornire l’Europa
delle materie prime acquistate nel Nuovo Mondo. Qui inizia quella che viene
definita la subalternizzazione delle “periferie” Europee.
Un’altra tappa
storica che dev’essere tenuta in considerazione è quella segnata dalla
rivoluzione industriale che con la nascita e l’utilizzazione nella produzione
della macchina a vapore, decreta di fatto la nascita dell’imperialismo
caratterizzato dalla nuova dottrina nazionale che impone la forsennata ricerca
e conquista di nuove materie prime e di nuovi mercati di sfogo per lo smercio
del surplus della produzione dei singoli Paesi. Il nuovo disegno economico è
tuttavia ancora vincolato ad una visione nazionalistica dell’economia che
ricerca il dominio politico delle periferie e sostiene, in casa propria, un
economia protezionistica.
L’economista
egiziano Samir Amin, analizzando accuratamente i rapporti tra i Paesi
sviluppati e quelli sottosviluppati, è arrivato a formulare una interessante
teoria che spiega la strategia grazie alla quale i primi continuano a mantenere
i secondi in uno stato di inferiore sviluppo. Secondo questa teoria i rapporti
di forza non potranno variare fintantoché i Paesi ricchi continueranno a
mantenere ben saldi questi cinque monopoli:
- accesso alle
materie prime
- andamento dei
flussi finanziari (va ricordato che gli investimenti si fanno quasi esclusivamente
nei paesi sviluppati)
- tecnologia
- armi di
distruzione di massa
- informazione (sono
5 le agenzie d’informazione in tutto il mondo)
Il secondo dopo
guerra segna un ulteriore tappa importante di questa analisi. Fu dopo la
seconda guerra mondiale, infatti, che si svilupparono in maniera forsennata i
trasporti. Questa rivoluzione cancellò di fatto il concetto di spazio ed oggi è
possibile raggiungere l’altro capo del mondo in meno di 24 ore. E se questa
evoluzione può essere definita una rivoluzione dei trasporti, anche il
progresso informatico può essere definito rivoluzionario perché ha annullato il
concetto di tempo. Possiamo affermare che, grazie a trasporti e computer, oggi
il mondo sia estremamente più piccolo, dato che un imprenditore italiano è in
grado, nell’arco di una giornata di sbrigare i suoi affari a Londra e rientrare
a casa per l’ora di cena. E poi, grazie alle nuove tecnologie, è possibile
collegarsi in tempo reale con una persona che fisicamente si trova a decine di
migliaia di chilometri.
Sono appunto questi
i principali cambiamenti che segnano l’inizio di quel processo che chiamiamo
globalizzazione e che di fatto si sostituisce alla precedente mondializzazione.
Oggi grazie a questi radicali cambiamenti il mondo è diventato un immenso
mercato nel quale si può operare in tempo reale. Occorre anche ricordare che
questi eventi hanno pragmaticamente estromesso gli stati-nazione dalla loro
funzione di supervisori dell’economia, sottraendo loro il potere del
protezionismo interno.
Un altro importante
punto che va considerato è quello legato alla liberalizzazione degli scambi
commerciali, avvenuta negli anni ottanta, che permette alle aziende di valicare
la sovranità degli stati. Anche la speculazione borsistica è un simbolo di
questi nuovi tempi. Con questo sistema l’andamento del valore nominale della
moneta si sgancia dal valore reale e la speculazione non permette al capitale
guadagnato di essere reinvestito nell’azienda per creare nuova occupazione, ma
finisce per essere speculato ulteriormente. Neppure le monete sono al sicuro da
questo tipo di operazioni finanziarie dato che è possibile speculare anche su
queste. E, tanto per smentire chi definisce il mercato in grado di
autoregolarsi, va ricordato che le cicliche crisi capitalistiche non sono una
obsoleta affermazione di Marx ma sono invece un dato di fatto. E vorrei altresì
ricordare che l’organo pubblico preposto a risolvere queste crisi, causate
spesso dagli effetti devastanti di speculazioni private, è il F.M.I. Un esempio
calzante alla perfezione è quello della crisi asiatica che il F.M.I. dovette
arginare per scongiurare un collasso globale dell’economia, dato che il
Giappone è in possesso di circa il 60% dei BOT statunitensi.
Lo schema
attualmente vigente in economia speculativa è il seguente:
SPECULAZIONE
PRIVATA/CRISI/INTERVENTO PUBBLICO
Questi sono le nuove
regole del mercato che scartano chi non è in grado di produrre considerandolo
superfluo:
- il mercato deve
per forza essere globale
- nessuno deve porre
problemi alla libertà di commercio
- la dottrina da
applicare è quella della DEREGULATION. Il mercato si autoregola
- gli unici
organismi che debbono e possono effettuare scelte operative sono le imprese
globali (multinazionali) che si debbono ispirare ai principi di deregulation,
privatizzazione, liberalizzazione
- l’innovazione
tecnologica dev’essere una costante per rimanere nel mercato
Le conseguenze della
scellerata ricetta neoliberista tanto cara alla coppia Thatcher-Reagan, sono
oggi sotto gli occhi di tutti. Si sono esasperati gli estremi tra povertà e
ricchezza allargandone ulteriormente la forbice. Per l’economia sono
1.500.000.000 le persone inutili, e 2.500.000.000 sono quelle che “vivono” con
meno di un dollaro al giorno. La classe media è diventata fragile e nella ricca
Europa sono 50.000.000 i disoccupati.
A differenza di ciò
che si vuol spacciare all’opinione pubblica, il modello di sviluppo dei paesi
industrializzati occidentali non può essere riproposto a livello globale
semplicemente perché questo piccolo mondo non può farcela a sostenere simili
ritmi. Ed infine non può non essere citata l’immigrazione che è sotto gli occhi
di tutti e che ormai ha raggiunto livelli drammatici.
Due parole vanno
spese anche per quanto riguarda il processo di omologazione culturale che sta
minando profondamente le molteplici diversità che da sempre caratterizzano la
razza umana. In sociologia si chiama mcdonaldizzazione ed è quel fenomeno che
sta distruggendo il pluralismo culturale smerciando prodotti standard a persone
standard plasmate dalla martellante pubblicità dei media di massa. Anch’essi
parte in causa di questo devastante fenomeno, contribuiscono a formare quell’uomo
ad una dimensione che tanto impauriva Herbert Marcuse. Nell’informazione di
oggi accade che pochi facciano i portavoce di molti spesso deformando la
realtà. Nelle scuole di giornalismo si insegna che i messaggi devono essere
coniati con termini poveri per raggiungere il maggior numero di persone. Tutto
deve essere ridotto ai minimi termini. L’informazione è oggi considerata una
merce e per questo si pubblicano solo quelle notizie che si ritengono
presumibilmente vendibili. È la tv che decide quali sono i temi che possono
essere trattati in base al loro grado di spettacolo, una fredda procedura che
tiene conto più delle vendite, cioè del denaro, che della pubblica utilità.
Se non c’è
spettacolo non c’è notizia.