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LE ORIGINI DELL'ARTIGIANATO SARDO

Uscito dalle umili case dei centri rurali, l'artigianato sardo porta per il mondo il sapore rustico per le cose genuine. I suoi caratteri peculiari sono l'originalità e la semplicità espresse in forme essenziali, scaturite da una ricca tradizione locale, che comprende storia, costume, arte e vita. Sono d'altronde questi elementi che fanno definire l'artigianato sardo vera ed autentica arte popolare. La tessitrice che lancia la spola fra l'ordito, la cestinaia che intreccia arbusti contesi alla palude, il fabbro che piega il ferro in delicate volute, l'intagliatore che sprigiona il suo estro in forme bizzarre, il ceramista che modella la creta, sono gli interpreti inconsci della loro storia e del loro costume. Per questo motivo, in Sardegna, il manufatto, anche quando è realizzato dal singolo o da un anonimo, costituisce la manifestazione artistica di tutta una collettività. Ed in quanto espressione culturale di tutto un popolo che, nel corso dei millenni, ha manifestato con esso il suo inventivo, tramandatoci intatto dalla tradizione, l'artigianato sardo è vera arte popolare. Risalire pertanto alle sue origini è come percorrere un avventuroso viaggio dai nostri tempi all'alta preistoria. Durante un sì lungo cammino è facile riconoscere connessioni con forme di altri paesi ed influenze di altre civiltà. Alcuni fanno risalire al periodo preneolitico i vasi in sughero approntati ancor oggi dai pastori sardi ed al neolitico le stuoie tessute nei villaggi dei pescatori, in quante derivate da quella primitiva imbarcazione usata negli stagni intorno a Oristano. Dall'era nuragica derivano invece le maschere lignee, il ruvido orbace e le rozze mastruche tanto utili ai pastori, esposti alle intemperie. Riferimenti più vicini nel tempo si hanno nel settore della terracotta, che ricorda il periodo romano, con la splendida brocca oristanese, la pratica fiaschetta, cara al mondo contadino, e la "scivedda" caratteristico contenitore ancora oggi presente nella cucina di molte case sarde. Più evidente è invece l'influenza bizantina nella tessitura che continua a ritmare classici motivi orientali come l'albero della vita, superbi pavoni contrapposti , le aquile e le colombe o disegni geometrici, come rombi e cerchi, derivati da antichi mosaici. Gli stessi ricami all'arte bizantina si notano nelle decorazioni della cassapanca nunziale, nei gioielli d'argento e in molti ricami. Molto più recente e riconducibile al sec. XVIII è l'esplosione del colore, che contrassegna i tessuti a disegno floreale, derivati dai parametri sacri ed inventati, con nuove armonie, dalle abili mani delle tessitrici di Santa Giusta, di Morgongiori e di Mogoro. Al di là di queste ispirazioni e delle radici culturali, l'arte popolare sarda ha saputo caratterizzarsi in senso regionale, con elementi talmente chiari che la distinguono da ogni altra. Un'opera felicissima di ricerca e di sintesi di tutto l'artigianato sardo è stata curata, negli anni Trenta, da Arata e Biasi che hanno raccolto un'imponente documentazione anche fotografica, che riveste particolare rilevanza. Il loro volume "Arte Sarda" deve ancora oggi considerarsi fondamentalmente per capire la nascita di tanti oggetti e l'ambiente che li ha resi possibili. Negli ultimi decenni, grazie al sostegno della Regione Sarda, che ha favorito il recupero delle attività artigianali, prima attraverso incentivazioni finanziarie e poi mediante l'opera di un proprio ente strumentale, l'I.S.O.L.A.- ISTITUTO SARDO ORGANIZZAZIONE LAVORO ARTIGIANO- appositamente costituito nel 1957, l'artigianato tipico ed artistico ha fatto registrare una notevole espansione. Per merito di artisti sensibili come Eugenio Tavolara ed Ubaldo Badas, è sbocciata una nuova primavera che, pur aderendo al ceppo della tradizione, ha rinnovato i modelli e gli schemi compositivi, favorendo una graduale evoluzione ed un intelligente aggiornamento. L'opera di questi pionieri che hanno saputo suscitare e coordinare gli interventi di altri artisti ed operatori culturali, come Mauro Manca, Delitala, Ciusa Romagna, Vico Mossa, Antonio Corriga, Aldo Contini, Salvatore Pirisi ed altri, instaurando un metodo di lavoro basato sulla collaborazione fra l'artista e l'artigiano, è stata ricondotta ad unità di indirizzo, attraverso l'organizzazione dell'I.S.O.L.A.










I MANUFATTI PRESENTATI
Gli elaborati artigiani presentati in questa pubblicazione sono stati suddivisi in quattro gruppi: la tessitura, la cestineria, la ceramica e, per ultimo, una miscellanea comprendente legni, metalli, gioielli ed altri oggetti da regalo. La selezione effettuata consente una visione panoramica sufficientemente indicativa della varietà, della ricchezza e della peculiarità dell'artigianato Sardo. I tessuti realizzati a mano con telai verticali , tipici della Barbagia, o con telai orizzontali in legno diffusi in tutta l'isola, assumono, di volta in volta, la funzione di tappeti , di coperte, di arazzi, di tende, di bisacce, di cuscini o di asciugamani .Né mancano alcuni prototipi di tappeti annodati, a completare la gamma dei prodotti tessili. Le materie prime adoperate sono . la lana sarda, particolarmente resistente, il cotone candido, grezzo o colorato, ed il lino. Alcuni fra i principali centri di produzione sono: Atzara, Barisardo, Bonorva, Busachi, Dorgali, Gonnosnò, Mogoro, Morgongiori, Nule, Nuoro, Osilo, Paulilatino, Ploaghe, Samugheo, Sant'Antioco Santulussurgiu,San Vito, Sardara, Sarule, Scanomontiferro, Sedilo, Tonara, Villanova, Monteleone, Zeddiani. I cesti sono quelli ancor oggi utilizzati in molte case come contenitori per la biancheria o per i vasi o come portapane e portadolci. Una parte dei cesti invece è più chiaramente concepita come decorazione da parete o come elemento d'arredo. I materiali adoperati nell'intreccio vengono raccolti nelle campagne e negli stagni: la palma nana, l'asfodelo, la paglia, le erbe palustri o la rafia. Le località più rinomate per la produzione di cestineria sono: Castelsardo, Flussio, Montresta, Ollolai, Olzai, San Vero Millis, Sinnai, Tinnura. La ceramica più tipica è quella prodotta ad Assemini, a Dorgali, ad Oristano, ed a Pabillonis, cittadine che vantano la più antica tradizione figulina. Negli ultimi decenni si sono venuti affermando altri artisti che lavorano a Cagliari ed Obia, a Sassari, a Selargius , a Siniscola. Fra i prototipi presentati vi sono oggetti d'uso comune o d'ispirazione religiosa che rivelano un gusto innato e grande capacità manuale, oltre a figure stilizzate, soprammobili e sculture di raffinata eleganza. Nel settore del legno, meritano una citazione le cassapanche intagliate e le maschere che si affiancano alle sedie, agli sgabelli, ai panelli, a figure varie, a cucchiai e taglieri, alle pipe di radica sarda , ai vasi, alle ciotole. I tipi di legno usato sono principalmente il castagno, il noce, il ginepro, il sughero e la ferula. I centri più noti per la lavorazione del legno sono: Aidomaggiore, Buddusò, Cagliari, Calangianus, Desulo, Luras, Nuoro, Olbia, Orani, Ottana, Paulilatino, Santulussurgiu, Sassari, Tonara. Tra i materiali lavorati sono stati selezionati, con i tradizionali bronzetti nuragici, testimoni di un arte millenaria, alcuni ferri battuti, vari oggetti di rame, i campanacci che ricordano la vita tranquilla dei campi ed una serie di coltelli eseguiti con rara perizia. I centri di produzione più noti sono: Cagliari, Dorgali, Gavoi, Isili, Pattada, Santulussurgiu, Sassari, Sorgono e Tonara. La raccolta presenta inoltre lavorazioni in pelle ed alcune bambole che testimoniano l'amore per il costume tradizionale così ricco e vario. A completare l'excursus nell'arte popolare sarda restano da citare i classici gioielli in filigrana d'oro e d'argento che ripetono modelli, frutto di infinita pazienza e compostezza, omaggio alla vanità e all'eleganza femminile Nell'arte della gioielleria vantano una meritata rinomanza gli artigiani di Alghero, Bosa, Cagliari, Dorgali, Iglesias, Nuoro, Sassari.









LA TESSITURA
La tessitura è una delle attività più diffuse in Sardegna. Vi sono piccole comunità dell'interno che devono la loro notorietà alla rinomanza conquistata in Italia ed all'estero con i classici tappeti e con gli arazzi creati dalle abili mani esperte tessitrici, che traducono la fantasia in colore, il gusto compositivo in immagini . Il tappeto sardo nasce come elemento decorativo dell'austera cassapanca, depositaria del corredo della sposa. Questa sua antica funzione ne spiega la struttura, costituita generalmente da una sezione con figure o disegni geometrici e due falde laterali che servono di ornamento. Partendo dal "coperibanga" o "cobericascia" , si passa per fasi successive, all'utilizzazione come coperta, arazzo o tappeto. Le tecniche usate per la creazione dei manufatti possono essere quattro: quella cosiddetta della tessitura liscia tipica di Gadoni, Nule, Orune, Sarule, Tonara, ecc.; quella a grani (pibiones) caratteristica di Ittiri, Atzara, Bonorva, Busachi, Paulilatino, Ploaghe, Pozzomaggiore, Osilo, Sardara, Scanomontiferro, Santulussurgiu, San Vito ecc.; quella a punto, nella lavorazione più ricca e decorativa degli arazzi di Bonorva, Mogoro, Morgongiori, Santa Giusta, Ploaghe, Sant'Antioco ecc. e quella "un ' in dente" (effetto di trama) di Aggius, Bolotona, Isili, Samugheo ecc. Negli anni più recenti a Dorgali, Zeddiani e Nuoro è stata adottata anche la tecnica del l' annodato. Diffusa in tutta la Sardegna, l'arte della tessitura presenta motivi che si intrecciano in tutte le sub-regioni dell'isola, sia che scaturiscano dagli essenziali telai verticali, tipici della Barbagia, sia che nascano dai telai orizzontali , diffusi in tutta la regione. I vari tipi di decorazioni, che coesistono nelle diverse aree, possono suddividersi in quattro grandi gruppi: il primo comprende i motivi geometrici come "sa mustra de su ferru " ; nel secondo compaiono i motivi vegetali con " sas mustras de sos flores " (dei fiori ) , " de su landiri " (la ghianda ) , " de sa ide " ( la vite ) , "de s'ulia " (l'olivo), "de sa pruna (la prugna) ,"de sa melagranada" (il melograno) ; nel terzo gruppo si distinguono immagini del mondo animale, come "sas mustras de sos caddos " (cavalli) ,"de su cavalleri" (cavaliere), "de su cavalleri e de sa dama" (gli sposi a cavallo) ; nel quarto gruppo, di carattere composito, possono compendiarsi simboli araldici ed emblematici, l'aquila bicipite, torri, castelli, ostensori, candelieri, leoni, grifoni, figure mitologiche, astri di notevole fantasia, come in "sa mustra de sa pramma" e "sa mustra de sa funtana". La produzione attuale si arricchisce di altri prodotti destinati all'arredamento della casa. Si tratta di tende, stoffe, strisce, cucini e tovagliati, nella cui decorazione si legge una lenta, moderna evoluzione, pur in presenza di una costante ispirazione ad elementi figurativi tradizionali.









LA CESTINERIA
E' inutile porsi il problema se sia nato prima il vaso o il cestino, ma è indubbio che il secondo, in Sardegna, abbia avuto uno sviluppo enorme come utensile familiare. Soprattutto la facilità di reperire la materia prima, in una terra ricca di erbe e paludi, e la maggior facilità di lavorazione rispetto al vasellame, fa propendere per la nascita anteriore del cesto. Il cestino, lavorato prevalentemente a livello familiare, conservò nei secoli questa sua caratteristica, a tutto danno del vaso che aveva lo svantaggio di una più difficoltosa e specialistica lavorazione. La forma del baratto e dello scambio estesero dall'ambito familiare a quello del commercio la diffusione del cestino .Accanto alla commercializzazione primitiva del prodotto, troviamo il tentativo di renderlo più apprezzabile, mediante la decorazione .Tuttavia l'origine di questa è da attribuire soprattutto all'amore con cui la donna inventa un oggetto idoneo alle esigenze della casa e bello per i suoi occhi. Le forme poi variano in funzione della materia: paglia di grano, asfodelo, rafia, palma nana e vimini. Per quanto riguarda la decorazione predominano i motivi geometrici, anche se non mancano quelli floreali e faunistici; l'uccello, il capriolo, il cervetto, le pavonesse, il cavalluccio. Quanto ai minerali, la produzione si può distinguere in quattro grandi gruppi. A Sinnai e a San Vero Milis la materia prima è rappresentata dal giunco e dalla paglia di grano, raccolta dopo la mietitura; la lavorazione tradizionale si compie avvolgendo paglia su un piccolo fascio di giunchi o paglia, con andamento a spirale, e cucendo la treccia ottenuta con punti d'ago .La decorazione, ottenuta con materiali affini o con cotone rosso e nero, viene aggiunta in un secondo tempo ,oppure sviluppata con la costruzione del cestino .Con profondissimo senso della tradizione, ora le donne di Sinnai e di San Vero Milis adottano anche la paglia di colore naturale per la decorazione del bordo ,creando , paglia su paglia, una decorazione finissima, dovuta soltanto ad una delicata variazione di luce. La forma più tipica di questi contenitori è quella a campana rovesciata. Nella Planargia, a Flussio, Montresta e Tinnura, e nella Barbagia di Ollolai e Olzai, si utilizza, secondo la tradizione più antica, l'asfodelo, la pianta sarda più caratteristica, elastica e tenace, e dunque la più adatta a questo tipo di artigianato. Essiccato e tagliato a strisce, l'asfodelo presenta una colorazione chiara, che diventa più bruna sul retro, fatto questo che permette alle abili mani delle artigiane, alternando le due tinte naturali, di ricavare effetti di decorazione geometrizzante. Nella Romangia, a Sassari e Sorso e nell'Anglona, a Castelsardo e Tergu, predomina l'uso della rafia e della palma nana, che cresce a ridosso delle dune di sabbia. Il cestino di Castelsardo, forse il più noto fra quelli prodotti in Sardegna, è quello che risente maggiormente di una certa deviazione dai motivi tradizionali vuoi per certe influenze esterne, vuoi per la rarefazione della materia prima, la palma nana, che nelle campagne circostanti è sufficientemente diffusa. Infine il cesto in vimini, confezionato da contadini e pastori e ricavato dal salice, dall'olivastro e dalla canna, che presenta forme diverse, in funzione dell'uso nelle varie località: il Sassarese, la bassa Gallura, il Bosano, la valle del Tirso, il Campidano. L'utilizzazione di queste ceste, solitamente dotate di manico, è vastissima; possono servire come porta-uova, porta-biancheria o per contenere pane o frutta.









LA CERAMICA
Non occorre visitare il Museo Archeologico di Cagliari per risalire alle origini nuragiche della ceramica sarda o scoprire le analogie con modelli che si ricollegano alla dominazione Romana. Basta attraversare nelle giornate di mercato, piccole cittadine del campidano, come Assemini o Pabillonis, per imbattersi in sequenze di brocche, pentole e tegami, che sembrano riportarci indietro nel tempo. Anche il vaso di terracotta, infatti, affonda le sue radici nella storia, e nel corso dei secoli ha mantenuto uno stretto rapporto con la tradizione e le forme del passato. Le forme antiche di quest'arte ricalcano temi consueti e familiari: recipienti per olio, acqua e vino, brocche grandi e piccole, dalle decorazioni più diverse, bicchieri, boccali, fiaschette, stoviglie, recipienti per cibi, contenitori di' acqua calda a forma di frate e suora e infine elementi architettonici, decorativi, come cavallucci da porre sui tetti, doccioni e tubi pluviali. Come si vede, la vera produzione artigianale sarda è dedita, da secoli, alla fabbricazione di oggetti d'uso comune e assurge a forme artistiche solo raramente. A questo proposito, abbiamo una testimonianza del 1692, rappresentata da uno statuto dei laboratori della terracotta, gli Alfareros , riuniti in un apposito "Grenio", che li vincolava alla conservazione delle antiche tradizioni, con l'obbligo di creare solo brocche, mestoli e pentole. Così, anche per questi limiti statutari, per l'isolamento dovuto al insularità e per corrispondere a precise esigenze di funzionalità , l'autentica tradizione figulina non è mai stata artisticamente fine a se stessa, ma è stata prevalentemente dedita all'utensile. Oggi come ieri, il tratto caratteristico della terracotta sarda è dato dalla praticità e dalla classicità della linea, in tutti i principali centri di produzione: ad Oristano, ad Assemini, a Dorgali, a Pabillonis, a Decimomannu, a Siniscola e a Villaputzu. Abbiamo già accennato alle forme più tipiche tradizionali . Occorre ora illustrare brevemente i manufatti creati dall'estero antico o sbocciati dalla fantasia popolare e divenuti patrimonio culturale di aree ben determinate: a Dorgali, per esempio, troviamo bocchette basse a forma di galletti; ad Assemini anforette ingentilite da minuti forellini; ad Oristano grandi brocche, decorate di angeli e santi, che fanno da corona plastica ad Eleonora d'Arborea, guerriera e legislatrice; a Siniscola tipiche anforette sovrapposte; nel Campidano originali barilotti, cari ai contadini, per mantenere fresca l'acqua o il vino. Ancor oggi i vasi e le brocche, frutto della sintonia fra le mani dell'artigiano e la spinta del piede scalzo sul tornio, conservano una loro rustica semplicità e perfezione che li fa sembrare fatti in serie , mentre la loro linearità non dispiace a quanti, pur amando il classico, non disdegnano la funzionalità delle cose moderne. I più tipici prodotti di terracotta vengono sommariamente invetriati, in una tonalità giallo-verdognolo, che si stempera nel colore bruciato della creta. A questa tradizione dell 'arte vasaria si rifanno le scuole ceramiche, nate in questo secolo. La prima Scuola d'Arte Decorativa, promossa negli anni Venti dal Comune di Oristano, fu condotta dallo scultore Francesco Ciusa ed ebbe vita troppo breve. Più prospera fu la "Bottega " d'Arte Ceramica, nata originariamente ad Assemini e trasferita a Cagliari, ad opera del ceramista Federico Melis, ma che si estinse con l'allontanamento del suo fondatore. Un impulso allo sviluppo della ceramica moderna è stato dato dal Istituto Statale D'Arte di Sassari che, a partire dal 1949, si è dotato di un laboratorio di ceramica, ed al Istituto Statale d'Arte creato nel 1951 ad Oristano e indirizzato soprattutto all'insegnamento della ceramica. A coronamento di questi sforzi oggi operano in Sardegna molti artisti di talento, la cui notorietà ha varcato i confini dell'isola e le cui opere arricchiscono musei e collezioni private.









Legni, metalli lavorati e gioielli
Nell'umile casa contadina c'era posto per pochi mobili: il letto, la culla, la cassapanca, le sedie, il tavolo e " su parastaggiu" - lo scaffale portapiatti. Erano tutti arredi molto modesti, come si conveniva alla povertà dell'ambiente tradizionale. Con una sola eccezione però: la cassapanca. Essa, sontuosamente intagliata ha assunto un posto essenziale nella casa, quello di scrigno e tabernacolo della famiglia, custode del corredo della sposa. La maggiore o mino re ricchezza, riscontrabile nella decorazione della cassapanca, è riconducibile all'evoluzione dell'arte applicata ed agli influssi di formalismi esterni. Il legno anticamente usato era solitamente il castagno, abbondante nei boschi della Barbagia, ma avvolte anche il noce ed il rovere che veniva lasciato al naturale o dipinto in rosso con il sangue dell'agnello. Il pannello centrale era originariamente liscio o decorato con molta semplicità da artigiani che si ispiravano ad una simbologia fatta di motivi geometrici o floreali o comunque naturalistici, come gli uccelli stilizzati ed il sole. Centri rinomati in queste produzioni sono stati Desulo, Aritzo, Santalussurgiu, Paulilatino, e Isili. Oggi si distinguono tra artigiani alcuni intagliatori di Cagliari, Buddusò e Sassari. Una citazione particolare meritano la sedie. Elegante e funzionale la sedia impagliata di Assemini, realizzata in legno chiaro ed ingentilita col disegno rosso e verde del melograno. Pretenziosa e spagnolesca quella con lo schienale scolpito laccato rosso o blu o verde ed oro, di derivazione catalana. Altra tipica espressione dell'arte popolare sono le maschere carnevalesche di Ottana e Mammoiada, evocatrici, forse, di antiche espressioni e di magiche suggestioni. Nella zona più centrale della Sardegna operano, ancor oggi, alcuni fabbri, rinomati si nella fabbricazione di speroni e morsi per i cavalli (fra i più noti quelli di Santulussurgiu e Gavoi) , sia nelle temprare magnifiche lame d'acciaio, come nei famosi coltelli di Pattada, di Dorgali, di Santulussurgiu, di Desulo e di Guspini. Accanto a questi elaborati, frutto di perizia antica, si ritrovano altri ferri battuti, splendidi e pratici, come spiedi, graticole, alari, girarrosti, fantasiosi animali, ringhiere barocche, cancellate e lampadari. Fra i metalli lavorati, si distinguono i rami, sbalzati con rara maestria dai calderai di Isili, che distribuiscono i loro manufatti in tutta la regione. In passato, nella casa Sarda, facevano bella mostra vari tipi di caldaie in rame ed il classico e funzionale braciere, con il bordo in ottone. La consumata tecnica, espressa in questi manufatti, raggiunge livelli altissimi nella lavorazione dell'argento e dell'oro. La presenza di miniere argentifere ha stimolato il fiorire di botteghe di Argentieri a Iglesias e ad Oristano, a Cagliari, ad Alghero e a Sassari, a Quartu Sant'elena, a Sinnai, come a Nuoro, Oliena, Bosa e Dorgali. Al gioiello in filigrana, che adorna il costume, si accoppiano orecchini ed anelli pietre e perle incastonate, braccialetti e ganciere, fibbie e ciondoli, magari contro il malocchio, pendagli e le lunghissime collane, ravvivate da pietre, ed i grandi ricchissimi rosari, appesi in cima al letto. Fra le varie attività artigianali, quella del maestro gioielliere ha consentito l'esplicarsi in forme artistiche, di fantasia creativa, di raffinato virtuosismo e di originale perfezione.

La tessitura di Sardegna
E' facile immaginare che la tessitura e la ceramica siano tra le più antiche forme di lavoro domestico: la tessitura, con ogni probabilità lavoro più propriamente femminile, la formazione dell'argilla e di altre specie di terra attività più specificamente maschile. Pesi di telaio e terracotta di ogni foggia e decorazione sono tra le testimonianze più frequenti della preistoria sarda. Chi sia stato, a importare di volta in volta le diverse decorazioni o a indicare le possibilità di differenti materie prime o a "scoprire" le suggestioni magiche di particolari colori e disegni è più difficile immaginare. Forse vale la pena di fissare qualche certezza su quello che è stata e quello che è oggi la tessitura sarda. La prima certezza è che quest'arte "povera" fece parte nei secoli del bagaglio di attività e di conoscenze di ogni famiglia: è pensabile che la gran parte delle case avessero il telaio, e dal lavoro del telaio nascesse una serie di "oggetti" utili alla vita di ogni giorno. La possibilità di usarli, come mezzi di scambio in natura (prodotti contro prodotti) si sviluppò quasi naturalmente man mano che la vita associata, specie nelle comunità di villaggio, andò sviluppandosi ed articolandosi La seconda certezza è che la straordinaria varietà degli elementi decorativi è stata originata da una serie di apporti culturali di civiltà diverse, approdati in Sardegna nei modi più disparati e forse perfino impensabili: non basta fare l'elenco, pure così nutrito, dei popoli che sono sbarcati nell'isola accampandosi come dominatori per avere l'elenco di tutte le aree culturali dove vanno cercate le fonti dell'incredibile ricchezza fantastica delle Mustras (cioè l'elemento decorativo centrale) e degli ornati di tappeti, coperte, arazzi. Né si può essere tratto, sempre, di tramiti diretti, di rapidi trasferimenti di conoscenza da una sponda all'altra del Mediterraneo: il Mediterraneo stesso, mare perennemente e intensamente navigato in ogni secolo, ci fa immaginare lunghe, perigliose e avventurate peregrinazioni di figure, fogge, colori che si sono poi saldamente insediati nella tradizione dell'arte domestica isolana. La terza certezza è che quando si parla, a proposito dell'artigianato artistico, di "arte popolare", non si sbaglia il concetto (anche se poi, fra gli studiosi, qualche polemica non può mancare). Arte, dunque, perché carica di quella forza creativa, di quella tensione fantastica che è propria dell'invenzione artistica in senso stretto; popolare perché, sebbene dietro ognuno di questi oggetti vi siano la mano, il gusto, l'intelligenza e l'esperienza di un singolo "produttore" (nel caso della tessitura è anche facile vedere emergere un'iconografia ricorrente, quella della donna intenta al telaio issato al centro della sua piccola casa come la tolda del comandante in una piccola nave), pure l'oggetto artigiano pare appartenere a un'intera comunità, se non proprio ad un intero popolo. Non per niente l'espressione artigianato sardo suona fortemente vera: la "sardità" dell'oggetto artigiano è un suo stigma di riconoscimento, una sua carta d'identità immediatamente percepibile, che viene prima dello stesso marchio di qualità che lo accompagna. La quarta certezza è che, con l'avvento di forme "moderne" di lavoro e di vita, l'opera domestica dell'artigianato è uscita dal chiuso della casa per correre l'avventura del mercato. E la stessa standardizzazione dei modi di vita ha finito per conferire pregio a queste preziose testimonianze di una creatività che non appare mai primitiva ed "esotica", ma anzi stupisce ogni volta per la "contemporaneità" delle forme e dei colori in cui si condensa e si esprime. Le materie e le tecniche stanno, tutte insieme, in un inventario abbastanza limitato: i tipi di telai sono solo due (e quello verticale, oltre tutto, presente solo in pochissimi centri); i materiali sono praticamente tre (la lana, prima di ogni altro, e poi il lino e il cotone, a volte anche la seta); le tecniche d'esecuzione non più di quattro o cinque; della tessitura "liscia", che viene considerata la più antica perché anche più essenziale, a quella a grani (pibiones, cioè "acini"), diffusa in una vera area della Sardegna centro-orientale; da quella "a punto", con i suoi smaglianti effetti di ricamo messi al servizio di arazzi e tappeti coloratissimi, a quella detta di "un'in dente", che crea effetti di trama ed è propria di paesi in cui da più tempo la tessitura viene praticata. La tessitura si conserva, in Sardegna, nelle sue forme più alte e più conosciute, in poco meno di una quarantina di paesi. E siccome ogni paese ha una propria tradizione, un suo modo "specie" di tessere, di decorare e di formare il tappeto, l'arazzo, il copricassa, la tovaglia, il mondo della tessitura isolana è un modo sempre diverso e sempre ricco di sorprese. L'essenzialità delle materie prime e delle tecniche, infatti, si complica al momento della decorazione: il tessuto diventa come la tela d'un quadro, in cui l'artigiana distende con abbandonata fantasia le figure stilizzate degli ornati e le lussureggianti immagini delle Mustras, autentici stemmi dell'araldica popolare. Il colore (un tempo ottenuto attingendo dalle risorse cromatiche del mondo vegetale, del mondo animale e delle stesse terre paesane) ha oggi tutte le variazioni che gli offre la moderna tecnologia delle tinture: anche se la sua gamma tende (forse perfino inconsapevolmente) a tenersi dentro la scala degli antichi colori, a quelli "fatti a mano", anzi fatti direttamente dalla mano sapiente della stessa tessitrice. Ornato e Mustras, a questo punto, intervengono a fare dell'oggetto della tessitura un prodotto originale, un pezzo "unico". E' stato calcolato che "i motivi e simboli ricorrenti nell'arte popolare sarda" della tessitura siano ben più di cento: quasi cento motivi-simboli e più di venti Mustras diverse: ognuna col suo nome, ognuna con una storia, ognuna con una sua capacità evocativa, quasi con un cifrato messaggio magico. Nella tessitura, come in ogni altro settore dell'arte popolare, si realizza non solo capacità creativa del singolo artigiano, ma la stessa civiltà profonda di un popolo. Eugenio Tavolara, lo scultore sassarese che a partire dagli anni Sessanta richiamò l'artigianato sardo a una riconsiderazione più rigorosa delle sue stesse fonti, raccontava sempre della sua soddisfazione, ma anche della sua sorpresa, quando l'artigiana, guardando il tappeto uscito appena compiuto dal telaio, diceva "Custu est signore". La traduzione letterale, "Questo è signore", non è forse del tutto esatta: ma rende bene l'idea di che cosa è , in Sardegna, la civiltà dell'artigianato. Manlio Brigaglia .



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