La globalizzazione economica?

E’ efficiente se non è "immorale"

 

di Giannino PIANA

docente di teologia morale

 

La situazione economica mondiale è sempre più preoccupante. Il vuoto istituzionale, cioè l'assoluta mancanza di regole, provoca la crescita di diseguaglianze tra Nord e Sud del mondo con effetti destabilizzanti. Ad avere il sopravvento è una forma di liberismo miope e impotente, che punta sull'accumulo della ricchezza nelle mani di pochi, anziché favorire processi di effettivo allargamento dell'area del mercato; mentre appare sempre più evidente che il fenomeno della globalizzazione esige, per potersi sviluppare in modo corretto, la creazione di un sistema di istituzioni capaci di distribuire equamente i vantaggi all'interno delle nazioni sviluppate e di integrare nel processo di sviluppo i Paesi emergenti.

 

Il disagio avanza su più fronti, assumendo talora anche forme violente; episodi come quelli verificatisi in occasione del G8 di Genova o come la caduta delle Torri gemelle di New York sono chiari sintomi di uno stato di insofferenza non facilmente contenibile, La doverosa e ferma condanna della violenza, da qualunque parte si manifesti (ovviamente anche dalla parte delle istituzioni), non può esimerci dal considerare seriamente le ragioni che la alimentano e dal denunciare con coraggio le terribili ingiustizie esistenti oggi nel mondo. D'altra parte, a rendere ancora più evidente l'insensatezza dell'attuale sistema concorrono elementi di grave difficoltà presenti all'interno degli stessi Paesi sviluppati. Dopo la crisi dell'economia del Giappone, il capitalismo americano ha dimostrato (e dimostra) di andare soggetto a eccessi speculativi e a rischi recessivi, le cui avvisaglie si sono affacciate ben prima della tragedia dell'11 settembre dello scorso anno. Assurde forme di rigidità e crescenti egoismi corporativi impediscono il coinvolgimento di interessi allargati, favorendo il prodursi di scelte che si rivelano perdenti anche sul piano economico. Ma l'indice più preoccupante è costituito dalla scarsità di beni cosiddetti "posizionali", la cui espansione, a differenza di quelli materiali, è legata a fattori tanto di ordine fisico che sociale. Il progresso economico sembra andare di pari passo con la diminuzione di opportunità sociali: si pensi soltanto alla limitazione dell'interscambio relazionale nelle forme più spontanee e gratuìte per effetto di congestioni fisiche - quali il traffico - e di congestione sociale. La qualità della vita non si misura soltanto dalla posizione acquisita nella distribuzione del reddito o nella scala sociale, ma anche (e soprattutto) dalla possibilità di accesso a beni fisicamente e socialmente limitati, la cui produzione rischia sempre più di ridursi.

 

Aumentano, di fronte a questo stato di cose, le perplessità circa il modello di sviluppo attivato e, più radicalmente, circa l'opportunità o meno di procedere sulla via dello sviluppo. Al di là degli squilibri mondiali, che generano instabilità e sono alla base delle pesanti conflittualità esistenti sulla faccia della Terra, l'attuale processo di crescita produttiva penalizza gli stessi soggetti che lo hanno voluto, con ricadute fortemente negative sul terreno economico e con forme di crescente dequalificazione della vita personale e relazionale. Risulta sempre più chiaro - e l'allarme risuona da anni nelle dichiarazioni preoccupate degli economisti più sensibili - che ciò che fino a ieri veniva considerato come eticamente inaccettabile è oggi divenuto anche economicamente improduttivo. E' come dire che le ragioni della solidarietà, lungi dal dover essere concepite in antitesi con quelle dell'efficienza - come si è pensato per molto tempo -, appaiono piuttosto come fattori imprescindibili di valutazione di una vera efficienza, la quale fa debitamente i conti con l'insieme delle variabili che concorrono alla crescita del sistema.

 

La riflessione morale non può certo accontentarsi del ritorno dell'istanza etica in campo economico per motivi unicamente utilitaristi; deve ribadire la subordinazione di ogni scienza umana (compresa l'economia) al bene di ogni uomo e dell'intera umanità, incluse le generazioni future. Ma non si può misconoscere l'importanza di una sollecitazione che viene dall'interno della stessa economia e che, oltre a risultare più convincente per chi opera in tale settore, rappresenta la conferma che il rispetto delle leggi morali è anche condizione imprescindibile per l'attuazione di ogni serio progetto di sviluppo.

 

da Jesus n.4/02