PICNIC AT HANGING ROCK
È il 14 febbraio
1900, giorno di San Valentino.
Le allieve del collegio di Appleyard sono in fermento. È una giornata
attesa da tempo, all'insegna dell'allegria e dello svago. Per loro,
infatti, la scuola organizza un divertente picnic in un posto speciale:
Hanging Rock, una splendida località nel cuore dell'Australia nello
Stato del Victoria.
Al momento della partenza non mancano gli scherzi e l'agitazione per
quelle ore particolari. Giunte sul posto, si apre di fronte a loro la
splendida veduta del roccioso deserto australiano: imponente per la sua
vastità, suggestivo per i suoi paesaggi lunari. Alcune giovani con
l'istruttrice decidono di passeggiare fra quegli anfratti rocciosi. E
all'improvviso scoppia il dramma. Tre di loro scompaiono nel nulla.
Senza un grido. Senza un perché. Una verrà trovata in stato di choc,
priva della memoria. Un'altra, invece, qualche giorno dopo verrà trovata
ferita. Ma "l'incubo" è solo all'inizio...
Tratto dal romanzo
omonimo di Joan Lindsay, ne deriva un mistery fantastico, basato su un
fatto di cronaca realmente accaduto. D'effetto l'escamotage usato per
contribuire all'atmosfera onirica del racconto: orologi fermi e rocce
antropomorfiche. La critica inserisce il lavoro di Weir nel cosiddetto
cinema del disagio.
Fu il film che
impose Weir all'attenzione internazionale, aprendo un varco all'intero
cinema australiano, fino a quel momento pressoché ignorato.
Raffinatissimo dal punto di vista formale, imposta a livello tematico
quella che sarà la dominante di quasi tutta l'opera del regista, ovvero
il conflitto irrisolvibile tra cultura (razionale, perbenista,
opprimente) e natura (irrazionale, vitalistica, liberatoria).
La simbologia
impiegata (gli orologi fermi, le rocce appuntite e antropomorfiche) non
ha nulla di cerebrale, ma contribuisce a creare un'atmosfera irreale e
onirica in cui ha modo di dispiegarsi la rapinosa fascinazione per
l'ignoto e l'orrorifico. Autentico cinema del disagio, tanto più
inquietante quanto più non prevede vie d'uscita.
(a cura di: P.Mereghetti, "Dizionario dei Film")
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