Redattrice: Rosa Petrucci
Ultimo Aggiornamento: 26 gennaio 2001

Questa è la seconda parte del saggio. Per accedere alla prima premete qui.



Miti, religione e feste


Le Lupercalia (febbraio)
Festa di Quirino (febbraio) (marzo)
Festa di Anna Perenna (marzo)
Festa di Cerere (aprile)
Culto di Dia (maggio)
Festa di Libero (marzo)
Feste Fordicidia (aprile)
Feste di Pales (aprile)
Feste Vestalia (giugno)
Ludi Apollinares (luglio)
Ludi Megalensi (aprile)
Le Attideia (marzo)
Le feste dedicate ai morti (febbraio-maggio)
Saturnalia (dicembre)
La Triade Capitolina (settembre)

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E' dai miti che i Romani derivano molte delle loro feste religiose (oltre 200!!) e il fitto elenco delle cerimonie, rigidamente stabilite nel calendario.

Le Lupercalia

Le Lupercalia, festeggiate il 15 febbraio, sono giunte fino a noi ricche dei particolari. Celebrata in onore di Faunus Lupercus, dio di origine greca che teneva lontani i lupi dalle greggi, la festa inizia proprio nel Lupercale, la grotta sul Palatino dove la lupa, secondo la credenza, ha allattato Romolo e Remo.
E' qui che i Luperci (i sacerdoti) sacrificano gli animali, più che altro capre, in onore del dio. Con la lama ancora insanguinata dei coltelli sacrificali vengono bagnate le fronti di due Luperci e poi ripulite con della lana intrisa nel latte (secondo altre fonti non si tratta di luperci ma di due ragazzini di famiglia patrizia). Le pelli degli animali sacrificati vengono poi tagliate a listarelle con le quali i sacerdoti si cingono i fianchi dividendosi in due gruppi. Completamente nudi tranne che per le strisce di pelli, i Luperci iniziano di corsa due percorsi contrapposti, inizialmente tutto intorno al colle (in seguito si riduce al semplice giro del Foro) per poi ritornare al punto di partenza. Con le strisce di pelli frustano lungo il percorso tutti coloro che incontrano e soprattutto le donne, alle quali intendono così fare dono della fertilità, almeno secondo l'interpretazione di Ovidio (Varrone ritiene invece che si tratti, più semplicemente, di un rito di purificazione).
Le origini e il significato di questo rituale affondano tanto le radici nell'antichità che gli stessi autori classici ne spiegano le varie fasi in modo diverso. Tuttavia i Romani tendono a individuare nella festa la celebrazione dell'origine di Roma, considerando il percorso dei Luperci come l'antico tracciato delle mura della città e i due gruppi di sacerdoti come la rappresentazione di Romolo e Remo. La festa sopravvive fino al 494 d.C., quando viene trasformata dai cristiani nella celebrazione della purificazione della Vergine Maria.

Festa di Quirino

Anche la festa di Quirino, secondo la tradizione istituita da Numa Pompilio sempre a febbraio, prende corpo dai miti della fondazione di Roma. In epoca repubblicana Quirino, che è una divinità di origine sabina protettrice di Roma insieme a Marte, viene infatti identificato con Romolo. Il nome Quirites, attribuito ai romani ha proprio questa origine.

Festa di Marte

La festa in onore di Marte, il padre divino di Romolo e, insieme a Giove, una delle maggiori divinità romane, ricorda invece una delle tante leggende che hanno come protagonista Numa Pompilio.
Celebrati in marzo, i festeggiamenti di Marte sono officiati da 12 sacerdoti-guerrieri, i cosiddetti Salii, impegnati in una processione nella quale si cimentano in una strana danza, cantano una litania così antica da essere incomprensibile agli stessi romani e percuotono gli scudi magici fatti costruire da Numa Pompilio.

Marte Gradivo -  Particolare affresco casa M. Fabio Secondo Pompei

Marte Gradivo - Particolare affresco casa M. Fabio Secondo Pompei


Questi scudi, gelosamente custoditi, hanno un'origine fantastica e divina. Secondo la tradizione, infatti, Numa avrebbe deciso di interpellare Giove per farsi svelare il segreto per difendersi dai suoi fulmini.
Chiamato dal re, Giove discende sull'Aventino dove, a detta di Ovidio, la terra addirittura si abbassa sotto il peso del Dio. Anche se intimorito dalla divina presenza, lo scaltro Numa chiede a Giove come placare il fulmine, ottenendo dapprima una riposta sibillina e inquietante.
- Taglia una testa - sentenzia infatti Giove.
- Taglierò una cipolla cavata dei miei orti - interpreta allora Numa, celebre per essere un uomo mite.
- Una testa d'uomo - precisa il dio nel tentativo di mettere il re in difficoltà.
Numa non si lascia imbrogliare e replica:
- Taglierò allora la cima di un capello -
Giove insiste, chiedendo al re il sacrificio di una vita.
- Ucciderò un pesce…- risponde caparbio Numa.
Giove, per nulla offeso, ride dell'arguzia del re che per niente al mondo vuole concedergli un sacrificio umano e gli rivela il rituale segreto da compiere per difendersi dai fulmini.
Ai romani increduli, Numa dimostra, il giorno successivo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocando il dio davanti alla folla riunita.
Sotto lo sguardo attonito dei presenti un fulmine squarcia il cielo e uno strano scudo, con degli incavi laterali, cade a terra inviato da Giove. Per confondere eventuali ladri ed evitare che la preziosa testimonianza divina venga trafugata, Numa incarica il fabbro Veturio Mamurio di eseguire undici copie identiche dello scudo. I Salii ne divengono i custodi, continuando nei secoli a portarle in processione.
E' curioso ricordare, a proposito dei fulmini, che non tutti i re di Roma godono della stessa benevolenza che Giove riserva a Numa Pompilio.
Tullo Ostilio, infatti, guerrafondaio tanto quanto il suo predecessore Numa è uomo di pace, pare abbia irritato Giove con le sue frequenti scaramucce al punto da attirarsi le ire del dio sotto forma di una grandinata di pietre e di una pestilenza. Per scongiurare il pericolo dei fulmini Tullo avrebbe anche cercato di ripetere in segreto i rituali conosciuti da Numa. Qualcosa però deve essergli andata storta, perché la leggenda narra che Giove, evidentemente irritato, gli abbia risposto incenerendogli il palazzo reale proprio con un fulmine.

Avanzi del Tempio di Marte Luigi Rossini (1790-1857)

"Avanzi del Tempio di Marte" Luigi Rossini (1790-1857)


Festa di Anna Perenna

Un altro mito, dalla duplice versione, è ricordato il 15 di marzo, giorno delle idi, con la festa di Anna Perenna.
Personaggio strano e dalle origini incerte, Anna è spesso rappresentata come una donna anziana e si ritiene che rappresenti per i romani la personificazione del ciclo dell'anno, anche se Ovidio ci fornisce ben due diverse versioni sulla sua vera identità. Secondo la prima, la donna sarebbe niente di meno che la sorella di Didone, la sfortunata amante di Enea. Fuggita da Cartagine durante una invasione della città, Anna sarebbe approdata nel Lazio e accolta da Enea. L'ospitalità del re nel suo palazzo è però di breve durata, perché la presenza di Anna suscita immediatamente la gelosia di Lavinia che medita di uccidere la sua presunta rivale. Intuendo il pericolo Anna fugge dal palazzo gettandosi nelle acque del fiume Numicio, il cui dio decide di proteggerla trasformandola in una ninfa. Dal gorgoglio delle acque, coloro che la stanno cercando, odono allora scaturire una voce che allude a "onde perenni" (amne perenne) da cui il nome di Anna Perenna.
La seconda versione, invece, si rifà alla prima rivolta della plebe a Roma avvenuta nel 494 a.C. I rivoltosi, rifugiatisi sul Monte Sacro, sarebbero stati sfamati ogni giorno da una vecchia, Anna, poverissima ma non per questo non generosa, che ogni mattina distribuisce loro del pane impastato con le sue mani. E' solo grazie all'aiuto di Anna che il popolo riesce a resistere. I romani, grati, ricompensano in seguito la vecchia dedicandole una statua.

Civetta simbolo di Athena

Civetta simbolo di Athena

Qualunque sia la sua vera identità, Anna viene successivamente deificata rendendosi poi protagonista di un episodio piccante che ben si adatta al clima di generale gozzoviglia dei festeggiamenti in suo onore. Durante la festa, infatti, i romani banchettano all'aperto, ballano, cantano a squarciagola storielle oscene e si ubriacano senza remore, convinti di potersi allungare la vita di tanti anni quanti boccali di vino riusciranno ad ingurgitare.
L'episodio a "luci rosse" cui ci si riferisce è l'inganno perpetrato da Anna ai danni di Marte. Pare infatti che il dio, poco dopo l'ascesa di Anna al mondo degli immortali, le chieda di intercedere in suo favore nei confronti della incorruttibile Minerva (la greca Athena) della quale si è invaghito. Dopo lunghi patteggiamenti Anna fa credere a Marte di essere stato invitato in segreto dalla sua amata ad incontro galante. Marte si presenta nell'alcova e consuma ore di sfrenata passione con una compagna velata. E' solo quando ella si scopre il volto e lo beffeggia, che il povero Marte si rende conto che la donna altri non è se non la stessa Anna.

Festa di Cerere

Dal 12 al 19 aprile, mese in cui vengono onorate anche molte altre divinità agricole, si festeggia Cerere ricordando il mito greco di Persefone e Demetra.Il culto di Cerere ha origini antichissime. Inizialmente identificata come la dea delle Biade, è venerata dai Romani con particolare devozione e nelle feste più antiche (le Sementive e le Paganalia) è onorata insieme alla dea Tellus, che finisce poi per essere confusa con la stessa Cerere.
In un primo tempo, quando ancora gode di un'identità propria, Tellus è la rappresentazione della dea Terra e trova la sua omologa greca in Gea, la primigenia madre generata da Caos (lo spazio cosmico primordiale).

Statua di Cerere - Roma Galleria Borghese

Statua di Cerere
Roma Galleria Borghese

Vale certamente la pena, a questo punto, fare un passo indietro e ricordare lo splendido mito greco della Creazione dell'Universo, in cui la fantasia suggerisce all'uomo ciò che con la ragione non può comprendere. Gea partorisce Urano, il cielo, e da lui viene fecondata attraverso la pioggia. Dall'unione di Gea e Urano nascono i Ciclopi, gli Ectonchiri (i giganti con cinquanta teste e cento braccia) e i dodici Titani (alcuni maschi, altri femmine).
Tra questi ultimi c'è Oceano, il favoloso e immenso fiume che circonda la terra, dio di tutte le acque che procrea i fiumi insieme alla sorella Teti; Iperione, identificato con Elios e dio della luce; Ceo, che con Febe, altra Titanessa, genera Leto (la notte buia) e Asteria (la notte stellata); Crono, il tempo, il più giovane e ambizioso dei fratelli. Sarà Crono a detronizzare il padre Urano, tanto che quest'ultimo non avrà mai né culto né templi.

Rilievo dal Trono Ludovisi (V secolo a.C.): la nascita di Afrodite

Rilievo dal Trono Ludovisi (V secolo a.C.): la nascita di Afrodite

Crono, senza troppi scrupoli, toglie di mezzo il padre, lo evira e ne getta gli "attributi" nel mare. Dalle acque così fecondate nasce Afrodite (che i romani onoreranno come Venere), mentre dal suo sangue vengono generati altri essere mostruosi, come i Giganti, creature malvagie dalla enorme statura.

Rappresentazione della dea Tellus sul fronte orientale dell'Ara Pacis (pannello di sinistra) - Roma

Statua di Cerere
Rappresentazione della dea Tellus sul fronte orientale dell'Ara Pacis (pannello di sinistra) Roma

Detronizzato il padre, Crono si autonomina signore del mondo e procrea con la sorella Rea (nota anche come Cibele) vari figli tra cui Demetra, Ades, Era, Poseidone e Zeus. Memore di una profezia secondo la quale sarebbe stato spodestato da uno dei suoi stessi figli, Crono non esita ad inghiottirli tutti appena nati.
Cibele riesce però a salvare Zeus partorendolo di nascosto nell'isola di Creta. Presenta poi al marito una pietra avvolta in fasce da neonato al posto del figlio e Crono immediatamente la divora. A Creta, Zeus viene allevato da due ninfe, nutrito con il miele dell'ape Panacride e il latte della capra Amaltea.

La capra Amaltea che allatta Giove - particolare di altare P. Ennio

La capra Amaltea che allatta Giove
particolare di altare P. Ennio

Un giorno, battendo contro il tronco di un albero, Amaltea si spezza un corno. Una delle ninfe non esita ad raccoglierlo, lo adorna di fiori e lo riempie di frutti porgendolo in dono a Zeus. E' questa l'origine della "cornucopia", il corno dell'abbondanza che per i romani simboleggia la fecondità della terra e la prosperità. Una volta cresciuto, Zeus obbliga il padre a vomitare i fratelli, ancora vivi in quanto immortali.
Con il loro aiuto libera i Giganti e gli Ecatonchiri, da Crono gettati nelle profondità del Tartaro, oscura parte dell'Ade (l'inferno degli antichi) autogeneratasi da Caos e così profonda che secondo Esiodo "una incudine di bronzo lasciata cadere dalla terra impiegherebbe nove giorni e nove notti per arrivarvi". Grazie al sodalizio con Giganti e Ectonchiri, Zeus scaccia Crono e i Titani e diviene dio supremo dell'Olimpo. Sposa poi Metis, ma sapendola incinta e temendo di ricevere dai suoi figli lo stesso trattamento da lui riservato a Crono, la divora prima ancora che possa partorire. E' per questo che Athena, dea della sapienza, nasce dalla testa di Zeus.

Testa di Zeus

Testa di Zeus

Una volta assiso sul trono dell'Olimpo, Zeus non dimentica Amaltea, la sua capra nutrice, e la colloca nel cielo per l'eternità trasformandola nella costellazione del Capricorno. Ma torniamo a Cerere. Quando i culti greci si diffondo a Roma, la dea viene identificata dai Romani con Demetra, la signora del lago Averno situato in Campania nei pressi di Cuma, luogo dal particolare significato mitologico in quanto sede del famoso antro della Sibilla e tanto inaccessibile da essere chiamato dai greci Aornos (privo di uccelli). I Romani ne fanno proprio il relativo mito, in cui Persefone, la figlia che Demetra genera con Zeus, viene ribattezzata Proserpina.
Il mito di Persefone è talmente bello e commovente che, anche se universalmente noto, merita di essere ancora una volta raccontato.

la dea guerriera la dea guerriera

Due caratteristiche rappresentazioni di Athena. A sinistra la dea guerriera (alter ego di Marte). A destra in una riproduzione romana di un originale greco di Fidia (V sec.ac)

La graziosa e giovane Persefone viene adocchiata dal terrificante dio degli inferi Ades (suo zio, tra l'altro, in quanto fratello di Zeus), tanto ripugnante di aspetto da non riuscire a trovare moglie. Ades decide di averla come compagna, la rapisce e la costringe a dimorare con lui nel regno dei morti in compagnia di esseri non meno mostruosi che danno corpo a tutte le più intime e profonde paure degli antichi.
Negli inferi, infatti, Ades giudica le anime dei trapassati circondato dalle Arpie, i malvagi uccelli dal volto di donna che esprimono la loro malefica forza nella violenza delle tempeste. Accanto a lui ci sono anche le Chere, dee della Morte figlie della Notte, e le Erinni (le Furie dei Romani). Queste ultime sono nate come i Giganti dal sangue versato da Urano dopo essere stato evirato da Crono e hanno nomi inquietanti: Aletto (il Turbamento), Tesifone (la Vendicatrice), Megera (l'Odio), Adrastia (il Rimorso e il Castigo Divino). Le Erinni, vestite perennemente di grigio, lasciano una volta al mese gli inferi mostrando ai mortali il loro terrificante aspetto per la presenza di serpenti al posto dei capelli e per la loro pelle completamente nera.
Ululando come cani e muggendo come buoi, le Erinni raggiungono la superficie per punire i colpevoli di spergiuro e gli assassini, in particolare se questi si sono macchiati del sangue di un congiunto o di un amico. La loro malvagità è proverbiale anche se gli antichi non esitano a sperare di poterle placare con il pentimento dei colpevoli tanto che, a volte, esse sanno mostrarsi caritatevoli e amiche meritando l'appellativo di Eumenidi (benevole).

Anfora con rappresentazione di Ercole che cattura Cerbero.

Anfora con rappresentazione di Ercole che cattura Cerbero.

Con Ades vive anche il cane Cerbero, a guardia della porta degli inferi per impedire qualsiasi contatto con il mondo dei vivi, mostro dalla coda di serpente e dalle innumerevoli teste di leone (cento, cinquanta, almeno tre a seconda delle fonti). Infine, nel regno di Ades, dimorano le Moirai (identificate dai romani nelle Parche e da loro chiamate Nona, Decima e Morta), presenze non meno inquietanti.
Come le Erinni, anche le Moirai possono a volte mostrare un aspetto benevolo, come nel mito di Orfeo che aiutano a riportare Euridice nel mondo dei vivi.
Sapendo la figlia prigioniera di un mondo privo di luce e popolato da simili, terrificanti esseri, Demetra è in preda alla disperazione. Zeus si lascia intenerire dai suoi pianti e intercede presso il fratello Ades convincendolo a lasciar tornare Persefone dalla madre almeno per quattro mesi all'anno. La gioia di Demetra è tale che, per accogliere degnamente la figlia, abbellisce la Terra con i fiori, i frutti e il calore della primavera e dell'estate. Ma quattro mesi trascorrono in fretta e ben presto Persefone deve ritornare negli inferi dove dovrà trattenersi per gli altri otto mesi. Demetra, allora, addolorata per il nuovo distacco, abbandona la terra alla malinconia dell'autunno e al gelo dell'inverno, per poi farla risorgere a nuova vita solo quando la figlia potrà ritornare.

Ratto di persefone

Ratto di Persefone

La festa di Cerere ricorda il mito con dei banchetti nei quali i romani si scambiano frutti e legumi e i riti religiosi vengono officiati esclusivamente da donne vestite di bianco. Mentre le altre pregano e digiunano, una di loro si nasconde e ricompare solo dopo che è stato compiuto il sacrificio di una scrofa gravida. In epoca più tarda so aggiungono ai festeggiamenti anche giochi, come corse di cavalli e bighe, da tenersi però nei sette giorni precedenti alla festa vera e propria.

Culto di Dia

Al culto di Cerere viene anche ricondotto quello di Dia, antichissima dea latina che con Cerere viene confusa in epoca tarda. Il culto di Dia era officiato dagli Arvali, i dodici sacerdoti ad essa consacrati e le origini del loro collegio sono altrettanto antiche. Secondo la tradizione, infatti, i primi Arvali altri non sono che i dodici figli di Faustolo e Acca Larenza, i genitori adottivi di Romolo e Remo. Acca e i suoi figli avevano l'abitudine di garantirsi la fertilità dei campi compiendo ogni anno dei riti propiziatori. La consuetudine viene mantenuta dagli Arvali, che a maggio benedicono un pane adorno di alloro, si passano ritualmente delle spighe di grano tra le mani, cantano carmi (uno di questi, il Carmen Arvalis è giunto fino a noi), ballano e organizzano giochi e banchetti. Gli Arvali erano soliti portare sul capo delle fasce bianche e un serto di spighe di grano in onore della dea.

218 d.C.: iscrizione con atti dei sacerdoti Arvali

218 d.C.: iscrizione con atti dei sacerdoti Arvali

Il culto di Dia prevedeva anche una festa non di carattere pubblico, detta Ambarvalia e sempre celebrata in maggio, in cui si provvedeva a purificare i campi con il sacrificio di un maialino da latte, un vitello e un agnello. Gli animali venivano accompagnati al luogo del sacrificio in una processione, nella quale i partecipanti, che dovevano essersi astenuti dai rapporti sessuali la notte precedente ed essersi purificati le mani con l'acqua, erano tutti vestiti di bianco e avevano il capo cinto con fronde di ulivo e quercia.

Festa di Libero

Se Demetra viene identificata con Cerere, in epoca tarda sua figlia Persefone prende per i romani il posto di Libera, antica divinità italica preposta alla fecondazione dei terreni insieme a Libero (a sua volta successivamente identificato con Dioniso). La festa di Libero viene festeggiata il 17 marzo ed è principalmente una festa propiziatoria nella quale si offrono al dio delle focacce di olio e miele. Tuttavia non va dimenticato che i suoi festeggiamenti rivestono per i romani anche una notevole importanza sociale. E' in questa occasione, infatti, che i ragazzini maschi vengono accolti nel mondo degli adulti e i loro nomi iscritti nei pubblici registri. Il passaggio è sancito dall'abbandono della toga tipicamente infantile, bordata di rosso, e della "bulla", un amuleto che tutti i bambini romani maschi portavano al collo dal giorno della nascita come protezione da ogni possibile maleficio.

disegno di una bulla

disegno di una bulla

Feste Fordicidia

Ad un altro racconto leggendario legato a Numa Pompilio e quindi ancora ai primi passi di Roma, si devono le feste Fordicidia del 15 di aprile.
Si narra che il re avesse interpellato gli dei chiedendo loro aiuto per via di un maleficio che stava distruggendo i raccolti e facendo abortire tutte le vacche. Come sempre gli dei rispondono a Numa in modo sibillino dicendogli di sacrificare alla Terra due animali ma di ucciderne uno solo. Numa risolve l'enigma sacrificando una vacca incinta, da cui il nome Fordicidia che significa "uccisione delle fordae". Il rito viene perpetrato nel tempo e durante la festa, dopo l'uccisione della vacca incinta, il vitellino sacrificato prima ancora della nascita viene estratto dal cadavere della madre perché ne possano essere esaminate le viscere dalle quale gli auguri traggono i loro auspici.

Modellino in bronzo di fegato ovino per aruspici

Modellino in bronzo di fegato ovino per aruspici

Dopo essere state interpretate, le viscere vengono bruciate e le loro ceneri conservate fino alle feste di Pales, dea della pastorizia la cui ricorrenza cade il 21 aprile, lo stesso giorno dell'anniversario della fondazione di Roma.

Feste di Pales

Nei riti in onore di Pales ci si dedica alla purificazione, estesa anche al bestiame. Le Vestali fanno ardere le ceneri delle viscere del vitellino sacrificato durante le Fordicidia mescolate a sangue di cavallo e a steli di fave, ottenendo un impasto che consegnano ai contadini. Dopo aver gettato l'impasto sacro in un fuoco, i contadini saltano le fiamme per tre volte di seguito, purificandosi nel contempo con dell'acqua che si spruzzano addosso con dei rami di alloro. Anche le stalle vengono purificate e le stesse pecore salvate da qualsiasi contaminazione con i fumi della combustione di zolfo, legna resinosa e rami di alloro.

Feste Vestalia

Il culto della dea Vesta viene anch'esso fatto risalire a Numa Pompilio, anche se in realtà la dea è già venerata in tempi ancora più antichi. Vesta rappresenta il focolare domestico e la pace familiare. Le sue sacerdotesse, le sei Vestali, sono considerate le figlie sacre di Enea. Nel tempio di Vesta di Lanuvio, nei pressi di Roma, l'eroe avrebbe infatti portato i Penati di Troia perché vi fossero custoditi. (I Penati erano numi tutelari della famiglia, anche se probabilmente in origine erano le divinità degli alimenti perché quasi certamente il loro nome deriva dal termine latino "penus" che significa "vivande, cibo, provviste").

Particolare di rilievo con sacrificio alla dea Vesta proveniente da Roma

Particolare di rilievo con sacrificio alla dea Vesta proveniente da Roma

In onore di Vesta viene costruito un tempio vicino ai palazzi dei Cesari, nel Foro, dalla particolare a forma circolare in ricordo delle antiche capanne.
Le feste Vestalia si celebrano dal 9 al 15 giugno. In questo periodo il tempio viene aperto al pubblico e le Vestali preparano la "mola salsa", la pasta salata utilizzata in tutti i sacrifici dal cui nome deriva il nostro termine "immolare" col significato di "sacrificare". Ingrediente principale della "mola salsa" è il farro, il cereale che per molto tempo rimane alla base dall'alimentazione, anche se successivamente viene ampiamente sostituito dal frumento. La "mola salsa" viene conservata dalle Vestali in recipienti dalla base molto stretta in modo che il sacro impasto non possa venire nemmeno indirettamente a contatto con il terreno e quindi contaminato.

Enea, con il capo velato e l'hasta regale nella mano sinistra, sacrifica la scrofa in onore degli dei Penati, il cui tempio rettangolare si nota in alto a sinistra.Pannello situato sul lato principale dell'Ara Pacis a Roma

Enea, con il capo velato e l'hasta regale nella mano sinistra, sacrifica la scrofa in onore degli dei Penati, il cui tempio rettangolare si nota in alto a sinistra.
Pannello situato sul lato principale dell'Ara Pacis a Roma

L'importanza rituale del farro è tale che a febbraio si celebra anche una antichissima festa di carattere propiziatorio per la vita rurale, cosiddetta Fornacalia, dai "forni" usati per la tostatura del farro.

rovine del tempio di Vesta

rovine del tempio di Vesta

ricostruzione grafica del tempio di Vesta

Ricostruzione grafica del tempio di Vesta

Ludi Apollinares

Le feste in onore di Apollo, festeggiato in luglio, vengono invece istituite dopo la consultazione dei Libri Sibillini durante la guerra contro Annibale. Gli stessi Libri Sibillini ("seconda edizione"), sono custoditi nel tempio di Apollo sul Palatino. Il culto del dio approda a Roma intorno al 500 a.C. dalla Grecia, dove Apollo è dio più importante dopo Zeus. Secondo il mito Apollo è figlio dello stesso Zeus e della sua sposa Leto (Latona per i Romani), a sua volta figlia di due Titani e perseguitata poi da Era, la successiva compagna di Zeus.

Statua di Apollo Citaredo - da Napoli Muse Archeologico Nazionale - Collezione Farnese

Statua di Apollo Citaredo
Napoli Museo
Archeologico Nazionale
Collezione Farnese

Bellissimo, solare, dotato dei massimi poteri di vaticinio (il famosissimo oracolo di Delfi, la sacerdotessa Pitia e la sibilla di Cuma parlano per sua ispirazione), dio della medicina e delle arti, consigliere delle Muse, vendicatore di tutto ciò che porta morte, dolore, distruzione, malattia, Apollo vive mille amori e genera molti figli.
I Ludi Apollinares vengono celebrati a Roma nel Circo Massimo. Durante le cerimonie vengono offerti al dio e a sua madre due pecore, un bue e una vacca con le corna dipinte d'oro.
Avendo citato i Libri Sibillini, corre l'obbligo di raccontare della loro origine. Narra Dionigi di Alicarnasso che la raccolta dei testi profetici, scritti in greco, compare a Roma ai tempi di Tarquinio il Superbo. Una misteriosa vecchia si presenta un giorno al cospetto del re offrendogli di comperare l'intera raccolta. Il re rifiuta sdegnosamente e la vecchia comincia a bruciare i libri uno alla volta, continuando ad offrire al re i rimanenti, sempre allo stesso prezzo. Impressionato, il re decide di comperare gli ultimi libri rimasti prima che vengano interamente bruciati, pagando l'intero prezzo.

Statua di Apollo - Museo Arc.Naz.Napoli

Statua di Apollo
Museo Arc.Naz.Napoli

La vecchia, così come è comparsa, misteriosamente scompare lasciando a Tarquinio la raccolta, seppur incompleta, della più accreditata fonte di vaticini e profezie dell'antichità. Analoga l'origine dei libri secondo Lattanzia, a detta del quale, però, il re in questione sarebbe stato Tarquinio Prisco e la vecchia addirittura la Sibilla di Cuma.
I libri Sibillini vengono inizialmente custoditi gelosamente dai romani nei sotterranei del tempio di Giove Capitolino. Vengono consultati ogniqualvolta debbano essere prese importanti decisioni che riguardano l'intera collettività o si siano verificati particolari "segni" divini da interpretare.
Nel luglio dell'anno 83 a.C. i libri vanno in parte distrutti nell'incendio che rade al suolo il tempio di Giove e la gravità del fatto impone che vengano al più presto reintegrati. Consultando tutte le più rinomate sibille del tempo, viene ricostituita una nuova collezione di libri profetici che Augusto fa trasferire nel tempio di Apollo dove vengono conservati nascosti sotto la statua del dio. Sarà Stilicone, nel 400 d.C., a decretarne la definitiva scomparsa ordinando che vengano dati alle fiamme.

tempio di Apollo a Cuma

Tempi di Apollo a Cuma


Ludi Megalensi

Celebrati in aprile, i Ludi Megalensi sono i festeggiamenti della dea Cibele, simbolo di fecondità e conosciuta anche come la Grande Madre (ha infatti generato Zeus). Il culto di Cibele è di origini orientali ed ha forti caratteri orgiastici. Si ritiene che Pessinunte, in Asia Minore, sia la principale città di provenienza del culto da dove si è poi diffuso in Grecia, nell'isola di Creta e infine a Roma. La dea è "importata" nell'Urbe nel 204 a. C. su preciso intento del Senato che, facendo probabilmente confezionare "ad hoc" un oracolo sibillino, autorizza il trasferimento a Roma del culto di Cibele e della "pietra nera" (probabilmente un meteorite) che la rappresenta e che è stata fino a quel momento custodita a Pergamo. La decisione ha chiari intenti politici. In questo periodo i Romani stanno vivendo momenti di profonda tensione per le vittorie di Annibale in Italia e cercano sempre più spesso conforto spirituale nelle superstizioni orientali, cosa che impone al Senato di vigilare direttamente. In più, si rende necessaria una alleanza politica con il re di Pergamo. Nulla di meglio, quindi, che intessere un vincolo religioso che da Pergamo si snodi fino a Roma.
L'arrivo della statua di Cibele a Roma è legata ad un fatto miracoloso e leggendario. Si narra infatti che la nave sulla quale era stata caricata la statua della dea si sia arenata nel Tevere, tra lo sconforto e la preoccupazione della folla che si è riunita per assistere all'evento. Inutilmente numerose e forti braccia cercano di trascinare l'imbarcazione con delle funi lungo il corso del fiume. La nave sembra incollata all'alveo e non si sposta di un centimetro.
Avanza allora verso la riva Claudia Quinta, una giovane considerata poco virtuosa e oggetto di feroci malelingue. La ragazza invoca la dea, chiedendole di punire la sua eventuale colpa nel sangue o di dimostrare la sua purezza seguendola. Claudia afferra le funi che legano la nave e con la forza delle sue sole braccia riesce a trasportare l'imbarcazione fuori dalla secca nella quale si è incagliata.

Quinta Claudia disincaglia la nave che trasporta la statua di Cibele Il Garofalo (1481-1559) -Galleria Naz.Palazzo Barberini - Roma

Quinta Claudia disincaglia la nave
che trasporta la statua di Cibele
Il Garofalo (1481-1559)
Galleria Naz.Palazzo Barberini - Roma

I sacerdoti di Cibele vengono denominati "Galli" e l'etimologia della parola è piuttosto incerta. Secondo alcune fonti essi prenderebbero il nome da un fiume omonimo le cui acque, purché bevute in quantità modica, avrebbero il potere di guarire qualsiasi malattia facendola espellere dal corpo attraverso il cervello. Se assunte in eccesso, le stesse miracolose acque porterebbero alla follia. La punizione per i sacerdoti che si fossero abbandonati a troppo abbondati "bevute" sarebbe stata l'evirazione. Pare che proprio per questo motivo il popolo dei Galli avrebbe assunto questo nome, cercando di ricordare ai Romani conquistatori che avevano a che fare con gente capace di trasformarsi in "castratori" di uomini. Secondo altre interpretazioni, invece, il nome di Galli attribuito ai sacerdoti avrebbe avuto unicamente il significato di "barbari" e quindi di stranieri. Questo appare plausibile, poiché i sacerdoti di Cibele potevano essere solo di origine orientale. Il rito dell'evirazione, che in ogni caso praticano, acque sacre o meno di mezzo, è infatti rigorosamente proibito ai cittadini romani e il Senato vigila rigorosamente sui culti officiati in onore della dea, possibili solo all'interno del tempio. Soltanto in occasione delle Lavatio, che si svolgono una volta all'anno entro il 4 aprile, viene effettuata una processione pubblica durante la quale i sacerdoti di Cibele portano la statua della dea, con incastonata la pietra sacra, dal tempio fino all'Almo, un affluente del Tevere. Qui la dea viene purificata con l'immersione della statua e degli arredi sacri nelle acque del fiume. Dal 4 al 10 di aprile si svolgono poi i Ludi Megalensi, in cui si festeggia con spettacoli teatrali e banchetti.
Cibele è rappresentata come una matrona dalla testa cinta di torri (le città esistenti sulla terra)e circondata da leoni (simbolo dell'idea che la cultura può sottomettere le popolazioni ribelli). Il suo simbolo è il timpano, che rappresenta la sfera del mondo.

Testa turrita di Cibele, moneta di Smirne 190-133 a.C.

Testa turrita di Cibele
moneta di Smirne 190-133 a.C.

Le Attideia

Strettamente legato a Cibele è il culto di Attis, altro personaggio della mitologia greca.
Attis è un pastore di splendido aspetto che si innamora di Cibele (per qualcuno lo stesso figlio della dea). In nome del suo amore per Cibele, Attis fa voto di castità eterna. Viene però meno alla promessa abbandonandosi ad un amore carnale con Sengaride, la figlia del re di Pergamo. Reso pazzo dalla dea per aver mancato alla parola data, si apparta sotto un pino e si evira. Attis rappresenta lo splendore della natura che dopo i mesi estivi cade nella morte solo apparente dell'inverno. Secondo la leggenda, infatti, il mignolo del dio morto continua a muoversi simboleggiando probabilmente il suo membro e i suoi capelli continuano a crescere senza sosta rappresentando la natura che risorge al ritorno della primavera. E' ovviamente in ricordo del sacrificio di Attis che i sacerdoti di Cibele praticano su di sé la volontaria evirazione, come voto di fedeltà assoluta. Le Attideia celebrano la passione di Attis e hanno inizio il 15 marzo con una processione in cui i membri della confraternita dei Cannofori (la cui prima documentazione risale ai tempi di Marco Aurelio, anche se probabilmente il rito è più antico) si recano sulle rive del fiume in cerca di canne da portare nel tempio sul Palatino. E' infatti tra le canne, in riva al fiume, che Attis, secondo la leggenda, ha consumato i suoi colpevoli incontri amorosi.

Statua di Attis

Statua di Attis

I nove giorni successivi alla cerimonia sono di rigorosa penitenza ed è obbligatorio astenersi da qualsiasi attività sessuale così come è proibito cibarsi di melograne, mele cotogne, pesce, carne di maiale, vino, grano e pane.
Il 22 marzo le cerimonie proseguono con "l'Arbor intrat", cioè l'ingresso del pino tagliato nel bosco sacro a Cibele. La pianta, che ricorda il luogo dove Attis si è evirato, è avvolto da bende e inghirlandato da violette, i fiori nati dal sangue di Attis. In questa occasione i sacerdoti di Cibele si abbandonano a urla di cordoglio accompagnati dal suono di flauti ricurvi. I fedeli si battono il petto con le mani o con delle pigne fino a farsi sgorgare il sangue.
Il 24 marzo, ormai sovreccitati per le lamentazioni e la penitenza, sacerdoti e fedeli di Cibele si abbandonano a danze frenetiche per celebrare la deposizione di Attis nella tomba. E' il cosiddetto "Giorno del sangue". I partecipanti si flagellano il corpo e si martoriano con dei coltelli fino a imbrattare il pino e l'altare del proprio sangue. Qualcuno, nell'esaltazione collettiva, arriva a evirarsi con schegge di selce o di coccio.
Tra il 24 e il 25 marzo si veglia in preghiera, attendendo l'alba e la resurrezione di Attis celebrata con una esplosione carnevalesca di gioia.
La Lavatio che prelude ai Ludi Megalensi segue queste celebrazioni dopo un adeguato riposo (requetio).

tempio di Atssi - Ostia, Roma

Tempio di Attis, Ostia, Roma

Taurobolium (o Criobolium)

La descrizione di questo truculento rito ci è giunta, ricca di particolari, attraverso gli scritti del poeta Prudenzio. Poiché, come abbiamo detto, era fatto divieto ai romani di castrarsi, il taurobolium sostituisce la pratica dell'evirazione nella consacrazione a Cibele, consentendo di offrire ugualmente alla dea degli organi genitali.
Colui che deve essere "iniziato" viene fatto scendere in una fossa coperta da una grata (secondo Prudenzio si tratta principalmente del Sommo Sacerdote di Cibele, l'Archigallo, dato che per una disposizione emanata dall'imperatore Claudio questi può essere solo un cittadino romano a differenza di quanto avveniva precedentemente). Sulla grata viene poi immobilizzato un toro incoronato di fiori, strettamente legato con delle funi. L'animale viene ucciso con un coltello ricurvo (harpe), spesso rappresentato simbolicamente sugli altari di Cibele, che gli squarta un fianco fino ai genitali. Il sangue che sgorga scende attraverso la grata a bagnare colui che sta sotto, purificandolo in un rituale di morte che gli consentirà di risorgere a nuova vita per un periodo di vent'anni, trascorsi i quali il sacrificio dovrà essere nuovamente compiuto. A partire dal IV secolo i fedeli di Cibele considerano però eterna la purificazione così ottenuta, evitando di ripetere il bagno di sangue. Nel caso in cui al posto del toro fosse sacrificato un ariete, il rito viene detto Criobolium. L'ariete poteva essere immolato in caso di ristrettezze economiche, perché un toro era decisamente più costoso, ma si ha notizia di riti in cui sono stati sacrificati entrambi gli animali (probabilmente era necessaria una doppia benedizione!).
I taurobolium potevano essere compiuti, oltre che per la consacrazione dei sacerdoti anche per la salvezza individuale degli iniziati (una sorta del battesimo cristiano, anche se i cristiani antichi inorridivano di fronte a queste pratiche e sdegnavano di vedere paragonati i festeggiamenti per la risurrezione di Attis alla loro Pasqua). La benedizione ottenuta con il battesimo di sangue poteva anche essere "reversibile" nei confronti dell'Imperatore e dell'intera città, tanto che un'epigrafe ricorda un taurobolium effettuato in favore di Antonino Pio nel 160 d.C.

Le feste dedicate ai morti

In febbraio, dal 13 al 21, si svolgono le cosiddette Parentalia. Nei giorni immediatamente successivi si celebrano invece le feste dei Cara Cognatio (o Caristia). Le Parentalia si ritengono essere state istituite dallo stesso Enea e vedono protagoniste le Vestali, sue figlie sacre, le quali provvedono a offrire sacrifici in nome di tutta la comunità. In questi giorni i templi vengono chiusi, spenti i fuochi sacri, non si possono celebrare matrimoni e tutti devono dedicarsi, anche se ricoprono cariche pubbliche, al culto dei propri morti. Ai defunti vengono offerte delle ciotole lasciate ai bordi delle strade riempite con cereali (soprattutto farro), sale, pane bagnato nel vino e fiori di viola.
In questo periodo vengono onorati anche i Lari, inizialmente identificati con le anime dei defunti, protettrici della loro casa natale e della terra e successivamente considerate come vere e proprie divinità del focolare domestico.

Statuetta di Lare da Pompei

Statuetta di Lare da Pompei

Ovidio ci racconta i riti compiuti a questo proposito da una vecchia (Fasti 2, 571-616), che lascia dell'incenso sotto la soglia di casa, lega dei fili di piombo nero, tiene in bocca sette fave nere, cuoce la testa di un pesce dopo averla trafitta e impeciata e beve vino fino ad ubriacarsi per poi pronunciare la frase magica "Abbiamo legato le lingue ostili e le bocche nemiche". In queste pratiche si ritrova un'antica leggenda legata a Lara, una delle Naiadi figlia del fiume Almone. Pare infatti che la ninfa avesse la lingua lunga e l'abitudine di spettegolare, tanto che avrebbe rivelato l'amore di Giove con Giuturna, altra ninfa figlia di Dauno e sorella di Turno. Va ricordato che quest'ultimo è il re dei Rutuli ed è rivale in amore di Enea per la mano di Lavinia, causa, questa, di una guerra che porta alla morte di Turno per mano dello stesso Enea. Ma tornando a Lara, Giove, irato per le sue dicerie, le taglia la lingua e fa portare la ninfa negli inferi da Mercurio. Durante il viaggio il dio non esita a prendersi qualche libertà e Lara partorisce i Lari.
Le fave nere compaiono anche in un altro rituale privato dedicato ai defunti e attuato nel mese di maggio. Il pater familias, sacerdote all'interno della propria casa per quanto riguarda i riti familiari, si alza nel cuore della notte il 9, 11 e 13 di maggio, date dedicate alle feste Lemuria.

Vaso con rappresentazione di Enea e Turno

Vaso con rappresentazione di Enea e Turno

I Lemures erano gli spettri maligni di coloro che , morti prematuramente, vagavano tra i vivi e dovevano essere placati perché non avessero la tentazione di vendicarsi. Pur di renderli innocui, il pater familias si aggira a piedi nudi per la casa buttandosi alle spalle manciate di fave nere, scongiurando per nove volte i lemures di andarsene e battendo rumorosamente contro dei recipienti di bronzo.
Anche con le Caristia, le altre festività del ciclo di febbraio, si venerano i Lari depositando delle offerte sui loro altari domestici, ma ci si preoccupa soprattutto della riconciliazione dei vivi, dimenticando fra banchetti e festeggiamenti i possibili disaccordi tra parenti e riunendo tutta la famiglia.

Saturnalia

Sono forse le più famose feste dell'antichità. Celebrate dal 17 al 23 dicembre di ogni anno sanciscono la fine dell'anno agricolo e sono dedicate a Saturno, antichissima divinità agricola dell'Italia Centrale, identificata con Crono dopo la diffusione dei culti greci a Roma. La sovrapposizione delle due divinità è forse stata facilitata dalla loro iconografia, simile perché entrambe rappresentate con una falce.
Racconta il mito che Saturno/Crono, dopo essere stato cacciato dall'Olimpo, trova la sua dimora sul Campidoglio, dove venne edificato il suo tempio più famoso. Poiché il dio non avrebbe potuto lasciare chi lo aveva accolto, nel tempio era custodita una sua statua legata con delle catene, che venivano sciolte solo in occasione dei Saturnalia.
Poiché, secondo la leggenda, Saturno è anche il dio che regnava nella cosiddetta "età dell'oro" durante la quale gli uomini potevano vivere semplicemente raccogliendo i frutti che la terra spontaneamente donava loro, le feste di Saturno sono celebrate all'insegna dell'ozio e, tranne per il primo giorno dedicato alle celebrazioni religiose, si respira un clima di assoluta libertà e vacanza, con banchetti, possibilità di giocare d'azzardo e scambio di doni.

Sarcofago con rilievo raffigurante Saturno incatenato, Museo di Villa Adriana - Tivoli

Sarcofago con rilievo raffigurante Saturno incatenato
Museo di Villa Adriana - Tivoli

In questo periodo vengono anche sovvertiti i normali ordini sociali. Gli schiavi possono indossare gli abiti degli uomini liberi e siedono alla stessa tavola dei loro padroni, che, per l'occasione, indossano il tipico cappellino portato dagli schiavi affrancati e servono le pietanze.

La Triade Capitolina

Sono Giove, Giunone e Minerva a costituire la cosiddetta Triade Capitolina, definizione che non è antica perché si ritrova nei testi solo a partire dal XIX secolo.
Il culto della triade è prettamente romano e ha origini incerte. Servio Danielino, filologo latino vissuto tra il IV e il V secolo d.C., sembra darne origini etrusche, ma a tutt'oggi non esiste alcun ritrovamento archeologico a supporto della tesi che fosse venerata anche in epoca pre-romana.
E' indubbio, comunque, che la diffusione del culto della Triade sia stata supportata dalla precisa volontà politica di definire un gruppo di divinità "superiori", tali da identificare la grandezza di Roma anche da un punto di vista religioso. Templi dedicati alle tre divinità vengono infatti costruiti anche in molte colonie.
Il culto, comunque, deriva certamente da quello di Giove Capitolino con gli epiteti di Optimus e Maximus per differenziarlo da qualsiasi altro Giove diversamente definito e venerato dalle comunità latine limitrofe.
Successivamente vengono aggiunte al culto anche Giunone Regina ("ad essa appartengono tutti i luoghi della terra", come riferisce Varrone) e Minerva protettrice delle arti, alla quale, in alcune zone e a partire dal II secolo d.C., viene dato l'epiteto di Augusta.
Il culto della Triade è strettamente legato al suo tempio, edificato sul Campidoglio e fornito di tre celle parallele nelle quale vengono poste le statue delle tre divinità: Giove al centro, seduto in trono e con i fulmini nella mano, Giunone alla sua sinistra e Minerva a destra.
L'importanza del tempio è dimostrata dalle stesse fonti che riportano la cronaca dell'invasione di Roma da parte dei Galli nel 390 a.C. Pare infatti che in quell'occasione il Campidoglio e il tempio siano stati risparmiati dai nemici, a riprova della potenza di Giove Capitolino. Il Senato, una volta sconfitti i Galli, istituisce perciò i ludi Capitolini.

la triade capitolina

La Triade Capitolina

I festeggiamenti di Giove Capitolino (denominati anche ludi Romani o Magni) si svolgono ogni anno in settembre per 16 giorni, con magnifiche parate militari, cortei variopinti di danzatori, musicisti, atleti e inservienti dei templi che portano vasi d'oro e d'argento colmi di incenso e profumi. Anche le statue di tutti gli dei vengono fatte sfilare per le vie della città. Al temine delle parate vengono sacrificate solennemente molte vittime, dopo essere state purificate con acqua e interamente cosparse di mola salsa. Nel circo Massimo, per tutta la durata dei ludi, si svolgono giochi ed esibizioni di acrobati.
Alle idi di settembre viene anche offerto un particolare banchetto in onore alla Triade, al quale partecipano i sacerdoti e le stesse statue degli dei, Minerva e Giunone sedute e Giove sdraiato sul triclinio.
Il culto della triade non era tuttavia esclusivamente pubblico.
Il ritrovamento della Triade di Guidonia e di altri bronzetti nella casa degli Amorini dorati di Pompei ha dimostrato come esistesse anche un culto privato e famigliare particolarmente sentito.
La Triade ritrovata a Guidonia nel 1994 (vedi foto) è sicuramente di elevatissimo interesse archeologico in quanto, allo stato attuale, è l'unico esemplare rinvenuto praticamente intero in cui le tre divinità siedono insieme e non su troni separati. Giove si identifica al centro, con il fascio di fulmini ben evidenti nella mano destra. Alla sua sinistra è rappresentata Giunone, con in testa un diadema e un velo e lo scettro nella mano sinistra. A destra è invece posta Minerva nell'atto di reggere probabilmente l'elmo (braccio destro mancante). Ai piedi delle tre divinità sono anche riconoscibili i tre animali sacri: l'aquila, il pavone e la civetta.

BIBLIOGRAFIA


- Giuseppina Sechi Mestica - Dizionario universale di mitologia - Rusconi 1990
- Jane F. Gardener - Miti romani - Oscar Mondadori - 1997
- Henri-Charles Puech - Storia delle religioni - tomo secondo ( "La religione romana" a cura di Raymond Bloch e "Le religioni orientali nell'impero romano" a cura di Robert Turcan)- Laterza 1976
- Autori Vari - Vita quotidiana nell'Italia antica - vol. I e II - Mondadori 1993
- Alessandra Tommasi Aliotti - Dizionario della Mitologia Romana ed Etrusca - L'airone Editrice - 1995
- Alan Buoquet - Breve storia delle religioni - Mondadori 1987
- Autori Vari - Roma, Romolo, Remo e la fondazione della città - Electa 2000
- Autori Vari - Storia civiltà e vita ai tempi di Roma antica - De Agostini 2000


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