OPETH - "Blackwater Park"
(Music for Nations/Audioglobe)

100/100

TRACKLIST: The Leper Affinity / Bleak / Harvest / The Drapery Falls / Dirge for November / The Funeral Portrait / Patterns in the Joy / Blackwater Park

Gli Opeth di Mike Åkerfeldt sono senza dubbio uno dei migliori gruppi usciti dagli anni '90: vi sfido infatti a trovare un'altra formazione che sia riuscita a coniugare la potente violenza del death metal con le melodie sognanti e certe strutture poliedriche del progressive rock, accompagnando il tutto con una tecnica esecutiva spettacolare e delle liriche estremamente poetiche, affidate ad un vocalist impeccabile in ogni sua sfumatura. Dopo il fortunato "Still Life", splendido lavoro (anche se un po' sotto tono rispetto ai precedenti) che ha valso alla band il passaggio dalla Peaceville alla Music for Nations (con annessa ristampa dei primi tre CD), ecco arrivare a circa un anno di distanza un nuovo entusiasmante capitolo della creatura Opeth. Già a partire dai titoli della tracklist e dalla copertina (bellissima opera di Travis Smith), caratterizzata da un'atmosfera di triste impotenza, è evidente che ci stiamo addentrando in una dimensione figlia degli stilemi di "Morningrise"... impressione che viene confermata già nei primi minuti di ascolto della sublime "The Leper Affinity". Inutile dire che i dieci minuti dell'opener valgono da soli l'acquisto del disco intero, con il suo istrionismo che alterna momenti cullanti ed acustici a nervose scariche di rabbiosa distruzione (in pieno stile "My Arms Your Hearse") e si conclude con un toccante passaggio di pianoforte, ideale seguito delle note già sentite sul debut "Orchid". "Blackwater Park" però non è solo una semplice summa di tutto quanto fatto dagli Opeth fino ad oggi, ma anzi offre numerosi spunti di innovazione ed evoluzione... spunti legati al progressive rock, che si fanno sempre più forti ed incisivi rispetto a prima, molto probabilmente dovuti all'influenza di Steven Wilson, membro dei Porcupine Tree nonchè produttore di "Blackwater Park" ed ospite su diverse canzoni! Basti pensare alle alle atmosfere cangianti e sfumate di "The Drapery Falls" oppure alle melodie (portate ad una vera nuova dimensione) di "Bleak" e "Dirge for November", ma anche all'articolatissima title-track che riassume in maniera ottimale il sound dell'album intero. Inutile cercare le tracce migliori e porre l'accento sui singoli episodi... l'album potrebbe tranquillamente essere un unica canzone, come anche diviso in dozzine di tracce, ed il risultato sarebbe sempre lo stesso: 67 minuti di arte pura, intensa e sorprendente come solo gli Opeth sanno offrirci. Peccato solo che la loro musica sia costretta a soffrire della chiusura mentale di certa audience (sia da parte di chi non accetta la loro componente melodica e sperimentale, sia da chi viceversa mal digerisce la componente death metal ed in particolare le growling vocals), perchè una singola canzone composta da Mike, Peter e compagni vale intere dozzine di inutili CD che troviamo ogni mese nei negozi. Farsi sfuggire "Blackwater Park" è semplicemente una follia... non avete scuse per non comprarlo.

Alessio Oriani


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