DIMMU BORGIR - "Puritanical Euphoric Misanthropia"
(Nuclear Blast/Audioglobe)

95/100

TRACKLIST: Fear and Wonder (Intro) / Blessings Upon the Throne of Tyranny / Kings of the Carnival Creation / Hybrid Stigmata - The Apostasy / Architecture of a Genocidal Nature / Puritania / IndoctriNation / The Maelstrom Mephisto / Absolute Sole Right / Sympozium / Perfection or Vanity / Devil's Path (re-recorded) / Burn in Hell (Twister Sisters cover)

Iniziamo dalla fine: “Puritanical Euphoric Misanthropia” è uno dei migliori dischi di black metal sinfonico mai realizzati sino ad oggi, nonchè un capitolo ovviamente imperdibile della discografia della band norvegese. Dopo la rivoluzione avviata con lo splendido “Enthrone Darkness Triumphant”, album che quattro anni fa ridefinì totalmente le coordinate di un genere già in crisi (e soprattutto il relativo mercato) ed un successivo “Spiritual Black Dimension”, un lavoro raffinato e progressivo seppur non ugualmente trascinante (e forse troppo pretenzioso), tornano i maestri norvegesi con un nuovo disco che ha la stoffa dell’incredibile. Come al solito, la line-up è diversa dall’album precedente, ma credo che a questo punto si sia raggiunto l’apice assoluto: ormai dimenticato quel pagliaccio di Nagash (leader dei The Kovenant), restano Shagrath (vocals), Mustis (tastiere) e Silenoz (chitarra), a cui si aggiungono Vortex (ora bassista e secondo cantante fisso, dopo aver purtroppo tagliato i ponti con i Borknagar), Nicholas Barker (ex-batterista dei Cradle of Filth) e Galder (chitarrista, ed al tempo stesso ancora mastermind degli Old Man’s Child). In particolare, l’innesto del mostruoso Nicholas si rivela come una scelta ampiamente influente sul sound della band, che riesce ora a raggiungere vette di complessità prima impensabili ed, al tempo stesso, aumenta repentinamente la violenza e la velocità delle parti tirate (credetemi, è sempre più indemoniato!). Purtroppo anche stavolta il promo distribuito dalla Nuclear Blast contiene delle versioni tagliate dei pezzi (una tendenza che DEVE assolutamente finire!), che non permettono di giudicare in maniera definitiva il disco nè di valutarne l’effettiva longevità... in particolare per un album simile si tratta di una vera storpiatura, perchè i pezzi sono di una complessità incredibile e non è ipotizzabile immaginarne correttamente uno sviluppo ed una conclusione (come invece magari poteva succedere col promo degli Helloween). Stilisticamente, il nuovo lavoro del six-piece ricalca le coordinate del precedente album (anche l’artwork è parecchio simile), migliorandone ogni aspetto e configurandosi come un disco più aggressivo e potente, ma al tempo stesso ancor più articolato, moderno e sperimentale (basti pensare all’uso, limitato ma incisivo, dell’elettronica e di una certa effettistica sulle vocals)... aumentano anche le influenze thrash sul riffing, probabilmente per la presenza di Galder, mentre il feeling generale si fa più cupo, sinistro e perverso. Incredibile poi la produzione, realizzata ai nuovi Studio Fredman anzichè agli Abyss, più secca e violenta rispetto alle release precedenti... senza dimenticare poi la collaborazione con l’orchestra di Gothebörg, che esegue le parti sinfoniche e, ovviamente, rende risibili tutte le varie orchestre midi normalmente utilizzate in questo genere. Non ho parole, i Dimmu Borgir hanno creato un mostro capace di ribaltare nuovamente le coordinate del black metal... alla faccia di tutti quelli che li considerano dei venduti al business e continuano a registrare le loro schifezze in cantina su un quattro piste!

Alessio Oriani


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