Le superstizioni
La luna

La luna, fin dall’antichità, fu associata al femminile forse per la correlazione tra il mese lunare e il ciclo mestruale della donna e all’idea della morte e del divenire in relazione al mutare dell’immagine dell’astro nel cielo.
A Villamagna si credeva che la luna avesse un viso, occhi, naso e bocca e che altro non fosse se non il volto della Vergine.
Gli antichi ben conoscevano gli influssi che la luna, durante le sue fasi, aveva sulla vita della terra poiché poteva influenzare le maree, la crescita delle piante e delle sostanze organiche tanto che gli abruzzesi facevano riferimento ad un sistema di credenze che finiva con l’influenzare il loro vivere quotidiano e il lavoro nei campi che coltivavano osservando attentamente i cicli lunari.
A luna calante si doveva seminare altrimenti la pianta avrebbe dato troppi fiori e poca frutta eccezion fatta per il grano che era immune agli influssi lunari e potare la vite per evitare che i rami crescessero a discapito dei grappoli.
Anche gli innesti erano consigliabili durante la luna calante: ogni giorno di luna crescente equivaleva, infatti, ad un anno di attesa prima che l’albero mettesse i frutti.
In base alla luna si era del resto in grado di fare previsioni in particolar modo sull’abbondanza o meno dei raccolti.
Ad Atessa si riteneva, ad esempio, che se il novilunio di marzo fosse avvenuto con la pioggia, la produzione agricola sarebbe stata copiosa poiché le precipitazioni si sarebbero mantenute costanti durante la stagione primaverile ed estiva.
Dal novilunio di settembre si poteva comprendere quale sarebbe stato il clima invernale tanto che si era soliti dire la luna settembrine, sètte lune se strascina.
Come influenzava la crescita delle piante così aveva potere sulle nascite e il parto e in base all’età lunare si poteva presagire il sesso del nascituro.
A Lanciano si riteneva che, se il concepimento avveniva a luna calante, sarebbe nato un maschio, se a luna crescente una femmina.
A Vasto si credeva che a luna crescente nascevano bambini di sesso maschile viceversa durante il suo decrescere le nascite erano femminili.
Non mancano,inoltre, interpretazioni popolari sulle particolari conformazioni lunari quali ad esempio le zone oscure costituite da alcuni crateri, mari ecc. che appaiono ad occhio nudo simili a macchie.
A Sant’Eusanio del Sangro si raccontava che il sole avesse litigato con la luna gettandole addosso una manciata di sterco. A Caramanico, Chieti e Popoli c’era chi intravedeva nelle aree scure del satellite i corpi nudi e raminghi di Adamo ed Eva costretti a girovagare dopo essere stati puniti da Dio.
Le eclissi

Fin dai tempi più antichi l’oscuramento parziale o totale del sole ha rappresentato un fenomeno quanto mai insolito che suscitava paura e meraviglia tra gli attoniti osservatori. E’ normale dunque che siano sorte superstizioni attorno ad un evento che ancora oggi riesce a destare stupore agli occhi disincantati dell’uomo moderno.
Gli abruzzesi pensavano che l’eclisse fosse una lotta tra il sole e la luna: se il sole avesse perso, sarebbe finito il mondo.
A Lanciano era addirittura possibile vedere il litigio fra il grande astro e la luna in un bicchiere pieno d’acqua.
Ad Archi l’oscuramento del sole era prova dello sdegno di Dio che in tal modo puniva gli uomini per i loro peccati e a Roccascalegna l’eclissi era un presagio di cattivo auspicio poiché ‘ quande se ‘ scure lu monn’, è mmale sègne!’.
Stelle cadenti

Nelle culture antiche le piogge meteoriche volgarmente dette stelle cadenti furono interpretate differentemente: in Cina, ad esempio, presagivano la morte di un personaggio di rilievo ma potevano anche annunciare la nascita di un bambino la cui anima giungeva sulla terra per incarnarsi e intraprendere una nuova esistenza.
Anche in Abruzzo furono diversamente interpretate come fenomeni positivi che garantivano la realizzazione di un’aspettativa o viceversa come presagi di cattiva sorte.
Ad Archi le stelle cadenti erano le anime dei defunti che annunziano un’imminente disgrazia ma a Colonnella incarnavano le anime dei morti che si distaccavano dal corpo per salire in cielo mentre ad Ortona erano poeticamente descritte come le lacrime di San Lorenzo che fu arso vivo.
Le stelle cadenti, infine, potevano essere indizio di guerra o di terremoti oppure portare il bel tempo se cadevano numerose.
Il sifone

Anche le aree costiere dell’Abruzzo avevano il loro sistema di paure, superstizioni e scongiuri per allontanare il negativo ossia tutti quegli elementi disturbanti di un vivere quotidiano a diretto contatto con il mare che rappresentava la principale fonte di rendita ma anche un possibile nemico apportatore di tempeste e grandinate che potevano ledere il già precario equilibrio dei pescatori.
Molto diffusa era la credenza nel sifone, un demone o l’anima di un morto che provocava trombe marine di estrema pericolosità.
A Campli si credeva che il sifone fosse abitato da un anima errante che non trovava dimora né in Paradiso né all’Inferno né in Purgatorio.
Per i marinai di Francavilla era senz’altro il demonio che scagliava la tromba marina per affondare le imbarcazioni e fare del male.
A Vasto dei sifoni si poteva addirittura distinguere il sesso a secondo della grandezza della nube e ad Ortona c’era chi riusciva a vedere all’interno della nuvola tempestosa la lunghezza dei capelli del demonio che vi abitava e distinguerne il sesso.
Le trombe marine potevano essere scongiurate solo da persone che avevano determinati requisiti come i primogeniti di genitori rimasti illibati fino al momento delle nozze o i nati durante la notte di Natale.
Era possibile allontanare il sifone mediante oggetti in ferro e soprattutto tramite un coltello e l’invocazione degli angeli, di Gesù, Giuseppe e della Madonna.
A Francavilla il marinaio primogenito segnava con il coltello una croce in aria e tagliava il turbine, mentre a Vasto si tracciava il segno di Salomone per poi scagliare il coltello al centro della stella.
Le streghe

Nell’immaginario collettivo è diffusa la figura della strega come donna malvagia dedita al cannibalismo, all’assassinio e a pratiche magiche.
Gli anziani narravano che, durante la notte, le nere incantatrici rubavano i cavalli con cui raggiungevano luoghi isolati in cui praticare i loro rituali in compagnia del diavolo sottoforma di caprone. Al mattino i cavalli rapiti venivano ritrovati madidi di sudore, febbricitanti e con le criniere annodate in tante finissime trecce. Le streghe potevano trasformarsi in gatti neri, rospi, serpenti o in uccelli notturni quali il gufo - anticamente denominato strix nome da cui si fa derivare quello di strega-, ammaliare con la loro magica bellezza o terrorizzare con orride sembianze. Si introducevano nelle case attraverso il buco della serratura creando sinistri rumori notturni, ordivano malefici, facevano filtri e legature, provocavano grandinate e tempeste da cui il popolo si difendeva sparando alle nubi portatrici di pioggia nel tentativo di uccidere la malvagia creatura che le animava.
A Sulmona si credeva che, di notte, si pettinassero solo le streghe per cui era fatto divieto alle donne oneste di districarsi i capelli e una volta sceso il buio a Pratola Peligna la gente evitava persino di guardarsi allo specchio per paura di vedervi riflesso il demonio.
Nella Valle Peligna e a Sulmona se una madre vedeva una strega o la sentiva nominare doveva mettere al sicuro il proprio bambino invocando il Signore o incrociando il piede destro sul sinistro.
Era credenza diffusa che fosse possibile vedere una strega durante la vigilia di Natale. A mezzanotte in punto, infatti, mettendo un bicchiere colmo d’acqua alla finestra, qualunque coraggioso avrebbe potuto vedere le malvagie creature dimenarsi selvaggiamente in un sabba.
Il malocchio

Da sempre la paura che l’invidia di qualcuno possa generare influenze negative e apportare danni a colui che ne è oggetto, ha attanagliato gli uomini generando la credenza nel malocchio. In numerose culture ci si può difendere dal malocchio mediante un corno che altro non è se non una rappresentazione fallica.
In Abruzzo, ad esempio, i bambini portavano amuleti protettivi a forma di corni che potevano essere di corallo, argento o osso oppure pinnililli e brevi.
I pinnililli erano pezzetti di stoffa in cui vi era la terra di qualche santuario: portati al collo potevano guarire dalla febbre per poi essere riportati al santuario come ex-voto.
I brevi erano pacchettini contenenti l’immagine della Madonna, qualche preghiera stampata, un pizzico di sale, del grano e della cera.
Come era possibile accertarsi del malocchio?
Bastava far cadere poche gocce d’olio in una bacinella con dell’acqua e con un qualche oggetto di ferro. Se la goccia d’olio si spandeva come un occhio malefico, ciò voleva dire che qualcuno, volontariamente o meno, ci invidiava lanciandoci influenze negative. A questo punto solo un’operatrice magica, invocando i Santi, la Trinità e la Madonna, poteva liberarci dal malocchio.