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L’ABITO DA SERA

di Gaia

 

Questo che state per leggere è il massimo del delirio e delle follia, l’incoerenza più totale con i personaggi di Ryoko Ikeda, perdonate la mia audacia, ma non è facile incanalare il flusso della a propria fantasia entro i giusti argini.

Ecco in chiave personale…ehm…moooolto personale una versione riveduta e corretta di Oscar in abito femminile. Vi prego risparmiatemi i vostri anatemi!!

******

"Chissà cosa vuole Oscar di prima mattina…è così presto…"pensava André tra uno sbadiglio e l’altro mentre si dirigeva nell’ufficio del Comandante. " Speriamo che non ci siano cambiamenti di turno, non ho proprio voglia di rifare la notte…" Bussò alla porta. Nessuna risposta. Attese un poco e ribussò, più discreto.

" Avanti!" fece una voce impercettibile dall’interno.

" Buongiorno Comandante, ai vostri ordini!" fece André. Gli ci volle un po’ per vedere che Oscar non sedeva alla scrivania, ma era in piedi presso la finestra, volse leggermente la testa verso di lui, poi riprese a guardare il cortile. La presenza del soldato non sembrava interessarla affatto. Taceva. Non era da lei comportarsi così. L’aria profumata della mattina aveva perso la sua freschezza di cristallo, oppressa ora dal greve silenzio. André non si azzardò a dire nulla, sapeva bene che una parola l’avrebbe fatta infuriare, perciò rimase sull’attenti, vigile e preoccupato. Oscar attese ancora un istante, poi con un gesto stizzoso si asciugò gli occhi cercando di essere spontanea, sorrise, ma forzatamente. " Be’, allora…"iniziò "ti ho chiamato per dirti che i turni di oggi… " non terminò la frase che la voce le morì e gli occhi le si riempirono di lacrime. "Dannazione! Andatevene tutti al diavolo!" "Oscar, che hai, dimmi… io…" il comandante gli mozzò la frase in gola con uno sguardo furente, gelido. Si diresse singhiozzando a grandi passi verso la porta e la sbatté così forte che parve crollare il tetto.

André rimase solo nella stanza, sanguinante la ferita che lei gli aveva aperto con quello sguardo. Chinò il capo mentre il suo viso si contraeva in una smorfia di autentico dolore. Anche se non sapeva cosa l’affliggeva soffriva con lei. E poi, era solo colpa sua se Oscar non gli aveva detto nulla, era solo colpa sua se lei gli faceva pesare l’affronto subito quella sera e non gli accordava più la fiducia di una volta. Stava aprendo la porta per andarsene quando lo sguardo gli cadde sul pavimento: c’era un foglio accartocciato, non gli sembrava di averlo notato entrando, forse era caduto di mano ad Oscar. Indugiò un attimo, ma poi, vinto dalla curiosità lo lesse d’un fiato.

***

Oscar si sposa, suo padre e la regina si sono messi d’accordo per trovarle un marito degno. Sto male. Il dolore che provo adesso è così straziante che ho la nausea e non riesco a pensare ad altro.

Oggi non è riuscita neanche a dirmi che hanno spostato i turni, perché il pianto le ha tolto la frase di bocca e non è riuscita a trattenere le lacrime, lei che sempre un perfetto autocontrollo. Mi rifiuta: quando ho cercato di farmi avanti per cercare di aiutarla mi ha respinto con uno sguardo che non le avevo mai visto. Povera Oscar, questa volta si deve arrendere: la Regina in persona la invita al ballo di Carnevale in abiti femminili, con la promessa solenne che le presenterà personalmente gentiluomini degni di lei, così le scrive nella lettera che ho letto. Maledetti! Vogliono portarmela via! Li odio e odio me con loro che non ho saputo starle accanto come avrei dovuto. Non c’è giorno che non mi maledica per quello che le ho fatto!

***

Oscar non poteva non andare, lo sapeva bene…tuttavia non aveva lasciato nulla di intentato. Il generale aveva liquidato il suo rifiuto con un gesto che non ammetteva repliche, del resto fosse stato solo suo padre avrebbe certamente trovato una scappatoia, ma c’era la Regina di mezzo, non poteva proprio. Quella remissione forzata le bruciava come sale sulla carne viva… non era affatto giusto… ma chinò il capo e si convinse ad accettare, ad essere per una volta umile. Semmai avrebbe disobbedito se la avessero promessa seriamente in sposa a qualcuno. Questo pensava mentre si dirigeva scocciata verso la bottega della sarta più alla moda di Parigi, Mme Bertin.

Un nugolo di sartine e modiste la accolsero starnazzando, senza nascondere il loro entusiasmo per l’insolita presenza di quell’ambiguo personaggio di cui conoscevano la grande fama. In meno di un minuto Oscar si ritrovò avvolta da metri e metri di nastri sete e merletti di ogni colore e foggia, senza capacitarsi di quello che le succedeva intorno. Si sentiva profondamente a disagio tra tutte quella cose frivole e non era neanche in grado di dire se quello che le mettevano addosso le piacesse o no. Alla fine, quando uscì dal negozio, aveva solamente un gran mal di testa.

" Oscar, non credevo che anche voi frequentaste certi posti!!" l’apostrofò con ironia una voce ben nota alle sue spalle. Brivido. Si irrigidì.

" Fersen, per la verità è un’eccezione alle mia regole e vi assicuro che non è propriamente una mia idea!!" rispose lei piccata.

" perdonatemi, Oscar, non volevo essere impertinente… del resto è molto che non ci vediamo…". L’orgoglioso conte abbassò gli occhi, vinto dall’imbarazzo. Non abbiamo più la confidenza di una volta... pensava confuso.

Ad Oscar quella leggera ombra non sfuggì. Le dispiacque, erano stati bene insieme, fino a che lei non aveva rovinato tutto. Che stupida era stata!!

" si è vero, Fersen, non ci vediamo da molto" rispose lei con il sorriso più aperto e spontaneo " … vi confesso che mi dispiace, ho avuto nostalgia delle vostre visite…anche se sono stata io a… concedetemi un’occasione per farmi perdonare…" chiese Oscar guardandolo negli occhi senza imbarazzo.

" Ho sperato tanto in queste parole, Oscar, più di una volta mi sono a stento trattenuto dal venire da voi come ero solito…" disse il conte, la sua voce tradiva la gioia che provava.

" allora, se non vi dispiace io vi chiedo di accompagnarmi fino alla caserma…" chiese lei.

" Sono onorato del vostro invito… in cuor mio non chiedevo di meglio…"

I due superbi cavalieri procedettero per un po’ in silenzio nella fredda luce del tramonto invernale, l’ombra gelida della notte calava come un manto nero e fosco incombente alle loro spalle, mentre le freddezza delle incomprensioni sembrava sciogliersi come cera.

" siete tornato da poco dalla Svezia, vero?" chiese Oscar.

" sì sono solo due settimane…"

" Proprio in tempo per il gran ballo di carnevale" disse Oscar sarcastica, pensava alla sua situazione.

"già… una volta non me lo sarei perso per nulla al mondo, ma non credo che parteciperò…. Non sono ancora passato a Versailles… voi mi capite Oscar, la mia presenza mette in cattiva luce chi lo è già abbastanza e non dovrebbe mai esserlo… per cui penso che non mi tratterrò a lungo…e comunque non farò vita mondana".

" beh, almeno la vostra è una libera scelta…" sospirò Oscar.

"cosa intendete dire? Dal tono con cui parlate sembra ci sia qualcosa che vi angosci" Oscar annuì impercettibilmente. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi il conte proseguì:

"Vedete, Oscar, voi in passato avete fatto molto per me… e non solo per me… e se ora io potessi in qualche modo ricambiare, vi giuro ne sarei felice…" il tono di Fersen era davvero sincero. " se c’è qualcosa che io possa fare per voi, la farò con piacere…"

" vi ringrazio di cuore, apprezzo molto quello che avete detto, ma credete in certi casi non c’è proprio niente da fare… bisogne chinare il capo e obbedire…" Oscar cercava di parlare con freddezza, ma il suo era un tono sconsolato.

"Obbedire a vostro padre?"

Oscar non rispose, l’argomento si andava facendo molto personale. Stava quasi per spronare il cavallo ad andarsene, ma Fersen la fermò con uno sguardo.

"E’ inutile che finga di non sapere, certe voci raggiungono anche chi cerca di star lontano dalla corte. Oscar, lo so che avete ricevuto un invito e so anche che genere di invito si tratta. Non potete rifiutare, anche se, immagino, lo fareste molto volentieri. Voi siete una donna eccezionale ed è naturale che pensino che dobbiate sposarvi…"

"Fersen, io non ho nessuna intenzione di sposarmi" lo interruppe Oscar.

"Capisco"

" Sono costretta a partecipare a quel ballo e ora mai ci andrò, ma quanto a sposarmi non se ne parla."

"dovrete fronteggiare molti pretendenti…"

"Dovessi affrontarli con la spada sarebbe più facile" sussurrò Oscar con un sorriso amaro.

" Fersen" continuò" una volta io vi ho detto che non avrei più voluto vedervi e che la nostra amicizia era finita… ho anche cambiato incarico per non incontrarvi a corte… vi chiedo di perdonarmi per la mia stupidità… io ho perso con voi l’unico amico che abbia mai avuto…"

"Oscar, sono io che mi sono comportato con voi in modo quantomeno sconveniente… comunque…" tacque, senza più parole per esprimere la gioia di aver ritrovato il suo più caro amico, le porse la mano.

Camminarono per un po’ in silenzio, Oscar leggermente più avanti mostrava la strada.

Il conte interruppe quella lunga pausa: " Oscar potrei avere l’onore di accompagnarvi al ballo?"

Oscar fermò il cavallo, poi si girò di scatto con aria interrogativa.

" vi prego…non volevo offendervi…. Ma non sto affatto scherzando…vedete… se voi vi presentaste con me al ballo o con qualcun altro, nessuno verrebbe a importunarvi…"

Tutta la corte penserà che siamo amanti… pensò lei arrossendo violentemente. Al conte non sfuggì quell’avvampare.

" omnia munda mundis… non diceva così?" disse lui scoppiando a ridere.

"credo di sì…"Oscar sorrise a quel motto in latino, a corte i puri di cuore…lei non ne aveva mai incontrati.

" e poi Fersen, forse qualcuno si accorgerà commesso un eccesso di generosità nei vostri confronti, vi assicuro Oscar, lei capirà…"

"sì… io non riesco a darvi torto…." Sospirò con un misto di sollievo e imbarazzo " Fersen, il vostro invito mi lusinga e mi onora, spero di essere degna dalle vostre aspettative…e che questo sia un nuovo inizio per la nostra amicizia".

Erano arrivati senza accorgersene alla caserma, rimasero a parlare ancora un poco con la sensazione che qualcosa di autentico stava nascendo, che non c’erano più le barriere dell’equivoco a separali.

" ehi ragazzi il comandante sta parlando con un uomo!!!" una voce riecheggiò all’interno della camerata. Tutti i soldati si precipitarono alla finestra per assistere alla scena.

" sarà il sua amante, voi che ne dite??" sghignazzava uno. " questa sera il nostro comandante si divertirà sicuramente….eh?" e un altro accompagnava la frase con un gesto significativo. Tutti a ridere a crepapelle. " e’ una donna o no? Chissà quanti se ne è portati a letto di quei damerini lì!" le battute oscene continuavano senza sosta e culminarono con un boato quando videro l’ombra del cavaliere baciare la mano al comandante e andarsene via al galoppo.

Andrè dal suo cantuccio assisteva alla scena, mentre un profondo turbamento, come l’impetuoso crescere della marea prendeva possesso di lui. – ancora lui – ancora Fersen - poi quelle battute – quelle risate – lo ferivano - gli turbinavano nella mente – doveva ridere anche lui - per non insospettire - quelle facce volgari – le frasi - oscene – Fersen – Oscar - insieme – il baciamano – l’invito – il ballo – gentiluomini degni di lei – Oscar che si sposava. Si distese sul letto in preda ad un capogiro: – la nausea – corse fuori.

 

Continua…

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