Da “Invito alla sobrietà felice” – AA.VV. edizioni EMI aprile 2000 – lit.18000

 

 

Presentazione’ al libro di P.Alex Zanotelli

 

 

Non è facile per me prendere la penna nel caos di Korogocho, questa enorme baraccopoli (100.000 ab.) alla periferia di Nairobi. Ma quando ho ricevuto l'invito a stendere la presentazione di questo libro, ho sentito che non potevo dire di no. Per l'amicizia che mi lega agli Autori di questo libro, come ai loro rispettivi gruppi di appartenenza. Infatti, anche se da oltre dieci anni vivo nei sotterranei della vita e della storia, mi sento parte integrante del mondo della resistenza dentro la società civile italiana.

 

Che gioia ho provato quando ho sentito che i mille rivoli della resistenza avevano deciso di fare rete. La nascita della rete lillipuziana è un passo avanti storico perchè il vasto arcipelago della resistenza diventi soggetto politico.

 

Seattle ci ha insegnato che se ci mettiamo in rete e, se uniamo le nostre forze, possiamo dimostrare che l'Impero del denaro, anche se si sente onnipotente, è solo un Impero di carta!

 

Scrivo da questa città assurda, specchio di un mondo costruito sull'ingiustizia (secondo le ultime statistiche della Banca Mondiale 1,3 miliardi di persone vivono con meno di un dollaro al giorno a due miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno). Nairobi infatti è una città di quasi 4 milioni di abitanti dei quali il 60% (oltre due milioni di abitanti) è costretto a vivere nell'1,5% della terra totale della municipalità. Forse nessuna città al mondo vive una tale contraddizione. Le bestie feroci nei parchi del Kenya (per i casti occhi di pochi turisti) sono trattate meglio degli uomini. E la situazione economica dei baraccati diventa sempre più pesante. Il processo di impoverimento è qui visibile a occhio nudo. Sempre più bambini non riescono ad entrare in prima elementare (in alcune zone siamo arrivati al 45%). Costa troppo! Sempre meno possono permettersi il lusso di essere curati in un ospedale. Costa troppo! Molti non riescono neanche più a seppellire i loro morti a Langata. Costa troppo!

 

Questo è anche quanto avviene su scala mondiale dove un sistema economico permette al 20% del mondo di vivere da nababbi consumando l'85% delle risorse disponibili a scapito dell'80% del pianeta! Questo sistema economico è disposto a sacrificare 20‑30 milioni di persone che muoiono per fame ogni anno mentre buttiamo al macero cosi tanto cibo!

 

A questo sistema di morte dobbiamo avere il coraggio di dire no. E lo dobbiamo dire con gesti, atti, azioni propositive... Il più importante per me è certamente l'invito a consumare meno. Solo se il 20% del mondo consumerà di meno, l'altro 80% potrà tornare a sperare. Il rapporto di Wuppertal è stato tranciante a questo livello con il popolo tedesco (a presto, mi dicono, anche un rapporto Wuppertal per l'Italia!). Solo rimettendo in questione il nostro stile di vita ci sarà speranza per i poveri.

 

"Consumare meno per vivere meglio", per vivere tutti, aggiungo io! Per fare questo c'è bisogno di una "rivoluzione culturale" di dimensioni planetarie. Forse sarà la storia a imporcela come unica scelta, se vogliamo sopravvivere. Molti scienziati infatti, Lester Brown in testa, affermano che se l'umanità non cambia rotta entro 50-60 anni, sarà troppo tardi, dato che avremmo già intaccato l'ecosistema.

 

C'è bisogno di un'autentica "rivoluzione culturale" che nasca dal cuore, che parta dalla convinzione profonda che l'abbondanza non è sinonimo di felicità. Deve nascere una coscienza nuova. Ma deve nascere dalla coscienza confrontata con gli imperativi storici. Dobbiamo tutti arrivare a capire che uno stile semplice di vita farà fiorire nuove possibilità di essere uomini e donne.

 

È questo il Vangelo di Gesù, la "buona novella" annunciata alla gente di Galilea. Purtroppo questo Vangelo non l'abbiamo voluto tradurre in prassi economica, politica a sociale!

 

Francesco d'Assisi l'ha rilanciato nel cuore dell'Europa che si preparava ad entrare nel Rinascimento e nel grande boom economico. Ma Francesco, come Gesù prima, è stato rifiutato da tutti, dalla sua stessa Chiesa (che poi lo ha messo sugli altari!).

 

È toccato a un indù Gandhi, rilanciare il messaggio nel ventesimo secolo. Un messaggio chiaro, tagliente, a favore della semplicità di vita... Ad un giornalista che gli chiedeva se sarebbe riuscito, ottenuta l'indipendenza, a portare l'India allo stesso livello economico dell'Inghilterra, Gandhi rispose: "Ma se ci sono volute le risorse di mezzo pianeta per l'Inghilterra, di quanti pianeti avrà bisogno l'India?". Questo concetto è stato divulgato negli anni Settanta da un grande africano, A.Tevoedjrè, nel suo libro: Povertà, ricchezza dei popoli, dove definisce la povertà come "lo stato di uno che ha il necessario, ma non il soprappiù ". È il vangelo della sobrietà. Mi piace questo vocabolo soprattutto se legato alla parola “felice" (personalmente preferisco la "povertà", così cara a Gesù e a Francesco, ma oggi purtroppo ha assunto un'accezione negativa!). È una sobrietà che rende felici, gioiosi..., che fa sprigionare il meglio che c'è nell'uomo.

La sobrietà, quindi (detta oggi anche "principio di sufficienza"!), non solo come esigenza di giustizia e di salvaguardia del pianeta, ma come esigenza di vita della persona. La dimensione estetica della sobrietà: la semplicità di vita ti libera, ti riporta alle cose essenziali, alla ricchezza delle persone, alle relazioni interpersonali (la "teologia dei volti" di Lèvinas).

 

La più grande gioia della solidarietà è il poter condividere con gli altri beni che non si consumano, da un cielo stellato a un'amicizia, a un bimbo, a una festa. È il calore umano, l'affetto, il benvenuto (karibu!) che sperimenti come gioia profonda in questa Korogocho. Qui infatti è la Vita che pulsa, nonostante la morte che ci circonda. È qualcosa che non sperimenti nell'Impero! Il benessere (meglio beneavere!) ci rende tristi, chiusi, menefreghisti, ci rende cose... Ci "cosifica" perchè adoriamo la "Cosa Nostra ", il denaro! Tutto questo è ormai lampante. Non c'è bisogno di profeti che ce lo ripetano. c'è bisogno di comunità di gruppi che diventino profezia; c'è bisogno di "profezia collettiva ". Sia perchè da soli non si può facilmente resistere al "discreto fascino della borghesia", sia perchè tutto questo deve incarnarsi in comunità o società alternative.

 

Per fare questo c'è bisogno di una profonda spiritualità (non certo stile New Age!). Un tale movimento di base non può avere futuro senza un grosso spessore di spiritualità impegnata, cosi come la definisce il teologo dello Sri Lanka, A.Pieris: "Chiunque definisce spiritualità la ricerca di Dio (e sono d'accordo), non può dimenticarsi dei due assiomi biblici: l'inconciliabilità tra Dio e la ricchezza a l'alleanza irrevocabile tra Dio e i poveri. Se l'inconciliabilità Dio‑Mammona è situata nell'ambito dell'alleanza di Dio con i poveri - cioè nella parzialità di Dio verso gli oppressi che sono i rifiuti dell'esistenza mondiale che accumula beni e denaro ‑ allora un Dio neutrale sarebbe ingiusto e violerebbe la sua stessa alleanza. Dio invece assume la lotta dei poveri come sua, così che diventa la lotta contro i potenti, i superbi, i ricchi (Luca 1,51‑53). Noi diventiamo uno con Dio (non è questo il fine della mistica?) nella misura in cui la nostra povertà ci spinge a sentire la passione di Dio per i poveri come la nostra stessa missione".

 

Senza questa profonda spiritualità non sarà facile sostenere un movimento di resistenza nel cuore dell'Impero. Le comunità di resistenza (profezia collettiva) dovranno ritrovare una robusta spiritualità ecumenica che sarà alla base del loro impegno di resistenza alla Bestia. Per questo ritengo molto bella la confluenza di quattro filoni importanti di resistenza all'Impero: il movimento ecologico (WWF), il filone "economico-politico" (Nord/Sud), quello familiare (Bilanci di giustizia) e poi il mondo missionario. Fino a poco tempo fa, ognuno filava per la sua strada. Oggi ogni filone sente l'importanza di lasciarsi influenzare da altre esperienze che stimolano ad un impegno più globale.

 

Trovo una grande ricchezza la confluenza di queste quattro anime del movimento di resistenza in Italia. Sento che questo è solo l'inizio di un cammino che porterà lontano. Desmond Tutu, il Nobel sudafricano per la Pace, lo definisce "il popolo di Dio dell'arcobaleno"; il compianto Tonino Bello lo definiva "la convivialità delle differenze". È questa la strada su cui bisogna camminare. Non si tratta solo di fare rete, si tratta di scoprire le ricchezze del compagno di traversata, del suo gruppo, della sua spiritualità.

 

Ognuno è grazia per il fratello, ogni comunità è grazia per un'altra. "Nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca ‑ diceva il compianto vescovo di Orano (Algeria), Claverie ‑, ci sono certamente verità oggettive, ma che vanno al di là di tutti noi e alle quali non si può accedere che attraverso un lungo cammino e ricomponendole poco a poco, prendendo dalle altre culture e da altri gruppi umani quello che altri hanno acquisito, hanno cercato, nel loro cammino verso la verità ". Parole sacrosante soprattutto perché dette da un vescovo che le ha pagate con il sangue. "Non si possiede la verità, affermava Clavarie - io ho bisogno della verità degli altri”.

 

Mi sembra essere questa la base per una spiritualità ecumenica che da motore per la rete lillipuziana, per l'arcipelago della resistenza. Quello che abbiamo in questo libro è un primo annuncio di cose a venire.

 

Dovrei solo sottolineare l'importanza del contributo del mondo missionario purché rimanga fedele al suo carisma: l'identificazione con il Crocifisso trafitto dai chiodi dell'imperialismo romano, e con tutti i crocifissi della storia, oggi più che mai. È stata questa identificazione con i crocifissi di Korogocho che ha cambiato radicalmente la mia vita. È stata questa esperienza che mi ha obbligato a ripensare il mio stile di vita per assumere una sobrietà che ti rende più felice, più pieno. I poveri sono stati i miei maestri e mi hanno aiutato a rileggere le Scritture, a far scaturire una nuova spiritualità che A. Pieris riassume così: "La ricchezza è un male solo se accumulata. Anche il pane è un peccato contro il Corpo di Cristo, se consumato da pochi, mentre gli altri hanno fame (1 Cor 11,21,27). Ma quando è spezzato e condiviso, è il Suo corpo, che noi mangiamo e diventiamo. Se la ricchezza è condivisa secondo il bisogno, così che non ci sia alcun bisognoso (Atti 4,34‑35), cessa di essere Mammona. Diventa sacramento. Per cui l'insegnamento dei Padri della Chiesa (Crisostomo, Ambrogio, Agostino): se alcuni sono poveri è perché altri hanno acquistato o ereditato di più, e questo di più rimane proprietà rubata finché non è condivisa con i poveri ".

 

Mentre io continuerò a camminare con i crocifissi della storia, chiedo a voi di impegnarvi nel cuore della Bestia per costruire un mondo dove tutti possano sedersi alla mensa, a fare Giubileo!

 

                                                                           Alex ZANOTELLI