SOILWORK - "A Predator's Portrait"
(Nuclear Blast/Audioglobe)

90/100

TRACKLIST: Bastard Chain / Like the Average Stalker / Needlefast / Neurotica Rampage / The Analyst / Grand Failure Anthem / Structure Divine / Shadowchild / Final Fatal Force / A Predator's Portrait

In un momento in cui non se ne può davvero più del death thrash melodico fatto con lo stampino, ecco giungere il terzo lavoro dei Soilwork, una delle band svedesi tra le più importanti in questo panorama e salita rapidamente alla ribalta nel giro di poco più di due anni... la curiosità è molta e le aspettative sono alte, perciò andiamo subito a vedere in concreto le caratteristiche di questo “A Predator’s Portrait”, che vede anche il passaggio dalla piccola Listenable Records al colosso Nuclear Blast. Rispetto al precedente “The Chainheart Machine” troviamo invariata la line-up ed un sound praticamente identico, nonostante il disco sia stato prodotto nei nuovi studio Fredman di Fredrik Nordstrom (i quali sono stati da poco ristrutturati). Già con la splendida opener “Bastard Chain” è possibile ritrovare tutti quegli elementi che hanno reso la band così apprezzata in poco tempo, specialmente nella trama ritmica del tutto devastante ed impeccabile o negli ultra-melodici passaggi solisti, sempre caratterizzati da una grande tocco ed una tecnica mirabile. Con i pezzi successivi, però, ci si accorge che qualcosa è cambiato ed infatti si può assistere ad un uso leggermente più esteso delle tastiere (molto simili all’album precedente, ma arricchite da sperimentazioni sulla scia di “Colony” dei connazionali In Flames), anche se la vera novità è data dalla comparsa delle... clean vocals! E’ senza dubbio questa la sorpresa più grande di “A Predator’s Portrait”, le vocals pulite di Björn “Speed” Strid, melodiche ed utilizzate in un modo parecchio (forse anche troppo!) simile a quanto fatto dai Gardenian sul loro splendido “Soulburner” aumentando vertiginosamente il fattore melodico verso una nuova dimensione (“Needlefast” sembra un pezzo a metà tra il power metal ed il death melodico!). Nonostante lo screaming di Speed resti comunque sempre la soluzione preferita, sono certo che non saranno in pochi a storcere il naso per l’ulteriore alleggerimento operato dai Soilwork (d’altronde era già successo in occasione di “The Chainheart Machine”). Tuttavia, l’indubbio abbassamento della componente aggressiva non comporta affatto una diminuzione delle capacità tecniche e compositive della band (anzi!), perciò non c’è motivo di scagliarsi contro una simile scelta... sono infatti sicuro che pezzi come “The Analyst”, “Grand Failure Anthem” o “Like the Average Stalker” vi convinceranno al primo ascolto, senza farvi minimamente rimpiangere le release precedenti. Devo dire che all’inizio mi ero trovato del tutto indifferente nei confronti di questo “A Predator’s Portrait”, ma con il susseguirsi degli ascolti il CD è riuscito a catturare la mia attenzione ed a impressionarmi positivamente... non c’è che dire, un’altra ottima release firmata Soilwork! A chi non piacerà, restano comunque i Terror 2000 (i ferocissimi thrashers capitanati dal medesimo vocalist) su cui ripiegare.

Alessio Oriani


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