di Raffaele Garofalo
II primo sentimento di fronte alla
catastrofe delle torri di Manhattan è di sgomento, vendetta, rappresaglia,
desiderio di rendere male per male, occhio per occhio. È istintivo nell'uomo al
punto che è codificato anche nel testo più antico: il primo Testamento, cui
l'America puritana sembra fare maggior riferimento. Non può cessare il
compianto per una sola vita umana stroncata dalla violenza o dall'indifferenza
degli uomini: le vittime innocenti delle Twin Towers, le persone che ogni
minuto muoiono di fame. Se il mondo orientale è responsabile delle efferatezze
del terrorismo internazionale, grande è anche la contraddizione di un mondo
occidentale che si fa guida democratica nella difesa dei diritti umani nel pianeta,
ma impartisce lezioni con la legge del più forte. Il presidente Bush, con la
sua politica estera aggressiva, ha aumentato le spese militari e ripristinato
lo scudo stellare (con relativo armamento atomico), in una rinnovata logica
militarista dopo anni di faticoso impegno per la distensione. Bush si è
rifiutato di bandire l'uso delle armi chimiche e le mine antiuomo, non ha
firmato l'accordo di Kyoto per la salvaguarda dell'ambiente, non ha favorito
efficacemente il processo di pace tra Israele e Palestina.
Con questo terribile attentato la
vulnerabilità è diventata veramente globale se ha potuto raggiungere il cuore
del mondo occidentale. Risultano profetiche le parole di Franz Fanon ne "I
dannati della terra", quando parla di un terzo conflitto mondiale non tra
nazioni, ma tra ricchi e poveri. Uno "scontro di civiltà", afferma Sam
Hunstington.
Non vogliamo essere accusati di vivere
nel libro "Cuore", ma se l'America si professa cristiana al punto di
dividersi in centinaia di confessioni in gara per appropriarsi del Cristo
autentico, se può sembrare eccessivo porgere l'altra guancia, si è tenuti,
almeno, alla sostanza della raccomandazione, cioè a non macchiarsi di altra
violenza. Dobbiamo tollerare, allora, l'aggressione a persone innocenti? No, ma
sarebbe ora di riflettere che il male si estirpa alla radice, non in
superficie. Non si trovano parole per condannare quanto accaduto a Manhattan,
ma nemmeno si possono trascurare, onestamente, le responsabilità occidentali
nell'odio seminato da una politica forsennata. Per punire Saddam, Bush padre
procurava la morte di migliaia di esseri innocenti rendendo gli iracheni due
volte vittima: del loro tiranno e dell'embargo degli Stati Uniti (cinquecentomila
bambini morti in dieci anni per l'embargo). Sarà salutare ricordare che, quando
all'Occidente faceva comodo, Saddam veniva rimpinzato di armi e tecnologie
militari avanzate contro l'Iran. L'attuale "satana" bin Laden è
cresciuto alla scuola di morte dell'Occidente quando in Afghanistan il diavolo
di turno da combattere era l'Unione Sovietica. Il pericolo dei Talebani, col
loro ottuso fondamentalismo sanguinario, era già annunciato con le prevedibili
conseguenze. Ora bin Laden potrà essere eliminato dal desiderio di vendetta
dell'occidente coallzzato, ma difficilmente morirà con lui il terrorismo e
l'odio seminato contro la nostra società se non cambierà radicalmente la nostra
politica internazionale.
Bush ha detto che questa è la lotta del
bene contro il male. Il linguaggio è lo stesso dei fondamentalismi islamici.
L'unica rappresaglia efficace, che dovrebbe trovare concordi le nazioni
occidentali, deve essere politica, nel rendere giustizia ai Paesi discriminati,
raffreddando, non esasperando ulteriormente gli animi esacerbati. Altrimenti
potrà esserci sempre un folle (o più di uno) esaltato da furore religioso che,
eludendo ogni controllo, ripeterà l'abominevole infamia. Potrà fermarlo solo
Dio, non quello di Wall Street ne di Washington ne il dio dei giardini di Allah,
ma l'unico vero Dio della giustizia resa ad ogni uomo.
È stato scritto, in questi giorni, che il nostro mondo della democrazia e dei valori è un sistema dove "la ricchezza, la cultura e perfino la religione di una minoranza dell'umanità decidono del destino di tutti". È necessario che si risvegli la coscienza di tutto questo. Non tutti vogliono adottare le categorie dell'Occidente, esistono identità non omologabili, valori che non si trattano. Siamo diversi non per diventare uguali, ma per crescere nel confronto. Non è più pensabile un mondo in cui la speculazione e il profitto prevalgano sull'etica e i diritti civili della maggior parte dell'umanità. La sfida contro il terrorismo non si vince con la barbarie di altra violenza in una spirale senza fine, ma sul terreno di quei valori che diciamo di possedere e di difendere.
Un primo passo sarà, forse, la soluzione
prioritaria del conflitto israelo-palestinese che vede la maggioranza dei Paesi
arabi moderati, pur disponibili ad entrare nella sfera occidentale, attualmente
schierata contro Israele. Col riconoscimento dello Stato palestinese e delle
dovute garanzie allo Stato di Israele, si spezzerebbe una perfida complicità,
assestando un duro colpo al terrorismo, ricacciandolo nell'isolamento.