BAL SAGOTH - "Atlantis Ascendant"
(Nuclear Blast/Audioglobe)

65/100

TRACKLIST: The Epsilon Exordium / Atlantis Ascendant / Draconis Albionensis / Star-Maps of the Ancient Cosmographies / The Ghosts of Angkor-Wat / The Splendour of a Thousand Swords Gleaming Beneath the Blazon of the Hyperborean Empire (part III) / The Dreamer in the Catacombs of Ur / In Search of the Lost Cities of Antarctica / The Chronicle of Shadows / Six Keys to the Onyx Pyramid

Continua la frenetica produzione di album per i britannici Bal-Sagoth, che con questo “Atlantis Ascendant” giungono al quinto full-length in sei anni. Per chi già ascolta tale band non si prospettano grandi sorprese stilistiche, anzi forse questa è la prima volta nella loro discografia in cui un album è praticamente identico al precedente (ovvero “The Power Cosmic”) tanto dal punto di vista musicale quanto da quello lirico-concettuale (infatti troviamo di nuovo gli stessi temi fantascientifici di due anni fa)... ne va da sè che se avete apprezzato il precedente disco, lo stesso varrà per questo “Atlantis Ascendant”. Per chi invece non conoscesse i Bal-Sagoth, si può dire che la band nasce come act black metal ma già dall’esordio presenta delle forti commistioni con tematiche fantasy ed epic metal (tutti i loro album sono dei concept che parlano di eroiche battaglie) oltre ad un ampio uso delle tastiere sinfoniche di matrice power metal: c’è chi li ha anche etichettati, in seguito, come “la versione estrema dei Rhapsody”, ma i Bal-Sagoth suonano da ben più tempo rispetto al gruppo di Turilli-Staropoli e comunque è un’affermazione che (seppur non errata) lascia il tempo che trova. Molti li considerano pacchiani, banali ed infantili, ma sui Bal-Sagoth una cosa è certa: si tratta di una di quelle poche band capaci di mettere d’accordo diversi tipi di audience, in un panorama sempre più frammentato e per questo motivo più debole che in passato. Tornando al disco, non si riscontrano particolari difetti che ne possano compromettere il giudizio, ma va detto che non fa affatto piacere trovarsi di fronte a dieci tracce che ricalcano in tutto e per tutto (senza offrire assolutamente nulla di nuovo) le canzoni di “Power Cosmic”, il quale pur non essendo un lavoro malvagio soffriva della pesante eredità di “Starfire Burning Upon the Ice-Veiled Throne of Ultima Thule”, loro secondo e tuttora insuperato album del 1996. Per concludere, vi consiglio di partire dal suddetto album se non conoscete la musica dei Bal-Sagoth (o al massimo dal più accessibile “Battle Magic” del 1998), ma di avvicinarvi a questo “Atlantis Ascendant” solo se siete già dei fan della band: il rischio sarebbe quello di morire di noia. Con questo è tutto!

Alessio Oriani


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