Beppe Grillo a ruota libera alla
vigilia della sua nuova tournée. E del G8 di Genova
«Sapete chi ci comanda? Il signor Paperino»
INTERVISTA di LUCIANO SCALETTARI
Cioè l’industria del cinema e della Tv.
E dei media, e del marketing sociale. Parola di uno che ai grandi del mondo
dirà una cosa sola: «Non contate niente. Il vero potere ce l’ha lo yogurt».
«Il consumo rende liberi. Riecheggiando una frase tristemente famosa, potrei
sintetizzare così il tema che tratterò. È lo slogan del marketing sociale: dirò
che è una forma di nazismo strisciante, coperto da buone intenzioni». Parola di
Beppe Grillo. Tanto per chiarire subito che la sua nuova tournée non sarà meno
pepata delle precedenti. Grillo sta per esordire con una serie di spettacoli:
inizio a Bolzano, il 12 giugno, gran finale a Genova, allo stadio Marassi, il
14 luglio, a una settimana dal G8.
Cos’è per Grillo il marketing sociale?
«È quello che sta avvenendo. È Berlusconi, che in
realtà non conta più di tanto, perché il mercato si stava già sostituendo alla
politica. Nello spettacolo partirò dal filosofo di Forza Italia: Amedeo Nigra».
E chi è?
«Nigra è un ex boy-scout. Ha lavorato alla Rinascente
per 12 anni, e ha scritto un libro, L’uovo
di Berlusconi, dove c’è la filosofia di Forza Italia, cioè il marketing
sociale. È interessante perché pensano di avere delle idee nuove. Il marketing
sociale era già stato fatto e rifatto, negli anni Venti e Trenta. Gillet,
quello delle lamette, fu uno dei primi berlusconiani. Gillet scrisse due libri
dove teorizzava che lo Stato doveva diventare un’azienda. Però non si propose
lui come capo dello Stato. Andò dal presidente Roosevelt. Che lo picchiò e lo
mandò via. Poi andò da Ford, che lo cacciò a sua volta. Poi andò nella sua
azienda, e andò allo stesso modo. Aveva ideato lo Stato-azienda, che risponde
ai cittadini attraverso la pubblicità. Come vede, non c’è nulla di originale.
Ma, dal mio punto di vista, ho vent’anni di spettacoli assicurati. Secondo il
filosofo Nigra, lo Stato non dovrà più perseguire chi non paga le tasse, ma gli
evasori saranno convinti attraverso degli spot con delle donne bellissime, con
i grandi occhi azzurri che fisseranno l’evasore dicendogli:
"Perché?"».
Non è semplicistico?
«È così. Possiamo scegliere fra due strade: un consumo
all’europea, ossia un mercato con qualche paletto e regola, o all’americana,
dove tutto si vende e si compra senza limiti. Tutto fa pensare che saremo più
americani. Ci sono già ditte che ricattano le piccole cittadine. Ad esempio,
un’azienda che produce caramelle ha detto al Comune: "O ci fate la piazza
con delle caramelle enormi, ci mettete nel logo del nome della città e nei
cartelli stradali, oppure andiamo via". Nel futuro avremo piazza Agnesi e
via Tonno Rio Mare. Diremo al passante di prendere Yomo street e girare a
destra, per via Lines».
Abbandona il tema dell’ambientalismo?
«Vado oltre. Sette anni fa giravo con un furgone
all’idrogeno. Rubbia l’ha scoperto l’anno scorso. Oggi mi sembra interessante
il fatto che c’è un movimento di milioni di persone che in tanti modi organizza
una resistenza all’invadenza del mercato».
Eppure i suoi spettacoli lasciano l’idea che non ci
sia una via d’uscita...
«No. Nell’ultimo parlavo del tempo. Dicevo che la via
d’uscita per battere il tempo è fare figli. È pensare il futuro in termini di
generazioni. È quello che dovrebbe fare la politica. Invece i politici pensano
a sei mesi: i tempi dei dividendi delle azioni».
Cosa la preoccupa dell’Italia?
«Nell’immediato, due cose: l’identità delle aziende e
l’etere. Alle aziende bisogna porre dei limiti, se no diventano dio. Quanto
all’etere, io ero abituato che una volta era una roba che faceva dormire. Oggi
è lo spazio, il cyberspazio, dove succede tutto».
Grillo nell’etere, in Tv, non ci va più...
«Va bene così. La televisione non ha più senso. E poi
sarei devastante. Celentano ha detto due battute chiare e semplici su una legge
ed è successo il putiferio. Se vado io a puntualizzare due o tre cose, che
succede? M’ammazzano. Il mio spazio è il teatro, l’arena, le piazze. Ho
provato. Ti dicono: "Lei può parlare di quello che vuole, basta che non
faccia nomi". Aspettiamo che la Tv diventi un’altra cosa. Per adesso la
tendenza è contraria: il potere si presenta sempre più col volto di Paperino».
Cioè?
«L’industria dell’intrattenimento mette in campo
potenze, trust di aziende. Oggi
l’intrattenimento fattura più della sanità e dell’abbigliamento. È a livello
delle armi e della droga. Quando hai i media, i film, i video, le tivù, le
fibre ottiche, fai quello che vuoi».
Sta dicendo qualcosa di sinistra?
«La sinistra s’è presa una bella lezione. Quello che
non ha capito è che il mondo oggi è molto diverso. Quando si parla di lavoro,
non si identifica più nessuno. Chi è l’operaio? Io non ne conosco. Il concetto
di lavoro sta cambiando».
C’è un’alternativa al vendere e comprare tutto?
«Il mondo va verso questo sistema. Ci scambieremo di
tutto. Quote di inquinamento, ad esempio. Se inquini meno, potrai vendere la
tua quota di meno-inquinamento in cambio del diritto di sparare a uno che hai
trovato in casa tua, come fanno in America».
Che spiegazione dà dei suoi teatri sempre pieni?
«Butto due ore di roba in faccia alla gente. C’è sete
di informazione diversa. Ho parlato spesso di energia. Mi sono informato, l’ho
sperimentata e prodotta. La vendo all’Enel, che con la nuova legge deve
comprarla. Adesso, con le sovvenzioni, ti fai l’impiantino e guadagni anche
qualche liretta. Questo è privatizzare».
Perché con l’ambiente lei riempie i teatri e i Verdi
perdono le elezioni?
«Perché non ci può essere un partito ambientalista.
L’ambientalismo è una visione del mondo che dovrebbe appartenere a tutti. Io
parlo di formaggini, di dentifrici, delle frasi-trappola della pubblicità. Mi
chiedo come fa uno yogurt a costare 1.500 lire se me lo portano da mille
chilometri di distanza».
Come prepara i propri spettacoli Beppe Grillo?
«Sono curioso, parlo con le persone, mi informo. C’è
tanta gente che ha cose belle da dire. Ma non li vedi mai in Tv. Alex
Zanotelli, ad esempio. Vive in mezzo a una discarica, a Nairobi, e va in
giro in sandali col ditone fuori. Parlavamo del problema del debito. Mi diceva
che i poveri laggiù non sanno mica cos’è il debito, la gente non ha visto una
lira. I soldi se li sono prestati fra loro, fra aziende e Governi. Abbiamo
esportato soprattutto la cleptocrazia».
Cioè?
«C’è questa storiella: il ministro africano va a
trovare il ministro occidentale e vede la sua villa con piscina. Gli chiede:
"Come hai fatto?". Il ministro occidentale apre la finestra: "Vedi
quel ponte? Il 10 per cento è qui", dice, battendosi la tasca. L’anno
dopo, il ministro occidentale va dall’africano e lo trova in una villa il
doppio della sua. Gli chiede: "Come hai fatto?". "Lo vedi quel
ponte?". "Non c’è nulla", risponde l’occidentale. "Cento
per cento qui", dice l’africano battendosi la tasca».
Ha nostalgia delle battute su Craxi e Andreotti?
«No, perché sono cambiato come persona. Dieci anni fa
parlavo dei socialisti. Poi sono andato a far la spesa al supermercato e ho
capito che Craxi e Andreotti non contavano. Contava il tetrapac, perché per
farlo arriva il petrolio dal Golfo Persico e la bauxite dal Messico. In
Danimarca ho visto che le bottiglie di vetro sono tutte uguali. È perché non le
buttano via. In un’università nordica hanno messo a lavorare insieme un
designer, un ingegnere e una vecchietta di 80 anni. E sono uscite cose
straordinarie: il frigo che dura 100 anni, l’aspirapolvere senza elettricità
che si carica da solo. Ossia i princìpi della nonna abbinati alle nuove tecnologie».
Pensa davvero, come diceva in teatro, che la benzina
a 10 mila lire risolva i problemi del traffico?
«Sì. Perché se finanzio l’industria dell’auto o del
petrolio, non ne abbiamo un ritorno in termini di bene comune. Ma se aiuto uno
che fa pannelli solari, so che in un anno vengono prodotte cinque tonnellate in
meno di anidride carbonica. Quello che ho speso mi rientra sotto forma di
risparmio di medicine, di colpi di tosse, di tumori».
Il G8 è alle porte...
«La gente pensa che questi comandino, che vengano a
Genova a decidere cose importanti. Ma via. Sono otto extracomunitari, da
trattare con educazione e cortesia. Il messaggio è: lasciamoli da soli».
Eppure sul tavolo ci sono temi importanti...
«Ma no. Le decisioni sono già prese. Bush riferisce
le decisioni sulle quali si è impegnato prendendo i soldi delle multinazionali
che l’hanno fatto eleggere, col petrolio e con le armi. Ed è Bush, figuriamoci
gli altri. Le vere decisioni le prendono i grandi gruppi. Ecco perché ce l’ho
con la sinistra. Fanno finta di non rendersene conto. E si distraggono dai temi
strategici: l’acqua, ad esempio, importante quanto l’energia. Tra pochi anni ci
saranno pochi potenti che possiederanno tutti gli acquedotti. Tutto sotto gli
occhi dei sindacati, della sinistra. Sono allibito».
Qual è la società in cui sogna di vivere?
«Una società normale, con un po’ di buonsenso nelle
scelte politiche e sociali. La gente vuole acqua, cibo, aria normali».
Come si fa ad averli?
«Investendo sul buonsenso. Prendiamo l’educazione
alimentare. Non la può fare la Barilla, con la pubblicità. La collettività deve
reagire e dire che la sferzata di energia non è la merendina, ma la fetta di
pane col miele».
Cosa dirà a Genova?
«Spiegherò che al G8 diranno un mucchio di sciocchezze.
Cosa vuol dire che un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al
giorno? Nulla, sono parametri nostri, con cui misuriamo tutto».
Resta che i Paesi poveri sono sempre più poveri...
«Io penso che 50 anni fa avremmo dovuto alzare un
muro intorno all’Africa e aspettare che ci telefonassero. Al primo drin,
correvamo subito. Noi ragioniamo con il Pil e i tassi di occupazione. Sono
parametri drogati. Un peruviano mangia un branzino così e spende mille lire.
Noi, per lo stesso branzino, ne spendiamo 30 mila. Siamo 30 volte più ricchi, o
30 volte più stupidi? Ci sono altri riferimenti: la qualità della vita, il
potere d’acquisto. I Nobel dell’economia dovrebbero tutti restituire il premio.
E anche i soldi. Non ne hanno azzeccata una. È stato detto, per esempio:
"La più grande potenza del 2000 sarà l’Unione Sovietica". Si è visto
com’è andata, no?».
Qual è la via d’uscita?
«Essere critici. La gente smette di pensare, lascia
la soluzione ad altri. Il predatore non è il grande fratello, è quello che
ride, che canta musichette, che ti fa vedere i cieli azzurri. La
multinazionale, oggi, non vuole produrre qualcosa per lo sport. Vuole diventare
un modo di essere sport. Ma non è mica scema: la produzione la fanno fare ad
altri. La Nike ha assunto due kenioti campioni di marcia e li ha messi sugli
sci. Uno, appena ha messo gli sci, è caduto e non si è più alzato. L’altro è
arrivato al traguardo con un giorno di distacco. La Nike vuol essere lo sport.
Il produttore è il contoterzista, che la Nike nemmeno conosce».
Il 14 luglio si esibirà in una Genova paralizzata...
«Dirò che è inutile fare manifestazioni, con la
polizia che carica, i tafferugli. Usiamo l’ironia. A Genova, prima dello
spettacolo, io darò per due ore il microfono a chi vorrà parlare. E metterò a
disposizione quattro negozi da rompere e una macchina da incendiare. Fornisco
tutto io, le mazze e tutto il resto, così non le rompono in città. Infine,
insieme a Rigoberta Menchú, annulleremo dei Nobel. Sicuramente Kissinger: uno
che ha causato 15 guerre non può avere il Nobel per la pace. E il tutto si
chiuderà con un rinfresco: cibi geneticamente modificati».
Luciano Scalettari
FAMIGLIA CRISTIANA N.22 –01