AMORPHIS - "Am Universum"
(Nuclear Blast/Audioglobe)

50/100 · 85/100

TRACKLIST: Alone / Goddess of the Sadman / The Night Is Over / Shatters Within / Crimson Wave / Drifting Memories / Forever More / Veil of Sin / Captured State / Grieve Stricken Heart

Benvenuti alla fine degli Amorphis! Per quanto mi riguarda, “Am Universum” segna innegabilmente la morte artistica di una delle mie formazioni preferite degli anni novanta. Nonostante non avessi digerito granchè il precedente “Tuonela” (ammettendone comunque le indubbie qualità), speravo lo stesso che la band finnica potesse rialzare la testa e ricominciare a comporre canzoni elaborate e ricche di idee, anzichè adagiarsi alla banalità della forma-canzone partorendo tre o quattro pezzi decenti ed una lunga serie di filler... invece non è stato così ed “Am Universum” non fa altro che peggiorare i lati negativi (cancellando quelli postivi) del già debole lavoro precedente. L’opener “Alone” è poco più che una canzonetta basata su un refrain squallidamente catchy che, come quasi tutte le altre, tenta di rialzarsi sfruttando sonorità psichedeliche e “spaziali”... e non è che i pezzi successivi siano poi tanto meglio. Durante gli ascolti, le dieci canzoni scivolano via nell’indifferenza e nella banalità, mentre “Crimson Wave”, “Veil of Sin” o “Goddes of the Sadman” sono delle vere e proprie porcate che fanno rimpiangere con violenza gli splendidi capolavori a cui la band deve tutta la sua fama (ovvero “Tales from the Thousand Lakes” ed “Elegy”). Aumenta l’uso dei synth (hammond, melltoron, moog) e della chitarra pulita, parallelamente alle sempre più forti influenze di Hawkwind, The Doors (entrambi gruppi coverizzati in tempi non sospetti) e Pink Floyd, mentre si assottiglia la componente folk che ancora arricchiva “Tuonela”: nell’attuale proposta della band trova spazio anche un sassofono, il quale viene usato senza un minimo di coerenza rispetto al resto del materiale. Un aspetto innegabilmente splendido è la produzione curata da Simon Efemy (Paradise Lost) ai Finnvox Studios: davvero incredibile la pulizia e la profondità dei suoni, ma purtroppo le canzoni sono quello che sono ed in finale si tratta solo di tanto ottimo lavoro sprecato. Ho inoltre constatato che le vocals di Pasi Koskinen non sono più quelle di una volta, ma si sono appiattite in una maniera scandalosa: la sua prova su “Am Universum” è monocorde e straziante e risulta addirittura irritante e lagnosa su certi passaggi! Non conosco le modalità della dipartita, ma non mi stupisce affatto che lo storico bassista della band Olli-Pekka Laine sia uscito dalla band... d’altronde stiamo parlando di un gruppo rock (di metal non è proprio rimasto più niente) che non ha proprio più niente a che vedere con la sua discografia passata, e sono convinto che questo “Am Universum” piacerà solo a chi li ha conosciuti col precedente “Tuonela”. Giusto per citare un loro pezzo, “If I died three nights old...” chi vuol intendere, intenda.

Alessio Oriani


Tornano finalmente tra noi i finnici Amorphis, ormai superstar (per lo meno nel loro paese). Il gruppo di Esa Holopainen si era già scrollato di dosso l’etichetta di folk/death metal band con il precedente “Tuonela”, ma è decisamente “Am Universum” il disco che più di tutti sta a rappresentare l’inizio di un nuovo cammino per i cari finlandesi. Bisogna essere subito chiari: siamo ad anni luce da dischi come “Tales from the Thousand Lakes”, ma anche dal loro altro capolavoro “Elegy”... e questo è (in un certo senso) un bene. Sarebbe stato inutile e sterile presentare un ennesimo “Tales from the Thousand Lakes”: gran bel disco sicuramente, ma a mio avviso ancora acerbo ed immaturo (per il sottoscritto poi è comunque “Elegy” il vero masterpiece dell’eterogenea band). Per fortuna, questo disco non prosegue neanche troppo la strada del semi-deludente “Tuonela”, disco ibrido dove però erano avvertibili le possibili svolte presenti in questo nuovo - diciamolo subito - grandissimo “Am Universum”... e  devo essere sincero, non credevo che gli Amorphis si sarebbero potuti risollevare in maniera così convincente! Le canzoni presenti nel disco sono tutte molto interessanti e varie, più catchy ed immediate rispetto al penultimo lavoro, ma questo che potrebbe sembrare un dato a loro sfavore (almeno secondo la maggioranza dei metallari italiani) rappresenta invece il nuovo fiore all’occhiello. Non si tratta dell’ennesimo gruppo-bufala finlandese troppo intento a copiare gli HIM o i sopravvalutati The 69 Eyes: gli Amorphis hanno una loro ben precisa personalità, fanno questo mestiere da un decennio ed il loro attuale rock/doom con forti influenze psichedeliche conserva ancora il loro trademark. Passando ad un analisi più dettagliata posso affermare - senza timore alcuno di smentita - che proprio le influenze seventies si sono fatte più presenti ed il sound della band, pur rimanendo riconoscibile per nei suoni di chitarra, si è fatto più eterogeneo. Qua e là spunta anche un sax ad arricchire maggiormente lo spettro sonoro. Anche l’interpretazione vocale del singer Pasi Koskinen è divenuta più matura ed intensa, senza tralasciare tonalità più aggressive ma al tempo stesso senza ricadere nel growl. Su tutte le songs potrei segnalare la prima “Alone” singolo multi-incensato in patria, l’ottima “Goddess of the Sadman” o la conclusiva “Grieve Stricken Heart”, ma selezionare solo alcune song è un vero delitto, essendo l’intero disco degno di menzione. Da come avrete ormai capito, sono veramente entusiasta di questo album e non posso fare a meno di consigliarlo sia a quelli più “open minded”, sia a quelli che ancora procedono un po’ con i paraocchi. Non perdetelo!

Andrea Flavioni


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