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Sto guardando il mare  

prima parte

di Monica

Parigi, Luglio 1789

Oscar era seduta nello studio del dottore.

"Madamigella Oscar..di quanto è questo ritardo?"

Oscar sospirò;

"Due mesi, dottore. Più o meno."

Il dottore la guardò per attimo. Appariva nervoso, e piuttosto imbarazzato. Si tormentava le mani.

"Madamigella Oscar…ecco, vedete…"

Oscar lo guardò perplessa. L’uomo era diventato quasi paonazzo.

"Io…ecco…scusatemi, ma per capire, per decidere come impostare la visita, devo porvi una domanda piuttosto personale. Voi avete…voglio dire...avete avuto dei....rapporti intimi all’incirca due mesi fa?"

Oscar lo guardò. Le ci volle qualche secondo, poi capì.

"Ma certo…che stupida. E’ la domanda più ovvia che potesse farmi.." pensò tra sé.

Fece un sorriso appena accennato;

"Dottore…non c’è alcuna possibilità che io aspetti un figlio, se era questo che volevate chiedermi."

Il dottore si rilassò visibilmente.

"Bene, scusatemi ancora Madamigella, ma voi capite.."

"Certo, dottore. Non vi è alcun problema."

L’uomo si alzò dalla scrivania e la visitò.

Fece una visita accurata e la invitò a rivestirsi, quindi, tornò a sedersi.

"Madamigella Oscar, per quanto mi riguarda, sono propenso a credere che il vostro ritardo sia dovuto ad una forte stanchezza, sia fisica che mentale. Inoltre.. penso che una concausa quasi certa sia la vostra tisi, così trascurata."

Oscar si accomodò davanti a lui;

"Si, certo dottore. Avevo pensato anche io una cosa del genere. Effettivamente avete ragione. Sono piuttosto stanca."

Oscar era veramente provata. La sorveglianza continua del Palazzo, dove si era tenuta l’assemblea degli Stati Generali era stata dura per tutti. Turni continui, di notte e di giorno.

E in più per Oscar, la tisi che sembrava peggiorare di giorno in giorno.

Il dottore scosse la testa;

"Madamigella Oscar, la vostra tisi sta arrivando ad uno stadio avanzato. Ma, credetemi, siete ancora in tempo per riuscire a guarire...Datemi ascolto, vi prego! Riposatevi! Prendete una lunga vacanza!"

"Ci stavo pensando dottore. Ma purtroppo, considerando come vanno le cose a Parigi, non posso lasciare il mio posto.."

"Oscar! Per Dio! Pensate anche a voi stessa. Almeno una volta. C’è in gioco la vostra vita!"

"D’accordo dottore. Vi prometto che ci penserò."

Oscar stava per lasciare lo studio del medico, quando lui la richiamò:

"Madamigella. Cosa mi dite di Andrè?"

"Sta abbastanza bene… Certo, anche lui è molto stanco. Quest’ultimo periodo è stato duro per tutti e due. "

"E…il suo occhio destro? Come procede?"

"Male dottore. Lui è ancora convinto che io non sappia nulla. Sembra non rendersi conto però che l’occhio è talmente peggiorato, che è ormai impossibile non accorgersi delle sue difficoltà.."

Il dottore assunse un’espressione pensierosa;

"Dovreste consigliarlo Oscar. Dovreste convincerlo a lasciare l’uniforme. Ditegli che sapete. Forse.."

Oscar sorrise tristemente;

"Voi conoscete Andrè...è testardo. Non mi ascolterebbe mai. Comunque, è un’idea che avevo già. Volevo proprio parlargliene, appena ne avrò l’occasione. Ora devo andare. Buonasera dottore. E grazie di tutto."

"Testardo…mai quanto voi Madamigella Oscar" pensò il dottore tristemente, mentre lei lasciava lo studio, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Uscita dallo studio del medico, Oscar montò a cavallo e si diresse verso la caserma.

Le parole del dottore avevano richiamato in lei, pensieri che la coglievano spesso ultimamente.

Ovviamente, la prima cosa a cui l’uomo aveva pensato era ad una gravidanza. Ed Oscar, da un po’ di tempo, pensava a come sarebbe stato avere un figlio.

Ritornò con la memoria all’ Aprile scorso, quando aveva fatto visita al piccolo Louis Joseph, il primogenito della Regina Maria Antonietta. La malattia del bambino, di fronte a cui i medici si erano dichiarati impotenti, era molto grave. L’unica cosa certa che i medici erano riusciti a dire all’affranta sovrana, era che al principino sarebbero rimasti pochi mesi di vita.

Il piccolo Louis Joseph aveva chiesto molte volte di Oscar, così la regina, l’aveva convocata nel vecchio castello, dove si era trasferita con il figlio.

"Oscar...vi prego. Portatemi a cavallo con voi." le aveva detto il bambino, sforzandosi di sorridere, nonostante le grandi sofferenze.

Lei aveva accettato volentieri. Come era stato bello, portare con sé quel piccolo. Quanta tenerezza, aveva provato, quando lui le aveva dato un bacio, promettendole, che sarebbe nato di nuovo, forte e sano, e l’avrebbe sposata.

Il principino, purtroppo morì poco tempo dopo. All’inizio di Maggio, proprio alla vigilia della convocazione degli Stati Generali. Lo strazio della regina Maria Antonietta fu insopportabile. E purtroppo, a causa del severo cerimoniale, la sovrana non potè nemmeno assistere ai suoi funerali a St. Denis.

Lo stesso re, fu convocato da alcuni ministri ed uomini politici, incuranti a quanto pare dell’immenso dolore che li aveva colpiti. Vinceva la ragion di Stato.

"Mio figlio è morto! Mio figlio è morto, e sembra che non importi a nessuno!" aveva urlato disperata la regina Maria Antonietta.

"Come si può essere così insensibili…anche di fronte alla disperazione di una madre che ha perso un figlio?" pensò Oscar.

Un figlio. Già… Ultimamente, con sua grande sorpresa, Oscar si perdeva spesso in questo sogno. Vedeva l’immagine chiara di sé stessa, che teneva in braccio un bambino. Il suo bambino. Ma nessuna sorpresa invece, nell’immaginare l’uomo che era accanto a lei, mentre cullava il piccolo. Era Andrè… Si era resa conto, ormai da tempo, di amare quell’uomo. Ancora prima di quella sera, quando Oscar era stata accusata di tradimento ed insubordinazione. Quella sera, in cui sarebbe potuta morire, per mano del suo stesso padre. Il generale Jarjayes… Dilaniato, in quel momento, mentre brandiva la spada su di lei. Dilaniato dall’enorme affetto che aveva per la figlia, ma anche dal suo attaccamento ai Sovrani ed a un codice di disciplina e dedizione assoluta che secondo lui, erano fondamentali per un membro appartenente al casato degli Jarjayes. Andrè era entrato nella stanza, e aveva minacciato con una pistola il generale. Voleva salvare la vita ad Oscar e fuggire con lei. Portare via quella donna che lui aveva amato, a dispetto di tutto, in silenzio per oltre vent’anni.

Un silenzio che Andrè aveva deciso di rompere, urlando al generale tutto l’amore che provava per Oscar.

"Andrè! E’ ridicolo! La differenza sociale che vi divide…tu sei stato nostro servitore per anni.." aveva detto il generale, mentre Andrè lo teneva fermo, per impedirle di usare la spada su Oscar.

"Differenza sociale? Rango? Sono cose che non mi interessano signor generale..io non ho più padroni! Io sono un uomo libero!! Mi sento libero! Anche libero di amare vostra figlia, qualunque cosa voi ne pensiate. Ed ora la porterò via con me."

Ma, fortunatamente la furia del generale Jarjayes fu spenta proprio dai sovrani.

La Regina Maria Antonietta, infatti, era intervenuta a favore di Oscar, che era stata una delle poche persone che le avevano sempre dimostrato affetto e lealtà. Grazie alla magnanimità di quest’ultima, non fu preso alcun provvedimento punitivo verso Oscar e la sua famiglia. Ma quell’incidente aveva aperto nuovi spiragli. E aveva fatto riflettere Oscar su molte cose.

 

Persa nei suoi pensieri era arrivata in caserma. Lasciato il cavallo nelle scuderie, si recò verso il suo ufficio. Vide Andrè andarle incontro.

"Oscar…sei tornata."

"Andrè, vieni in ufficio. Ti vorrei parlare…anzi no. Andiamo a sederci laggiù." gli disse indicando la scala che portava ad una delle torrette.

Andrè rimase perplesso, ma non fiatò e la seguì.

Si sedettero su un gradino.

"Andrè, ascolta. Sono andata dal dottore."

Andrè sobbalzò e assunse un’espressione preoccupata.

"Dal dottore? E’...per quella tosse che ti perseguita immagino. Era da un po’ che volevo parlartene.."

"Andrè. Ho la tisi. In stato avanzato."

Oscar aveva pronunciato quella frase in maniera calma, lenta.

"La…la tisi? Oh mio Dio…Io, me lo sentivo. Eri troppo pallida, quella febbre continua…ma perché non sei andata dal medico, appena hai cominciato a stare male Oscar?"

La voce di Andrè era terribilmente angosciata.

"Andrè. Oggi sono andata dal medico, per un altro motivo, del tutto trascurabile. Della tisi ero già a conoscenza da tempo...da molto tempo. Oggi però il medico mi ha confermato che sta peggiorando velocemente."

Andrè si alzò di scatto e si portò di fronte a lei, chinandosi.

"Oscar, ma perché? In nome di Dio perché, se lo sapevi hai continuato a portare avanti il tuo incarico? E perché non me lo hai detto?" le chiese prendendola per le spalle, scosso dal dolore.

Andrè ripensò al periodo in cui il reggimento della Guardia Nazionale aveva prestato servizio, durante la convocazione degli Stati Generali. Ore ed ore di guardie, di piantoni. Di notte e di giorno, sotto il sole caldo e sotto la pioggia battente di quei lunghi giorni. E la sua Oscar! Era sempre lì con il reggimento! E sicuramente sapeva già di essere malata..

La tisi. Quella parola orribile risuonava nelle suo orecchie. In stato avanzato. No! Non voleva perdere la sua Oscar. Lei glielo aveva tenuto nascosto.

La guardò risoluto, con un tono che non ammetteva repliche;

"Oscar, non voglio sentire ragioni. Non mi importa di nulla. Tu devi assolutamente lasciare l’uniforme! Subito! Devi curarti Oscar…ti prego" mormorò quasi le ultime due parole.

"Andrè…sei tanto caro. Ma non devi preoccuparti."

Andrè la guardava. Quegli occhi così stanchi e febbricitanti. Gli occhi della sua Oscar.

"No! Maledizione! No Oscar, non puoi dirmi questo.."

"Andrè, siediti qui e ascolta." le disse lei con dolcezza.

Andrè, che sentiva prossime le lacrime, cercò di reagire e si sedette nuovamente.

"Andrè, io sono stanca di tante cose. Sono stanca di dare e prendere ordini. Perché mai, dobbiamo vivere in un mondo dove c’è sempre qualcuno che deve dirci cosa fare e non fare? Vorrei sentirmi libera per una volta nella mia vita. Ho parecchie cose da fare, prima che la tisi.."

"No! Oscar! Non voglio sentire una cosa del genere. Ti curerò Oscar, mi prenderò cura di te. A costo di legarti ad un letto, ma tu devi curarti!" le disse Andrè quasi gridando.

"Andrè… Ho deciso di prendermi una lunga vacanza. Mi rendo conto che la situazione della Francia non è delle migliori. Mi rendo anche conto di abbandonare il mio incarico in un momento delicato…ma voglio dedicarmi a me stessa. Forse per la prima volta nella mia vita. Lasciandomi tutto alle spalle. Sentirmi libera per qualche giorno. Non pensare più a niente. Vorrei tanto tornare ad Arras…"

Andrè fremette. Se fosse partita per Arras, lui non avrebbe più potuto vederla e stare con lei…ma questa era la cosa meno importante adesso. Ad Arras si sarebbe riposata, curata.

"E’ una splendida idea Oscar. Devi riposarti. Quando hai intenzione di andare via?"

Quest’ultima domanda suonò triste, anche se Andrè aveva fatto di tutto per celare il suo tono di voce.

"Molto presto… Anche domani. Ma, vorrei che tu venissi con me."

Il suo Andrè, lo voleva con lei. Lo voleva vicino, in quel momento della sua vita. Come del resto era stato da sempre.

Lo sguardo di Andrè era lucido. Di emozione e felicità.

"Oscar…non devi nemmeno chiedermelo, lo sai. Verrò con te. Ma tu devi promettermi che penserai solo a riposarti."

Oscar annuì.

"Bene Andrè. Allora, vieni con me. Comunicheremo la cosa al Colonnello. Non penso ci saranno problemi.."

Il colonnello infatti non replicò. Purtroppo aveva intuito da tempo, i gravi problemi di salute che affliggevano Oscar, ed era anzi contento della sua decisione.

"Andate Comandante. Sono contento, che finalmente abbiate deciso di curarvi. Pensate solo a riposare e a guarire. Troveremo qualcuno che vi sostituisca. Ma temporaneamente, spero. Vorremmo tanto rivedervi qui. Anche i soldati, sono sicuro che sentiranno la vostra mancanza."

Si recarono verso le camerate. Andrè doveva prendere alcuni effetti personali.

"Ne approfitterò per salutare i miei compagni e Alain" disse.

"Bene. Voglio salutarli anche io. Vengo con te."

 

Entrarono nella camerata. C’erano solo tre soldati, tra cui Alain.

Si misero subito sull’attenti;

"Ragazzi, sono venuto a salutarvi. Prendo qualche giorno di licenza. Accompagnerò il comandante. Deve…partire…"disse Andrè.

Alain si avvicinò ad Oscar;

"Comandante, vi dico addio."

Oscar sorrise;

"Addio? Perché mai Alain?"

Alain guardò per un attimo i suoi due compagni e poi si girò nuovamente verso Oscar;

"Comandante. C’è un motivo perché vi dico addio e non...arrivederci. E ve lo spiego subito. Posso essere sincero con voi, perché so di potermi fidare. In fondo, voi condividete le mie idee, anche se siete ancora un militare al servizio della famiglia reale."

Oscar si appoggiò al muro e incrociò le braccia;

"Alain, sicuramente si tratta di qualcosa che riguarda l’ordine che abbiamo ricevuto…"

L’ordine di cui parlava Oscar, era quello pervenuto dal quartier generale un paio di giorni prima. La situazione a Parigi era ormai al collasso. Non si contavano più i reggimenti che piantonavano la città, e contrastavano ormai anche con la forza il popolo. Da un momento all’altro sarebbe giunto l’ordine di collaborare anche per i soldati della guardia.

"Infatti Comandante. Io e altri miei compagni abbiamo deciso di abbandonare il reggimento. Presto… Forse anche domani. Ci uniremo al popolo. L’avremmo fatto in ogni caso, ma sapere che voi non ci sarete, mi dà un po’ di sollievo. Vi stimo molto e mi sarebbe dispiaciuto, dover disobbedire proprio a voi. Con un nuovo Comandante sarà tutto più facile.." terminò la frase con uno dei suoi soliti sorrisi ironici.

"Alain, immaginavo qualcosa del genere, e hai ragione tu. Approvo la tua scelta."

"Grazie Comandante. Non penso che ci vedremo più, quindi permettetemi di dirvi che io, e i miei compagni non ci dimenticheremo mai di voi."

Le porse la mano, che Oscar strinse commossa.

"Lo stesso vale per me Alain…buona fortuna. A tutti voi."

Oscar si voltò verso Andrè;

"Devo tornare in ufficio Andrè. Ho dimenticato una cosa...ci vediamo all’uscita."

Fece un ultimo cenno di saluto ai soldati e se ne andò.

Alain si rivolse ad Andrè;

"Dove andrete?"

"Ad Arras, dove la famiglia di Oscar ha una casa. Ha bisogno di riposo...è malata Alain. Come immaginavo. E poi vuole stare un po’ tranquilla...lontano da tutto questo."

"Si. E’ giusto. Bhè…Andrè, diciamoci addio…e mi raccomando. Occupati di lei, come sempre!" le disse sorridendo.

"Si. Come sempre." annuì Andrè, mentre gli brillavano gli occhi.

Si salutarono e Andrè raggiunse Oscar che lo aspettava vicino ai cavalli.

Erano appena saliti in sella quando Oscar chiamò vicino a sé Andrè. Lui le si affiancò con il cavallo;

"Dimmi Andrè...tu, hai mai provato a immaginarti padre? Hai mai desiderato avere dei figli?"

Andrè rimase sorpreso dalla domanda e cominciò a crearsi un’immagine dentro di sé. Un immagine così bella, così sublime da commuoverlo.

La voce di Andrè tremò;

"Certo Oscar come ogni uomo…"

 

Come ogni uomo innamorato di una donna, avrebbe voluto rispondere lui.

Così come io amo te Oscar.

Quanti sogni faceva su Oscar. Oscar che lo amava, Oscar che era sempre vicino a lui e diventava sua moglie. E anche Oscar che gli dava un figlio…forse il sogno più bello, un tesoro prezioso, che lui teneva dentro di sé.

"….come ogni uomo, penso abbia fatto almeno una volta nella vita Oscar." disse invece trattenendo la profonda emozione che aveva provato, immaginando lui e Oscar, vicini, tenendo tra le braccia il frutto del loro amore.

Cercò di ritrovare un tono di voce tranquillo;

"ma perché questa domanda Oscar?" le chiese.

"Semplice curiosità...tutto qui!" le rispose lei con un sorriso.

Andrè aveva intenzione di farle la stessa domanda, ma non ne ebbe il tempo. Oscar spronò il cavallo e partì veloce. Andrè subito dietro di lei.

 

Durante il tragitto Oscar volle recarsi nuovamente nello studio del medico, che la ricevette subito;

"Madamigella Oscar! Andrè! Che bella sorpresa. Entrate ed accomodatevi…"

I due giovani si sedettero.

"Sono venuta da voi per riprendere il discorso che abbiamo fatto, poco fa, quando mi avete visitato."

Al dottore sfuggì un’occhiata significativa verso Andrè;

"Lui sa tutto, possiamo parlare tranquillamente" disse Oscar, con sorriso.

I due giovani si guardarono negli occhi.

L’uomo osservandoli pensò una cosa sola:

"Questi due ragazzi si amano. E molto. Chissà perché ho sempre avuto l’impressione che finisse così per loro…spero riescano a combattere il male di Oscar. Dopo vivranno felici.."

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Oscar:

"Dottore, ho deciso di ascoltare il vostro consiglio. Prenderò una lunga vacanza. Partirò domani stesso per Arras, e mi curerò."

Il volto del dottore tradiva la felicità che provava;

"Ah! Sono contento di sentirvi parlare così Oscar. Tu l’accompagnerai Andrè?"

"Si dottore."

"Bene. Molto bene. Ora ascoltatemi Madamigella Oscar. Vi prescriverò le medicine necessarie e una dieta che dovrete seguire molto scrupolosamente. In più vi fornirò l’indirizzo di un mio caro amico, che ha uno studio medico a pochissimi chilometri da Arras, e a cui potrete rivolgervi in caso di necessità. Ad ogni modo, gli scriverò subito una lettera per metterlo al corrente della situazione."

Oscar sorrise;

"Grazie dottore. Siete molto gentile."

Dopo aver preso nota di tutte le indicazioni, dategli dal dottore i due giovani si congedarono.

"Arrivederci Oscar. Arrivederci Andrè. Spero di rivedervi in piena salute. Sono sicuro che riuscirete a guarire."

"Addio dottore."

Il dottore sobbalzò;

"Addio? Oscar...non dite così! Dite arrivederci...dovete avere speranza!"

Oscar lo guardò, sorridendo;

"Va bene dottore. Allora….arrivederci."

 

Dopo essere usciti dallo studio del medico, i due giovani raggiunsero velocemente Casa Jarjayes.

Oscar fece chiamare la nonna di Andrè, che rimase sorpresa di vederla;

"Madamigella Oscar! Oh! Che sorpresa! E, ci sei anche tu Andrè!"

La voce dell’anziana donna tremò;

"Ragazzi…come mai siete venuti qui? Dovete...salutarci? Vi hanno chiamati a Parigi?"

Andrè rispose sorridendo;

"No nonna, niente del genere. Anzi l’esatto contrario stai tranquilla. Oscar ed io partiremo per Arras domani mattina. Oscar ha…" si voltò verso di lei.

"…ha bisogno di qualche giorno di vacanza." concluse semplicemente.

La nonna di Andrè assunse un’espressione visibilmente più tranquilla;

"Andrè, non hai idea di quale bella notizia mi stai dando. Con quello che sta succedendo a Parigi...sono molto più tranquilla sapendovi lontani da qui. Bene. Allora è meglio che non perda tempo, vado a prepararti i bagagli Oscar."

Detto questo, li lasciò soli. Oscar si avvicinò ad Andrè;

"Mio padre e mia madre. Vorrei salutarli, Andrè. Scusami…vado a cercarli."

Lasciato il salone Oscar si recò nello studio di suo padre. Bussò.

"Avanti" rispose la voce del generale Jarjayes.

"Buongiorno Padre."

Il padre di Oscar, che era intento a lucidare una spada, si volse verso di lei e rimase molto sorpreso;

"Oscar! Che cosa ci fai qui? Non dovresti essere in caserma con i tuoi uomini? Io sto per andare. Devo raggiungere il mio reggimento. Ormai siamo agli sgoccioli.."

Oscar guardava fisso il generale, uno sguardo fermo e tranquillo;

"Padre, io parto."

"Cosa?! E dove hai intenzione di andare?!"

"Ad Arras."

Il generale Jarjayes abbandonò la spada, sul tavolo con un gesto stizzito.

"Maledizione Oscar! Tu sei il comandante dei soldati della Guardia di Sua Maestà, non puoi abbandonare il tuo incarico, specialmente in un momento come questo! Santo Cielo. Oscar, non ti riconosco più…prima l’insubordinazione gravissima, il rifiuto di un ordine del quartier generale, e ora questo…"

Oscar lo guardò. Non aveva alcuna intenzione di parlare della tisi a suo padre. Anche perché tutto sommato la tisi non era la vera ragione che la spingeva a partire. Ma non intendeva nemmeno preoccuparlo oltre;

"State tranquillo Padre. Il Colonnello è perfettamente a conoscenza della mia decisione. Anzi, non ha avuto nulla da obiettare."

"Fa come ti pare" le disse con un tono gelido il generale e uscì dal suo studio, sbattendo la porta e lasciandola lì, da sola.

"Perdonatemi padre…perdonatemi se potete." mormorò Oscar.

Lasciò lo studio del padre. Ora veniva la parte più dura. Salutare sua madre. Dirle addio..

Le fu detto che Madame Jarjayes era nel parco, e stava facendo una passeggiata.

Uscì e la raggiunse;

"Oscar! Che bello vederti! Non mi era stato detto che eri qui."

"Sono arrivata poco fa Madre."

Madame Jarjayes guardò la figlia. Conosceva quegli occhi, quell’espressione. Doveva dirle qualcosa di importante. E infatti:

"Madre, sono venuta a salutarvi. Domani, partirò per Arras."

Oscar partiva. Lasciava il suo reggimento, in quel momento così tragico. La madre di Oscar aveva capito;

"Non ti rivedrò più figlia mia vero?" le prima lacrime fecero la loro comparsa sul viso della donna.

"Madre, sono successe tante cose, e altrettante ho avuto modo di capirle…non sapete quanto mi addolori fare questo. Ma..."

"Ma è giusto che tu viva la tua vita. Capisco Oscar. E ti auguro tanta felicità… Vieni qui, fatti abbracciare ancora una volta!"

Fu un abbraccio lunghissimo, che sembrò non terminare mai.

Quando si staccarono la madre la guardò;

"Parti con Andrè vero?"

Oscar abbassò gli occhi, un leggero rossore colorò il suo viso.

"Andrè...fa parte di una delle cose che hai detto di aver capito immagino."

"Si Madre. Io amo Andrè e voglio vivere con lui, dirgli finalmente che lo amo. Prima che.."

La sua voce tremava. Oscar non riuscì a terminare la frase. Si voltò e scappò via mormorando ancora una volta;

"Addio Madre…vi voglio bene!"

 

 

Andrè era seduto nella sua stanza. Aveva raccolto le sue poche cose ed ora rifletteva.

Arras. Quel luogo che era così caro a lui ed a Oscar. Dove avevano vissuto momenti indimenticabili da ragazzi.

Ma era anche il luogo che gli ricordava la fase più brutta della sua vita. Quando Oscar, dopo aver lasciato la Guardia Reale si era recata laggiù in vacanza da sola. Per dimenticare quel dannato conte svedese! Era stata la prima volta in tanti anni che lui non aveva avuto la possibilità di stargli vicino. Quanta sofferenza in quel momento della sua vita. Le notti passate a Parigi a ubriacarsi. Notti da folle, tormentato da un dolore che gli scavava cuore e anima, quando pensava che Oscar aveva deciso di vivere da uomo, e di vivere senza di lui.

"Ma ora è cambiato qualcosa." pensò.

Nella sua Oscar, aveva visto un cambiamento. Era diventata molto dolce e protettiva nei suoi confronti. Si preoccupava tanto di lui. Ritornò con la mente ad un episodio capitato nella caserma dei soldati della Guardia. Un episodio a cui lui non era presente, ma che Alain le aveva raccontato..

Quel giorno Oscar aveva sorpreso un soldato portare nel cinturone un grosso pugnale e lo aveva ripreso.

"Soldato. Non è permesso portare armi improprie all’interno della caserma. Dammi quel coltello." aveva detto al militare.

Purtroppo Gerard, così si chiamava il soldato, era uno dei pochi che ancora mostrava una grande insofferenza se non addirittura astio nei confronti di Oscar.

"Comandante...non ho alcuna intenzione di darvelo. Non mi interessa il vostro grado, siete solo una donna…e poi ficcatevi bene in mente questo. Non siamo tutti come quel guercio, che vi segue come un cagnolino."

Dopo aver pronunciato questa frase si era voltato, con l’intenzione di andarsene.

Alain le aveva detto che mai, aveva visto uno sguardo simile nel loro Comandante. Oscar lo aveva raggiunto e con una forza incredibile a pensarsi per una donna lo aveva sbattuto contro il muro.

Poi, tenendolo fermo, lo aveva guardato fisso negli occhi;

"Che cosa hai detto?" le aveva ringhiato Oscar.

Gli occhi del soldato che già erano spalancati, si aprirono ancora di più, se possibile, rivelando un orrore incredibile. Oscar, infatti aveva sfilato il pugnale dal cinturone dell’uomo e ora glielo puntava sul petto, fissandolo con uno sguardo freddo come l’acciaio;

"Ricordati una cosa, una cosa soltanto. Se mai ti sentirò dire ancora una cosa del genere sul tuo compagno Grandier, mi dimenticherò di essere il tuo Comandante e ti strapperò il cuore!"

Oscar aveva difeso il suo uomo. Era questo che aveva pensato Alain. Non il soldato, ma l’uomo...che lei amava.

Ma non lo aveva detto ad Andrè. Era convinto che non sarebbe passato molto tempo, e sarebbe stata la stessa Oscar a dirlo ad Andrè. Finalmente. Dopo tanto tempo…

Andrè si era commosso, aveva sentito il cuore esplodergli di gioia quando Alain le aveva raccontato quell’episodio.

"Oscar, finalmente potremo stare insieme. Ti curerò, non ti lascerò morire. Io ti amo, e se non riuscirò a strapparti alla morte…morirò con te."

Sentì aprire la porta. Era Oscar.

"Andrè, andiamo a mangiare qualcosa. Dovremo coricarci presto, se domani partiamo."

"Bene Oscar. Sei riuscita a salutare i tuoi genitori?"

Uno sguardo triste si dipinse sul volto della donna;

"Si Andrè...Bhè, io scendo, ti aspetto."

Andrè annuì.

"Bene, arrivo subito."

Oscar lo lasciò solo.

Andrè si alzò dalla sedia e si diresse davanti alla finestra;

"Arras…" pensò ancora una volta.

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