ARCH ENEMY - "Wages of Sin"
(Toys Factory)

70/100

TRACKLIST: Enemy Within / Burning Angel / Heart of Darkness / Ravenous / Savage Messiah / Dead Bury Their Dead / Web of Lies / The First Deadly Sin / Behind the Smile / Snow Bound / Shadows and Dust

Mentre l’Europa e l’America sono ancora in attesa di una data di uscita per il nuovo album degli Arch Enemy, tutti i fan giapponesi hanno già comprato il disco ed imparato a memoria ogni canzone... potevamo quindi resistere dal dare uno sguardo al lontano oriente per scoprire com’è questo attesissimo “Wages of Sin”? Ovviamente no... ed ecco quindi il verdetto sull’edizione giapponese del disco, fatta la premessa che non so ancora in cosa differirà rispetto alla controparte europea. Quarto album (senza contare il live, anch’esso destinato solo alla terra del sol levante), che vede il primo importante cambio di line-up della band... ovvero la dipartita del vocalist Johan Liiva a favore della tedesca Angela Gossow. Non preoccupatevi comunque, perchè Angela non è di certo un soprano ed assomiglia piuttosto ad emulo più acido e gutturale dell’insuperabile Thomas Lindberg: tuttavia, rispetto al defezionario Johan, la ragazza manca completamente di versatilità, potenza e mordente, risultando tediosa già dopo i primi minuti. Indipendentemente dalla qualità dei pezzi (tra l’altro altalenante), il growling di Angela è di una costanza paurosamente monocorde e non crea altro che delusioni e perplessità nei confronti di questo cambio di formazione. Dal punto di vista strumentale le canzoni continuano il discorso di “Burning Bridges”, basandosi su un songwriting piuttosto lineare e purtroppo privo di sorprese, dalla connotazione un po’ più “pulita” e meno abrasiva rispetto ad un paio d’anni fa... non a caso, diverse canzoni potrebbero tranquillamente essere piazzate in un disco di power metal, ma non di certo sotto l’insegna del death metal degli esordi. Tra le tracce veramente valide elenchiamo “Ravenous”, “The First Deadly Sin”, “Savage Messiah” e “Burning Angel”... per il resto, tutto è caratterizzato dalla piattezza stilistica e dalla continua reiterazione di poche, troppo poche componenti sonore: prendiamo ad esempio le soporifere “Heart of Darkness”, “Behind the Smile” e “Web of Lies”. Ovviamente, l’esecuzione strumentale dei fratelli Ammot non presenta alcuna sbavatura (anche se appare piuttosto manierista e svogliata) ed il tutto viene sublimato dal terremotante mixaggio di Andy Sneap, parecchio diverso rispetto a quello firmato Fredrik Nordstrom. “Wages of Sin” è senza alcun dubbio il punto più basso della discografia degli Arch Enemy e se questo da un lato non sorprende (la loro discografia è una parabola discendente), dall’altro crea pericolosi dubbi sul futuro della band. Paura che gli Arch Enemy diventino un gruppo-fotocopia privo di idee e coraggio, con dischi plasticosi ma formalmente inattaccabili? Speriamo di no, anche se tutto è possibile. Per ora, vi consiglio di avvicinarvi con circospezione a “Wages of Sin”, magari ascoltandolo prima di lanciarvi all’acquisto... potrebbe rivelarsi una cocente delusione.

Alessio Oriani


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