PARADISE LOST - "Believe in Nothing"
(EMI)

70/100

TRACKLIST: I Am Nothing / Mouth / Fader / Look at Me Now / Illumination / Something Real / Divided / Sell It to the World / Never Again / Control / No Reason / World Pretending

"Believe in Nothing" è un parto difficile... impossibile non fare confronti e riferimenti con il controverso "Host" (1999), che aveva spaccato in due l'audience tra chi considerava l'album come un grande passo in avanti, una nuova dimensione sonora, e chi invece (come me) lo riteneva un'orribile caduta stilistica priva di sostanza ed idee nonchè uno squallido tentativo di ripercorrere i passi dei grandi Depeche Mode (specialmente alla luce del buonissimo "One Second"). Di fronte a vari proclami di "recupero delle sonorità di un tempo" e "back to the roots", però, le mie aspettative e la curiosità verso questo "Believe in Nothing" erano quindi enormi e devo ammettere che non sono state affatto disattese. Certo non c'è molto a che vedere con tutta la produzione fino a "Draconian Times" (dopotutto stiamo sempre parlando della terza generazione dei Paradise Lost), ma su "Believe in Nothing" si torna a sentire di nuovo un drumming umano e non asettico: soprattutto, torna lo stile chitarristico lineare (ma emozionante e personalissimo) di Greg Mackintosh a fare da protagonista nelle canzoni, unito alle sempre ispiratissime vocals di Nick Holmes. In sostanza, questo nuovo disco si pone come una buona via di mezzo tra gli ultimi due, facendo tesoro delle sperimentazioni pop-elettroniche del precedente album (la produzione ed i suoni sono stupendi), ma ripescando l'incisività e la componente metal di "One Second". Ascoltiamo per esempio "Look at Me Now" o "Sell It to the World", che si candidano ad eredi della bellissima "Say Just Words", oppure "Illumination" con le sue atmosfere che non si sentivano dai tempi di "Icon". Il vero capolavoro però è "Divided", cadenzata e romantica con degli inserti orchestrali (presenti anche su "Never Again") che ne aumentano il pathos in maniera incredibile. Tuttavia, non è tutto oro quello che brilla, e "Believe in Nothing" non finisce per essere un capolavoro a causa dello stesso difetto di "Host": le strutture sono spesso davvero troppo semplici, una forma-canzone che ai Paradise Lost è sempre andata troppo stretta e che tarpa le ali a pezzi che altrimenti sarebbero stati delle vere perle (sarà forse dovuto all'aver firmato per EMI?). Inoltre, nonostante le atmosfere si ricolleghino alla produzione passata, è presente una melodica solarità che a tratti sembra forse eccessiva (vediamo ad esempio il singolo "Mouth) per essere unita al nome dei nostri inglesi... è però innegabile che siamo ad anni luce dalla banalità di "Host"! In definitiva, sembra che Nick Holmes e soci siano pronti a rialzare la testa, perciò speriamo bene per il futuro... vi consiglio di dare una seconda possibilità alla band ed avvicinarvi a questo "Believe in Nothing" senza pregiudizi, indipendentemente da come avete accolto "Host": potreste rimanerne sorpresi ed affascinati!

Alessio Oriani


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