GODS OF METAL 2001
09/06/2001 - Palavobis - Milano (MI)

Per la terza volta in vita mia mi accingo a partecipare al Gods of Metal, motivato principalmente dalla presenza di gruppi titanici come Judas Priest, Motorhead e via discorrendo, quindi con delle aspettative innegabilmente alte. Partenza all’una di notte da Roma con il solito pullman-suicidio della Metal Massacre, arrivo al Palavobis (dopo una notte insonne) alle ore 10 circa, ossia quando 2 o 3 gruppi hanno già suonato (tra cui i CENTURION, un vero peccato perché li avevo già visti dal vivo ed essendomi piaciuti molto, avrei voluto apprezzarli anche nel ben più pomposo contesto del GOM). Lo scenario del Palavobis si presenta già infernale: non è ancora arrivata neanche la metà della gente e già bisogna districarsi tra code interminabili e resse umane per scendere dagli spalti nell’area centrale... nonostante la temperatura esterna non sia delle più impietose, all’interno del pallone ci saranno 400° con una percentuale di umidità del 200% e praticamente si suda anche a stare seduti. 

Appena mi risveglio dallo stato comatoso indotto dall’infernale notte in pullman mi accorgo che su uno dei due palchi (questa la particolarità dell’edizione 2001 del Gods of Metal) un simpatico gruppo hard rock di cui non ricordo il nome sta riscaldando il pubblico... ok, gruppo carino, poi a me l’hard rock piace... ma che diavolo ci fa un gruppo del genere ad un festival metal? Vabbè, comunque hanno fatto la cover di “Highway to Hell” quindi sono dei bravi ragazzi e meritano il mio rispetto, eheh! ;)

Alla fine della loro esibizione ci si gira tutti verso l’altro palco per seguire la performance dei SECRET SPHERE... tutti tranne me, che ho preferito uscire dal malefico capannone a prendere una boccata d’aria, tentando di tenere in serbo le energie per i gruppi di maggior richiamo. Un po’ mi è dispiaciuto a dire la verità, perché in questi ultimi tempi avevo sentito parlare bene dei SECRET SPHERE e del loro nuovo disco... ma sarà per la prossima volta.

Dopo i SECRET SPHERE tocca ai BEHOLDER, giovanissimo gruppo italiano fresco di contratto e di disco. Avevo già recensito negativamente il loro debut, ma avevo anche sentito dire che la vera forza di questi ragazzi erano gli show dal vivo. Purtroppo queste voci sono state smentite e i BEHOLDER si sono confermati un mediocre gruppo power che-barba-che-noia... ci hanno anche provato a coinvolgere il pubblico, sicuramente sono dei bravi e simpatici ragazzi, ma proprio non mi piacciono, sorry!

A questo punto salgono sul palco gli ELDRITCH, autori di una performance piuttosto scialba. I ragazzi ci sanno indubbiamente fare, ormai sono un gruppo esperto e navigato, ma non sono riusciti a coinvolgere abbastanza il pubblico, colpa forse di una scaletta non delle più vincenti (e ti credo, con tutti quei pezzi del nuovo disco!/ndr).

Dopo gli ELDRITCH ecco arrivare i WINE SPIRIT... e questi chi diavolo sono? - dico io - quasi quasi me ne esco a prendere una boccata d’aria... e faccio male! Rientro e tutti mi prendono in giro dicendo che mi sono perso un gran gruppo (c’è chi dice metal classico, chi hard rock... vacci a capire qualcosa) con un chitarrista-cantante mostruoso. E vabbè, tanto li ribecco prima o poi... dove scappano?

Giunge il momento dei KAMELOT, gruppo di tutto rispetto in quanto a tecnica ed esperienza - su questo non discuto - ma proprio non mi hanno detto niente... forse perché ancora li devo apprezzare da disco, forse perché proprio non mi entusiasma il genere.

Dopo di loro tocca, se non erro, ai BENEDICTION, autori di una prestazione senza sbavature e piuttosto aggressiva, grazie ad un repertorio spaccaossa che sicuramente avrebbe riscosso una migliore risposta da parte del pubblico se solo la loro posizione nel bill fosse stata più elevata. A quell’ora in effetti stavamo tutti ancora sonnecchiando nell’attesa di risvegliarci per i gruppi “caldi”.

Ed ecco che cominciano ad arrivare questi gruppi caldi, con gli attesissimi NEVERMORE tanto per cominciare. Cosa devo dire? Ho sentito ovunque pareri entusiastici sulla loro performance e sul gruppo in generale, ma a me non hanno emozionato più di tanto... forse perché li conosco poco da disco (mea culpa), forse perché ero veramente troppo stanco per godermeli, non saprei.

Passiamo ai PRIMAL FEAR, da molti definiti cloni dei JUDAS PRIEST (a partire dalle copertine): il combo capeggiato da Ralph Scheepers e Matt Sinner dimostra ancora una volta di avere una marcia in più dal vivo. Le sonorità heavy-power dei PRIMAL FEAR non mancano di scaldare il pubblico che comincia a lanciarsi nel pogo e a cantare qualche timido coretto di approvazione. La prestazione è senza dubbio soddisfacente, i pezzi diretti e abbastanza potenti come da copione... insomma si comincia a fare sul serio!

Dopo i PRIMAL FEAR tocca al gruppo che a mio avviso valeva da solo il prezzo del biglietto, ossia gli storici WASP! E qui sembra di essere arrivati tutto d’un tratto all’headliner! Sotto palco non c’era spazio neanche per uno spillo, un pogo ferocissimo dall’inizio alla fine, gente che volava e cori a non finire... una roba da non credere! Il mitico Blackie, pur essendo fisicamente vicino alla soglia dell’obliterazione, ha dimostrato di essere ancora un grandissimo frontman e di possedere una carica che tanti ventenni se la sognano. Cattivo, esaltato, folle come al solito ed appollaiato in cima al suo trespolo/manubrio, Lawless ci ha regalato un concerto di quelli che non si dimenticano. “Chainsaw Charlie”, “Wild Child” e la colossale “I Wanna Be Somebody” hanno trasformato un concerto fino a quel momento sonnolento in un tripudio di cori e di braccia alzate, uno spettacolo assolutamente da non perdere! I mattatori della giornata, senza dubbio.

Giunge poi il momento dei CRADLE OF FILTH... misteriosamente, l’unico gruppo che viene presentato da uno speaker sullo stile de “Lo schiacciasassi del Minnesota, il rullo compressore di Dallas, lo stallone italiano...” e che senso ha tutto questo? Ora, a me i CRADLE OF FILTH non fanno impazzire e non li ho mai seguiti molto, quindi eviterò di giudicare la loro performance, ma non posso non notare una cosa: ossia il fatto che all’interno di un bill del genere (esclusivamente classic-power) la loro presenza era del tutto fuori luogo! Da notare inoltre la presenza delle solite tre bagascione che si sono spogliate completamente nude sul palco, inibendo anche le più elementari funzioni vitali dei poveracci che erano in prima fila e che hanno visto concentrarsi tutto il loro sangue in un’unica, definita zona.

Via i CRADLE OF FILTH, ecco arrivare i RHAPSODY... arrivano loro e me ne vado io, perché dal vivo li ho già visti e non ho nessuna intenzione di ripetere la tortura! Che i loro numerosi fan non se l’abbiano a male, ma per me sono proprio indecenti!

Salgono a questo punto sul palco gli acclamatissimi GAMMA RAY e subito cominciano a snocciolare un po’ del loro “Happy Metal”, come molti lo chiamano. Forse un po’ infantile, sicuramente easy-listening ma alla fine divertente e coinvolgente come poche altre cose quando si tratta di un concerto dal vivo. Il pubblico canta, si agita, poga un po’ e sostanzialmente sostiene il suo beniamino Kai Hansen. La performance dei raggi gamma non è comunque delle migliori (qualche errore qua e là, niente di nuovo da proporre), ma alla fine risulta soddisfacente. Da sottolineare l’ottimo medley “I Want Out-Future World-Ride the Sky”, tre pezzi che - vuoi o non vuoi - hanno scritto la storia del metal e non mancano di fomentare le platee.

Tocca ora ai MOTORHEAD, e qui le parole stanno veramente a zero. Lemmy sale sul palco determinato e sfrontato come non mai, ci regala subito una “We Are Motorhead” che annichilisce la totalità del pubblico e prosegue con tutti i pezzi più caldi del suo glorioso repertorio, da “Ace of Spades” a “Bomber”, per poi passare ad un commovente tributo allo scomparso Joey Ramone, un simpatico interludio con “God Save the Queen” ed una micidiale “Overkill” in conclusione, ripresa tre o quattro volte fino a quando il pubblico non era veramente esausto ed esaltato come non mai. I “vecchietti” MOTORHEAD sono ancora in una forma stratosferica, con il loro rock’n’roll marcio ed alcolico distribuiscono lezioni di potenza anche ai più esaltati gruppi grind odierni... e sfido chiunque a dimostrare il contrario! In sostanza, insieme ai WASP i MOTORHEAD hanno fatto il 75% dell’intero festival.

Tocca ora ai grandi SAVATAGE, con la loro nuova (e un po’ rimescolata a dire il vero) formazione: l’attesa era spasmodica, perchè questo GOM rappresentava il banco di prova per i “nuovi” SAVATAGE. Il grande Jon Oliva sale sul palco accompagnato dai suoi, ci regala un paio di pezzi di “Poets and Madmen” e subito mi vengono le lacrime agli occhi... non di gioia, però! Il suono fa schifo, il nuovo chitarrista è inesistente, tutto il gruppo sbaglia qualche attacco e qualche altra piccolezza e soprattutto il nuovo cantante è assolutamente obbrobrioso! A parte il fatto che il suo look e la sua presenza su palco mi sono sembrati palesemente inadatti allo stile dei SAVATAGE, anche la voce era veramente scandalosa! Forse sarà stata l’emozione iniziale, perché a dire il vero in seguito si è ripreso piuttosto bene ed ha cominciato a dimostrare di che pasta è fatto... “Edge of Thorns” e “Believe” sono stati sicuramente gli attimi più pregni di emozione di tutto lo show, del resto abbruttire due pezzi così sarebbe stato veramente impossibile, anche se a suonare ci fosse stato un gruppo di scimpanzè! In ogni caso sono rimasto piuttosto deluso dai grandi SAVATAGE, forse perché le mie aspettative erano davvero troppo alte, forse perché la nuova formazione ancora non ha ingranato... aspettando di vederli la prossima volta, incrocio le dita.

Finito lo show dei SAVATAGE, il palco dirimpetto si appresta ad ospitare i MEGADETH. Fosse stato il 1991, il Palavobis sarebbe esploso con un boato quando il combo capeggiato dal signor Mustaine è entrato in scena, ma purtroppo siamo nel 2001 e l’accoglienza riservata agli storici thrashers è a dire il vero piuttosto freddina (giustamente, aggiungerei). I MEGADETH ci “regalano” uno show svogliato, con una scaletta fallimentare ed un atteggiamento da rockstar incredibilmente fastidioso. Sembrava di vedere quattro session che suonavano solo per soldi (ed in effetti è così)... Al Pitrelli stava bene dove stava e Marty Friedman è insostituibile, le chiacchiere stanno a zero. I pezzi del nuovo “The World Needs a Hero” (titolo tanto pomposo quanto idiota) non convincono per niente, mentre “Sweating Bullets” e “Symphony of Destruction” riescono a malapena a restituirci una pallida ombra dei MEGADETH del tempo che fu. Certo, l’esecuzione tecnica è praticamente impeccabile (come del resto si addice ad un session man) e come ho già scritto da qualche altra parte “Holy Wars” e “Tornado of Souls” sono ancora dei grandi pezzi, ma i MEGADETH non sono più un grande gruppo, triste ma vero!

Ed ora tocca a Loro, la leggenda vivente dell’Heavy Metal, i JUDAS PRIEST... in carne ed ossa! Non avendoli mai visti ero piuttosto emozionato, e devo dire che le mie aspettative non sono rimaste completamente soddisfatte. Certo, vedere Ripper che sale sul palco vestito con una specie di cappotto argentato a scaglie (coattissimo) mentre canta “Metal Gods” (niente di più appropriato per aprire un concerto, specie al Gods of Metal) è stato uno spettacolo di quelli che non si dimenticano, ma la prestazione globale del Prete di Giuda non è stata purtroppo esaltante come speravo. Complice un suono non dei migliori, qualche problema tecnico con il basso ed un pubblico ridotto allo stato di massa gelatinosa per le quindici ore circa trascorse in quella specie di pentola a pressione, l’atmosfera più che di tensione era di rilassata stanchezza. La scaletta scelta dai JUDAS PRIEST non mi ha completamente soddisfatto, anche perché lo stage a loro disposizione è stato appena di un’ora e un quarto (e qui ci sarebbe da dire due paroline a chi ha organizzato così brillantemente il festival) e quindi sono stati sacrificati alcuni pezzi a mio parere imperdibili come “The Sentinel” oppure “Hell Patrol”. Ho poi come l’impressione che i JUDAS PRIEST abbiano puntato un po’ troppo sui mid-tempo, trascurando i pezzi più diretti e d’impatto. Presenti in scaletta “A Touch of Evil”, la storica “Breaking the Law”, un paio di pezzi dal validissimo "Jugulator", un altro paio da "Demolition" e la stratosferica “Painkiller”, che però non ha distrutto tutto e tutti come speravo (sempre per i problemi di suono, suppongo, visto che l’esecuzione mi è parsa ottima)... il Gods of Metal si conclude con l’accoppiata “The Hellion/Electric Eye”, e direi che non poteva esserci modo migliore. In sostanza, una buona prestazione con un Ripper Owens assolutamente stellare (mi dispiace per il signor Halford, ma non se ne sente proprio la mancanza) e due colossi del metal - e prima ancora del rock - come Glenn Tipton e K.K. Downing ancora saldamente incollati alla loro ascia, orgogliosi e fieri del nome che portano. Alla fine del festival, me ne torno distrutto al mio pullman... e stavolta mi addormento appena poggio la testa sullo schienale. Certo, è stata una faticaccia, ma ne è valsa la pena. 

LA NOTA: Per cominciare, il Palavobis è TROPPO PICCOLO per contenere tutta quella gente. Il caldo era mostruoso, l’umidità idem, la ressa era feroce e - dulcis in fundo - le uscite di sicurezza erano assolutamente inservibili... non oso immaginare cosa sarebbe successo in caso di incendio! Seconda cosa, è assolutamente scandaloso il fatto che mentre su un palco si suonava, sull’altro veniva fatto il soundcheck con dei volumi tali da disturbare sia il gruppo che nel frattempo suonava sia il pubblico... una cosa vergognosa, di quelle per cui verremo presi in giro all’estero per anni. Direi che il grande Lemmy con il suo “Hey, shut the fuck up!” (rivolto al soundcheck dei SAVATAGE) abbia espresso quello che tutti noi avevamo in mente. Terza ed ultima cosa: tutto questo non è una novità. Non fingiamo di scandalizzarci per l’organizzazione di quest’anno, il GOM è sempre stato organizzato in maniera catastrofica (quando più e quando meno) e, nonostante questo, ha sempre registrato una forte presenza di pubblico... a questo punto, perché mai gli organizzatori dovrebbero impegnarsi per migliorare le cose?

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