Relazione
contro la pena di morte Svolta dal senatore Nicola Mancino il 4 luglio 2000 in occasione della
Conferenza dei parlamenti dEuropa che ha avuto luogo presso il Convento di San
Francesco in Assisi.
Signori
Presidenti e Delegati delle Assemblee parlamentari d'Europa,
il cordiale saluto di benvenuto che ho l'onore di rivolgervi è associato alla
soddisfazione, credo condivisa, per l'apertura dei lavori di questa importante Conferenza
dei Parlamenti d'Europa contro la pena di morte.
E
significativo che questo incontro internazionale si svolga nella splendida città da cui
il messaggio e l'umanità di Francesco si sono propagati nel mondo:
un positivo auspicio perché anche la lunga battaglia contro la pena di morte,
conquistando frontiere sempre più ampie, possa giungere al suo definitivo coronamento.
Nel solo mese di
giugno, nel penitenziario di Huntsville, nel Texas, è scoccata l'ora di cinque
esecuzioni. Ogni giorno, in molte altre parti del mondo, dalla Cina ai paesi islamici,
dall'Africa all'America Latina, il boia continua a compiere indisturbato il suo macabro
ufficio. Recentemente, abbiamo persino assistito, in Guatemala, alla morte in diretta tv
di due condannati. E, nella mente e nel cuore di ogni cittadino del villaggio globale in
cui viviamo, sono ritornate le parole, immortalate da Hemingway, con cui John Donne ci ha
ammonito a non chiederci per chi suona la campana: essa, ancora una volta, è suonata per
noi.
Oggi è cresciuto
il fronte dei paesi abolizionisti, mentre si moltiplicano le notizie riguardanti le
adesioni e le ratifiche, da parte di altri, delle convenzioni e dei protocolli già
sottoscritti.
Come talvolta
accade nella storia del mondo, la forza dell'utopia riesce via via ad imporsi e ad avere
ragione.
Una più matura
consapevolezza e la crescita di una nuova coscienza civile hanno accompagnato un cammino
che ha interessato progressivamente i singoli, le collettività, le istituzioni.
Non possiamo
dimenticare che, all'inizio del ventesimo secolo, solo tre paesi l'avevano permanentemente
abolita.
Non vi è norma
che possa essere approvata o applicata se non si leghi al sentimento popolare: e oggi il
mondo sta sempre più respingendo il ricorso alla pena di morte. Le più recenti indagini
statistiche, del resto, confermano la sua scarsa efficacia deterrente e questo smentisce
uno degli argomenti più diffusi portati a sostegno delle tesi non abolizioniste.
Ma è sul piano
elevato dei diritti della persona e della coerenza delle enunciazioni delle società
democratiche che la contraddizione è più forte. Lo ha rilevato Giovanni Paolo II durante
il suo ultimo viaggio in America, quando ha affermato che "la pena di morte è
crudele e inutile. La società moderna ha altri mezzi per proteggersi dai criminali, senza
togliere loro definitivamente l'opportunità di cambiare".
Un lungo e
travagliato cammino ha segnato l'avanzamento delle tesi favorevoli ad una. più diffusa,
reale affermazione dei diritti umani.
In ambito ONU,
dal Patto sui diritti civili e politici al Protocollo aggiuntivo relativo alla pena di
morte, alle cosiddette "Salvaguardie", alle prese di posizione del Consiglio
Economico e Sociale e della Commissione per i Diritti umani, alle proposte di risoluzione
su una moratoria delle esecuzioni presentate all'Assemblea Generale, il confronto politico
tra paesi e tra schieramenti ha raggiunto importanti traguardi ma ha conosciuto anche
ritardi e qualche battuta d'arresto.
Così attendiamo
ancora che, proprio in sede di Assemblea del Palazzo di Vetro, vi sia una presa di
posizione netta ed inequivocabile contro la pena di morte.
Da ultimo, non va
trascurata l'importanza dell'istituzione del Tribunale Penale Internazionale. L 'espressa
esclusione, nello Statuto - che ha natura di trattato - della pena di morte tra quelle
comminabili, oltre a costituire, nell'immediato, una significativa vittoria dei paesi
abolizionisti, rappresenta una non secondaria conquista in vista degli ulteriori sviluppi.
In questo caso,
come in altri - che hanno visto l'intervento attivo della comunità internazionale in
particolari aree di crisi - è stata ritenuta possibile l'attenuazione del principio di
non ingerenza negli affari interni di ciascuno Stato. I paesi che conservano la pena di
morte nei propri ordinamenti hanno invocato quel principio per sostenere che una questione
di giustizia criminale e di diritto penale resta riservata alla sovranità nazionale.
In materia di
diritti umani, tuttavia, sarà sempre più difficile sostenere una sorta di indifferenza
della comunità e degli organismi internazionali o una visione riduttiva delle loro prese
di posizione, considerate di carattere esclusivamente politico generale. Viceversa, il
grande valore morale e politico delle dichiarazioni e delle risoluzioni approvate noli
può far dimenticare che la battaglia contro la pena di morte si gioca anche e soprattutto
sotto un'ottica giuridica.
Rafforzare le
tendenze abolizioniste contribuisce, infatti, anche a far maturare nella comunità
internazionale un più diffuso sentimento giuridico contrario all'applicazione della pena
capitale. La sua definitiva, completa abolizione non sarà, così, conseguenza di una
volontà politica talvolta mutevole, ma leffetto stabile nella stessa coscienza dei
popoli di una sopravvenuta, maturata illiceità della sua pratica.
In questo quadro,
le pronunce degli organismi ONU acquistano il valore di prima manifestazione dell'emergere
di una norma di diritto internazionale consuetudinario: una indispensabile base giuridica
per il coronamento di una grande battaglia di civiltà.
Il cammino svolto
dall'Italia è stato coerente sul piano interno e ricco di iniziative sul piano
internazionale. Alla definitiva abolizione della pena di morte anche dal codice penale
militare di guerra ha fatto seguito la dichiarazione di illegittimità costituzionale
delle norme che prevedevano l'estradizione verso paesi che dessero solo "sufficienti
assicurazioni" e non, invece, garanzie assolute circa la protezione del bene
essenziale della vita, sancito direttamente dalla Carta fondamentale italiana.
Le ratifiche dei
Patti e delle Convenzioni sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali e sui diritti civili e politici rimangono testimonianza di un ruolo italiano
svolto con continuità e con determinazione.
L 'Italia ha
collaborato alle iniziative della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite per
l'abolizione della pena di morte, partecipando attivamente ai suoi lavori. Importanti
mozioni approvate all'unanimità alla Camera e al Senato furono alla base dell'iniziativa
italiana dei progetti di risoluzione presentati alla 49a e alla 53a
sessione dell'Assemblea generale dell'ONU.
Le mozioni al
Senato hanno visto in prima fila la vice presidente Salvato e la senatrice Scopelliti, che
in questa occasione desidero ringraziare per l'impegno profuso.
In entrambe le
Camere, l'approvazione di mozioni o di interpellanze con l'adesione di tutti i gruppi
politici ha costituito ulteriore dimostrazione dell'attenzione con cui vengono considerate
le tematiche dei diritti umani e della abolizione della pena di morte.
Al Senato,
infine, la recente istituzione di un comitato informale di senatori coordinati dalla vice
presidente Salvato ha permesso di stabilire una proficua serie di contatti con molti
Parlamenti e con altre autorità per poter proseguire a livello internazionale l'impegno
intrapreso.
Sul versante
europeo, fin dall'approvazione della Convenzione europea per la protezione dei diritti
umani e delle libertà fondamentali, si sono sviluppate iniziative sempre più frequenti
ed incisive. Esse hanno trovato nel sesto protocollo alla Convenzione uno degli strumenti
più importanti di lotta contro la pena di morte. L'affermazione che essa è abolita e che
uno Stato possa prevederla nella sua legislazione solo per atti commessi in stato di
guerra o in pericolo imminente di guerra, e comunque in applicazione di disposizioni di
legge, è stata più di una solenne conferma di una volontà politica. Considerate in
correlazione con i profondi mutamenti delle coscienze internazionali e con le crescenti
adesioni al fronte abolizionista, quelle frasi hanno rappresentato dei riferimenti di
diritto internazionale certamente non compiuti nei loro approdi, ma ricchi di
potenzialità per il futuro.
Lo si è visto
anche nell'attività del Consiglio d'Europa: nelle raccomandazioni e nelle risoluzioni
adottate dall'Assemblea parlamentare, cosi come nelle prese di posizione assunte dai capi
di Stato e di governo nei vertici degli. ultimi anni.
L'azione di
stimolo verso gli Stati che non hanno ancora ratificato il sesto protocollo e la
sorveglianza sullo stato di attuazione, da parte degli altri Stati membri, delle
disposizioni contenute negli accordi internazionali si sono sempre accompagnate alle
pressioni perché i paesi che l'hanno ancora aboliscano la pena di morte o almeno
proclamino delle moratorie nelle esecuzioni.
Per tutta la
durata della prima fase di vita della Comunità europea, la tematica dei diritti umani era
stata di fatto ritenuta estranea, all'ambito delle specifiche competenze e degli interessi
degli organismi comunitari: non compresa nelle disposizioni dei trattati istituzionali,
non sembrava neppure rivestire quelle caratteristiche di preminenza e di emergenza
richieste con riferimento alla situazione della Comunità stessa.
Le necessità nel
variegato campo dei diritti umani erano garantite, all'interno degli Stati firmatari,
dagli strumenti individuati dalle convenzioni, mentre nei rapporti con gli Stati terzi o
con le organizzazioni internazionali l'assenza di una politica comune si faceva spesso,
inevitabilmente, sentire.
Oggi, tuttavia,
il mutato quadro costituito dall'Unione europea ha determinato il cambiamento di alcuni
importanti elementi che incidono sul fronte dei singoli Stati.
Dall'Atto Unico
Europeo si è sviluppato un percorso forse non privo di asperità e di incertezze, ma che
sicuramente ha segnato, da una parte, l'instaurazione di più stretti rapporti di
collaborazione e di concertazione politica tra i governi degli Stati; dall'altro,
l'individuazione di un ruolo più attivo e definito della Comunità europea a livello
internazionale, anche per quanto riguarda i diritti umani.
Dopo l'entrata in
vigore del trattato di Amsterdam l'Unione europea, fondata "su principi di libertà,
democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" e impegnata
"a rispettare i diritti fondamentali dell'uomo quali sono garantiti dalla convenzione
Europea per la salvaguardia di diritti dell'uomo", ha assunto tra i suoi obiettivi
anche quello di perseguire in materia di diritti umani una politica coerente ed efficace
nei confronti degli Stati terzi.
In questo quadro,
l'importanza del ruolo svolto dal Parlamento è sotto gli occhi di tutti. Le risoluzioni
con cui volta a volta sono stati invitati Stati membri ed associati ad annettere speciale
attenzione alla pena di morte o sono state chieste nuove iniziative per una moratoria
universale delle esecuzioni capitali hanno rappresentato solo alcuni dei momenti di un
cammino che ha coinvolto sempre più il Parlamento e gli altri organismi europei, i
Parlamenti nazionali, i governi, le popolazioni.
Noi, in Europa,
abbiamo raccolto l'appello ancora ultimamente lanciato da Giovanni Paolo Il alla vigilia
dell'apertura dell'Anno Giubilare.
"Il Grande
Giubileo - ha detto il Papa è un'occasione privilegiata per promuovere nel mondo
forme sempre più mature di rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Rinnovo
pertanto il mio appello a tutti i responsabili affinché si arrivi ad un consenso
internazionale per la abolizione della pena di morte, dal momento che i casi di assoluta
necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari se non addirittura
inesistenti".
Onorevoli
colleghi delle Assemblee parlamentari,
nel momento in cui ci inoltriamo sulla strada della costruzione dell'Europa di domani
abbiamo anche la preziosa opportunità di trasformare qualche possibile rischio in una
positiva opportunità.
Le vicende
storiche e politiche hanno portato e portano sempre più a delineare quel concetto di
"identità europea", fondato su un robusto nucleo di principi e di valori
comuni, che solo può costituire la base vera e profonda del cammino che vede impegnati i
nostri paesi.
L 'istituzione
della Banca centrale europea, la creazione della Moneta unica e le molte positive
convergenze in campo economico e finanziario costituiscono risultati fondamentali.
Tuttavia, al di
là anche delle stesse omogeneità economiche o territoriali, è l'appartenenza sentita e
motivata ad una casa comune - vissuta e testimoniata come tale -che può rappresentare il
collante più solido per l'Europa del domani. Essa ricordiamolo ancora una volta -
o sarà vera entità politica o non sarà.
I passi in avanti
compiuti per quel che riguarda i settori della sicurezza e della difesa, nonché della
politica estera, non debbono farci dimenticare il molto che resta ancora da fare.
Nell'ulteriore
sviluppo del cammino verso la completa e definitiva abolizione della pena di morte, i
Parlamenti dei paesi europei non solo non avranno un ruolo passivo, ma potranno averne uno
ancora maggiore se sapranno accompagnare le ulteriori tappe con la forza della propria
autorevolezza e della propria rappresentatività politica.
Le assemblee
parlamentari d'Europa hanno guidato i processi di fondazione degli Stati democratici.
Questi sono oggi chiamati a nuove sfide: non solo adeguare e regolare, ma anche, in
qualche modo, esaltare le sovranità attraverso una rinnovata sensibilità istituzionale e
politica ed un più efficace raccordo con gli organismi europei ed internazionali. Una
sovranità ed una primazia confermate da un contributo reale al raggiungimento di nuovi
fini comuni, piuttosto che, invece, la scelta residuale di una sorta di improbabile,
rassegnata conservazione dell'esistente.
Per continuare a
svolgere la loro imprescindibile funzione di fondamentali sedi di confronto politico e di
presidi di libertà, i Parlamenti dei paesi europei dovranno mostrarsi capaci di modulare
ed aggiornare competenze, mezzi, strumenti, iniziative. Sono certo che ancora una volta si
dimostreranno capaci di farlo, dando prova di saper attingere a quella originalità, a
quella alterità che è sempre ad essi appartenuta nel corso della storia.
Riuscire a
raggiungere in via definitiva l'obiettivo dell'abolizione della pena di morte
significherà non solo coronare l'impegno e gli sforzi di quanti ne hanno fatto una
battaglia di vita, ma anche e soprattutto testimoniare l'esistenza di una tradizione
europea alta e condivisa che sarà la ulteriore, migliore premessa per la casa comune di
domani. |