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commissario di ferro
(1978) Non riesco a scrivere altro, i miei occhi ancora pieni di emozione ritrovano a fatica l'asciuttezza di sempre. Stelvio Massi ha raccontato una storia bellissima di un padre, il commissario Mauro Mariani, che ha dedicato la sua intera esistenza al lavoro, sacrificando l'amore per la moglie (Janet Agren) e rinunciando a trascorrere ore liete con il figlioletto Claudio. Mariani è deciso, vuole combattere il crimine a modo suo, da solo. Anni di polizia, commissariati, magistrature, gli hanno insegnato che la delinquenza si può sconfiggere con la risoluzione e basta. Le inquadrature sono semplicemente geniali, ricordano moltissimo atmosfere noir depalmiane, dando alla pellicola una dinamicità difficilmente rintracciabile in altri lungometraggi italiani. Oserei definire questo film uno "psicopoliziottesco" perfettamente riuscito, in cui Merli offre la sua grande espressività mettendo a disposizione del regista la sua intensa carica emotiva. Da brivido il parallelo tra Mauro-Claudio Mariani e Giovanni-Sergio Conforti, solo e comunque padri e figli; in questo senso Massi non percorre la parabola della dimensione sociale, ma cura esclusivamente la sfera affettiva ed emozionale. |