SVARTAHRID - "As the Sunrise Flickers"
(Napalm Records/Audioglobe)

60/100

TRACKLIST: By the Northwind / The Omniscient / Never to Fall / Einmaanad / Throne of Thorns / Odins Skjold / Relentless / Sølraven - Nordens Demring / Infernal Bridges

A poco più di un anno dal penoso debut “Forthcoming Storm” si ripresentano i norvegesi black metallers Svartahrid  con uno stile ampiamente rinnovato: per questo secondo lavoro, la band ha (fortunatamente) pensato di far a meno dell’invadente tastierista Bjorn Andre, il quale aveva rovinato totalmente il debut con degli squallidi inserti sinfonici da baraccone, relegando la band in una posizione imbarazzante. Tocca quindi allo stesso batterista nonchè fondatore della band Forn (membro in comune con i Mactätus) occuparsi delle pochissime keyboards presenti, ed i risultati sono immediatamente evidenti. Per evolversi, gli Svartahrid guardano al passato e si rifanno direttamente al black metal dei primi anni novanta, incorporando elementi thrash derivati dai Bathory (risolti alla maniera di Aura Noir e Carpathian Forest) e facendo piazza pulita di tutti i moderecci elementi sinfonici, che solo pochissime band sono riuscite a controllare e sviluppare in maniera intelligente. Diminuisce di poco la componente viking-epic, a favore di un riffing sempre melodico e “solare” ma notevolmente più diretto e scarno, in parte devoto ai mai abbastanza celebrati Dissection, mentre la produzione si fa più grezza e sporca, senza dubbio una scelta adattissima alla musica proposta. Nonostante tutte queste migliorie apportate dagli Svartahrid al proprio sound siano sicuramente lodevoli, “As the Sunrise Flickers” resta però un album che riesce a raggiungere la sufficienza solo con un discreto sforzo, a causa di un riffing a tratti banale, un’eccessiva reiterazione di certe linee vocali nelle strofe e delle troppe somiglianze che corrono tra i pezzi stessi... “Einmanaad”, “Infernal Bridges” e “Throne of Thorns” (la traccia migliore in assoluto) restano comunque delle buone canzoni, che riescono a bilanciare positivamente i vari difetti dovuti all’inesperienza della band. In definitiva, questo album è innegabilmente un buon segno per il trio norvegese, che riesce finalmente a creare delle aspettative più rosee per il futuro e, se non altro, ci fa dimenticare quell’aborto di “Forthcoming Storm”.

Alessio Oriani


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