La
chiesa di San Paolo di Milis è uno dei più interessanti esempi di
architettura romanica nell’isola.
Situata
a poche centinaia di metri dall’abitato di essa è ben visibile, dalla
strada, la facciata. Il resto del corpo di fabbrica è, infatti, compreso
nel cimitero del paese..
Il
San Paolo fu in epoca medievale di competenza di monaci toscani: i
Camaldolesi dell’Opera di San Zeno di Pisa, che avevano una sede a
Bonarcado.
Non
si hanno fonti documentarie che ne attestino con certezza l’origine ma
alcune similitudini con la chiesa di Santa Giusta e la chiesa di San
Palmerio a Ghilarza consentono di ascrivere a quest’opera gli stessi
anni delle altre due citate: metà del XII – secondo quarto del XIII
sec.
Fatto
certo è che la chiesa è stata costruita in due periodi diversi. E questo
è chiaro già ad una prima occhiata: è immediato costatare, in più
parti del monumento, sia all’interno che all’esterno, la differenza
del paramento murario tra parte bassa e parte alta.
In
facciata in particolare si può notare, per la zona più bassa, da terra
fino a oltre un terzo di tutta l’altezza, l’esclusivo utilizzo di
arenaria del Sinis. Solo gli elementi strutturali quali il basamento e
l’architrave del portale spiccano su questa superficie chiara ed
omogenea.
Per
il resto dell’altezza, la facciata, presenta una scansione alterna di
filari di pietra chiari e scuri: arenaria e trachite.
La
zona inferiore della chiesa per il materiale utilizzato e per la presenza
di alcuni significativi particolari architettonici come l’architrave del
portale principale, triangolare e in trachite scura, rimandano
direttamente alla cattedrale di Santa Giusta. Ecco perché si ritiene che
ad iniziare i lavori del San Paolo siano state le stesse maestranze che
lavorarono a Santa Giusta. Questo, naturalmente, porta ad individuare, per
questa parte della chiesa, lo stesso periodo o un periodo di poco
successivo a quello dell’altra chiesa arborense la cui costruzione è
ascrivibile alla prima metà del XII sec.
I
caratteri peculiari della parte superiore della chiesa, soprattutto il
paramento bicromo della facciata sono invece riconducibili al San Palmerio
di Ghilarza databile con certezza negli anni trenta del XIII sec.
Certo
è difficile pensare che la chiesa, iniziata nella prima metà del XII
sec. sia rimasta incompiuta per cento anni. Si può ritenere che i lavori
di secondo cantiere siano stati lavori di rifacimento evidentemente resesi
necessari in seguito a crollo o a degrado.
Le
pareti esterne della chiesa, compresa la zona absidale, sono scandite da
archetti pensili di coronamento e da paraste (semipilastri sporgenti)
disposte a intervalli regolari.
Al
di là dei riferimenti che la chiesa ha con Santa Giusta e con San
Palmerio, i suoi caratteri stilistici trovano la loro primitiva origine
nella architettura romanica toscana. I filari bicromi, il portale con arco
di scarico dai conci a raggiera anch’essi bicromi, gli architravi
triangolari dell’ingresso principale ma anche degli altri tre ingressi
alla chiesa, il motivo dei rincassi romboidali, le cosiddette losanghe,
nella sommità delle due arcate laterali di facciata …Sono tutti
caratteri facilmente riscontrabili nella architettura medievale toscana.
La
chiesa presenta navata unica con abside di fondo e transetto
configurandosi secondo uno schema di pianta così detto a croce commissa
ossia il principio dell’abside è a filo con la parete del transetto.
La
navata è coperta da capriate lignee. Due robusti speroni monchi a mezza
altezza nelle pareti laterali al principio della zona presbiterale
denunciano una possibile, iniziale poi probabilmente abbandonata
intenzione di realizzare un’arcata di separazione tra la prima parte
della navata e il presbiterio.
I
due bracci del transetto sono coperti con volta a crociera. Il braccio di
sinistra è singolarmente raddoppiato con l’aggiunta di un corpo
anch’esso coperto a crociera, che rimane affiancato alla navata.
Due
singolarità di cui ancora non si è riusciti a dare risposta certa in
quanto a funzione e in quanto ai modelli di riferimento, sono presenti in
facciata. Una di queste singolarità è rappresentata dalle tre arcate
cieche che occupano tutta la superficie del prospetto. Un altro
quesito lo pongono le due mensole disposte a mezza altezza alle estremità
della facciata: che funzione avevano?
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