SUSPERIA - "Predominance"
(Nuclear Blast/Audioglobe)

60/100

TRACKLIST: I Am Pain / Vainglory / Illusions of Evil / Specimen / Journey into Black / Of Hate We Breed / Objects of Desire / The Hellchild / Blood on My Hands / The Coming of a Darker Time

Il nome dei Susperia aveva iniziato a girare già da tempo, prima ancora che la band pubblicasse qualunque cosa (a parte la demo “Illusions of Evil”)... quanti di voi, infatti, avranno pensato “e questi chi sono?” leggendo il loro monicker tra quelli presenti nel festival-tour Metal Odyssey 2001? Beh, la riposta è finalmente arrivata: i Susperia sono un five-piece norvegese composto da Tjodalv (ex-Dimmu Borgir ed Old Man’s Child) alla batteria, Athera alle vocals, Memnock (session per Old Man’s Child e Borknagar) al basso e, per finire, Cyrus (session e live player di Satyricon ed Old Man’s Child) ed Elvorn entrambi alle chitarre... ed anche se con tutti questi nomi nella line-up è lecito aspettarsi grandi cose dai Susperia, questo loro debut album riesce a raggiungere solo a fatica la sufficienza. Sorvoliamo sulla produzione stratosferica (ad opera degli Studio Abyss) e sull’esecuzione tecnica impeccabile dei vari membri della band (specialmente Tjodalv, del quale ho sempre amato il drumming fantasioso e precisissimo), perchè – senza sorpresa – sono entrambi aspetti nei quali non troviamo difetti di alcun genere e passiamo a ciò che realmente non funziona in “Predominance”, ovvero le canzoni stesse... anzi, sarebbe più giusto dire la metà dei dieci pezzi presenti. La band si dedica ad una sorta di black metal melodico con influenze thrash che viene reso moderno da sonorità ed effetti insoliti per il genere e da un songwriting, spesso imprevedibile, che offre anche alcune parentesi vagamente simili ai connazionali Solefald. Il problema è che se da un lato troviamo ottime tracce come “Blood on My Hands”, “I Am Pain” o “Journey into Black”, dall’altro bisogna sorbirsi pezzi del tutto privi di spunti interessanti come “Specimen”, “The Coming of a Darker Time” o “Vainglory”, che non fanno altro che annoiare ed indisporre. In aggiunta, non è presente uno stile che definisca la musica della band, nessun trademark, piuttosto si nota una certa sconclusionatezza (e non eclettismo) che rende troppo poco digeribile l’album nel suo complesso. Spero che con il prossimo lavoro (il quale non mancherà, dato che hanno firmato per quattro album) i Susperia decidano quale percorso stilistico intraprendere e creino un loro proprio “marchio di fabbrica”, perchè per adesso c’è poco di cui entusiasmarsi... dategli comunque un ascolto se vi capita tra le mani.

Alessio Oriani


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