RITORNO

 

Nessuno ritorna dove è già stato:

il tempo percorre le vene cosmiche,

inarca la ragnatela dello spazio,

scivola, plana, rimbalza,

si scinde in mille scintille.

Perpetuo, pesante come un atomo,

leggero come il destino, grande,

travolge ogni cammino.

Si acquatta, talvolta sparisce,

poi di colpo riprende, si accresce,

risale, raggiunge le vette luminose,

si unisce - fa paura - incalza, squote,

si abbatte.

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Ciascuno ritorna dove è già stato:

l’effetto si perde ad occhio nudo

lungo la linea dell’orizzonte -

parzialmente offuscato dalla luce del mattino:

profumi mi ricordano quel fiore, quei giochi,

quei dubbi impressi nella memoria dell’infanzia.

Tutto è uguale, tutto è diverso.

Tutto sembra uguale, tutto sembra diverso:

la fame che ho odiato sospinge leggero

un vento gelido che lotta con il calore

del sole, con la luna, con le stelle:

non ricordo quante ne ho viste

mentre percorrevo il deserto,

quando di notte attraversavo la palude fangosa

quel vento respiravo, quel calore mi vestiva:

un uomo è sempre nudo quando nasce.

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Nessuno ritorna dove è già stato:

sulla mano una linea scorre,

lucida come il ghiaccio,

tremante si apre a ventaglio

e si perde in cento rivoli.

Il passo la scuote, la proietta lontano

ove il sole offusca e la mano copre lo sguardo:

la sabbia e le stelle si specchiano nel mare

dell’inconscio e del caos.

Eppure questi atomi io sono:

la rete del cervello non mi consente

di vedere, di ricordare, di viaggiare,

di comprendere ciò che sfugge come la sabbia,

il mare, il tempo, come il vento, come il cammino

che si srotola lungo questa linea che scorre lucida

su questa mano, leggera come il destino

pesante come un atomo.

 

Roma, gennaio 1997