L'articolo è tratto dal quindicinale della diocesi di Ales-Terralba

 

1948-2000: a Roma con i baschi verdi e ruggine

 

Un’esplosione di giovinezza

 

 

Nel racconto di un protagonista

il ricordo di quelle giornate romane.

La parola coinvolgente di Carlo Carretto

e l’intervento di Pio XII

fecero sentire i 500 mila protagonisti.

Un ideale filo conduttore li unisce

ai due milioni della Gmg di Tor Vergata.

 

 

di Salvator Angelo Spano

 

Non ce l’ho fatta ad andare a Roma all’incontro giubilare degli ex "baschi verdi" e "baschi ruggine", i giovani e le ragazze della gioventù di Azione Cattolica che nel 1948 ci ritrovammo in due memorabili convegni che furono per l’Italia che risorgeva dalle rovine della guerra, come la grande "epifania" dei cattolici italiani che a Roma, attorno al "Bianco Padre" si impegnarono a far di tutta la loro esistenza un unico atto d’amore per la crescita umana e civile della patria.

Non ce l’ho fatta, ma il mio cuore e la mia anima, così come quella di mia moglie "basco ruggine", sono stati lì, in via della Conciliazione e in piazza S.Pietro, e oltre la Porta Santa per rinnovare ancora la nostra fede e la gioia di essere e di sentirci cristiani; e con noi certamente quanti, anche della nostra diocesi, sono ancora in vita di quei giovani e di quelle ragazze.

Già abbiamo rivissuto con nostalgia quelle giornate durante la meravigliosa "epifania" giubilare della Giornata Mondiale della Gioventù, ritrovando nei protagonisti di Tor Vergata la giovinezza, l’ardore, l’entusiasmo dei nostri anni giovani e di quelle giornate vissute da noi come un sogno d’amore che ancora ci canta nel cuore.

La nostra diocesi, sotto la spinta anche del nostro vescovo Mons.Tedde che con i suoi 42 anni era il vescovo più giovane d’Italia, fu presente alle giornate romane con due gruppi abbastanza folti e numerosi.

Noi della GIAC maschile andammo in un centinaio, e non fu impresa da poco, se si pensa ai mezzi e alle navi traballanti di cui allora si disponeva e alle difficoltà per la sistemazione logistica. Da Gonnosfanadiga, un gruppo di una decina di giovani più arditi fece addirittura il viaggio in bicicletta, fino ad Olbia e poi da Civitavecchia a Roma.

Andammo cantando, pieni di gioia, di speranza e di entusiasmo. Ricordo che ci dettero ospitalità nel grande ospizio del Ponte Rotto, lungo il Tevere: ci sistemammo con qualche coperta per terra nei lunghi sterminati corridoi e non trovammo difficile accogliere, con quelle ristrettezze, quelle inevitabili per i pasti: non eravamo lì per cercare le comodità di un albergo ma solo per cantare la nostra gioia e testimoniare la nostra fede.

Fu una esplosione di giovinezza che lasciò stupita tutta l’Italia e che ci fece sentire protagonisti di un avventura che avrebbe segnato a caratteri di fuoco gli anni che stavamo per vivere.

Furono tre giorni ardenti. Nella prima notte – trecentomila che eravamo! -; ci dividemmo in quattordici colonne partendo da varie parti della periferia, e marciammo cantando e gridando la nostra fede per le vie di Roma confluendo tutti in piazza S.Pietro con le torce accese: l’immenso catino delimitato dal colonnato del Bernini divenne un immenso braciere, un’unica fiamma che illuminò di luce la storia della nuova Italia che stava cominciando.

In piazza ci attendeva sul palco il nostro presidente Carlo Carretto, l’amico che ci affascinava con la sua parola e con i suoi scritti e ci faceva battere il cuore per la Chiesa e il Papa e per la patria. Nel palco delle autorità c’erano tutte le massime cariche dello Stato, con a capo De Gasperi che guidava il governo nato dalla consultazione del 18 aprile 1948 che aveva visto la strepitosa vittoria della DC.

Carlo Carretto parlò di Dio, dei fratelli, del nostro impegno d’amore per essi, per tutti, nella Chiesa, attorno al Papa al quale cantavamo entusiasti: "Bianco Padre, che da Roma ci sei meta luce e guida: su ciascun di noi confida, su noi tutti puoi contar!". Parlò a noi e parlò ai nuovi governanti portando alla loro attenzione, con parola forte e decisa, i problemi della povera gente e la responsabilità per loro di ritrovare il coraggio e la capacità di fare una politica sociale aperta, capace di risolvere i problemi del bilancio facendo credito a Dio e confidando in Lui più che sul sistema bancario.

Qualcuno lo prese per un visionario e un esaltato, fuori della realtà, ma noi ci trovammo tutti con Carlo Carretto e con la nostra presenza entusiasta facemmo intendere che eravamo lì non per fare i procacciatori di voti, ma per impegnarci tutti seriamente per la crescita umana e civile della nuova Italia.

Da quella notte è venuta per tanti di noi la forza e il coraggio e l’impegno per servire, stando nella Chiesa e con la Chiesa, la patria anche nella politica e nei vari aspetti della vita sociale: in seguito molti nostri errori nacquero dal venir meno di quell’entusiasmo e di quella determinazione, ma a quell’appuntamento abbiamo sempre fatto riferimento nei nostri esami di coscienza e nel rinnovo dei nostri impegni.

Il culmine del convegno si ebbe il giorno dopo, sempre in piazza S.Pietro, alla Messa celebrata da Pio XII, che ci rivolse la sua parola ardente, ferma e piena di fede, accogliendoci tutti in un abbraccio che ci fece sentire dei protagonisti, chiamati da Dio a spendere la nostra vita nella Chiesa per la patria in un servizio d’amore che aveva nella Croce l’esempio più trascinante e determinante.

Credo possa dirsi che il secondo cinquantennio dell’ultimo secolo fu segnato in tanti modi da quegli incontri romani che videro prima le ragazze "i baschi ruggine" e poi i ragazzi "i baschi verdi" impegnati a fare di Piazza San Pietro un’aiuola fiorita di speranza e di amore che ha vivificato la storia di tante generose giovinezze, così come gli incontri affascinanti dei due milioni di giovani della Giornata Mondiale della Gioventù lasceranno un’impronta di fuoco nella storia del millennio che comincia.

La fiaccola della fede lanciata dai giovani nel buio della notte, brilla come allora, e grida a tutti gli uomini parole d’amore, di fraternità, di speranza che non passano e daranno al mondo quel "supplemento d’anima" che è indispensabile per la salvezza dell’umanità