Abolizione  della pena di morte

L'abolizione della pena di morte avvenne in Toscana già il 30 Novembre 1786 sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, Granduca di Toscana. Durante il suo regno fu effettuato un vasto programma di riforme che avrebbero fatto del suo Stato il modello più avanzato del cosiddetto dispotismo illuminato. Il nuovo Codice penale del 1786 ispirandosi alle idee del Beccaria, abolì infatti la tortura come metodo di indagine, la pena di morte come "non necessaria per il fine propostosi dalla società nella punizione dei rei", la confisca dei beni dei criminali e la moltiplicazione dei delitti detti di "lesa maestà". Si impose inoltre ai giudici la massima possibile sollecitudine nei processi e fu istituito altresì un fondo per indennizzare le persone ingiustamente processate. Furono soppressi antichi e consolidati privilegi feudali, come il maggiorascato, grazie al quale solo il figlio maggiore ereditava i beni della famiglia e furono abolite le immunità fiscali a vantaggio dell'aristocrazia.

 

Si ricorda il film "Sacco e Vanzetti"
Regia: Giuliano Montaldo (1971); musiche di Ennio Morricone e Joan Baez.
(famosa è la canzone cantata dalla Baez "La ballata di Sacco e Vanzetti)
Riccardo Cucciolla (attore pugliese che interpreta Sacco; anche Sacco era pugliese ed era nato a Torremaggiore in provincia di Foggia) e  Gian Maria Volontè (Vanzetti).
Sacco e Vanzetti morirono nella notte tra il 22 e 23-8-1927, ingiustamente condannati a morte, nel penitenziario di Charlestown presso Boston nello Stato americano del Massachusetts. Il 23-8-1977, il governatore del Massachusetts Michael S. Dukakis riabilitò ufficialmente i due italiani.

 
 

L'inutilità delle pene severe

Molti studi hanno dimostrato che l'unico vero deterrente è la certezza della pena.

"È facile pensare che con pene più severe il numero dei crimini si ridurrebbe," dice David A. Anderson, del Department of Economics del Centre College di Danville, in Kentucky. "Sfortunatamente, questo non è vero, per varie ragioni.
Per prima cosa, per ogni tipo di crimine, eccetto l'aggressione, il motivo più importante per cui la punizione non è un deterrente è che i criminali non pensano che verranno scoperti. Secondo, ci vorrebbe più di una piccola correzione nella severità delle pene per attirare l'attenzione dei criminali. Infine, mentre le punizioni per alcuni crimini minori sono diventate più importanti, il mio studio indica che pochi criminali sono consci delle maggiori conseguenze dei loro reati: non studiano i libri di legge e non prevedono di essere catturati," dice Anderson, che ha passato anni compilando dati statistici sull'argomento. La sua ultima ricerca è stata pubblicata sulla rivista "American Law and Economics Review". In effetti, molti studi in passato hanno già dimostrato che l'unico vero deterrente è la certezza della pena, non la sua entità.
Da: "Le Scienze on line" (15-09-2002)

 
 
Relazione contro la pena di morte

Svolta dal senatore Nicola Mancino il 4 luglio 2000 in occasione della Conferenza dei parlamenti d’Europa che ha avuto luogo presso il Convento di San Francesco in Assisi.

Signori Presidenti e Delegati delle Assemblee parlamentari d'Europa,
il cordiale saluto di benvenuto che ho l'onore di rivolgervi è associato alla soddisfazione, credo condivisa, per l'apertura dei lavori di questa importante Conferenza dei Parlamenti d'Europa contro la pena di morte.

E’ significativo che questo incontro internazionale si svolga nella splendida città da cui il messaggio e l'umanità di Francesco si sono propagati nel mondo:
un positivo auspicio perché anche la lunga battaglia contro la pena di morte, conquistando frontiere sempre più ampie, possa giungere al suo definitivo coronamento.

Nel solo mese di giugno, nel penitenziario di Huntsville, nel Texas, è scoccata l'ora di cinque esecuzioni. Ogni giorno, in molte altre parti del mondo, dalla Cina ai paesi islamici, dall'Africa all'America Latina, il boia continua a compiere indisturbato il suo macabro ufficio. Recentemente, abbiamo persino assistito, in Guatemala, alla morte in diretta tv di due condannati. E, nella mente e nel cuore di ogni cittadino del villaggio globale in cui viviamo, sono ritornate le parole, immortalate da Hemingway, con cui John Donne ci ha ammonito a non chiederci per chi suona la campana: essa, ancora una volta, è suonata per noi.

Oggi è cresciuto il fronte dei paesi abolizionisti, mentre si moltiplicano le notizie riguardanti le adesioni e le ratifiche, da parte di altri, delle convenzioni e dei protocolli già sottoscritti.

Come talvolta accade nella storia del mondo, la forza dell'utopia riesce via via ad imporsi e ad avere ragione.

Una più matura consapevolezza e la crescita di una nuova coscienza civile hanno accompagnato un cammino che ha interessato progressivamente i singoli, le collettività, le istituzioni.

Non possiamo dimenticare che, all'inizio del ventesimo secolo, solo tre paesi l'avevano permanentemente abolita.

Non vi è norma che possa essere approvata o applicata se non si leghi al sentimento popolare: e oggi il mondo sta sempre più respingendo il ricorso alla pena di morte. Le più recenti indagini statistiche, del resto, confermano la sua scarsa efficacia deterrente e questo smentisce uno degli argomenti più diffusi portati a sostegno delle tesi non abolizioniste.

Ma è sul piano elevato dei diritti della persona e della coerenza delle enunciazioni delle società democratiche che la contraddizione è più forte. Lo ha rilevato Giovanni Paolo II durante il suo ultimo viaggio in America, quando ha affermato che "la pena di morte è crudele e inutile. La società moderna ha altri mezzi per proteggersi dai criminali, senza togliere loro definitivamente l'opportunità di cambiare".

Un lungo e travagliato cammino ha segnato l'avanzamento delle tesi favorevoli ad una. più diffusa, reale affermazione dei diritti umani.

In ambito ONU, dal Patto sui diritti civili e politici al Protocollo aggiuntivo relativo alla pena di morte, alle cosiddette "Salvaguardie", alle prese di posizione del Consiglio Economico e Sociale e della Commissione per i Diritti umani, alle proposte di risoluzione su una moratoria delle esecuzioni presentate all'Assemblea Generale, il confronto politico tra paesi e tra schieramenti ha raggiunto importanti traguardi ma ha conosciuto anche ritardi e qualche battuta d'arresto.

Così attendiamo ancora che, proprio in sede di Assemblea del Palazzo di Vetro, vi sia una presa di posizione netta ed inequivocabile contro la pena di morte.

Da ultimo, non va trascurata l'importanza dell'istituzione del Tribunale Penale Internazionale. L 'espressa esclusione, nello Statuto - che ha natura di trattato - della pena di morte tra quelle comminabili, oltre a costituire, nell'immediato, una significativa vittoria dei paesi abolizionisti, rappresenta una non secondaria conquista in vista degli ulteriori sviluppi.

In questo caso, come in altri - che hanno visto l'intervento attivo della comunità internazionale in particolari aree di crisi - è stata ritenuta possibile l'attenuazione del principio di non ingerenza negli affari interni di ciascuno Stato. I paesi che conservano la pena di morte nei propri ordinamenti hanno invocato quel principio per sostenere che una questione di giustizia criminale e di diritto penale resta riservata alla sovranità nazionale.

In materia di diritti umani, tuttavia, sarà sempre più difficile sostenere una sorta di indifferenza della comunità e degli organismi internazionali o una visione riduttiva delle loro prese di posizione, considerate di carattere esclusivamente politico generale. Viceversa, il grande valore morale e politico delle dichiarazioni e delle risoluzioni approvate noli può far dimenticare che la battaglia contro la pena di morte si gioca anche e soprattutto sotto un'ottica giuridica.

Rafforzare le tendenze abolizioniste contribuisce, infatti, anche a far maturare nella comunità internazionale un più diffuso sentimento giuridico contrario all'applicazione della pena capitale. La sua definitiva, completa abolizione non sarà, così, conseguenza di una volontà politica talvolta mutevole, ma l’effetto stabile nella stessa coscienza dei popoli di una sopravvenuta, maturata illiceità della sua pratica.

In questo quadro, le pronunce degli organismi ONU acquistano il valore di prima manifestazione dell'emergere di una norma di diritto internazionale consuetudinario: una indispensabile base giuridica per il coronamento di una grande battaglia di civiltà.

Il cammino svolto dall'Italia è stato coerente sul piano interno e ricco di iniziative sul piano internazionale. Alla definitiva abolizione della pena di morte anche dal codice penale militare di guerra ha fatto seguito la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme che prevedevano l'estradizione verso paesi che dessero solo "sufficienti assicurazioni" e non, invece, garanzie assolute circa la protezione del bene essenziale della vita, sancito direttamente dalla Carta fondamentale italiana.

Le ratifiche dei Patti e delle Convenzioni sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e sui diritti civili e politici rimangono testimonianza di un ruolo italiano svolto con continuità e con determinazione.

L 'Italia ha collaborato alle iniziative della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite per l'abolizione della pena di morte, partecipando attivamente ai suoi lavori. Importanti mozioni approvate all'unanimità alla Camera e al Senato furono alla base dell'iniziativa italiana dei progetti di risoluzione presentati alla 49a e alla 53a sessione dell'Assemblea generale dell'ONU.

Le mozioni al Senato hanno visto in prima fila la vice presidente Salvato e la senatrice Scopelliti, che in questa occasione desidero ringraziare per l'impegno profuso.

In entrambe le Camere, l'approvazione di mozioni o di interpellanze con l'adesione di tutti i gruppi politici ha costituito ulteriore dimostrazione dell'attenzione con cui vengono considerate le tematiche dei diritti umani e della abolizione della pena di morte.

Al Senato, infine, la recente istituzione di un comitato informale di senatori coordinati dalla vice presidente Salvato ha permesso di stabilire una proficua serie di contatti con molti Parlamenti e con altre autorità per poter proseguire a livello internazionale l'impegno intrapreso.

Sul versante europeo, fin dall'approvazione della Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, si sono sviluppate iniziative sempre più frequenti ed incisive. Esse hanno trovato nel sesto protocollo alla Convenzione uno degli strumenti più importanti di lotta contro la pena di morte. L'affermazione che essa è abolita e che uno Stato possa prevederla nella sua legislazione solo per atti commessi in stato di guerra o in pericolo imminente di guerra, e comunque in applicazione di disposizioni di legge, è stata più di una solenne conferma di una volontà politica. Considerate in correlazione con i profondi mutamenti delle coscienze internazionali e con le crescenti adesioni al fronte abolizionista, quelle frasi hanno rappresentato dei riferimenti di diritto internazionale certamente non compiuti nei loro approdi, ma ricchi di potenzialità per il futuro.

Lo si è visto anche nell'attività del Consiglio d'Europa: nelle raccomandazioni e nelle risoluzioni adottate dall'Assemblea parlamentare, cosi come nelle prese di posizione assunte dai capi di Stato e di governo nei vertici degli. ultimi anni.

L'azione di stimolo verso gli Stati che non hanno ancora ratificato il sesto protocollo e la sorveglianza sullo stato di attuazione, da parte degli altri Stati membri, delle disposizioni contenute negli accordi internazionali si sono sempre accompagnate alle pressioni perché i paesi che l'hanno ancora aboliscano la pena di morte o almeno proclamino delle moratorie nelle esecuzioni.

Per tutta la durata della prima fase di vita della Comunità europea, la tematica dei diritti umani era stata di fatto ritenuta estranea, all'ambito delle specifiche competenze e degli interessi degli organismi comunitari: non compresa nelle disposizioni dei trattati istituzionali, non sembrava neppure rivestire quelle caratteristiche di preminenza e di emergenza richieste con riferimento alla situazione della Comunità stessa.

Le necessità nel variegato campo dei diritti umani erano garantite, all'interno degli Stati firmatari, dagli strumenti individuati dalle convenzioni, mentre nei rapporti con gli Stati terzi o con le organizzazioni internazionali l'assenza di una politica comune si faceva spesso, inevitabilmente, sentire.

Oggi, tuttavia, il mutato quadro costituito dall'Unione europea ha determinato il cambiamento di alcuni importanti elementi che incidono sul fronte dei singoli Stati.

Dall'Atto Unico Europeo si è sviluppato un percorso forse non privo di asperità e di incertezze, ma che sicuramente ha segnato, da una parte, l'instaurazione di più stretti rapporti di collaborazione e di concertazione politica tra i governi degli Stati; dall'altro, l'individuazione di un ruolo più attivo e definito della Comunità europea a livello internazionale, anche per quanto riguarda i diritti umani.

Dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam l'Unione europea, fondata "su principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" e impegnata "a rispettare i diritti fondamentali dell'uomo quali sono garantiti dalla convenzione Europea per la salvaguardia di diritti dell'uomo", ha assunto tra i suoi obiettivi anche quello di perseguire in materia di diritti umani una politica coerente ed efficace nei confronti degli Stati terzi.

In questo quadro, l'importanza del ruolo svolto dal Parlamento è sotto gli occhi di tutti. Le risoluzioni con cui volta a volta sono stati invitati Stati membri ed associati ad annettere speciale attenzione alla pena di morte o sono state chieste nuove iniziative per una moratoria universale delle esecuzioni capitali hanno rappresentato solo alcuni dei momenti di un cammino che ha coinvolto sempre più il Parlamento e gli altri organismi europei, i Parlamenti nazionali, i governi, le popolazioni.

Noi, in Europa, abbiamo raccolto l'appello ancora ultimamente lanciato da Giovanni Paolo Il alla vigilia dell'apertura dell'Anno Giubilare.

"Il Grande Giubileo - ha detto il Papa – è un'occasione privilegiata per promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Rinnovo pertanto il mio appello a tutti i responsabili affinché si arrivi ad un consenso internazionale per la abolizione della pena di morte, dal momento che i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari se non addirittura inesistenti".

Onorevoli colleghi delle Assemblee parlamentari,
nel momento in cui ci inoltriamo sulla strada della costruzione dell'Europa di domani abbiamo anche la preziosa opportunità di trasformare qualche possibile rischio in una positiva opportunità.

Le vicende storiche e politiche hanno portato e portano sempre più a delineare quel concetto di "identità europea", fondato su un robusto nucleo di principi e di valori comuni, che solo può costituire la base vera e profonda del cammino che vede impegnati i nostri paesi.

L 'istituzione della Banca centrale europea, la creazione della Moneta unica e le molte positive convergenze in campo economico e finanziario costituiscono risultati fondamentali.

Tuttavia, al di là anche delle stesse omogeneità economiche o territoriali, è l'appartenenza sentita e motivata ad una casa comune - vissuta e testimoniata come tale -che può rappresentare il collante più solido per l'Europa del domani. Essa – ricordiamolo ancora una volta - o sarà vera entità politica o non sarà.

I passi in avanti compiuti per quel che riguarda i settori della sicurezza e della difesa, nonché della politica estera, non debbono farci dimenticare il molto che resta ancora da fare.

Nell'ulteriore sviluppo del cammino verso la completa e definitiva abolizione della pena di morte, i Parlamenti dei paesi europei non solo non avranno un ruolo passivo, ma potranno averne uno ancora maggiore se sapranno accompagnare le ulteriori tappe con la forza della propria autorevolezza e della propria rappresentatività politica.

Le assemblee parlamentari d'Europa hanno guidato i processi di fondazione degli Stati democratici. Questi sono oggi chiamati a nuove sfide: non solo adeguare e regolare, ma anche, in qualche modo, esaltare le sovranità attraverso una rinnovata sensibilità istituzionale e politica ed un più efficace raccordo con gli organismi europei ed internazionali. Una sovranità ed una primazia confermate da un contributo reale al raggiungimento di nuovi fini comuni, piuttosto che, invece, la scelta residuale di una sorta di improbabile, rassegnata conservazione dell'esistente.

Per continuare a svolgere la loro imprescindibile funzione di fondamentali sedi di confronto politico e di presidi di libertà, i Parlamenti dei paesi europei dovranno mostrarsi capaci di modulare ed aggiornare competenze, mezzi, strumenti, iniziative. Sono certo che ancora una volta si dimostreranno capaci di farlo, dando prova di saper attingere a quella originalità, a quella alterità che è sempre ad essi appartenuta nel corso della storia.

Riuscire a raggiungere in via definitiva l'obiettivo dell'abolizione della pena di morte significherà non solo coronare l'impegno e gli sforzi di quanti ne hanno fatto una battaglia di vita, ma anche e soprattutto testimoniare l'esistenza di una tradizione europea alta e condivisa che sarà la ulteriore, migliore premessa per la casa comune di domani.

 

 

 

 

Musica di sottofondo:
"Find the Cost of Freedom", canzone tratta dal Cd "Four Way Street" (by Crosby, Stills, Nash, and Neal Young).
Tale, breve, canzone pacifista è dedicata agli studenti della “Kent University” uccisi il 4-5-1970 dalla Guardia Nazionale degli Stati Uniti .

Cliccare sul titolo della canzone se si volesse salvare sul proprio computer tale brano parziale.

Lyrics:
Find the cost of freedom, buried in the ground.
Mother earth will swallow you, lay your body down
Find the cost of freedom, buried in the ground.
Mother earth will swallow you, lay your body down.