Il mondo fantastico abruzzese:
miti pagani, superstizioni e figure magiche della memoria popolare.

L’Abruzzo, terra di boschi, rupi scoscese e monti brulli e solitari, è il luogo dove magia, esseri fantastici e mistero si avviluppano in una morsa incantata di paganesimo, religiosità popolare e cristiana.
Maia, Angizia e Medea vennero in Abruzzo a popolare l’immaginario collettivo degli antichi con le loro leggende e le loro magiche apparizioni.
Narra la tradizione che Maia, la Grande Madre degli Dei e degli animali (Magna deum mater mater ferarum secondo Lucrezio), sbarcò ad Ortona portando con se il figlio gigante, ferito mortalmente durante una primordiale battaglia cosmica. Il fanciullo fu seppellito sul Gran Sasso e Maia visse con la sua schiera di amazzoni, gigantesche donne guerriere dai grandi orecchini a cerchi chiamate maiellane, sulla Maiella, antico e sacro monte dell’Abruzzo che da lei prese il nome. Maia implica, infatti, il concetto di grandezza da cui dipendono i termini magnus, majus ... nel senso di forza o sviluppo.
Medea giunse in Abruzzo dalla Frigia, portando il figlio Marsia che insegnò alle popolazioni locali, l’arte di incantare i serpenti e di preparare filtri magici. Marsia era dai Greci considerato un genio dei fiumi e anticamente, almeno cinque fiumi in Asia Minore portavano il suo nome. Nell’acqua che scorre vorticosamente fino a raggiungere gli abissi terrestri, i greci vedevano le spire del serpente che a Marsia fu associato. Il gorgoglio delle innumerevoli sorgenti che alimentavano il Fucino e il suono vorticoso che provocavano sgorgando dalla terra, fece rivivere tra i Marsi il culto del Dio Frigio. I Romani ne ricordavano gli incantesimi (marsiae voces, sabella carmina..)e narravano che la sola saliva di un incantatore marso era in grado di uccidere un serpente.
Medea fu venerata anche con il nome di Angizia, misteriosa divinità legata ai culti della terra, all’arte di incantare gli ofidi e di mescolare i semplici ossia le erbe medicinali. La leggenda la ricorda abitante di una grotta nei pressi di Pescìna, forse l’antica Apamea dedicata al culto di Marsia. Simile ad una dea delle acque, Angizia amava passeggiare sulle rive del lago Fucino innalzandosi durante le notti di luna nuova, regale e maestosa, dalle acque oscure per toccare il cielo con la sua imperiosa figura. Dopo che nel 1875, il lago fu completamente prosciugato, Angizia fu vista piangere predicendo la sventura che nel 1915 si abbatté sulla sua gente: il grande terremoto che il 13 gennaio rase al suolo la piana di Avezzano provocando la morte di 33.000 persone.