ANATA - "Dreams of Death and Dismay"
(Season of Mist/Audioglobe)

75/100

TRACKLIST: Die Laughing / Faith, Hope, Self Deception / God of Death / Metamorphosis by the Well of Truth / Dreamon / Can't Kill What's Already Dead / Insurrection / The Engima of the Number Three / Drain of Blood / The Temple Erratic

Gli Svedesi death-metallers giungono al loro secondo full-length, dopo il debutto “The Infernal Depths of Hatred”, sempre su Season of Mist (attiva label francese che, come ricorderete tutti, si è accalappiata Mayhem e Nocturnus un annetto fa). A ben vedere, gli Anata hanno ben poco in comune con gli attuali esponenti della scena death metal svedese come In Flames, Dark Tranquillity, Arch Enemy, Children of Bodom (ok, questi sono finlandesi) e - per citare qualcosa di più recente - Soilwork. Già ad un primo approccio con questo disco è evidente che gli Anata abbiano un’impostazione molto rocciosa e ben poco propensa alla melodia: i nostri sembrano infatti appartenere più al versante che ha visto protagoniste band come i fondamentali At the Gates (lungi da me tentare il minimo paragone tra loro e gli Anata, sia chiaro), ovvero musica veloce, tagliente e soprattutto pesante. Ed è proprio questo il punto, perchè a mio avviso i gruppi sopra menzionati mancano troppo spesso di mordente e si lasciano frequentemente andare in masturbatorie esibizioni di talento musicale, piuttosto che dare forma al verbo del metallo della morte! Fortunatamente per loro, gli Anata preferiscono picchiare duro, alternando momenti più o meno melodici che comunque non scadono mai nel manierismo power-oriented tanto in voga oggi. “Dreams of Death and Dismay” è un lavoro onesto, diretto ed incisivo. Non abbiamo certo davanti i nuovi maestri del genere (anche perché ci pensano già i The Haunted ad esserlo), ma senza dubbio gli Anata si lasciano ascoltare con piacere. Le canzoni si attestano quasi tutte sui quattro minuti di durata (eccetto un paio) per un totale di tre quarti d’ora di musica veloce, ben suonata e da ascoltare senza pretese, che comunque non annoia... su tutte le song segnalerei la prima traccia “Die Laughing”, ma qui ognuno di voi potrebbe trovarne altre. Da segnalare la buona prova della sezione ritmica, e soprattutto la martellante doppia cassa sfoderata dal batterista Robert Petterson (in alcuni punti si potrebbe però avere l’impressione di ascoltare una drum-machine). Nel sound generale, la band ricorda (oltre ai già citati At the Gates) anche i grandi - ma sottovalutati - Defleshed ed i Runemagick. Il disco è ben prodotto, ma è pur vero che un prodotto del genere, così monolitico, potrebbe annoiare già al primo ascolto... per questo motivo non mi sento di consigliarne l’acquisto a tutti, magari dategli un ascolto prima. Per gli appassionati del genere potrebbe comunque essere un buon diversivo, in attesa delle uscite di band più importanti. A me il disco non è dispiaciuto affatto e, pur non essendo autori di un capolavoro, questi Anata sono stati una gradita scoperta.

Andrea Flavioni


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