DEREK SHERINIAN - "Inertia"
(InsideOut/Audioglobe)

75/100

TRACKLIST: Inertia / Frankenstein / Mata Hari / Evel Knievel / La Pera Loca / Goodbye Porkpie Hat / Astroglide / What a Shame / Rhapsody Intro / Rhapsody in Black

Anche se nemmeno nove mesi fa ci siamo trovati di fronte allo splendido “Universe” dei Planet X, il tastierista Derek Sherinian è già pronto a fare il bis con il suo secondo lavoro solista (ma forse sarebbe il caso di considerarlo il terzo)... tuttavia, stavolta non mi è possibile usare i toni entusiastici utilizzati per gli album precedenti, perchè “Inertia”, pur essendo un buonissimo disco, si rivela alla lunga incapace di competere coi suoi fratelli più anziani. Il motivo di ciò risiede, a mio avviso, nell’eccessiva poliedricità della proposta causata dalla presenza di numerosi artisti, che caratterizzano a loro modo le singole tracce. Nature forse distanti, che come nel caso di Zakk Wylde finiscono per scontrarsi e stridere leggermente tra di loro: solo la base comune delle canzoni è sempre definita e presente, nel binomio esistente tra lo splendido drumming di Simon Philips (leggendario session per Judas Priest, The Who, Mick Jagger e un sacco d’altri) ed il cangiante, creativo ed ispiratissimo lavoro di tastiere ad opera di Derek, ovvero il duo responsabile della composizione dei pezzi. Il lato più progressivo del CD risulta davvero raffinato ed emozionante, soprattutto nelle tracce “La Pera Loca”, “Astroglide”, “Inertia” e “Rhapsody in Black”: in queste canzoni, troviamo come ospiti in ordine sparso Steve Lukather (Toto), Tony Franklin (The Firm e Blue Murder), Tom Kennedy (Al DiMeola), Jim Johnson (Allan Holdsworth) e John Goodman (Dixie Dregs, Mahavishnu Orchestra). Dall’altra parte, restano più o meno indigeste le tre tracce composte con il corrosivo Zakk Wylde (Ozzy, Black Label Society) ovvero “Even Knievel” e “What a Shame”, anche se la seconda resta a galla - forse grazie all’apporto compositivo di Al Pitrelli ed esecutivo di Lukather - seppur slegata rispetto al resto dell’album. E’ comunque interessante ascoltare Zakk lanciarsi su territori per lui distanti, senza per questo abbandonare il suo classico approccio sporco e senza fronzoli... ma alla fine manca qualcosa. Senza pregi nè difetti, invece, le due cover presenti, ovvero “Frankenstein” di Edgard Winter (riarrangiata in funzione di Zakk) e “Goodbye Porkpie Hat” di Jeff Beck (molto simile all’originale). Per concludere, riassumo il tutto dicendo che il lato progressive rock di “Inertia” è incredibile e vale da solo l’acquisto del disco... anche se purtroppo resta un po’ di amaro in bocca, dopo il brillante e caleidoscopico “Universe”. Complimenti comunque al buon Derek, che con la sua musica è riuscito a convincere gente dal calibro e dalla fama ben superiori alle sue...

Alessio Oriani


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