JESTER'S FUNERAL
- "Quick Silver Light"
(Point Music) |
70/100 |
Discretamente
interessante e pieno di potenzialità questo “Quick Silver Light”,
debut album del giovane five-piece tedesco in questione. Se da un lato
la musica propostaci dai Jester’s Funeral si colloca vagamente a metà
strada tra i Cemetary del primo disco, i Darkseed di “Diving into Darkness”
ed i Paradise Lost di “One Second” (entrambi privati della componente tecnologica),
dall’altro presenta un’assai marcata ed inaspettata vicinanza all’amato/odiato
“Black Album” dei Metallica. Non è sicuramente un caso che sia il
riffing sia le vocals del cantante e chitarrista Stefan Schmidt siano terribilmente
vicini allo stile dell’Hetfield più maturo ed ispirato (quando ancora
aveva i capelli lunghi e “Load” non era una terribile realtà). Al
di là di questo, che può essere o non essere un pregio a
seconda di come la pensiate sull’ex-horseman, i risultati dei Jester’s
Funeral sono sufficientemente personali e convincenti (soprattutto grazie
ad uso delle tastiere e di certi arrangiamenti di stampo prog-metal qua
e là) e parlando per classificazioni si potrebbe, anche se un po’
forzatamente, inserire il nome della band nel filone gothic metal, sempre
prolifico e seguito nella loro patria. In un’ora di musica, i nostri ci
offrono dodici pezzi che spaziano dalla composizione diretta ed aggressiva
(“Jester’s Empire” o “Private Demon”) al momento più rilassato (“To
Fall Asleep”) per giungere infine ad elaborazioni più articolate
ed interessanti (“Hieronymus”, “Dorian” e “Traveller”), queste ultime sicuramente
le migliori del lotto. Buona scelta quella di usare una produzione secca,
pulita e notevolmente orientata a mettere in risalto le chitarre anzichè
le tastiere (che restano un accessorio dall’uso poco frequente), in contrasto
quindi all’attuale tendenza gothic metal (come invece succede, ad esempio,
nei Crematory). Purtroppo non mancano le pecche, che si concretizzano in
un’esagerata omogeneità delle parti di chitarra indipendentemente
dallo stile dei pezzi o la presenza di assoli che, per quanto non malvagi,
lasciano perplessi in quanto fuori contesto... inoltre certi passaggi suonano
un po’ ingenui, sicuramente a causa dell’ovvia inesperienza della band.
In definitiva, “Quick Silver Light” presenta diversi buoni spunti e numerose
idee su cui lavorare in futuro, ma al tempo stesso soffre anche per qualche
filler e per alcune citazioni troppo dirette e poco personali (“Time Bomb”
e “Brontosaurus 666” presentano dei semi-plagi nei confronti di “Through
the Never” e “Sad but True”): un ascolto distratto potrebbe farlo sembrare
un disco banale, ma non sottovalutatelo...
- Alessio Oriani |
56 Minuti TRACKLIST
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